The Last of Us: come una serie TV eleva il valore di un videogioco

La serie TV di The Last of Us è una delle migliori produzioni di quest'anno, capace di rendere giustizia a un gran videogioco. Parliamone!

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a cura di Michele Pintaudi

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Da grandi appassionati di videogiochi e cultura pop in generale, possiamo dire una cosa con assoluta certezza: questo 2023 è cominciato alla grande, con tante belle sorprese che hanno reso la prima parte dell’anno un periodo particolarmente speciale per tutti noi. Abbiamo riso, ci siamo emozionati e fatto conoscenza di alcune opere destinate a lasciare il segno: un discorso valido peraltro per chiunque, alla luce dell’enorme offerta di produzioni di alto livello degli ultimi mesi.

Tra queste non possiamo non citare quella che è, con tutta probabilità, la miglior serie TV della prima parte dell’anno: The Last of Us, che con più di 50 milioni di spettatori in tutto il mondo si è rivelata come l’ennesimo trionfo firmato HBO. Un prodotto capace di mantenere tutte quelle componenti che hanno reso il gioco un capolavoro senza tempo, riuscendo al contempo a ritagliarsi una propria identità in un medium del tutto diverso. Il successo della serie ha già portato alla conferma di una seconda stagione che, ne siamo certi, non farà che rendere ancor più speciale un franchise unico. E ovviamente noi non vediamo l’ora.

Quel che vogliamo fare oggi è analizzare, al netto dei mille aspetti che abbiamo avuto modo di osservare, come e quanto la serie abbia contribuito da questo punto di vista: in che modo, insomma, la serie TV di The Last of Us ha reso il videogioco un’opera sempre più importante nella storia dell’intrattenimento?

The Last of Us: dal gioco alla serie TV

Qualche tempo fa vi abbiamo raccontato alcune differenze tra il gioco e la serie, sottolineando come esse non vadano in ogni caso a intaccare la qualità di nessuno dei due prodotti. Oggi ripartiamo proprio da questo punto, con un’occhiata a quanto The Last of Us sia divenuto un nome capace di evocare nel giocatore (o spettatore) emozioni e sensazioni ben precise.

Cominciamo parlando dei due protagonisti, Joel e Ellie, e del loro viaggio in un’America devastata dal virus che tutti noi ormai conosciamo. A livello caratteriale ci troviamo di fronte a due personalità forti, nonché perfette trasposizioni di quanto narrato da Neil Druckmann nel primo capitolo della saga. Sono gli eventi a differire, in maniera lieve ma utile a comprendere alcune piccole sfumature che nel videogioco non trovavano risposta.

Un esempio? Parlando del momento in cui il viaggio dei due protagonisti ha effettivamente inizio, la serie TV ci dà effettivamente una motivazione del perché il tutto comincia: una ragione semplice e dettata da una necessità - a Joel serve una batteria per il suo furgone, così da poter iniziare la ricerca del fratello - ma che a conti fatti va addirittura ad arricchire la storia. Si disegna un contesto ancora più ampio, che vede i nostri protagonisti spinti da una motivazione iniziale che col tempo lascerà spazio a ulteriori dinamiche.

Un altro esempio lo troviamo in Left Behind, settimo episodio della serie che riprende la storia dell’omonimo DLC uscito nel febbraio 2014. L’amicizia e la nascita di qualcosa di più importante tra Ellie e Riley viene qui raccontata in modo ancor più approfondito, anche in questo caso marcando sempre di più su ragioni e motivazioni che spingono i personaggi verso una certa strada. Gli sceneggiatori non hanno insomma sconvolto la storia: l’hanno rifinita, rendendo ancora più definite tutte le sfaccettature di un capolavoro destinato a lasciare un’impronta indelebile. E, a questo punto, non solo nella storia dei videogiochi.

Il fattore su cui la serie HBO va a calcare in maniera volutamente più importante, rispetto a quanto ammirato nel videogioco, è proprio questo: le motivazioni, ciò che orienta i protagonisti a compiere decisioni ben precise. Senza dimenticare come un medium differente possa presentare linguaggi e quindi opportunità differenti, e The Last of Us ne è la perfetta dimostrazione. Se nel titolo Naughty Dog la componente psicologica e l’attitudine dei personaggi era centrale, nella serie il tutto trova tempi e spazi per uno sviluppo ancor più approfondito.

E a rendere possibile tutto questo sì, troviamo un aspetto molto legato alla tecnica: la presenza di attori - dai protagonisti Bella Ramsey e Pedro Pascal, fino agli interpreti di ruoli secondari come Lamar Johnson e Nick Offerman - capaci di regalare momenti unici, proprio grazie alle loro abilità nel portare in scena ruoli e comportamenti di un certo tipo.

Il punto forte dell’intera produzione è e resta, in ogni caso, la struttura: un racconto impostato in questo genere, che va a spaziare da episodi incentrati sul viaggio di Ellie e Joel a puntate dedicate a personaggi ed eventi di contorno, è la formula vincente che va ad avvalorare quanto affermato poco fa. Si tratta di due esperienze diverse ma in ogni caso complementari, e quindi con l’una in grado di sopravvivere grazie ma anche indipendentemente dall’altra. È possibile insomma amare la serie senza aver mai provato il gioco, e non a caso ne abbiamo già parlato in uno speciale qualche tempo fa, ma un mix di entrambi i medium è il modo migliore e perfetto per vivere una delle migliori storie mai concepite.

Il “valore” dello standard HBO

I Soprano. The Wire. Game of Thrones. Westworld. Euphoria. True Detective. No, non abbiamo iniziato un elenco delle migliori serie TV degli ultimi decenni: queste sei sono infatti soltanto alcune delle decine e decine di produzioni con cui HBO, grazie a una cura e un’attenzione ai dettagli maniacale, ha contribuito a portare tanta meraviglia nella storia del piccolo schermo.

Dando un’occhiata a questi titoli emerge infatti un elemento comune, un filo conduttore che lega sei prodotti apparentemente diversissimi tra loro: un’enorme qualità di fondo, figlia di anni di ricerche e di metodo per migliorare quello che oggi è ormai divenuto uno standard. Lo standard HBO, per l’appunto.

Quando il network ha annunciato di essere al lavoro su una serie TV dedicata a The Last of Us, la reazione del pubblico è stata… Varia. Da una parte troviamo una schiera di appassionati di videogiochi che, al netto dei tanti buchi nell’acqua del passato, si è trovata a storcere il naso di fronte al progetto: operazioni del genere, infatti, non avevano mai trovato troppa fortuna in passato. L’altra faccia della medaglia ci mostra invece un’audience più ottimista, nonché molto fiduciosa nelle capacità e in quello che HBO è stata in grado di costruire nel corso degli anni.

Il risultato finale l’abbiamo visto tutti, e fortunatamente ha dato ragione a chi ha deciso di crederci sin dall’inizio. Ma cosa significa tutto ciò per The Last of Us, inteso come videogioco? La produzione di una serie TV è di per sé una mossa rischiosa perché, come abbiamo visto ad esempio con la saga Resident Evil, esiste la possibilità di dar vita a qualcosa di non fedele e soprattutto di scarsa qualità. In questo caso le cose sono andate per il verso giusto, e il capolavoro Naughty Dog ne è uscito addirittura impreziosito sotto ogni punto di vista.

L’esperienza complessiva, oggi, è infatti qualcosa di ancor più ricco e speciale: un prodotto perfetto per approcciarsi al mondo del videogioco e ai suoi linguaggi, che riesce a essere accessibile e al contempo a trasmettere valori e sensazioni di un’unicità disarmante. Giocare e guardare la serie TV, insomma, è un connubio in grado di aumentare il valore intrinseco di The Last of Us: un franchise che, a questo punto, non vediamo l’ora di sapere come si evolverà.

Come già detto, una seconda stagione è già in cantiere e anche qui sono molte le questioni in gioco. Se alcune scelte narrative presenti in The Last of Us Parte II possono aver lasciato con l’amaro in bocca parte degli appassionati, va detto che la serie TV potrebbe far cambiare loro idea in maniera inattesa. Come? Questo ancora non lo sappiamo, ma il ricco impianto narrativo a disposizione degli sceneggiatori permetterà di lavorare e investire ancora di più su un racconto dagli sviluppi potenzialmente illimitati.

Del resto siamo di fronte a un esempio unico, in quanto mai prima d’ora un film o una serie TV tratte da un videogioco erano riuscite a raggiungere punti così elevati in termini di qualità. L’asticella si è alzata, dando origine a uno standard che speriamo possa ora essere preso come riferimento per tutte quelle operazioni del genere che il futuro ci andrà a riservare. Solo il tempo ci dirà di più e, nel frattempo, non possiamo che fermarci e apprezzare uno dei periodi più ricchi ed esaltanti nella storia della serialità televisiva. E non solo.

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