Ieri per i media i videogiochi erano considerati un'attività comparabile al "fare degli addominali", oggi invece la narrazione vuole che il medium venga considerato una perdita di tempo. Il quotidiano britannico The Telegraph negli scorsi giorni ha scritto un articolo dal titolo "Gli uomini adulti non dovrebbero sprecare le loro vite giocando ai videogiochi".
Sono decenni che i videogiochi, a conti fatti, sono l'industria dell'intrattenimento più grande e diffusa nel mondo. Se un tempo l'attività era relegata a piccole nicchie di appassionati e a un pubblico giovane, oggi i videogiocatori abbracciano un po' tutte le fasce d'età, grazie all'accessibilità capillare del medium e all'eterogeneità di prodotti che si possono trovare nel mercato, in grado di soddisfare qualunque tipo di esigenza di intrattenimento.
La redazione del The Telegraph probabilmente non si è accorta di essere nel XXI secolo, dato che nel suo articolo di attacco ai videogiochi utilizza anche termini come "playtime" invece di "gameplay", una parola che forse non utilizzavano neanche negli anni '90, come ha fatto notare un furioso Ryan Brown su Twitter, giornalista videoludico che ha prestato la sua penna a riviste blasonate come il Daily Mirror e la BBC. In un commento il giornalista continua a difendere l'interesse per i videogiochi dall'articolo imbarazzante del The Telegraph: "Letteralmente, per cosa dovremmo sprecare le nostre vite se non per l'intrattenimento e le arti? Non c'è alcun significato cosmico in questo mondo. Godetevi il vostro Van Gogh, o il vostro Mario, o il vostro EastEnders. Lasciate che la gente si goda le cose."
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L'articolo del The Telegraph è stato ovviamente preso d'assalto sui social da ogni direzione. Anche Keith Andrew, ex giornalista del Rolling Stone, di Edge e di Gamesradar, ha commentato così l'articolo: "Bisogna essere una persona davvero insicura per passare tempo a preoccuparsi di come gli altri passano il loro tempo libero." Non è la prima volta che i videogiochi subiscono attacchi del genere nell'ultimo periodo: basti pensare alla situazione in Cina dove prima sono stati definiti "oppio virtuale" dai media di regime, e poi sono stati fortemente limitati ai minori.
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