Arrivato finalmente sul mercato, e accolto da un coro unanime di recensioni positive, God of War Ragnarok (trovate la nostra recensione qua e potete acquistarlo su Amazon) non ha deluso le aspettative, dimostrandosi un titolo ricco, massiccio e appagante sotto diversi punti di vista, consacrandosi nel nome di quel “bigger and better” che, come abbiamo detto anche in fase di recensione, ci si aspetterebbe caratterizzasse qualsiasi sequel degno di questo nome.
Anche al netto di alcune critiche che possono essere mosse, per esempio, verso il comparto narrativo, il nuovo titolo di Sony Santa Monica rappresenta indubbiamente un punto d'arrivo importante, non solo per la saga di Kratos in sé che, a questo punto, non sappiamo che direzione prenderà (o se ne prenderà una), ma soprattutto per il team di sviluppo che si dimostra, sotto diversi aspetti, anzitutto quello artistico e tecnico, uno dei team di punta del parco PlayStation Studios e, indubbiamente, uno dei più importanti e competenti dal punto di vista globale.
Pensando alla magnificenza di Ragnarok, alla sua estensione, alla mole di contenuti, e al suo splendido level design, la voglia di esplorare e conoscere i meccanismi del mondo di gioco è stata alle stelle, complice quella che è una bellezza indubbia e maestosa, per altro anche al centro della nostra analisi in corso di recensione.
Galvanizzati dalla bellezza e dalla varietà dei Nove Regni, e complice la volontà di non abbandonarli neanche a gioco concluso, e ormai abbondantemente sulla via del Platino, abbiamo colto praticamente al volo l'occasione offertaci da PlayStation di poter scambiare quattro chiacchiere ufficiali direttamente con Sony Santa Monica, incontrata nelle vesti di James Riding, Principal Level Designer del gioco, e Jon Hickenbottom, Level Designer, con il primo che ha lavorato sia a questo progetto che al precedente, e che è quindi stato a lungo partecipe della rivoluzione che lo studio ha attuato sul brand.
Concesso un po' del loro tempo, i due ci hanno raccontato dello sviluppo, le ispirazioni e le difficoltà di quello che, indubbiamente, è uno dei titoli che concorrono all'ambitissimo scettro di “GOTY 2022”. Noi, dal canto nostro, abbiamo provato anche a indagare su quello che potrebbe essere l'ipotetico futuro della serie su cui, per ovvi motivi, c'è ancora il massimo riserbo.
God of War Ragnarok, l'intervista a James Riding e Jon Hickenbottom
RG: Anzitutto grazie per il vostro tempo! God of War Ragnarok è un gioco fantastico, ed è un grande ritorno per Kratos e Atreus. Ovviamente, da fan, è per me un grande piacere conoscervi e vorrei cominciare subito parlando di quello che, a mio giudizio, è il concept generale del level design. Giocando, infatti, ho come avuto l'impressione che ci fosse un ritorno alle origini della saga di God of War, soprattutto se ci confrontiamo con il capitolo precedente, che era decisamente molto lineare. Con Ragnarok ho avuto l'impressione di affacciarmi a un mondo più ampio e più vario, e mi verrebbe da chiedervi come abbiate affrontato questo cambio di rotta. Insomma: qual è stato l'obiettivo principale nella creazione di questo gioco, e come vi siete mossi proprio in termini di ritorno alla varietà?
James Riding: L'obiettivo, parlando di design, era quello di partire dal gioco precedente. Nel precedente God of War stavamo cercando di capire come si muove Kratos e come utilizzare la nuova inquadratura, il che è stato un cambiamento enorme rispetto al passato della saga. Capito questo ci siamo chiesti: “come possiamo andare avanti in questa direzione?”. Ci siamo quindi domandati cosa poter introdurre rispetto al primo gioco, ovvero soluzioni come il nuovo uso delle Lame del caos per un approccio alla verticalità dei livelli, cercando di offrire più varietà di movimento. Lo chiamiamo "in house expand mobility combat", ovvero un sistema in cui puoi muoverti, salire su una piattaforma, combattere dei nemici e poi saltare giù e combatterli a terra, e abbiamo fatto in modo che fosse così per tutto il gioco, anche perché era qualcosa che mancava nel titolo precedente, mentre ora questa è una componente di spicco del level design.
RG: La cosa sorprendente è che avete compiuto questa scelta in un gioco in cui, tra le varie, avete puntato tantissimo sul tema dell'accessibilità, puntando a rendere il gioco davvero accessibile a tutti, cosa per altro splendidamente comunicata anche dal marketing del gioco. A questo punto, sempre parlando di level design, quali sono state le attenzioni che ci sono state nella costruzione dei livelli? Ma soprattutto, quali sono le sfide nel rendere un gioco frenetico come God of War, accessibile a tutti?
Jon Hickenbottom: Beh, in questo senso si parte da prima. Mila Pavlin (Lead UX Designer ndr.) e il resto del team hanno spinto affinché il gioco fosse accessibile sin da quando è cominciato lo sviluppo. Quindi sai, è un processo, giusto? Abbiamo effettuato molti test di gioco, molte interazioni e ricevuto molti feedback, e sono sicuro che ci sono tantissime persone che parleranno di questo aspetto meglio di me, ma sì, posso dirti che tutto è cominciato a partire dalle prime fasi dello sviluppo, evolvendosi durante l'intero percorso di realizzazione. Ci sono state diverse discussioni su come lavorare in termini di accessibilità, ma posso dirti che ogni dipartimento si è impegnato affinché questa fosse una pietra angolare di questo gioco, così che più persone sarebbero state in grado di giocare a questo titolo. Il tutto si è sviluppato mentre eravamo a lavoro, cercando costantemente soluzioni insieme al nostro team di accessibilità e al team dell'interfaccia utente, per assicurarci, ad esempio, che i puzzle potessero essere risolti da chiunque. Si è trattato di un lavoro che ha richiesto moltissimi passaggi, con interazioni continue tra i team, con la volontà di assicurarci che questo sia un gioco che possano giocare tutti. È stata una parte importante del nostro lavoro, e per questo mi sento di fare i complimenti a Mila e al suo team per averlo reso possibile.
RG: Beh, personalmente vi faccio i miei complimenti. Le opzioni di accessibilità sono tantissime ed è bello sapere che questo è stato uno dei temi principali del vostro percorso di sviluppo.
E a proposito di tematiche: sono rimasto molto sorpreso del modo in cui avete elaborato uno dei temi principali del gioco, ovvero il Fimbulwinter. Prima di giocare immaginavo che ogni livello sarebbe stato coperto di neve, ma in realtà è solo Midgard a versare in questo stato. Sono quindi rimasto piuttosto sorpreso nello scoprire che ogni regno è influenzato da questo “inverno” in modo diverso e mi chiedo del perché abbiate optato per questa scelta. Le differenze degli effetti di questo “inverno” sui Regni sono frutto di una scelta meramente artistica, o dietro c'è qualcosa di più?
James Riding: Dunque, ovviamente dovremmo girare questa domanda al team narrativo, ma dal punto di vista del level design posso dire che ritengo che una serie di livelli, tutti coperti dalla neve, sarebbero stati noiosi. Quindi, immaginare che il Fimbulwinter potesse avere un effetto diverso su ogni Regno, ci ha permesso di creare varietà, anche perché sapevamo di dover esplorare tutti e 9 i Regni, e dunque ognuno di essi doveva essere diverso. In questo modo abbiamo avuto la possibilità di riprendere, narrativamente, gli effetti causati nel gioco precedente, pur creando un gioco bilanciato e con una buona varietà.
RG: A proposito di Regni: come vi siete approcciati a essi dopo il precedente gioco? Parlo anche del dover esplorare di nuovo regni già visti, come ad esempio Alfheim che, qui, risulta completamente nuovo rispetto al passato. Ci sono state attenzioni particolari in tal senso? Come avete lavorato per rendere qualcosa di già visto, nuovo ma, al contempo, familiare per i giocatori del capitolo del 2018?
James Riding: Volevamo che questo gioco trasmettesse le stesse sensazioni del capitolo precedente. In questo senso proprio Alfheim è un ottimo esempio, e la sensazione che volevamo creare era quella di visitare una parte nuova di un luogo già visto. Qui, ad esempio, abbiamo mostrato gli effetti che le azioni del primo gioco hanno avuto su Alfheim. Come per il Fimbulwinter abbiamo voluto creare degli echi che rimandassero al primo gioco: e così, ad esempio, il lago che navigavamo in barca nel capitolo del 2018 è oggi ghiacciato. Puoi comunque visitare delle location di quel posto che conosci già, come il Tempio di Tyr, ma le troverai cambiate. Sono luoghi diversi, eppure familiari, e credo sia questo l'obiettivo che deve prefissarsi un buon sequel. Avere di più del gioco precedente, ma fare in modo che non sia esattamente lo stesso, familiare ma diverso, ed è quello che siamo entusiasti di far provare ai nostri giocatori.
RG: A proposito di avere di più: penso abbiate fatto un lavoro incredibile con questo gioco. God of War Ragnarok è davvero “bigger and better” sotto tantissimi punti di vista, e questo è incredibile. Una cosa che mi ha colpito, in questo senso, è il gran numero di attività secondarie che sono state inserite, che sono molte di più rispetto al capitolo del 2018. A questo punto vi chiedo: come avete stabilito la distribuzione delle attività secondarie nei vari Regni e sulla mappa? Ve lo domando perché trovo che la distribuzione sia più equa rispetto al capitolo precedete dove, in fin dei conti, il tutto si concentrava attorno al Lago dei Nove, che fungeva quasi da HUB principale del gioco.
Jon Hickenbottom: A tal proposito devo ringraziare Louie Sanchez e Antony Demento del nostro team di lead level designer, e poi Anthony del nostro Lead Player Investment Team. Loro e i loro team, assieme a tutto lo Studio, hanno lavorato davvero duramente per evolvere quelli che erano gli aspetti del gioco precedente. Anche io sono un fan della saga, e non ho lavorato nel capitolo del 2018, ma devo dire che uno dei miei aspetti preferiti di quel God of War era proprio la possibilità di avere tante aree opzionali, con un'esplorazione che si andava a incastrare con il percorso della questline principale. Un aspetto che in God of War Ragnarok è stato davvero portato a un livello successivo, e che è stato al centro dello sviluppo fin dall'inizio. Si è continuato a discutere durante l'intero processo di sviluppo, di come potessimo incorporare questa o quella missione secondaria, e sono d'accordo: il risultato che ne è venuto fuori è fantastico! Ci sono alcune cose incredibili da vedere in giro per i Regni, e c'è sempre quell'idea che percorrere un sentiero, anche se non legato alla storia, porterà a scoprire cose interessanti! Ci sono cose davvero incredibili da scoprire, e penso che questo sia molto divertente per i giocatori, che possono finire il gioco, e poi avere ancora moltissime cose da fare.
RG: A proposito di questo, ovvero dei contenuti presenti nel gioco: c'è qualcosa che avete deciso di tagliare dalla versione finale? Ovviamente mi verrebbe da dire di sì, perché è qualcosa che succede spesso nel mondo dello sviluppo, ma mi verrebbe da domandarvi se ci fosse la possibilità che qualcuno di questi tagli sia riutilizzato in futuro, magari tramite aggiornamenti gratuiti o DLC?
James Riding: Al momento non abbiamo nulla da annunciare. Come saprete, prossimamente aggiungeremo al gioco la Photo Mode. God of War Ragnarok è un gioco gigante, direi che per ora i giocatori hanno un bel po' di cose da fare.
RG: Immaginavo me lo avreste detto ma, sai, dovevo comunque provarci.
- A questo punto ci facciamo tutti una bella risata, anche se avrei voluto davvero che qualcuno mi dicesse “tranquillo bro, ti annunceremo un mucchio di fichissimi DLC, che era un po' quello che tutti desideravate con lo scorso God of War”. Ma pazienza, il team è chiuso in uno stretto riserbo, e mi tocca andare avanti. -
RG: Mi avete parlato della quantità immane di cose da fare che ci sono in Ragnarok, ora vorrei fare un confronto, sperando che i lettori non lo prendano come spoiler. Nel titolo del 2018 era presente uno dei livelli più interessanti dell'intero gioco, ovvero il Laboratorio di Ivaldi, strutturato per offrire delle inedite meccaniche roguelike all'interno della serie. Si trattava di un concept interessante, che mi sarei aspettato di rivedere in questo capitolo, e invece non c'è nulla di simile. Posso chiedervi il perché? Si trattava, in fin dei conti, di un'attività molto valida, ottima anche per allungare l'esperienza endgame, come mai non avete pensato di inserire qualcosa di simile?
James Riding: John e io non abbiamo lavorato a Niflheim su questo progetto, e non saprei dirti del perché non c'è stata l'integrazione di un livello simile. Posso però dirti, parlando del Regno di Niflheim, che in questo capitolo abbiamo un forte motivo narrativo dietro la visita, e dunque non volevamo essere bloccati da nessun tipo di meccanica roguelike, oltre alla volontà di voler fare qualcosa di nuovo. Il punto, sai, è che non volevamo necessariamente ripercorrere meccaniche di gioco già viste, e penso che questo sia parte del motivo per cui non c'è qualcosa di simile al Laboratorio di Ivaldi. Volevamo fare passi in avanti rispetto al capitolo del 2018, provando a inserire qualcosa di interessante in tutti i Regni, e così è stato.
RG: Capisco l'idea, e infatti l'idea generale che ho avuto giocando, è che questo capitolo voglia essere più vario e soprattutto, meno lineare del precedente. Dunque, parlando proprio di come vi siete evoluti rispetto all'ultimo gioco, sarei curioso di capire quale tipo di discussioni avete intavolato internamente dopo il primo episodio, ovvero in che modo avete lavorato dopo aver ricevuto i feedback alla pubblicazione da parte dei giocatori, ma anche di critici, blogger e youtuber. La reazione della critica e del pubblico, ha in qualche modo influenzato God of War Ragnarok?
James Riding: Di certo abbiamo voluto ascoltare i nostri fan. Perché siamo fan dei nostri fan e, voglio dire, io in primis sono stato un fan della serie prima di entrare nel team! All'uscita del precedente God fo War abbiamo ricevuto moltissimi feedback, alcuni di questi erano semplici da affrontare, ed erano relativi, ad esempio, alla varietà dei nemici, o alle battaglie con i boss, ovvero a cose su cui eravamo già concentrati. C'erano poi alcune cose su cui volevamo concentrarci a prescindere da tutto, come ad esempio l'offrire ai giocatori la possibilità di vivere la propria avventura, senza subire troppo la linearità narrativa. Proprio come abbiamo detto prima, è per questo che abbiamo ampliato di molto le opportunità messe a disposizione dei giocatori, offrendo loro la possibilità di compiere delle scelte, e questa credo sia stata un'evoluzione naturale per il franchise, e che i fan avevano, in parte, già apprezzato con il gioco precedente, anche confrontandosi con un mondo non proprio “aperto”. Abbiamo capito che la linearità poteva essere un punto debole, e penso che questo stabilisca anche il successo dei contenuti secondari, motivo per cui abbiamo espanso questo concetto in God of War Ragnarok.
RG: Abbiamo citato spesso lo splendido capitolo del 2018 e, personalmente, penso sia stato uno dei capitoli più importanti dell'intero franchise, soprattutto grazie alla sua componente narrativa che, per la prima volta, ci ha mostrato Kratos come una persona vera, reale, e non come una semplice macchina da guerra. Ora, benché sia chiaro che molti dei cambiamenti attuati col gioco precedente sono dipesi, ad esempio, anche dalla diversa prospettiva offerta al giocatore in termini di inquadratura, vorrei chiedervi se non ci siano stati dei cambiamenti imposti anche e soprattutto dalla componente narrativa, e se essa ha influito, in qualche modo, sulla costruzione dei livelli, tanto nel gioco precedente quanto in Ragnarok.
Jon Hickenbottom: Personalmente posso parlare solo di questo capitolo, non avendo, purtroppo, lavorato al precedente. In God of War Ragnarok la narrazione si intreccia saldamente ai livello di gioco che abbiamo costruito. In questo gioco stiamo assistendo alla crescita del rapporto tra Atreus e Kratos, e abbiamo cercato di trasmettere questo layout non solo attraverso la narrazione, ma anche attraverso il level design e il percorso di attraversamento dei livelli. Ti faccio un esempio: ora Atreus è in grado di lottare da solo, sta crescendo, e dunque non ha più bisogno di aggrapparsi alla schiena di suo padre per superare le arrampicate, perché è in grado di farlo da solo. Stessa cosa con gli enigmi, in cui è in grado di lavorare in modo indipendente da Kratos. C'è stato un cambiamento, e abbiamo fatto in modo che fosse riconoscibile. Anche i combattimenti, in questo senso, sono diversi, perché ora Atreus è in grado di metter a frutto l'esperienza fatta con suo padre nel primo gioco. A questo punto, per noi è stato importante che tutto questo si potesse percepire anche nelle modalità in cui il giocatore attraversa i vari livelli, esplorando, combattendo o interagendo con essi. La narrazione è continuamente intrecciata con il level design, e al fulcro di essa c'è l'evoluzione del rapporto padre/figlio.
RG: Facendo un passo indietro, prima mi avete detto di non aver lavorato direttamente al Regno di Niflheim, dunque di quale vi siete occupati direttamente? E già che ci siamo, senza fare spoiler, quale pensate sia il Regno con il level design più interessante e, per certi versi, “inaspettato”?
Jon Hickenbottom: Jon e io abbiamo lavorato a Svartalfheim che, ovviamente, è il migliore.
- Qui i due si fanno una risata compiaciuta e direi che ci sta. Svartalfheim, il Regno dei nani, è stato quello con cui Sony ha presentato il progetto al mondo con il primo trailer ufficiale, ed è anche uno dei Regni più interessanti del pacchetto, soprattutto dal punto di vista degli enigmi. Il Regno ha anche una certa importanza dal punto di vista narrativo… ma ora non pensiamoci troppo, che non vogliamo spoilerare nulla. Hickenbottom, nel mentre, sta riflettendo su quale sia il regno più inaspettato o, se vogliamo, sorprendente dell'intero lotto offertoci da Yggdrasil. -
Jon Hickenbottom: Dunque… parlando per me, direi che il Regno più inaspettato è quello di Muspelheim. Penso sia sorprendente anche visitare Asgard. Voglio dire: Asgard è un Regno che ha un fascino molto particolare, giusto? Asgard è davvero un regno interessante, tant'è che durante lo sviluppo ho continuato a dire: “fatemici lavorare, potrei fare questo, o quello…”, ma non è stato possibile farlo.
RG: Già che hai citato Asgard: per caso vi siete ispirati alle coste irlandesi nel realizzarlo?
James Riding: Non saprei dirtelo, ma non mi sorprenderebbe. Abbiamo effettuato molte ricerche, e utilizzato tantissimi riferimenti per la creazione di questo gioco, quindi, probabilmente, se ci vedi una somiglianza potresti aver ragione.
RG: Sono felice di saperlo, semplicemente perché amo l'Irlanda, e quando ho visto quel Regno mi ha fatto un certo effetto. Per altro, ragazzi, complimenti per il lavoro che avete fatto con Svartalfheim! Si tratta di un Regno interessante, che ho amato moltissimo e che, secondo me, ha la meccanica ambientale più interessante per quanto riguarda i puzzle!
James Riding: Grazie davvero!
RG: Sul serio ragazzi, c'è un puzzle in mezzo al lago di Svartalfheim che non ho ancora risolto! Sto lì a provarci, di tanto in tanto, ma nulla! E sapete che vi dico? La cosa mi fa un gran piacere, non tanto l'enigma in sé, ma constatare che in questo gioco c'è un gradevole ritorno agli enigmi ambientali, che c'erano pure nel gioco precedente, ma erano davvero molto semplici. Saprete di cosa parlo: si trattava spesso di tirare una catena, lanciare l'ascia, bloccare un ingranaggio… insomma, nulla di esaltante. Credo che il problema del precedente God of War fosse che le soluzioni erano sempre piazzate sull'orizzonte visivo del giocatore. Sostanzialmente bastava guardare davanti, o comunque ruotare un po' la telecamera, per risolvere un enigma. Qui avete decisamente lavorato in modo diverso: alcuni enigmi richiedono di considerare l'intero ambiente per essere risolti, e questo è davvero piacevole! Voi che ne pensate? Sono andato in “overthinking” o siete d'accordo? C'è stata una scelta precisa di level design per quanto riguarda gli enigmi?
James Riding: Sì, hai ragione. Abbiamo pensato a quanto fatto col gioco precedente, e abbiamo deciso che volevamo fare di meglio, provando a fare alcune considerazioni su certi aspetti come, appunto, i puzzle. Ci siamo detti “hey, in fin dei conti questi puzzle si risolvono tutti nello stesso modo!”, e quindi abbiamo provato a variare il più possibile. Dunque grazie per esserti accorto di questa cosa, è un dettaglio ma è importante.
- Riding sorride un po' compiaciuto della domanda e, ovviamente, non posso che esserne felice! Ne sono felice non solo come giornalista, che quando incastri una domanda che l'intervistato apprezza ti senti sempre di aver fatto jackpot, ma soprattutto sono contento di constatare che Santa Monica è un team che mette al centro della propria evoluzione un pensiero critico. Un team che si interroga sui difetti o, se vogliamo, sulle “mancanze” dei propri lavori precedenti, con l'obiettivo di fare di più e di fare meglio. Gli enigmi di Ragnarok sono un esempio lampante di questo concetto. -
RG: A questo punto direi che siamo pronti per un ultimo confronto, e non posso che tirare in ballo God of War III che per molte, moltissime valide ragioni, è ancora considerato un capitolo spettacolare e imponente. Uno degli aspetti che più mi piaceva di quel gioco, giacché siamo in tema, erano quei momenti in cui il gioco subiva un cambio di prospettiva, con livelli che si spostavano o cambiavano mentre li si esplorava o si combatteva. In questo senso, mi chiedo se per voi, che siete Level Design del team di Santa Monica Studio, quel God of War non rappresenti ancora una sfida da superare, se non in termini tecnici, almeno dal punto di vista di quelle che sono le aspettative createsi nei giocatori. Sentite un qualche tipo di pressione in questo senso? Anche perché, ammettiamolo, parliamo di un gioco che è ancora oggi molto valido.
Jon Hickenbottom: Ok, questo è il primo God of War in cui ho avuto modo di lavorare ma, nonostante questo, penso che God of War III sia parte del lignaggio dello Studio, anche perché ci sono ancora sviluppatori che sono qui dagli esordi, come ad esempio il nostro meraviglioso director, Eric Williams (Director di God of War Ragnarok ndr). Quindi, in sostanza, penso che tu abbia ragione: guardando al passato di questo team c'è sempre una certa pressione che ti fa dire: “non voglio fallire! Non voglio deludere questa squadra!”. Se penso a God of War III, direi che hai ragione: è un gioco epico, e questo sicuramente ti fa riflettere sul fatto che potresti deludere qualcuno, anche perché sono nuovo, e sono un fan. Posso però dirti che Eric, in particolare, ha tenuto la sua porta sempre aperta per rispondere ai dubbi, alle incertezze, o anche alle paure mie, come del resto del team. Eric si è fatto carico dei nostri dubbi, e ha deciso di farsene carico, e questo ti dà una grande fiducia in te stesso, oltre che a creare un senso di fiducia in tutta la squadra. Penso che la forza del team di Santa Monica sia anche questa: potersi affidare a persone di esperienza, come James, che sono qui da anni, e che già ci sono passate, e con cui puoi sentirti di far parte di una famiglia.
RG: Bene ragazzi, direi che l'intervista si avvia alla conclusione. A questo punto mi è molto chiaro che parlo non solo con due membri del team di Santa Monica, ma soprattutto con due fan del franchise. Con due persone che amano questa serie dunque vi chiedo, da fan a fan, e senza alcuna volontà di chiedervi alcunché sul futuro del franchise: se doveste pensare al futuro di God of War, e potendo attingere a una qualsiasi mitologia del mondo, quale sarebbe, secondo voi, quella più interessante da esplorare? Se non dal punto di vista narrativo, quantomeno secondo l'ottica della progettazione del mondo di gioco?
James Riding: Ok, questa è una domanda difficile a cui rispondere perché, sai, ho passato gli ultimi 8 anni immerso nella mitologia norrena, e contino a pensare solo a quello.
RG: ti sentirai un vichingo dopo tutti questi anni!
James Riding: Puoi dirlo! Letteralmente: mi sono tagliato la barba proprio oggi.
- James si fa un'altra bella risata per prendere tempo, così da rispondere alla mia domanda. A questo punto non capisco se sia davvero “bloccato” in pensieri che lo portano a vagare tra i 9 Regni, o se ci sia qualcosa che sta cercando di non dire relativamete al futuro del franchise. Forse sono solo io che ho finito il gioco da giorni, e continuo a sperare che uno dei due, in un momento di follia, mi spari qui in call l'annuncio del secolo: “Bro, stiamo lavorando a un God of War nell'antico Egitto!”. Fantasie e nulla più. James è pronto a rispondermi, e io ad ascoltarlo. -
James Rising: Dunque, non mi sono speso nel cercare informazioni o reference da altre mitologie se non, appunto, da quella norrena. Nonostante questo, penso che i fan saranno piacevolmente colpiti dalla varietà dei livelli che abbiamo creato, e dai loro dettagli. Non voglio creare alcuna aspettativa per il futuro, anche perché, ovviamente, stiamo ancora cercando di goderci quello che abbiamo qui con Ragnarok, perché si tratta di un gioco enorme.
RG: Ok, capisco il punto. In effetti Ragnarok è davvero immenso ma, sai, come fan vorremmo averne sempre di più! Detto questo, ora siamo davvero in chiusura, e lo so che la prossima non è una domanda relativa al level design, ma devo farvela: alla fine del precedente capitolo, completate tutte le attività, c'era la possibilità di sbloccare un finale segreto, che fungeva da “spoiler” all'arrivo di Thor in God of War Ragnarok. Diteci: c'è qualcosa di simile anche in questo gioco?
James Riding mi guarda sorridendo: “Si, c'è qualcosa di molto simile, andate lì fuori e cercatelo!”.
E così si conclude la nostra intervista. Dal canto nostro noi ci abbiamo provato a farci suggerire qualcosa, che fosse un'anticipazione o anche un suggerimento sul futuro del franchise, ma, come alla fine del Filbumwinter, probabilmente toccherà aspettare solo che la neve si sciolga, con pazienza e, forse, dopo una lunga attesa.