Videogame e didattica: come il gioco aiuta l'apprendimento

Negli ultimi tempi, ormai è risaputo, il videogioco si è espanso in modo strabiliante. Nel giro di un decennio è diventato un passatempo molto diffuso, sradicandosi dall'essere un prodotto "di nicchia"

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a cura di Giulia Arcoraci

Negli ultimi tempi, ormai è risaputo, il videogioco si è espanso in modo strabiliante. Nel giro di un decennio è diventato un passatempo molto diffuso, sradicandosi dall'essere un prodotto "di nicchia". Molti anni fa, infatti, erano pochi i giocatori "assidui", esistevano anche meno mezzi per conoscere il videogioco (se non riviste specializzate).

Oggi la situazione è cambiata, il videogioco avvicina tutti, dai più grandi ai più piccoli, che siano "esperti" oppure giocatori occasionali. Ma non solo, è cambiato anche il modo di fruire i prodotti del mondo dell'intrattenimento: oggi con pochi click i giovanissimi osservano migliaia di contenuti tutti differenti, velocizzando moltissimo le loro capacità percettive e cognitive.

Proviamo a porci una domanda: è giusto applicare gli stessi metodi didattici in uso cinquant'anni fa ai ragazzi di oggi? La risposta, chiaramente, è no. La scuola ha un grande bisogno di "svecchiarsi", di digitalizzarsi, perché i giovani di oggi (che ci piaccia o no) convivono ogni giorno con la tecnologia, devono imparare a conoscerla e sfruttarla al meglio.

Il videogioco rientra nella "tecnologia" appena citata e può essere un potentissimo strumento di informazione, per "imparare divertendosi". Questo concetto è alla base della parola "gamification": termine entrato in uso dal 2010, indica una serie di tecniche e strumenti basati sul game-design in contesti non ludici. Si parla, quindi, sia di lavoro (aziende, sanità, e-commerce e molti altri ambiti) sia di istruzione.

In questa sede è impossibile prendere in esame tutto ciò che correla il videogioco con l'apprendimento, ma si cercherà di darne una piccola panoramica. Ubisoft Montreal ha preso in esame circa 300 studenti:

“I ragazzi sono stati divisi in due gruppi: un gruppo di controllo di 20 studenti, che ha partecipato ad una lezione tradizionale sull’Egitto, e un secondo gruppo di 20 studenti che invece ha studiato giocando in modalità Discovery Tour. Alla fine ai ragazzi è stato chiesto di fare un test prima e dopo la lezione. Il primo gruppo ha ottenuto una media di 23 punti iniziali e 52 finali, il secondo gruppo ha ottenuto 21 punti prima di giocare e 43 punti dopo il gioco.” ("Videogames, Ricerca, Patrimonio culturale" di Franco Angeli, 2020)

Questo dimostra che sì, il videogioco può aiutare l'apprendimento, affiancato ai metodi tradizionali. Non è molto sorprendente se si pensa a quanto oggi i giovani siano abituati a "fruire" applicazioni su cellulari, tablet o computer. Il gioco aiuta a sviluppare un pensiero intuitivo, così come aumenta la motivazione all'apprendimento.

La Ubisoft ha dato un chiaro esempio di come sia possibile trasmettere approfondite conoscenze storiche attraverso i titoli di Assassin's Creed. L'ultimo tour (qui il link all'analisi) riguarda proprio la cultura norrena, in cui il gioco si combina ad un lavoro che ha visto collaborare musei, archeologi e storici.

Secondo Roger Caillois, importante sociologo francese e studioso di giochi di ogni genere, «[...] ogni gioco potenzia, affina, qualche facoltà fisica o intellettuale. Attraverso il divertimento e la perseveranza, rende facile ciò che all’inizio appariva difficile e stressante»

Ogni gioco, secondo la tradizione, è caratterizzato da quattro dimensioni: l’agon (la competizione), l’alea (la sorte), il mimicry (la maschera) e l’ilinx (la vertigine). Combinando queste caratteristiche si ottengono vari tipi di giochi con aspetti ben precisi, dagli e-sports (agon) ai giochi di dadi (alea).

Un gioco fantasy che si addice al termine "gamification" è Classcraft, in cui ogni studente può crearsi un personaggio virtuale che guadagna o perde punti a seconda della qualità della vita scolastica.I punti ottenuti si spendono in super poteri e altre abilità, stimolando lo studente ad impegnarsi.

Ma non solo, pensiamo anche ad altri giochi come SimCity o Sid Meyer's Civilization, titoli in cui si combina strategia, apprendimento, ma anche storia, geografia, politica ed educazione civica. Non solo possono essere utilizzati accanto alle normali lezioni, ma aiuterebbero gli studenti a rimanere più stimolati.

Un'altra importantissima qualità del videogioco è l'essere un medium attivo: per migliorare e imparare devi impegnarti. Si prenda un classico Dark Souls come esempio, prima di capire come battere un boss vi tocca morire diverse volte. Insomma, "sbagliando s'impara", si apprende come cambiare tattica, come "prendere" il nemico con diversi approcci. Gli esempi potrebbero essere davvero infiniti.

Un altro aspetto interessante è quello delle lingue: molti videogiochi non sono stati doppiati in italiano, soprattutto se si parla di molti anni fa. Imparare l'inglese giocando è molto più semplice e divertente, la stessa autrice di questo articolo ha imparato quella lingua principalmente con il gioco e le serie televisive.

Esistono applicazioni che sono ottimi esempi di "gamification": prendiamo l'app "Forest", cercate di rimanere concentrati sullo studio senza guardare il telefono! Il gioco permette di piantare un seme, più non guardi il telefono più il tuo albero crescerà, non solo, tutto ciò ti permette di sostenere una vera associazione che pianta alberi, "Trees for the future".

In conclusione, nessuno nega che le lezioni tradizionali siano un metodo didattico errato, ma in un mondo in continua evoluzione (soprattutto tecnologica) è necessario integrarle con nuovi strumenti, nuovi approcci e soprattutto con corsi specifici per insegnare ai giovani un buon utilizzo della tecnologia (sia videoludica sia lavorativa).

Non è ammissibile, oggi, uscire da un istituto superiore senza conoscere come si deve il pacchetto Office, per esempio, fatto che invece è molto comune. Al di là del videogioco in sé, bisogna potenziare l'approccio digitale. La pandemia, nonostante tutto, sembra aver dato una spinta in questo senso, potenziando lo smart working e nuovi metodi didattici.

Allo stesso tempo, la pandemia ha sottolineato una grande disparità tecnologica tra i ragazzi: tantissimi di loro non possiedono una connessione wi-fi buona o dispositivi adeguati, in questo senso anche imparare con i videogiochi potrebbe risultare complicato.

Auspichiamo che gli esperimenti di gamification aumentino sempre di più e che le scuole, con il tempo, utilizzino di più i videogiochi per aiutare i giovani ad imparare. Le potenzialità di questo medium diventano sempre più ampie e sfaccettate, anno dopo anno!

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