Come sicuramente saprete, la Next-Gen è oramai entrata di prepotenza nelle case dei (pochi) fortunati che sono riusciti ad accaparrarsi una delle nuove console di casa Sony e Microsoft, macchine particolarmente ambite dal pubblico che nel corso dei prossimi anni avranno molto da dimostrare. Se da un lato, però, Sony con la sua PlayStation 5 sembra voler seguire la strada già intrapresa con la tanto apprezzata PlayStation 4, dall’altra parte Microsoft ha preferito seguire strade alternative, in particolar modo dando forma al Game Pass, servizio ad abbonamento mensile che da molti viene visto come la vera “Killer Application” dell’ecosistema targato Xbox. Grandi servizi e grandi console sono però poca cosa senza giochi meritevoli di essere ricordati, ed è anche per questo che la società di Redmond ha rimpolpato la sua livrea di studi interni, con Bethesda a rappresentare l’ultimo tassello di una strategia che ha indubbiamente catturato l’attenzione di molti.
L’obiettivo è insomma quello di dar forma a nuove IP che possano rivaleggiare ad armi pari con le altisonanti produzioni esclusive di casa Sony, ma non ciò non significa che quanto fatto di buono nel corso degli anni debba andare necessariamente dimenticato. Proprio per questa ragione abbiamo quindi deciso di vedere insieme a voi alcune IP che, dopo aver caratterizzato con forza il percorso formativo delle console Xbox, sono tristemente finite nel dimenticatoio, giochi dal grandissimo valore che meriterebbero di tornare sotto la luce dei riflettori per stregare ancora una volta milioni di giocatori sparsi in ogni angolo del globo.
Xbox Series X|S - Sei IP che vorremmo rivedere
Lost Odyssey
Fin dai suoi albori, il marchio Xbox ha assai faticato a trovare un suo pubblico di riferimento nel vasto mercato nipponico. Mentre Sony e Nintendo totalizzavano numeri da capogiro in Oriente, infatti, le varie console targate Microsoft si sono sempre dovute accontentare delle briciole, una gravosa condizione a cui si tentò più volte di porre rimedio tramite partnership ed esclusive d’alto livello, purtroppo senza ottenere mai risultati particolarmente eclatanti. Eppure, nonostante tutto, nel 2003 fece particolarmente scalpore l’annuncio di un accordo che Xbox strinse con Hironobu Sakaguchi, il papà di Final Fantasy. A fronte di una totale libertà lasciata nelle mani del director, il quale avrebbe potuto contare sulle generose risorse della divisione Xbox, Sakaguchi avrebbe dovuto sviluppare due JRPG pensati specificatamente per il mercato giapponese, due opere che oggi conosciamo come Blue Dragon e Lost Odyssey.
Per quest’ultima in particolare l’uomo pose la massima attenzione, richiamando a sé un team d’eccellenza che potesse assicurargli una cura certosina in ogni ambito, dalla narrativa alla colonna sonora, fino al character design. Quella che andò così materializzandosi si rivelò essere un’opera maestosa, un capolavoro che su Xbox 360 seppe stregare sia il popolo occidentale che quello orientale, un successo di critica e pubblico che in moltissimi ricordano ancora oggi con estrema gioia. Purtroppo, però, i numeri totalizzati dalla console Microsoft continuarono a mostrarsi particolarmente deludenti, situazione che spinse le alte sfere della compagnia a concentrarsi sull'Occidente, mettendo nel mentre da parte tutto ciò che riguardava il mercato giapponese. Da allora di acqua sotto i ponti ne è però passata parecchia e la filosofia di Microsoft è notevolmente cambiata. Oggi il marchio Xbox guarda infatti al ricco mercato orientale con estremo interesse e Phil Spencer ha più volte dichiarato di starsi muovendo in tal senso. Quale modo migliore di far spiccare il giusto balzo a Xbox Series X/S se non tramite il degno seguito di una tra le sue IP più amate?
Conker's Bad Fur Day
Vi è stata un’epoca in cui i talentuosi ragazzi di Rare erano meritatamente riconosciuti come alcuni tra i più abili sviluppatori videoludici di sempre. Sotto l’ala protettrice di Nintendo, la software house poté dar forma ad alcune produzioni che oggi vengono ricordate come vere e proprie pietre miliari, capolavori di grande spessore che seppero segnare la carriera videoludica di molti appassionati. Quando Microsoft acquistò l’intera software house nell’ormai lontano 2002, però, qualcosa sembrò essersi irrimediabilmente rotto, come dimostrato da quelli che furono i successivi progetti del team – mai davvero memorabili – e dalla fuga repentina di alcuni tra i nomi più rinomati all’interno della casa di sviluppo.
Rare sembrava avesse ormai perso la sua scintilla e la gestione voluta da Microsoft, che la spinse verso lo sviluppo di produzioni pensate per il Kinect, non fece altro che confermare i timori di molti. Eppure, nonostante le varie difficoltà incontrate negli anni, il team si è lentamente rimesso in piedi, come dimostrato anche da quel Sea of Thieves che dopo una partenza particolarmente difficoltosa, può ora contare su una vastissima community, e in molti stanno già fantasticando su quali vecchie glorie del passato potrebbero tornare alla luce della ribalta. Tra le tante IP, spicca in particolare Conker's Bad Fur Day, platform dai toni dissacranti che nel 2001 seppe stregare il vasto pubblico del Nintendo 64, nonostante le numerose controversie che ne caratterizzarono l’uscita. Dopo quel primo capitolo tanto amato, il brand poté però contare solo sull’arrivo di un remake (Conker: Live & Reloaded) particolarmente odiato dai fan per l’applicazione di svariate censure volute da Microsoft per rendere l’opera più facilmente vendibile.
La decisione presa, come facilmente immaginabile, si rivelò controproducente e gli scarsi risultati ottenuti in termini di vendite portarono alla cancellazione di svariati progetti dedicati al brand. Tolta una sconfortante e debole apparizione all’interno di Project Spark, Conker scomparve completamente da ogni radar, relegato a mero ricordo nel cuore di tutti coloro che poterono viverne le origini; eppure, proprio quella fanbase non ha mai smesso di sognare un ritorno in pompa magna dello scoiattolo più dissacrante della storia videoludica, magari con quel seguito ufficiale tanto chiacchierato e purtroppo mai giunto sugli scaffali. Noi, onestamente, non potremmo che accoglierlo a braccia aperte.
Dishonored
Abbiamo dovuto attendere diversi mesi, ma infine la conferma tanto attesa è arrivata; Zenimax è passata nelle mani di Microsoft, e con lei anche Bethesda e tutti i suoi team interni. Parliamo di un momento estremamente importante per l’intera industria videoludica e le cui ripercussioni si stanno già palesando, per la gioia dei moltissimi abbonati al Game Pass che ora possono godersi alcune tra le migliori produzioni di casa Bethesda. Tra queste, spicca in particolare Dishonored, epopea targata Arkane Studios che nonostante l’uscita di due soli capitoli è riuscita a costruirsi attorno un’appassionatissima nicchia di fan.
L’IP è infatti riuscita a inserirsi con forza nell’Olimpo videoludico degli stealth game grazie a una cura maniacale per i dettagli e, in particolare, per un level design semplicemente sublime, lì dove ogni singola ambientazione esplorabile si sarebbe potuta tramutare in un vero e proprio luna-park di possibilità. Un art-design di gran valore mescolato a una narrativa di spessore – vuoi anche per una grande libertà decisionale lasciata nelle mani del videogiocatore stesso – andavano a chiudere un cerchio idilliaco… che però non si rivelò purtroppo in grado di convincere il grande pubblico. Dishonored 2, infatti, pur senza essersi guadagnato l’appellativo di “fallimento videoludico”, non seppe raggiungere gli obiettivi di vendita predisposti da Bethesda, situazione che portò a una repentina scomparsa del brand dopo l’uscita dell’espansione stand-alone La Morte dell’Esterno.
Ora che Bethesda – e conseguentemente Arkane Studios – si trova però nelle mani di Microsoft, la software house può vantare su tutto un nuovo mondo d’opportunità particolarmente ghiotte, tra le quali figura anche un fantomatico Dishonored 3. Lo stesso team di sviluppo ha affermato di aver ricevuto carta bianca per i suoi prossimi progetti e in molti sono curiosi di scoprire quali future produzioni vedranno la luce dopo l’arrivo del chiacchierato Deathloop. Considerando che sono molti i videogiocatori che da anni chiedono un ritorno in grande stile di Corvo Attano, non fatichiamo a credere che questo possa essere il momento propizio.
Alan Wake
Sono innumerevoli le produzioni che permisero a Xbox 360 di essere ricordata come lo scintillante gioiello di Microsoft. Opere quali Mass Effect e Bioshock, accompagnate poi dai grandi marchi Xbox, costellarono infatti un cammino dorato per la console che per anni poté contare sul favore del pubblico rispetto alla rivale. Purtroppo, però, grosse problematiche a livello hardware – primo fra tutti, il tristemente noto “led rosso della morte” – e il lento ma inesorabile allontanamento di quelle IP terze parti tanto amate, che cominciarono a muoversi anche in direzione della concorrenza, fecero perdere alla console targata Microsoft tutto il vantaggio guadagnato su PlayStation 3, con quest’ultima che proprio nei suoi ultimi anni di vita riuscì addirittura a superare Xbox 360 in termini di console vendute in tutto il mondo.
Nonostante ciò, risulta impossibile non annoverare nella livrea di produzioni giunte sulla home console della casa di Redmond produzioni di grande impatto, videogiochi particolarmente amati tra i quali figura anche Alan Wake. La creatura targata Remedy Entertainment seppe insinuarsi con forza nel cuore di milioni d’appassionati grazie a un lavoro registico di prim’ordine affiancato da una scrittura particolarmente appassionante, un thriller dallo spiccato gusto horror capace di sorprendere dall'introduzione ai titoli di coda. A un’avventura dall’elevatissimo pathos fece però seguito solo un mediocre spin-off, un amaro boccone per tutti coloro che già sognavano di poter vestire i panni dello scrittore Alan Wake in un’emozionante e imperdibile trilogia. I deboli risultati ottenuti da Alan Wake’s American Nightmare portarono infatti al totale congelamento del progetto, il quale venne debolmente ripresentato a più riprese tra il 2015 e il 2019 senza particolari sviluppi.
Quando poi i rapporti tra Microsoft e Remedy andarono inclinandosi con Quantum Break, produzione targata Xbox One che soffrì di varie difficoltà in sede di sviluppo, in molti ritennero il possibile ritorno di Alan Wake come un sogno oramai irrealizzabile. Eppure, nonostante tutto, con una Microsoft desiderosa di avvicinare a sé quanti più videogiocatori possibili e una Remedy Entertainment assai diversa rispetto al passato, la quale ha tra l’altro sfruttato il suo apprezzato Control per far tornare sulla scena proprio il nostro scrittore preferito – seppur solo per delle brevi ma sicuramente importanti apparizioni –, la fiamma della speranza è tornata ad ardere con gran vigore. Se qualche anno fa Alan Wake 2 sembrava solo un miraggio, oggi lo vediamo invece come una concreta possibilità da non dover prendere sottogamba.
Phantom Dust
Siamo nel pieno del 2004, quando l’originale Xbox si trovava oramai sul punto di lasciare il passo all’Xbox 360, la quale sembrava promettere meraviglie a chiunque avesse deciso di dargli una chance. Nonostante Microsoft fosse quindi già interamente focalizzata sul nuovo hardware, alcuni interessanti progetti si trovavano ancora nel pieno del loro sviluppo, pronti per chiudere la generazione con sufficiente forza. Tra questi, figurava in particolare Phantom Dust, peculiare action strategico in tempo reale caratterizzato da elementi propri di un gioco di carte collezionabili. La produzione, sviluppata e pubblicata dai Microsoft Game Studios con la preziosa collaborazione di Yukio Futatsugi, autore famoso per aver dato forma alla serie Panzer Dragoon, ci avrebbe visto impersonare i panni di uno sventurato protagonista affetto da amnesia ritrovatosi a dover sopravvivere su un pianeta Terra ridotto in macerie per motivi sconosciuti.
Nonostante un lavoro di buona qualità accostato da diverse idee ludiche particolarmente intriganti, la produzione si rivelò un cocente fallimento in termini di vendite, arrivando a totalizzare solo poche decine di migliaia d’unità tra Giappone e Stati Uniti. Il contraccolpo fu talmente violento che l’IP scomparve da ogni radar per ben dieci anni, fino a quando, nel 2014, non ne venne annunciato un remake per Xbox One. Quelli furono però anni assai complicati per la divisione Xbox, tra software house chiuse e progetti cancellati che andarono mettendo sempre più in ombra l’intero progetto di casa Microsoft, un susseguirsi di gravose notizie che infine andarono a colpire anche Darkside Game Studio, team che stava lavorando proprio al rifacimento di Phantom Dust.
Con la chiusura della software house, infatti, anche il remake venne definitivamente cancellato e al suo posto ci si limitò alla realizzazione di una conversione del gioco originale rilasciata in forma gratuita, una magra consolazione per tutti quei fan che stavano già assaporando quella che sarebbe stata un’esperienza ludica di ben altra caratura. Eppure, nonostante tutto, oltre un milione di giocatori s’interessarono alla remastered di Phantom Dust, segno del fatto che dietro alla produzione vi era ancora parecchio interesse. Con Xbox Series X/S appena giunte sul mercato e a fronte di una Microsoft alla costante ricerca di produzioni con cui rimpolpare il servizio Game Pass, le speranze dietro al ritorno sulla scena del brand – indipendentemente che si parli nuovamente di un remake o di un seguito a tutto tondo – si sono fatte indubbiamente più numerose.
Steel Battalion
Molti potrebbero non averlo mai sentito neanche nominare, ma Steel Battalion è conosciuto (a ragione) come uno dei più grandi azzardi della storia videoludica. Quando Capcom decise di presentare il suo progetto nel 2002 come esclusiva per la prima Xbox, furono in molti a rimanere spiazzati, sicuri del fatto che un videogioco talmente elitario non sarebbe mai potuto esistere all’interno di un’industria che da molti anni puntava con sempre maggior forza a raggiungere il grande pubblico. Eppure, nonostante tutto, quel magico titolo divenne realtà, e con lui anche il Mega-Jockey-9000, un enorme controller che riproducendo la plancia di un mech da combattimento, ci avrebbe permesso di guidare un robot armato di tutto punto nel pieno di una guerra senza esclusione di colpi.
Sono pochi i fortunati che possono vantare di possedere questo gioiello – vuoi per l’elevata spesa richiesta in sede d’acquisto, vuoi per una limitata produzione dello stesso da parte di Capcom, la quale era ben conscia di aver sviluppato un videogioco quasi invendibile –, ma ad oggi Steel Battalion viene riconosciuto come il Dark Souls moderno di un’epoca passata. I ben 44 pulsanti presenti sul controller offrivano infatti un senso di libertà e realismo inarrivabile ancora oggi, il tutto accostato a un livello di difficoltà particolarmente ostico che richiedeva un approccio pragmatico e attentamente calcolato per ogni situazione affrontata in-game. Invero, la saga poté addirittura contare su uno spin-off multiplayer affiancato da un vero e proprio seguito giunto su Xbox 360, Steel Battalion: Heavy Armor, opera che se nei piani originali della società nipponica avrebbe dovuto rilanciare il brand agli occhi del pubblico, nei fatti finì con il condannarlo a una lenta e agonizzante morte.
Volendo evitare di realizzare una nuova plancia di comando che per forza di cose si sarebbe portata dietro costi particolarmente salati, Capcom decise infatti di puntare tutto sul Kinect di Microsoft, il quale però non si rivelò all’altezza della situazione. Comandi imprecisi, spesso mai registrati e alle volte totalmente inventati divennero parte integrante dell’esperienza offerta da Steel Battalion: Heavy Armor e gli scarsi risultati in termini di vendite decretarono il totale fallimento del progetto. Pensare a un ritorno della saga su Xbox Series X/S appare quantomeno improbabile, se non addirittura impossibile, ma l’alone di mistero e coraggio che da sempre ruota attorno a questa IP lo renderebbe perfetto per una nutritissima nicchia di giocatori alla costante ricerca d’esperienze fuori dal comune.
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