Wanted: Dead | Recensione - Tutto sangue e niente arrosto
Un action ispirato ai congeneri di tanti anni fa, a base di sparatorie e scontri all'arma bianca: la recensione di Wanted: Dead.
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a cura di Fabio Canonico
Quale fosse la natura di Wanted: Dead era chiaro fin dall'inizio, dal momento in cui il gioco sviluppato da Soleil si svelò in tutta la sua irriverente vetustà: l'irriverenza proveniva dai suoi toni così strampalati e da una godereccia propensione per il gore; la vetustà, ludica, dall'identificarsi come un omaggio alle produzioni action tipiche della sesta generazione di console, quelle un po' (tanto) cafone, nelle quali i protagonisti avevano a disposizione una varietà piuttosto ristretta di attacchi e soluzioni, piuttosto lontane dai tecnicismi ai quali siamo abituati oggi, fatti da combo da concatenare e cancel da sfruttare al momento opportuno.
Ugualmente era chiaro quale fosse la produzione più vicina a Wanted: Dead per concept, struttura di gioco, gameplay, ovvero quel Devil's Third, considerato tra i peggiori giochi in assoluto su Wii U, con il quale condivide uno dei producer, Yoshifuru Okamoto. Le speranze, quindi, erano semplicemente che Wanted: Dead fosse una sorta di seguito spirituale un po' più curato e godibile di Devil's Third, che aveva buone idee, ma implementate malissimo. Non per forza un gran gioco, ma almeno una produzione in grado di farsi notare e apprezzare grazie alla sua eccentricità, e ci si augurava a un gameplay immediato e assuefacente. Purtroppo le cose sono andate diversamente.
Cyberpoliziesco anni '90
È tutto quello che compone il contorno di Wanted: Dead a rappresentarne la parte migliore: storia, personaggi, toni, sono esattamente quelli che ci si potrebbe aspettare da una produzione simile, così tanto ispirata ai congeneri di quasi vent'anni fa. Ogni pretesa di serietà è spazzata via da un racconto che è sempre su di giri (nonostante passaggi spiegati malissimo, o non spiegati per nulla); da una caratterizzazione dei personaggi che usa lo stereotipo come un'accetta, tagliando in maniera grossolana profili comunque efficaci; da un'ambientazione che mischia il poliziesco di fine anni '80/inizio '90 con un cyberpunk che è tutto protesi e corporazioni, ovvero i suoi elementi più facilmente spendibili.
Pur nella rozzezza con il quale quindi tutto è confezionato, ci si può davvero interessare alla vicenda della squadra Zombie, unità speciale della polizia costituita da quattro disadattati: su tutti Hannah Stone, la protagonista del gioco, colei che si utilizza in azione, ma anche i suoi compagni, ovvero lo sboccato Herzog, l'inquieto Doc e il tosto Cortez, con il supporto dell'eccentrica Vivienne e del classico capitano della polizia, ruvido fuori ma tanto affezionato ai suoi uomini. La squadra si ritrova invischiata in un complotto che mira a ribaltare i rapporti di forza a Hong Kong, con più forze in campo: le già citate corporazioni, ovviamente, ma anche un gruppo di sintetici ribelli.
Con tali premesse e viste le ambizioni del gioco, piuttosto lontane dalla volontà di irretire il giocatore grazie a un intreccio appassionante e intelligente, le cose dal punto di vista narrativo vanno presto a ramengo, ma davvero non è un problema, perché se la coerenza non è assolutamente una caratteristica della storia lo è invece la presenza di diversi momenti che, pur nella loro stramberia, risultano d'impatto. Un gioco nel quale fate irruzione in una discoteca, con il semirealismo della direzione artistica che muta in un anime, mentre suonano le note di Maniac di Michael Sembello (di una cover, per essere più precisi), non l'avete mai visto.
Se a questo coacervo di robe pacchiane, esagerate, fintamente seriose, ma lo stesso costitutive di un'identità netta e riconoscibile, fosse associato un impianto di gioco anche solo discreto ci troveremmo di fronte a un piccolo cult. Peccato che sia proprio il gameplay il principale problema di Wanted: Dead, sconclusionato e privo di cura com'è. Non c'è, al suo interno, un singolo elemento che sia stato implementato in maniera decente: tutto è arruffato, impreciso, artificioso.
Fucile inceppato
L'idea che ne sta alla base è quella di mischiare sparatorie e combattimenti all'arma bianca, tutto nella prospettiva della terza persona. Appare immediatamente evidente come questa unione sulla carta potenzialmente foriera di un'azione varia e intensa sia in realtà afflitta da molteplici problematiche. Sparare è, nella maggior parte delle situazioni, un'operazione imprecisa e poco soddisfacente: tale è l'inconsistenza delle bocche da fuoco che si fa fatica a capire se la totale mancanza di feedback dei colpi sia un problema delle hitbox dei nemici o di animazioni. Un caso limite, ma perfettamente esplicativo, è rappresentato dal lanciagranate: mi è accaduto varie volte che il colpo mi sia scoppiato in faccia, pur avendo una traiettoria totalmente libera.
Il modo migliore per sbarazzarsi dei nemici è quindi il farli a fettine con la spada, e qui le cose vanno meglio, ma comunque non bene. Il gioco incoraggia ad affrontarli a viso aperto attraverso un sistema che permette di recuperare piccole quantità di salute: si subisce magari il fuoco nemico, ma ecco che grazie all'esecuzione del nemico in corpo a corpo si ripristina quanto perso. Correre verso un cattivone, tagliuzzarlo, spostarsi verso un altro, dargli ancora di spada, in un tripudio di arti smembrati e schizzi di sangue, tutto sommato funziona, almeno fin quando non si incorre nell'inciampo della telecamera. Davvero non ce la fa l'inquadratura a seguire l'azione in maniera adeguata, molte volte arrivano colpi da non si sa dove, e basta che le cose siano appena più affollate del normale perché questa si perda quasi totalmente.
Oltre ai grossi problemi delle basi del gameplay ce ne sono innumerevoli legati ad aspetti secondari, ma comunque rilevanti nell'esperienza di gioco. Le combo performabili utilizzando la pistola (che mira in automatico) e la spada non aggiungono molto agli attacchi standard, anzi sono persino controproducenti, perché allungano le sequenze e non esiste un sistema di cancel: se un colpo inflitto viene parato si rimane praticamente alla mercé dei nemici. Accade spesso, perché, altra questione, certi nemici parano di continuo e ucciderli richiede quasi più tempo che un boss. A loro le armi da fuoco fanno il solletico, le spadate vengono parate, cosa usare? Magari quel lanciagranate preso a un soldato nemico? No, perché lo stesso lanciagranate necessario per distruggere un boss meccanico a un “miniboss” magari non infligge danno alcuno. E si viene uccisi. Da dove si riparte? Da un punto di salvataggio magari collocato totalmente a casaccio, con dei bei passaggi da ripetere.
Ecco, questa è la dimensione della ludica di Wanted: Dead, che confonde l'ispirazione agli action d'antan, che magari erano un po' ingenui, ma comunque funzionavano, con il pressapochismo e la totale mancanza di cura. Serve a poco quindi che sia invece azzeccato il cafonissimo contorno cyberpoliziesco, o che la tecnica, per quanto affatto strabiliante, sia comunque funzionale all'esperienza complessiva.
Voto Recensione di Wanted: Dead - PC
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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Pur tra stereotipi e stramberie, contesto e personaggi sono apprezzabili.
Contro
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Nessuno degli elementi principali del gameplay funziona bene.
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Ulteriori, molteplici problematiche nel bilanciamento complessivo.
Commento
Inizialmente Wanted: Dead sembra farcela, quando ancora se ne apprezza l'immaginario piacione e si sta prendendo confidenza con il suo impianto di gioco. Ci vuole veramente poco però affinché vengano fuori, continuamente, magagne grandi e piccole, che rendono l'esperienza insoddisfacente, frustrante, ripetitiva. Qualcosa si salva, del gioco di Soleil, ma assolutamente non quanto basta a renderlo anche vagamente godibile.