Paralleli e separazioni
Come ogni buon porting, Virtua Tennis 3 su console ricalca per filo e per segno il gameplay della sua controparte arcade. Nulla di più semplice, quindi, che districarsi con soli quattro bottoni, uno stick analogico per muoversi / indirizzare i colpi, e tanta, anzi no, tantissima voglia di correre per il campo. Il raffronto con Top Spin 2 è una buona base di partenza per comprendere la linea volutamente tracciata da Sega: nessun colpo rischioso (o risk shot), nessuna combinazione di tasti, tanto meno nessuna barra relativa allo stato emotivo del tennista; qui si gioca a tennis senza la ben che minima presunzione di voler emulare ogni singolo aspetto della disciplina. La parola d'ordine è come sempre "accessibilità".
Chiunque, dopo pochi minuti di gioco, è in grado di apprendere le meccaniche base del gameplay, senza dover necessariamente spendere ore e ore ad esercitarsi su un singolo colpo. Proprio questa ideologia semplicistica di Virtua Tennis 3 si rivela la sua arma migliore, favorita da un concetto di piccolissime variabili sui colpi, strettamente correlato alle animazioni. Proprio le animazioni, infatti, hanno subito un innesto non indifferente, aspetto che ha portato all'abolizione della noiosa pratica che, nei precedenti episodi, obbligava a caricare con un troppi secondi d'anticipo i colpi per assicurarsi la completezza del movimento.
Ora, in VT3 i tennisti si lanciano, si allungano e tentano fino all'ultimo istante di salvare il punto, vivacizzando così gli scambi e favorendo i ribaltamenti di fronte. In Top Spin 2, una cosa del genere porterebbe inevitabilmente allo scontro tra la pallina e la rete ma, siccome ci troviamo in un contesto di gioco che non contempla necessariamente il realismo, possiamo applaudire senza mezzi termini questa piacevole novità.