Il mese di febbraio è iniziato col botto: tra la beta di Anthem e l'esplosivo Apex Legends che sta iniettando nuova linfa nei battle royale, ora i riflettori sono puntati sul più ragionato e metodico The Division 2, disponibile nella forma di Private Beta. Ubisoft e Massive Entertainment puntano molto su questo capitolo che ha tutte le qualità per poter sbaragliare la concorrenza grazie a un sistema di gioco solido costruito sui punti di forza del primo The Division, qui limati e tirati a lucido.
La prima cosa che colpisce in positivo avviata la beta è la disponibilità di alcune impostazioni per migliorare l’accessibilità: dalle interfacce ad alto contrasto alle impostazioni per il daltonismo passando per la grandezza dei caratteri e i feedback sonori quando si riceve un messaggio, anche The Division 2 sposa una causa che negli ultimi anni sta iniziando sempre più ad essere presa in considerazione. Anche se possono sembrare piccoli miglioramenti, il loro esserci indica un’attenzione nel provare a rende il gioco più accessibile.
Dopo aver assistito ad un breve, ma intenso prologo, il tema centrale è divenuto quello della resilienza, cioè quella capacità di riprendersi da un evento traumatico e riorganizzare la propria vita in maniera positiva. Possiamo estendere il concetto di resilienza a The Division stesso, gioco capace di evolvere di fronte alle non poche difficoltà incontrate lungo il cammino e di riassestarsi fino a raggiungere la struttura ludica di The Division 2: più profondità, più contenuti e un maggiore focus sulla strategia e il gioco di squadra.
La prima missione inizia in solitaria e serve a spiegarci i controlli e il sistema di copertura: la sensazione è quella di non aver mai abbandonato The Division ma al tempo stesso giocare alla sua versione migliore, più rifinita ed espansa nelle meccaniche. La nostra corsa verso la Casa Bianca è interrotta da un manipolo di nemici, non militari specializzati, ma un gruppo di violenti predoni che fanno del caos e della sopraffazione il loro biglietto da visita. Qui, nello spazio aperto e verdeggiante di una Washington D.C. che non si piega a nulla, i nemici tentano di metterci alle strette stringendoci sul fianco. Di tutta risposta non abbiamo altra scelta che essere in movimento, cercando di spostarci di copertura in copertura per aggirare la mossa nemica.
La prima sensazione è che The Division 2 voglia limitare la nostra posizione stazionaria in un punto per spingerci a sfruttare con maggiore consapevolezza gli spazi, una sensazione che sembra essere confermata anche dall’uso frequente dei nemici di lanciare granate per farci uscire allo scoperto. L’esplosione delle granate è devastante anche da dietro i riparti, tanto da lasciarci per un attimo storditi ed esposti. Questo secondo contatto avuto col gioco rispetto alla prova svolta alla Milan Games Week conferma la buona impressione che avevamo maturato nei confronti del design delle aree di gioco che stimola un’attenta pianificazione dei propri movimenti per avere il controllo dello scontro.
La natura più tattica e fortemente incentrata sul gioco cooperativo rendono The Division 2 un titolo interessante sotto diversi aspetti: prima di tutto il tasso di sfida si mantiene alto e il ritmo incalzante degli scontri ci impone di prendere decisioni in breve tempo; il secondo aspetto si lega invece alla componente rpg del gioco che ci spinge a creare una build per il personaggio ragionando anche sul ruolo che vogliamo avere all'interno della squadra. In questo contatto col titolo non abbiamo avuto modo di poter provare in profondità quest’ultima componente, ma le premesse ci sono tutte e lo dimostrano anche i nuovi gadget tecnologici che possiamo sfruttare in combattimento.
Nonostante la maggiore attenzione verso la tattica e un design più curato sia degli esterni che degli interni, le missioni principali hanno restituito più volte una sensazione déjà-vu, come se avessimo già vissuto un’esperienza simile in The Division. Due sole missioni però non fanno un gioco completo, quindi al momento non ci sbilanciamo troppo su questo aspetto, del resto il gioco è riuscito nell'intento di intrattenerci e convincerci soprattutto nei diversi approcci che possiamo tentare con una squadra ben affiatata.
Washington evolve insieme a noi
Non appena abbiamo ripreso possesso del territorio, la Casa Bianca si è trasformata da imponente dettaglio sullo sfondo a Quartier Generale delle nostre operazioni. Tra le cose che possiamo fare nella Base Operativa c’è lo sblocco delle abilità dal Quartiermastro. Purtroppo non erano disponibili tutte le opzioni ma abbiamo potuto buttare un occhio sulle possibilità offerte al lancio e ci è sembrato un ventaglio di possibilità niente male: 8 diversi strumenti che possono ulteriormente essere specializzati. Per queste prime ore di gioco abbiamo scelto la combinazione Mina a ricerca con la variante detonante che oltre a localizzare i nemici esplode nelle loro vicinanze e la Torretta cecchino che spara proiettili a grosso calibro verso i nemici selezionati con i tasti dorsali. Cercavamo una buona dose di esplosioni e danni e l’abbiamo trovata. Molto utile soprattutto se si vuole essere di supporto è il drone con la variante Restauratore che ripristina interamente la corazza degli alleati più vicini o di un alleato selezionato manualmente.
Washington D.C. non è New York e cerca di lasciarsela alle spalle in tutti i modi. È una metropoli che oltre a scorci molto vari è impreziosita da un ciclo giorno/notte che regala varietà e mette le basi per un’atmosfera unica quando ci si avventura nei percorsi meno battuti. Washington non è solo un mero elemento di contorno per aumentare l’immersione, ma è un cuore pulsante di NPC che combattono il declino organizzando Insediamenti e Avamposti – prima dovremo liberarli noi dalle unità nemiche - per riprendersi la città.
Si respira una diversa coesione a livello narrativo, ci si muove su dimensioni micro e macro: da una parte la Base Operativa centrale della Casa Bianca, ma dall'altra si vivono a pieno gli sforzi locali con i loro problemi, le loro richieste e le attività. In questi momenti The Division 2 si trasforma in un piccolo “gestionale” dove attraverso missioni e progressi anche il mondo intorno a noi cresce, si irrobustisce e reclama ciò che gli appartiene. A un livello più pratico Insediamenti e Avamposti diventano punti rapidi di spostamento, un altro modo per sottolineare il riprendere controllo del territorio.
Con oltre 40 ore da giocare insieme agli amici solo per la modalità campagna e una storia più curata, The Division 2 si candida a titolo da tenere d’occhio nelle uscite di marzo. Il classico gameplay da TPS con forte componente strategica e uno strato di elementi RPG tornano e indirizzano il gioco verso un pubblico che non si accontenta di cose facili ma cerca sempre nuove sfide per progredire e trovare l’assetto migliore. The Division 2 è anche un titolo completo di una rinnovata modalità multiplayer, ve ne abbiamo parlato approfonditamente in questo articolo, o se preferite trovate tutti i dettagli nel video qui sotto.
The Division 2 sembra aver imparato dagli errori del capitolo precedente e su questi vi ha poi costruito i suoi punti di forza. La strada intrapresa da Massive e Ubisoft è a grandi tratti già stata delineata. Il tanto temuto “endgame” che preoccupa sempre i giocatori che hanno paura di restare senza attività da fare è un boss che è stato preso di petto fin da subito: a partire dal livello 30, gli agenti della divisione potranno specializzarsi e sbloccare armi e abilità speciali mentre al termine della campagna principale Washington sarà invasa dalla temibile fazione della Black Tusk. Più avanti arriveranno anche i raid a 8 giocatori e Ubisoft promette nuovi contenuti aggiunti periodicamente. Visto il lavoro già svolto su altri titoli, come Assassin's Creed, la paura di non avere nuovi obiettivi potrebbe essere infondata. Come sempre rimandiamo i giudizi finali a quando avremo il gioco completo tra le mani. The Division 2 è in uscita il 15 marzo su PC, PS4 e Xbox One.
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