C'è chi leggerà questo articolo spinto dalla curiosità o dalla semplice voglia di dissentire sulla nostra scelta dei "bei ragazzi" più famosi in Giappone e c'è chi mente. E poi che significa "bei" ragazzi? La bellezza è un parametro soggettivo, chi decide chi sia bello e chi no? I giapponesi. I giapponesi lo decidono eccome. Con il "bishonen" hanno creato un canone estetico ben preciso, ben rappresentato, cesellato al millimetro, per indicare ciò che letteralmente definiscono un bel ragazzo.
Belli e bravi, belli e maledetti, belli e impossibili: al contrario di quanto vi abbiamo mostrato con le waifu e gli husbando, che rispondono soltanto all'amore dei loro fan, senza rappresentare caratteristiche specifiche ed essere quindi di forme, colori e personalità diverse, i bishonen sono al contrario una tipologia ben delimitata, si potrebbe dire "elitaria", in cui rientrano soltanto alcuni ragazzi con determinati tratti estetici. E come tutto ciò che compete l'estetica e la bellezza in Giappone, c'è una motivazione dietro dai tratti misteriosi, malinconici e anche un po' oscuri.
Bishonen: cosa significa e quali sono i "bei ragazzi” più famosi nei manga e negli anime?
- Cosa significa bishonen?
- La storia dei bishonen
- Le caratteristiche dei bishonen
- I bishonen più famosi
Cosa significa bishonen?
Partiamo dal significato letterale della parola: bishonen è un termine giapponese composto da tre kanji, gli ideogrammi che vediamo nella loro scrittura, banalmente i loro simboli grafici che hanno un valore fonetico.
Se avete letto i nostri articoli di approfondimento sui manga e gli anime shonen, shojo ad esempio, dovreste avere imparato a riconoscere questo gioco di parole a incastro, ma facciamo un ripassino: "sho" significa "piccolo" mentre "nen" si intende in questo caso come "età". Insieme i due termini vengono usati generalmente per intendere un "giovane ragazzo", di solito tra i 12 e i 17 anni, non ancora adulto. Giusto per concludere, shojo è "giovane ragazza": lo stesso prefisso "sho" combinato con il kanji di "donna". Facile, vero?
Dopo aver inteso una parte della traduzione di bishonen, rimane la parola "bi", che vien da sé significa "bello": il kanji "bi" proviene infatti dalla parola "bijin" che viene usata per identificare una "bella persona".
La storia dei bishonen
Il Giappone è un paese che ha fatto dell'estetica e della perfezione un proprio tratto caratteristico, un vanto mostrato a tutti, ma nascosto sotto un cerone bianco. L'origine dei bishonen è da attribuire all'origine stessa dei canoni ideali giapponesi, ben rappresentata nei loro teatri: una bellezza eterea, androgina, immacolata, senza tempo e senza sesso. Una bellezza adatta a tutti ma raggiunta da pochi. Questo tipo di bellezza si diffuse negli anni novanta, ma risiede al contrario in maniera radicata nella cultura e nella società giapponese.
Sin dal 1600 si era soliti rappresentare particolari forme teatrali, che mescolavano danza, canto e abilità: parliamo del kabuki, la più iconica e rispettata forma di teatro in Giappone. Le sue origini, però, si perdono nel mito e l'unica certezza tramandata fino a noi è che al principio a danzare e cantare sulle rive del fiume Kamo a Kyoto era un gruppo di donne, soltanto donne, che diffondevano attraverso la loro arte in movimento, storie realmente accadute alla classe borghese. Successivamente, fu proibito alle donne di recitare (ma tanto nacque un teatro "tutto loro", il Takarazuka con le attrici otokoyaku che interpretano ruoli maschili), rilegandole a casa o ad altri ruoli "più appropriati". Dietro la storia del Giappone (e non solo del Giappone, purtroppo) c'è sempre una donna che china dignitosamente il capo.
Gli attori del kabuki divennero tutti maschi, soltanto maschi, anche i ruoli femminili vennero interpretati da uomini, conosciuti in seguito come onnagata, con tanto di kimono, cipria e parrucche elaborate. Questo ruolo venne a tal punto affinato, che gli onnagata vennero educati sin da bambini a "interpretare" le ragazze, per affinare femminilità e grazia nei tratti e nella voce. Loro non sono donne, portano in scena soltanto versioni idealizzate.
Travestitismo e ambiguità sono usanze tipiche della cultura nipponica, il passo da ruoli di genere mescolati a teatro all'etica sociale è molto breve. A poco a poco, i ragazzi si sentono attratti dal mondo femminile, vogliono assomigliare a quell'ideale senza difetti e con tanto eyeliner che vedono di nascosto in giro, iniziano a vestirsi come bambole e depilarsi. Questo look androgino emerge verso la fine degli anni ottanta grazie al Visual-Kei, genere musicale in cui si enfatizza il look e l'aspetto esteriore, proprio come avviene ovunque nel mondo dello spettacolo. Una caratteristica di queste band formate da bellissimi elementi vestiti in modo sgargiante è che sono formate da soli uomini.
Così sin dagli anni novanta è possibile notare come nelle strade di Tokyo si facessero sempre più mostrare uomini che assomigliavano a belle ragazze e ragazze che assomigliavano a bei uomini. Questo si rifletterà inevitabilmente anche nella letteratura e nei manga: graziosi protagonisti dai tratti effeminati, timidi ed educati, vengono sempre più mostrati e acquisiscono sempre più popolarità. Una fama inevitabile se consideriamo una cultura che ha sempre premiato sentimenti, volti e identità nascoste. Non sottovalutate, dunque, il potere dei bishonen: anche un samurai o il più spietato dei guerrieri, riesce a mostrare debolezze e sentimenti finalmente, grazie a un paio di ciglia allungate.
Le caratteristiche dei bishonen
Con la diffusione della cultura giapponese in Occidente, la definizione di bishonen si è allargata: oggi viene inteso generalmente come un ragazzo "bello". Ma questo crea non poca confusione. Qualsiasi personaggio maschile, allora, può essere un bishonen, lo decide chiunque? Come si fa a stabilire chi è "bello"?
Definizione di "bel ragazzo" secondo il canone giapponese: ragazzo longilineo, non molto muscoloso, fisico asciutto e atletico, con un mento affusolato, gli occhi appariscenti e un'apparenza effeminata o androgina.
Viene ritratto specialmente in shojo o shōnen con una tematica romantica, comunemente chiamati "shonen-ai", ma sempre più spesso i bishonen vengono rappresentati anche negli yaoi, il genere letterario dedicato all'amore omosessuale tra due uomini. Con i suoi tratti delicati, il bishonen negli yaoi infatti incarna spesso un ideale preciso di amante, ma questa è un'altra storia. Per il momento basta sapere che il bishonen in realtà ha una definizione ben precisa, con dei tratti specifici, che sono i lineamenti femminili, angelici, la grazia, l'eleganza e talvolta un portamento educato, che oscilla tra il timido e il dongiovanni.
Le rappresentazioni dei "bei ragazzi" nei manga mostrano secondo i critici e gli studiosi del fenomeno "un uomo idealizzato", contrapposti a quelle figure maschili che enfatizzano i loro tratti "ultramascolini", come aggressività, muscolatura accentuata, carattere burbero e dispotico. I bishōnen, con il loro essere androgini, valorizzano "la loro bellezza e sensualità", a differenza degli "ikemen" che, pur essendo anche loro "bei ragazzi" nel panorama culturale giapponese, hanno più una concezione sessualizzata e adulta. I bishonen, invece, si frappongono come un personaggio "interstiziale" tra l'infanzia e l'età adulta, tra l'essere maschio e l'essere femmina, indipendentemente dalle questioni sessuali, venendo in questo modo catalogati spesso come "queer", in quanto il bishōnen è un esteta androgino con un'anima che "vive e ama al di fuori del mondo eteropatriarcale".
Sono spesso raffigurati come veri talenti, abili lottatori nelle arti marziali o atleti importanti, dotati di grande intelligenza, di un buon gusto in fatto di moda e talvolta con uno spiccato senso comico, tratti che di solito sono assegnati all'eroe o al protagonista. Questo perché, se anche il bishonen può talvolta essere un personaggio secondario, rappresentano un preciso ideale da raggiungere, una bellezza, interna ed esterna, capace di conquistare i fan di ogni genere sessuale e ogni genere culturale, dalle light novel giapponesi, dai manga, gli anime, i giochi, le rock star glamour e perfino gli attori.
I bishonen più famosi
Per cominciare la lista di questi "bei ragazzi", è necessario partire da un grande classico dell'immaginario narrativo di shojo e shonen a tema romantico: gli harem. Che sia un'intera classe scolastica, un club segreto o un intero team di addetti a una linea ferroviaria, l'immagine di un intero harem, un gruppo composto da più persone, che adorano una sola persona, fa impazzire lettori e lettrici. Avete presente il triangolo amoroso? Più esteso. Immaginatelo composto tutto da "bei ragazzi". Ecco spiegato il successo di Vampire Knight e di 07-Ghost, che con la scusa di rappresentare una trama magramente fantasy all'interno di un ambiente sovrannaturale, hanno inserito schiere intere di bishonen.
Sono entrambi due grandi classici di amore e bei ragazzi inseriti in un contesto scolastico, il primo in un'Accademia in cui mortali e (bei) vampiri convivono insieme, l'altro invece in una scuola d'elite infestata dai misteri e un terribile segreto, che soltanto alcuni (bei) fantasmi sapranno svelare.
Fratelli dei generi narrativi dedicati agli harem, sono gli otome-game, quei giochi destinati alle giocatrici "vergini" (letteralmente, otome), giovani ragazze inesperte delle questioni amorose che però adorano fantasticare come sarebbero le loro storie, grazie proprio a questi videogiochi che simulano incontri e possibili relazioni. Da diversi otome-game sono nati anime che hanno dato vita ai vari bishonen protagonisti di questi videogiochi, tra questi spicca sicuramente Amnesia.
Una giovane ragazza sviene a lavoro e appena si risveglia, non ricorda più nulla della sua vita o di coloro che la circondano. Una volta rimasta sola, incontra un ragazzo di nome Orion che solo lei può vedere e sentire. Questo bel ragazzo spettrale giura di aiutarla a ricordare chi è e tra una corsa e rincorsa nella memoria, nell'illusione e nel romanticismo a tinte drammatiche, vi confonderete anche voi tra una lunga lista di fidanzati.
Tra i fidanzati desiderati non si può non citare anche Code Geass: Lelouch of the Rebellion, in cima alla lista secondo molte fan quando si parla di bishonen. Pur avendo uno stile unico nel suo genere, con i tratti sproporzionati, l'azione esagerata e sequenze accattivanti, l'anime ha conquistato schiere di ammiratrici (e ammiratori) per il "potere assoluto" di Lelouch, lo studente britannico immischiato nella battaglia contro l'Area 11. Nessuno può sottrarsi al suo "Geass", il potere dei Re, neppure lui: tutti devono obbedirgli.
Altro (bel) mix di generi è Fruits Basket, caposaldo nella narrativa dedicata ai bishonen: con forti momenti emotivi, bella musica e animazioni fluide, preparatevi a scoprire l'accettazione verso noi stessi attraverso le vicende di Tohru Honda, che conosce alcuni membri del clan Sohma, in grado di trasformarsi in un animale dello zodiaco, se abbracciato da una persona del sesso opposto.
Così come il bishonen combina aspetto maschile con eleganza femminile, esistono alcuni anime che sono il perfetto connubio tra shojo e shonen, tra animaletti servizievoli e carini e bei ragazzi, tra questi per esempio spicca Inu x Boku Secret Service, una commedia romantica che fa dei suoi personaggi e il loro carattere un elemento fondamentale. Stavolta non abbiamo un harem di possibili pretendenti né una scuola popolata da bei vampiri, ma siamo in una "maison", un condominio popolato da ricchi inquilini tutti con una missione da compiere. Perno della storia, la relazione tra la bella Ririchiyo e il servizievole Soushi.
Uomini e donne con orecchie da gatto piacciono sempre, niente da fare, e lo conferma anche un altro bishonen iconico, con stavolta un protagonista con le orecchie da volpe: Kamisama Kiss. Questo delicato e romantico shojo ha conquistato il cuore di innumerevoli fan, grazie a una storia conclusiva che attraversa il tempo e la cultura nipponica. Nanami e Tomoe non sono dotati di grandi poteri sovrannaturali, eppure tra yokai, kitsune e templi sacri reinterpretano alcuni miti più classici, in una storia affatto che banale.
Ma se volete perdervi tra i bishonen più famosi, quelli più ambiti, desiderati e anche un po' "estremi", dovete scendere in pista. Magari di ghiaccio. Come anticipato i "bei ragazzi" sono soprattutto sportivi, atletici e dinamici, come i protagonisti di Yuri!!! on Ice, o i giocatori di Kuroko no Basket o i nuotatori di Free! – Iwatobi Swim Club. Rispetto agli altri della lista, hanno soltanto una cosa che li differenzia in maniera evidente: i vestiti. La prova lampante che una trama straordinaria con personaggi intriganti, intelligenti e carismatici, possono trovarsi anche dentro uno striminzito costume.