Un Netflix dei videogiochi sarebbe bellissimo, oppure no?

Le piattaforme di Cloud Gaming sono in sostanza dei Netflix dei videogiochi, ma si tratta davvero di una cosa buona? Beh, parliamone insieme!

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a cura di Michele Pintaudi

Editor

Cosa rende il mondo dei videogiochi qualcosa di così unico e speciale? Le risposte a questa domanda, a onor del vero tutt’altro che semplice, sono davvero moltissime. Alcuni di voi potrebbero dire che è uno dei fattori in questione sia l’interattività, altri rimarcare il ruolo multimediale dell’esperienza e altri ancora affermare come e quanto un prodotto videoludico riesca a unire pubblici sempre più ampi e variegati.

Tutte risposte corrette ma forse, soprattutto alla luce della continua e inarrestabile evoluzione tecnologica, l’elemento che davvero distingue il videogioco dagli altri media è uno più di tutti: la varietà. Stiamo infatti parlando di un’industria capace di offrire ogni anno centinaia e centinaia di prodotti, in tantissime concezioni diverse, pensati per accontentare praticamente chiunque. La scelta è ormai sterminata, per un medium che si sta dirigendo verso di più verso un modello dove il consumatore può avere “tutto e subito”... Ma è davvero una cosa buona? Proviamo a rifletterci un po’ su, cominciando con qualche piccolo passo indietro.

Il modello "Netflix"

Decine, centinaia, migliaia di contenuti a propria disposizione. Ovunque e dovunque, senza limiti né preoccupazioni. È un po’ questo il sogno dell’utente medio sin dall’alba dei tempi, e non parliamo solo ed esclusivamente di videogiochi: si tratta di un’ambizione che va inevitabilmente a riguardare qualsiasi forma di intrattenimento e, in generale, di comunicazione esistente. Nessuna esclusa.

Gli esempi in questione sono innumerevoli, soprattutto dando uno sguardo a quant’è cambiato il mercato anche solo negli ultimi due decenni. Pensiamo a Spotify, che offre una libreria con centinaia di milioni di brani musicali da ascoltare direttamente dal proprio telefono, tablet, computer o addirittura smartwatch in modo semplice e immediato. Kindle Unlimited fa lo stesso con libri, fumetti e persino intere enciclopedie. Servizi come Prime Video, Disney+ e Netflix lo fanno con cinema, serie TV e da qualche tempo anche con eventi sportivi (e non solo) in diretta.

L’impianto alla base dell’intrattenimento è perciò cambiato in maniera marcata e radicale, e con questo l’esperienza legata alla fruizione vera e propria. Se prima guardare un film significava necessariamente recarsi al cinema, acquistarlo nella propria videoteca di fiducia o attendere la trasmissione in TV ora possiamo avere tutto, subito e in ogni momento. Proporre un videogioco con questo formato è un’operazione decisamente più complicata: non si tratta “solo” di testo, audio o video, ma delle tre componenti messe insieme in aggiunta a tantissime altre. Va da sé che le risorse necessarie a livello di infrastruttura, sia da parte dell’offerente che da chi riceve, appaiono molto più elevate: questo il motivo per cui, nonostante un progetto del genere sia da anni e anni nella mente di tutti, è da relativamente poco che abbiamo sotto mano qualcosa di realmente concreto.

Un primo prototipo di quello che sarà il Cloud Gaming lo troviamo a inizio millennio, a opera dei finlandesi di G-cluster: l’azienda mostrò infatti la tecnologia nel corso dell’E3 del 2000, attirando molta curiosità ma altrettanto scetticismo. I tempi non erano infatti ancora maturi, e non lo saranno neanche quando cinque anni dopo sarà Crytek a iniziare un’approfondita ricerca in proposito: alla base, come detto, mancava una solida infrastruttura capace di reggere qualcosa di così enorme e sofisticato come un videogioco. Nel frattempo le piattaforme di cui abbiamo parlato poco fa (Spotify, Netflix e via dicendo) cominceranno a crescere e a svilupparsi in maniera sempre più massiva sconvolgendo, come detto, l’intero modo di concepire l’intrattenimento.

Nel 2010 viene lanciato il primo vero servizio di Cloud Gaming al mondo, che in molti di voi probabilmente già ricorderanno: quel mai troppo fortunato OnLive, che con un abbonamento mensile permetteva ai giocatori di accedere a una libreria di titoli limitata da arricchire acquistandone altri a proprio piacimento. Nonostante l’adesione da parte di grandi nomi dell’industria del gaming - tra cui Electronic Arts, Take-Two e UbiSoft - il portale chiuderà i battenti cinque anni dopo, e i brevetti verranno rilevati da una lungimirante Sony per progetti futuri.

In seguito troviamo servizi come Gaikai, GeForce Now e Shadow, che un mattone alla volta hanno contribuito a costruire un impianto sempre più solido per rendere realtà i sogni dei videogiocatori di tutto il mondo. La diffusione sempre più marcata della banda larga e di ambienti e strutture sempre più potenti ci porteranno passo dopo passo al contesto odierno: uno scenario dove il Cloud Gaming può contare su un supporto software e hardware più che degno, e dove si sta piano piano ritagliando uno spazio nel cuore e soprattutto nelle abitudini degli utenti. Si stanno affermando in pratica delle piattaforme pari a Netflix, ma incentrate interamente sui videogiochi. Dove ci porterà tutto ciò?

I pro e i contro di avere tutto e subito

Così come accaduto per l’ascolto di una canzone o per la lettura di un romanzo, anche l’esperienza di vivere un videogioco è cambiata nel corso degli ultimi anni. Dall’annuncio al preordine, fino al momento in cui finalmente mettere le mani sulla tanto agognata confezione del prodotto che attendevamo… Oggi è tutto diverso, a partire proprio dall’approccio dietro a ognuno di questi momenti.

Rispetto al passato si è sviluppata inoltre, come accennato nella parte introduttiva dell’articolo, una varietà di scelta davvero impressionante. Pensiamo soltanto ad alcune delle piattaforme disponibili o in arrivo a oggi:

  • Google Stadia
  • PlayStation Now
  • Xbox Cloud Gaming
  • Amazon Luna
  • Vortex
  • Parsec

… E tanti, tantissimi altri: si tratta ormai di un settore dalla crescita consolidata, e la palla passa ora quasi interamente all’utenza. Già, quasi: non dimentichiamo quanto in diverse parti del mondo, ma senza andare troppo lontano diciamo anche d’Italia, la copertura internet non sia ancora sufficiente a garantire un servizio accettabile. Da questo punto di vista possiamo però dire che sì, è solo una questione di tempo. In ogni caso accedendo a uno qualsiasi di questi servizi ci troviamo di fronte, ogni giorno di più, a cataloghi qualitativamente e quantitativamente impressionanti. Migliaia di titoli di decine e decine di generi diversi, dove ognuno può trovare ciò che fa al caso proprio. Ma non sarà forse troppo?

Negli ultimi anni si è più volte parlato di come portali di questo tipo, uniti a servizi come ad esempio Game Pass, rischiano di minare la qualità dei prodotti videoludici stessi. La realtà dei fatti è però ben diversa, e proprio Game Pass ne è l’emblema incontrastato: il servizio di Xbox propone infatti mensilmente videogiochi di ottima qualità, tra i quali spesso spiccano nuove uscite di primissimo livello. Guardando solo allo scorso anno troviamo Halo Infinite, Forza Horizon 5 e Psychonauts 2: da questo lato, insomma, siamo d’accordo sul fatto che si tratti di una polemica abbastanza sterile.

Al contempo è pur sempre lecito pensare che un’eccessiva scelta, sia a livello di catalogo che per quanto riguarda la fruizione, può arrivare a “indebolire” l’esperienza di gioco per come la conosciamo. Se prima il giocatore tendeva a misurare con molta più attenzione l’approccio a un nuovo titolo, proprio perché questo richiedeva un investimento maggiore anche sul fronte economico, oggi troviamo spesso molta più superficialità. Si rischia di iniziare un gioco pensando che, nel momento in cui non dovesse risultare immediatamente coinvolgente, c’è sempre la possibilità di passare ad altro nel giro di pochi secondi. Il videogioco, in breve, può diventare un’esperienza “usa e getta”.

Senza contare che, potendo giocare praticamente ovunque, traspare anche la possibilità per l’utente di affrontare il tutto in maniera molto più disattenta: sfruttare ogni momento libero per giocare, invece di selezionare con attenzione il tempo da dedicare all’attività ludica, può portare a una perdita di significato da parte della stessa. Queste argomentazioni, per quanto valide possano essere, non tengono però completamente conto dell’aspetto prettamente soggettivo connesso a ognuno di noi. Come esistono giocatori che vivono un prodotto videoludico come un semplice passatempo, c’è anche chi continua a riconoscerne l’importanza anche alla luce dei nuovi formati di produzione e fruizione che si sono affermati negli ultimi anni. E in entrambi i casi si tratta di un approccio legittimo, proprio perché tutti abbiamo il nostro personalissimo modo di abbracciare un’esperienza unica come quella offerta da un videogioco.

Nel rispondere alla domanda che dà il titolo a questo pezzo possiamo insomma dire che un “Netflix dei videogiochi”, come in effetti è una piattaforma di Cloud Gaming, è un’ottima cosa. Indipendentemente dall’approccio del singolo utente. In quel frangente entra infatti in gioco il fattore soggettività e, in parole povere, ognuno deve sentirsi assolutamente libero di avvicinarsi a un nuovo titolo nel modo che ritiene migliore. Il mondo dei videogiochi del resto è bello perché vario, e accogliere l’innovazione a braccia aperte (pur mantenendo uno sguardo critico e personale) può aiutarci a scoprire nuovi modi di concepire l’intrattenimento. La vera scelta, insomma, è solo ed esclusivamente in mano nostra.

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