The Last of Us Parte I | Una grande occasione per chi non lo ha giocato

The Last of Us Parte 1, remake dell'omonimo videogioco PlayStation, è finalmente in arrivo su PC. Ecco perché dovreste giocarlo.

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a cura di Antonio Rodo

Joel ed Ellie. Potremmo anche evitare di citare il titolo del gioco e capireste comunque che stiamo parlando della fortunata esclusiva PlayStation, The Last of Us. Ebbene sì, perché il videogioco targato Naughty Dog ha lasciato il segno proprio grazie ai suoi protagonisti, ormai parte della Cultura Pop.
 

Considerata la recente conclusione della serie televisiva targata HBO e l’imminente rilascio della versione PC, abbiamo deciso di ritornare sull’argomento raccontandovi in parte ciò che Joel ed Ellie hanno lasciato sul piccolo schermo ma soprattutto perché, nonostante la loro storia sia ormai conosciuta da moltissime persone, l’uscita di The Last of Us su PC è un’occasione da non perdere.

Cosa ci ha lasciato la serie tv?

E partiamo proprio dalla serie televisiva, che è stata in grado di rompere ogni record nel corso delle settimane e di consegnare la storia di The Last of Us anche ad un pubblico di non giocatori. Stiamo parlando di un adattamento televisivo che è riuscito laddove molti altri hanno fallito: mantenere intatte le atmosfere del videogioco, lo spirito generale e, in larga parte, anche il canovaccio. Una forma di rispetto verso il prodotto originale che ci ha lasciati sorpresi, abituati (male) a trasposizioni sul piccolo e grande schermo che, solitamente, fatta eccezione per il nome, trasformano integralmente i prodotti, rendendoli irriconoscibili agli occhi degli appassionati. 

Tuttavia, l’operazione non è stata semplice come qualcuno potrebbe pensare, considerata anche la già solida sceneggiatura del videogioco, perché Craig Mazin e Neil Druckmann, le menti dietro questo adattamento, hanno anche sperimentato: alle volte hanno migliorato il lavoro originale, altre volte – in modo un po’ romantico – semplicemente omaggiato un videogioco ormai amato da più di 20 milioni di persone, e in altre occasioni ancora hanno dato sfogo alla creatività e introdotto elementi del tutto inediti. 

Un lavoro di questa caratura non sarebbe mai stato reso possibile senza la presenza di HBO e delle figure coinvolte, di assoluto pregio e rilevanza e molto adatte alle richieste dello show. Se ci pensate, Craig Mazin aveva già dimostrato al mondo le sue capacità proprio con una serie televisiva che racconta le problematiche politiche e sociali nella gestione di un disastro, in quel caso nucleare (Chernobyl); Neil Druckmann è il papà di The Last of Us, ovvero colui che ha creato il videogioco, insieme all’eccezionale Bruce Straley; e infine HBO, probabilmente il miglior network possibile per adattare un lavoro di questo tipo, considerato lo storico trionfante, il budget che solitamente mette a disposizione e le libertà creative che offre. La ricetta perfetta, insomma. 

Ma cosa ci ha lasciato la serie tv di The Last of Us? Innanzitutto, dell’ottimo intrattenimento, interessante sia per i nuovi, sia per i fan storici. E fidatevi che non è poco; con questo pregio, infatti, potremmo anche fermarci. Tuttavia, ci si è spinti addirittura oltre, lasciando un messaggio a tutti coloro i quali d’ora in avanti vorranno cimentarsi in una simile impresa: abbiate rispetto della creatura originale, coinvolgete le figure più adatte, ponderate anche qualche rischio e vedrete che i risultati arriveranno eccome. A leggersi sembra una lezioncina banale e scontata, eppure nessuno prima di The Last of Us aveva mai osato raggiungere certi livelli.

The Last of Us, perché dovete giocarlo

Lo dicevamo in apertura: è quasi impossibile non conosciate affatto la storia di Joel ed Ellie, e considerato l’enorme riscontro avuto dalla serie tv, è ancora più improbabile. In ogni caso, popolo di videogiocatori più casual, voi che magari avete scoperto The Last of Us soltanto sul piccolo schermo, stateci a sentire: nonostante abbiate già apprezzato molto le vicende di questi due personaggi, il nostro invito – specie adesso che è in arrivo una versione PC - è di provare anche il videogioco; soprattutto, di capire come i due media si differenziano l’uno dall’altro e in che modo tutto questo ha anche degli enormi riscontri sulle modalità di narrazione. Una bella infarinatura ve la daremo noi nei successivi paragrafi, nella speranza di suscitare il vostro interesse. Prima, però, lasciateci levare un sassolino dalle scarpe. 

Una cosa che ci ha molto infastiditi negli ultimi mesi è stato vedere il successo della serie televisiva di The Last of Us venire sminuito da una cerchia di persone convinte che il tutto derivasse semplicemente dal fatto che, già il videogioco, presentava una narrativa molto cinematografica e non faceva quasi per nulla utilizzo delle modalità di narrazione consentite esclusivamente dal media videogioco - perché interattivo -, a differenza del sequel, Parte 2. Quest’affermazione, e lo diciamo dopo aver giocato svariate volte al videogioco in questione, è completamente sbagliata. Siamo tutti d’accordo sugli evidenti miglioramenti di The Last of Us Parte 2, che è ancora più consapevole di essere un videogioco e utilizza in modo magistrale l’interazione dell’utente ai fini del racconto. Tuttavia, la Parte 1, sebbene in misura ridotta, fa lo stesso, e proveremo a farvi capire in che modo.

Non possiamo che cominciare dall’inizio, da un momento in cui il videogioco sceglie di pareggiare la scarsa mole di informazioni mettendoci direttamente nei panni di un personaggio, così da instaurare immediatamente una forte connessione. Sì, stiamo parlando di Sarah, la figlia di Joel, che gli sceneggiatori della serie tv hanno scelto di mettere maggiormente in primo piano proprio perché non possono contare sull’interazione offerta dal videogioco. Inoltre, altro elemento tipico dei titoli con una forte componente narrativa è l’esplorazione, fonte di informazione preziosissima. Guardandosi intorno, infatti, anche solo scrutando dei medicinali antidepressivi sul comodino di Joel, è già possibile capire non pochi aspetti del carattere dei personaggi. Esemplare è poi la scena della fuga in auto, momento in cui il videogioco sceglie di sottrarre all’utente il suo elemento peculiare, vale a dire l’interazione, rendendo impotenti gli utenti dinanzi ai disastri del Cordyceps. 

Come non parlare anche del rapporto tra Joel ed Ellie, che nel videogioco cresce soprattutto durante i momenti più esplorativi e di azione: specie impostando la difficoltà più elevata, capiterà più volte di vedere Ellie salvarci la pelle durante le colluttazioni con i nemici, tirare un mattone consentendoci di agire e conservare i proiettili, e così via. Ancor più importante, però, sono i momenti di relativa calma, attimi in cui è possibile osservare Ellie dondolarsi sul bordo di un marciapiede, ma anche tutti i momenti in cui la vedremo esibirsi in monologhi divertenti o dialoghi che ci fanno capire quanto poco conosca il mondo che la circonda. 

Infine, e qui saremo ancora più vaghi per evitare gli spoiler, eccezionale è una delle sequenze finali in cui siamo chiamati, in prima persona, controller alla mano, a compiere una strage; situazione che peraltro metterà in moto tutti gli eventi della Parte 2, causati dunque dalle azioni del giocatore, prima ancora di quelle di Joel.

Un remake che acquisisce senso, finalmente

Lo ricorderete senz'altro: l’annuncio del remake di The Last of Us fece infuriare non poco l’utenza: ottanta euro per un comparto tecnico aggiornato agli standard odierni e qualche miglioria ludica qua e là, non furono assolutamente sufficienti a placare gli animi. L’imminente uscita su PC, però, fa sì che il remake di The Last of Us acquisisca finalmente un senso. Se ci pensate, consegnare al mondo PC un gioco del 2013, per quanto ancora bello, sarebbe stato poco invogliante, specie per tutta quella parte di utenza che non riesce a contestualizzare i videogiochi al loro periodo di uscita, quando li gioca. In questo modo, invece, l’operazione diventa molto più appetibile e il prezzo più giustificato. In più, nel momento in cui dovesse arrivare anche la Parte 2, il senso di continuità tra le due sperienze, dai menu all’estetica generale e nei volti dei personaggi, sarà talmente forte da farvi vivere entrambe le esperienze come se fossero un unico e grande viaggio. 

Sempre a proposito di volti e personaggi, da non sottovalutare, specie nel 2023, è anche il ritrovato realismo e l’abbandono di certi canoni di bellezza: i volti, adesso, sono molto più “normali” e comuni, e non danno affatto l’idea di essere stati creati per compiacere i videogiocatori; i loro lineamenti sono necessari al racconto, nulla più. 

Insomma, concludendo, The Last of Us Parte 1 (la nostra recensione della versione PS5) su PC è un’occasione imperdibile per gli appassionati della serie tv ma anche per chi, magari, ha giocato una sola volta al videogioco in questione e vorrebbe adesso riscoprirlo sotto una veste grafica uguale, e in alcuni casi anche superiore, a quella di The Last of Us Parte 2. 

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