Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin, il diamante grezzo di Team Ninja | Recensione
Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin è un diamante grezzo difficile da inquadrare, ma che nasconde potenzialmente tante soddisfazioni.
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a cura di Marco Patrizi
Editor
Il nuovo progetto legato alla storica saga di Square Enix rimarrà senza dubbio negli annali per aver avuto una delle peggiori presentazioni mai fatte. Ricordiamo ancora oggi quell’assurdo trailer dello scorso E3 che nominava compulsivamente “Chaos!”, dando vita all'istante a un vero e proprio meme videoludico, che assieme all'impatto non proprio entusiasmante dei protagonisti aveva da subito smontato il nostro entusiasmo. Da allora Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin ha fatto molta strada, si è lasciato provare in due demo (senza contare quella definitiva già disponibile da qualche giorno), è stato ritoccato e bilanciato ascoltando i feedback dei giocatori e ha avuto modo di mostrare il suo potenziale nascosto sotto quella veste pacchiana, rivelando un gameplay che ci ha coinvolto più di quanto ci aspettassimo; impressione che è stata confermata abbondantemente nella nostra prova del gioco finale.
Stranger of Paradise è in effetti un progetto ambiguo e difficilmente inquadrabile, frutto della collaborazione tra Square Enix e il Team Ninja di Koei Tecmo, che propone una formula di gioco singolare, molto più tecnica per la media di Final Fantasy e che si prende molte libertà nel maneggiare la lore del primissimo capitolo uscito quasi 35 anni fa.
Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin, il diamante grezzo di Team Ninja
Ridimensioniamo subito dubbi e strambe speculazioni che hanno serpeggiato per l’internet in questi mesi: Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin non è né un remake né un reboot del primo Final Fantasy. Può essere considerato senza troppe complicazioni come un suo articolato preambolo, anche se non è chiaro quanta canonicità gli si voglia riconoscere dato che gli autori l’hanno definito una “side story”.
Il mondo è turbato da una dilagante oscurità che sta soffocando il potere benefico dei quattro Cristalli alla base dell’equilibrio naturale. Così come annunciato dalla profezia, in tale tempo di crisi si manifestano dei Guerrieri della Luce che avranno il compito di sconfiggere la misteriosa entità responsabile conosciuta col nome di Caos, in modo da ripristinare pace e prosperità al mondo. Jack, Jed e Ash si radunano dunque al palazzo reale di Cornelia, dove ricevono dal re il compito di dirigersi al Tempio di Caos per debellare la nemesi che dimora al suo interno.
Quanto scritto finora sembrerebbe corrispondere al classico prologo di Final Fantasy, ma ci sono alcune cose che non combaciano. Neon, una ragazza che si unirà al gruppo dopo le prime ore, rivela che assieme ai suoi ex-compagni ha già tentato di dare la caccia a Caos in passato, senza successo. Inoltre c’è da considerare l’elefante nella stanza: è impossibile non notare che i vestiti dei protagonisti non sono assolutamente conformi all'ambientazione fantasy-medievale. Dietro questa discordanza c’è un motivo (non è un grande spoiler, dato che viene rivelato nelle prime fasi del gioco): i personaggi sono appunto degli Stranger, ovvero persone esterne a quel mondo, nel quale sono approdate munite solamente di un cristallo oscuro ciascuno, un vuoto nella memoria e un istintivo desiderio di dover sconfiggere Caos, senza nemmeno sapere effettivamente cosa sia. Durante la loro ricerca si faranno via via più chiari i dettagli di una trama che coinvolgerà soprattutto il misterioso popolo dei Lufeniani e il loro ruolo in quel mondo in balia di un labile equilibrio tra luce e oscurità.
Ci piacerebbe rassicurarvi dicendo che questa strana trovata alla fine troverà perfettamente il suo senso nella storia, ma non possiamo. Il concept del gioco è stato ideato da Tetsuya Nomura (che sembra non riuscire a reprimere la mania di inserire elementi moderni ovunque) e la sceneggiatura è stata affidata a Kazushige Nojima, ed evidentemente è un tentativo di indagare la decisione di Garland - antagonista di Final Fantasy I - di creare un loop temporale, motivandola con un background articolato meno banale della sua semplice malvagità e desiderio di vivere per sempre. L’intento degli autori di per sé sarebbe anche encomiabile, il problema è che il tutto risulta davvero forzato, prevedibile e inutilmente confuso. E a proposito di prevedibilità: rimane un mistero sul perché alcuni dei pochi colpi di scena che il gioco riserva siano stati spoilerati da Square Enix stessa negli ultimi trailer. Se per caso non li avete ancora guardati, quindi, vi consigliamo caldamente di non farlo.
A fronte di una trama che fa fatica a reggersi in piedi, e di cui sin troppi particolari importanti sono spiegati tramite documenti trovati durante l’esplorazione, Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin mostra purtroppo un livello di scrittura davvero deludente. La caratterizzazione dei personaggi è a dir poco blanda e per di più non vengono per niente approfonditi; i dialoghi risultano insipidi e spesso ci è capitato di guardare delle cutscene senza trovare una coerenza nelle azioni dei personaggi. Se siete degli affezionati della saga e vi aspettate di assistere a una trama profonda e conforme allo spirito della serie, resterete inevitabilmente delusi.
Tuttavia, come già accennato, Stranger of Paradise è un progetto molto particolare e ambiguo, e osservando la sua sfrontata dissonanza col classico mood di Final Fantasy viene il dubbio che Square Enix e Koei Tecmo abbiano giocato intenzionalmente su tale stranezza per produrre un effetto dissacrante. Che sia volontario o no, è difficile non notare l’effetto gloriosamente trash della sceneggiatura e dei personaggi tamarri; quindi se si mettono da parte i panni di puristi della saga e ci si approccia con una prospettiva più flessibile, il titolo può essere visto sotto una luce differente: il tipico “talmente brutto che fa il giro e diventa bello”, o quanto meno esilarante.
Già che siamo in ambito di aspetti sotto tono, è impossibile non notare la limitatezza dell’aspetto grafico. Anche volendo soprassedere sul vestiario fuori contesto, in generale il design dei protagonisti è grossolano e denota un torpore creativo che il designer Tetsuya Nomura non sembra sapersi scrollare di dosso. Anche le ambientazioni non brillano esattamente per ispirazione, a parte alcune discrete eccezioni, e ci hanno restituito un senso generale di anonimia e idee ammassate senza troppo criterio. Il design dei mostri al contrario risulta molto efficace nel ritrarre le diverse creature classiche della saga con uno stile meno cartoonesco e più oscuro e minaccioso, che funziona straordinariamente bene.
A supportare una direzione artistica incerta troviamo purtroppo un comparto tecnico modesto. La modellazione poligonale risulta abbastanza basica, le texture dozzinali e anche le animazioni ed espressioni facciali delle cutscene non riescono davvero a convincere. In alcuni casi, inoltre, alcune ambientazioni esibiscono un incomprensibile effetto che esaspera il rapporto di saturazione e contrasto dei colori. Non è dato sapere se i limiti grafici siano intenzionali, volti a venire incontro alla natura cross-gen del titolo ed evitare tracolli nelle occasioni di sovraffollamento di elementi a schermo, ma il risultato non può certo dirsi ottimale, considerando che comunque il gioco non è esente da cali di frame rate.
Dentro questa cornice poco soddisfacente, tuttavia, Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin può vantare un battle system di tutto rispetto che ha saputo coinvolgerci come non ci saremmo aspettati. È sicuramente qui che più si sente l’impronta di Team Ninja, che ha messo a disposizione tutta la sua esperienza con Ninja Gaiden e soprattutto Nioh. Ci teniamo a precisare che troviamo improprio definire questo titolo un vero e proprio soulslike, quanto piuttosto un action RPG che presenta molte similitudini con il recente Nioh 2, ma risulta meno punitivo e più raffinato, piazzandosi dunque a un livello intermedio. Il risultato è un gioco sicuramente più impegnativo della media dei Final Fantasy, ma meno hardcore e con più possibilità rispetto a un titolo di From Software. Se però siete totalmente allergici a un approccio così lontano dalle logiche hack and slash, sono comunque presenti tre livelli di difficoltà tra cui scegliere, di cui il più basso è fatto a posta per essere più indulgente e permettere di proseguire nella storia evitando di rovinare col joy pad la vernice dei vostri muri di casa.
In combattimento utilizzeremo solo Jack, a cui potremo affiancare altri due personaggi controllati dalla IA del gioco. Se siete totalmente profani del genere sappiate che affrontare i nemici caricandoli a testa bassa e picchiettando sul tasto di attacco non vi porterà lontano. È indispensabile saper osservare i pattern di attacco dei nemici, schivare o parare i loro colpi e portare a segno gli attacchi col giusto tempismo senza lasciarsi trascinare dalla sete di combo. Questo vale soprattutto in occasione dei boss, che vi costringeranno a dare il meglio della vostra capacità di reazione ai comandi e affinare la vostra prontezza di riflessi.
Come abbiamo detto, la base su cui il gameplay parte è molto simile a quella di Nioh 2, che è stata riadattata e impreziosita da alcuni elementi. Oltre ai canonici HP, sia i personaggi che i nemici dispongono di una barra di logoramento che si consuma colpendo ripetutamente e sfruttando le debolezze; se riusciamo a svuotare tale barra e stordire il nemico di turno, potremo scatenare su di lui un Impeto Spirituale, eliminandolo all'istante (anche senza aver prosciugato i suoi HP) e provocando un’onda d’urto che infliggerà danni logoranti ai nemici nelle vicinanze, possibilmente ottenendo un effetto a catena. Man mano che si prosegue nel gioco l’Impeto Spirituale risulterà sempre più utile, anche perché l’animazione con la quale Jack fa fuori rabbiosamente i nemici lo rende momentaneamente inattaccabile; oltre che essere dannatamente soddisfacente da vedere.
Altrettanto importante è imparare a schivare, ma soprattutto sapersi parare adeguatamente a seconda della situazione. La parata classica smorzerà gli attacchi nemici e se eseguita in modo preciso velocizza temporaneamente la compensazione di logoramento; è inoltre possibile pararsi utilizzando lo Scudo Spirituale, che ripristina i nostri PM e ci dà un’occasione per contrattaccare, ma fa ricevere danni logoranti, per cui è sconsigliato abusarne. Tramite lo Scudo Spirituale è anche possibile apprendere delle specifiche abilità dei nemici e usarle contro di loro senza consumare MP. Consumando due barre di MP è possibile poi attivare il Lux, un’onda d’urto che respinge i nemici circostanti e accorcia la loro barra di logoramento.
Tutto questo è solo la base portante di un battle system estremamente stratificato che ruota attorno a un sistema di Classi, ognuna col proprio skill tree che ci permetterà di imparare nuovi attacchi per diversi tipi di arma e abilità che, come da tradizione di FF, potremo mantenere e impostare tramite shortcut del pad. Senza contare che è possibile impostare per Jack un assetto che prevede la possibilità di alternare due job con la semplice pressione di un tasto; è possibile così passare da una classe veloce a una pesante, da una fisica a una magica, e concatenare attacchi di entrambe in una singola combinazione di attacchi.
Il gioco in generale incita e costringe il giocatore a padroneggiare le sue dinamiche a forza di tentativi, a diventare effettivamente più bravo, piuttosto che permettergli di superare gli ostacoli ricorrendo al grinding selvaggio. Non solo i punti di salvataggio hanno l’effetto di resettare lo spawn dei nemici, ma i protagonisti non hanno un proprio livello di esperienza personale; è possibile solo accumulare punti Classe per sbloccare nuove abilità, che sono sì utili ma che bisogna comunque sapere usare.
Potremmo spendere centinaia di altre parole per spiegarvi tutti i dettagli del gameplay, ma sarebbe una lungaggine immane. Vi basti sapere che Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin annovera un sistema di combattimento e potenziamento estremamente solido e articolato, che permette una grande libertà di personalizzazione e approccio agli scontri. In effetti ci sono talmente tanti elementi in gioco che sulle prime rischia di soverchiare il giocatore. Noi stessi nelle fasi avanzate di gioco ci siamo resi conto di non stare utilizzando tutte le potenzialità di gameplay, dato che comunque durante i combattimenti c’è poco tempo per ragionare su tutte le possibilità.
Da Nioh viene anche ereditata l’eccessiva abbondanza di loot, con relativi gradi di rarità, che nonostante trovi spazio in un inventario molto capiente, spinge a fermare periodicamente l’azione per controllare i nuovi equipaggiamenti, interrompendo così un ideale flow di gioco. Per fortuna è presente una funzione per ottimizzare automaticamente le dotazioni del party, che non propone necessariamente la soluzione migliore (lasciandovi dunque ampio spazio di personalizzazione), ma che quanto meno è utile per accorciare i tempi nei menu.
Altre pecche che ci sentiamo di segnalare sono un level design sotto tono, che si esprime in dungeon un po’ troppo lineari (comunque meno di quelli di Final Fantasy VII Remake) e per lo più carenti in quanto a percorsi alternativi e interconnessioni. L’intelligenza artificiale dei compagni lascia ancora a desiderare, ma per lo meno è possibile “incitarli” ad attaccare più assiduamente. Infine in diverse occasioni, soprattutto quelle più concitate, la telecamera e il sistema di puntamento sono risultati piuttosto recalcitranti.
Voto Recensione di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin - PS5
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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- Battle system tecnico e appagante.
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- Sistema di personalizzazione articolato.
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- Diversi livelli di difficoltà approcciabili.
Contro
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- Comparto grafico limitato.
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- Concept e scrittura grossolani.
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- Level design migliorabile.
Commento
L’ultimo esperimento targato Square Enix e Team Ninja è un diamante grezzo da inquadrare a seconda di quali aspetti reputate più importanti in un videogioco. Il comparto tecnico anacronistico, lo stile visivo confuso, e soprattutto il terribile livello di scrittura rischieranno di alienare i giocatori che cercano un Final Fantasy “classico”. Se riuscirete a disimpegnarvi dalle aspettative e a non riporre troppa importanza alla storia, potreste persino trovare spassosa la sua manifesta tamarraggine.All’interno di questi contorni ruvidi pulsa però un action RPG solido dal battle system tecnico e stratificato che, pur con i suoi difetti, ci ha piacevolmente trascinato per ore e ore di combattimenti impegnativi e dannatamente divertenti, soprattutto contro i boss.Se non vi siete mai approcciati a un soulslike, Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin potrebbe essere il modo migliore per fare un primo passo verso un genere di giochi dal livello di sfida più alto della media; ma anche se siete cresciuti a pane ed Estus farete bene a non prenderlo sottogamba. Mai come in questo caso vi consigliamo di provare la demo disponibile online prima di decidere o meno se acquistarlo.
Informazioni sul prodotto
Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin - PS5