Stellar Blade è il bello che non balla | Recensione
La tanto chiacchierata produzione di Shift Up è finalmente tra noi. Ora è arrivato il momento di capire se la storia di Eve è solo apparenza.
Advertisement
a cura di Andrea Maiellano
Author
Se ne è parlato a lungo nelle scorse settimane, vuoi per essere stato al centro di un vespaio di discussioni in merito al character design della protagonista, vuoi perché è attualmente il gioco più prenotato sul PlayStation Store, vuoi perché è un’esclusiva PS5, vuoi perché in molti ritengono che senza quell’esasperante taglio registico, atto a inquadrare costantemente le curve delle protagoniste, di questo gioco non ne parlerebbe nessuno.
Fatto sta che Stellar Blade è finalmente arrivato ed è giunto l’ingrato momento di tirare le somme e capire se il primo titolo tripla A di Shift Up, è realmente meritevole di attenzioni o se si tratta di una produzione senza infamia, e senza lode, sorretta esclusivamente da una maliziosa, quanto intelligente, campagna di marketing atta a far parlare tutti della esclusiva per PS5 che dovrà traghettare le vendite della console per i prossimi mesi del 2024.
Vi anticipo subito che non considero tutto quello che si è detto nelle scorse settimane in merito a Eve, la protagonista di Stellar Blade, e al suo character design ipersessualizzato. A me che il protagonista di un gioco sia una damigella poco vestita, un marsupiale con seri problemi di dialettica o un celebre dittatore a cavallo di un tirannosauro, cambia poco; per me l’importante è la solidità di un prodotto una volta che lo si gioca… e in merito a questo Stellar Blade offre davvero tanto di cui parlare.
Un Mondo alla fine dei suoi giorni
Il comparto narrativo sui cui si erge Stellar Blade è il primo, di numerosi aspetti, che presenta delle frizioni tra quello che racconta e quello che mette in scena. Il world building (ovvero il contesto narrativo su cui poi si sviluppa la trama principale del gioco) realizzato da Shift Up, pur non spiccando per estrema originalità, risulta coerente e ricco di spunti interessanti.
Il problema, però, è che molto spesso sembra che Shift Up ignori questo punto di forza della sua creatura, lasciando al giocatore l’onere di scoprire di più in merito al mondo in cui Eve si muove, ai motivi per cui si sono create determinate frizioni fra gli abitanti del pianeta e ai fatti antecedenti alla storia raccontata.
Ora, non so se sia stata una scelta stilistica voluta, nel tentativo di riproporre quell’aura di mistero che ammanta gli universi in cui si ambientano le opere di FromSoftware, ma in Stellar Blade questa scelta funziona poco, specialmente quando l’ottimo world building, si scontra con una trama principale che presenta una storia molto deboluccia e che, per quanto provi a offrire diversi finali al giocatore, risulta priva di momenti, realmente, memorabili.
Per farvi un breve riassunto: il pianeta Terra è stato invaso anni prima da una razza aliena chiamata Naytiba, la quale si è prodigata, come da tradizione, a distruggere tutto e tutti. Gli abitanti della Terra, o meglio solo la parte più “politicamente importante” di questi ultimi, non potendo contrastare in alcun modo la minaccia aliena, decide di fuggire nello spazio e di fondare delle Colonie nelle quali poter comprendere come sconfiggere i Naytiba e riprendere possesso del pianeta.
Ovviamente, questa decisione, ha costretto i terrestri rimasti sul pianeta a una costante lotta per la sopravvivenza che negli anni seguenti li ha portati ad abbracciare diverse correnti di pensiero. C’è chi ancora crede nelle Colonie e nell’avvento di un gruppo di salvatori che riporteranno la pace sul pianeta e chi ha disconosciuto gli abitanti delle colonie spaziali in quanto si è sentito tradito. In questo scenario, potenzialmente ricco di elementi che avrebbero meritato una maggiore attenzione, Shift Up ha voluto inserire anche divinità cibernetiche, credenze al limite della superstizione e culti cyber-religiosi.
Il vero problema di questo enorme lavoro di world building, però, risiede proprio nel fatto che viene lasciata la sua scoperta nelle mani del giocatore, attraverso una serie di documenti reperibili nelle varie aree di gioco e una moltitudine di descrizioni consultabili nell’immancabile bestiario.
La storia di Eve, difatti, scalfisce solo la superficie di tutti questi aspetti ma non li approfondisce mai a dovere, un aspetto che, se fosse stato bilanciato con una storia originale e ben scritta, non avrebbe infastidito più di tanto, risultando però “una piccola occasione sprecata”, nel momento in cui la trama principale di Stellar Blade non riesce mai realmente a ingranare, limitandosi a intrattenere il giocatore in maniera analoga a quanto farebbe un action-movie di metà anni ’80.
Eve, difatti, è un membro dell’unità aerea che vive nelle colonie, un gruppo di soldati scelti, addestrati per affrontare i Naytiba. Durante una missione pensata per eliminare il temibile Naytiba Alpha (ovvero la mente che controlla le altre creature aliene), l’unità aerea di cui fa parte la protagonista si ritrova a dover compiere un atterraggio di emergenza, che obbligherà il plotone a separarsi con la promessa di ricongiungersi una volta atterrati.
Ovviamente, la solita serie di sfortunati eventi, porterà Eve a ritrovarsi senza le sue compagne d’arma, affiancata solo da un giovane predone di nome Adam, dal membro del supporto ingegneristico delle unità aeree Lily e dai vari sopravvissuti che popolano ancora la Terra e la sua ultima città: Xion.
Al netto di un canovaccio che vede Eve impegnata nel trovare, ed eliminare, il Naytiba Alpha, sviluppandosi come da tradizione in una serie di eventi più articolati ma mai realmente interessanti se paragonati alle potenzialità del mondo di gioco realizzato da Shift Up, quello che stride realmente è la costante contrapposizione fra la delicata caratterizzazione di Eve e quello che poi effettivamente fa. Sembra quasi che Shift Up si sia dimenticata del vecchio detto “walk what you talk” e si sia impegnata nel realizzare un minestrone che, seppur altamente scenografico, tende a contraddirsi innumerevoli volte.
Eve è una combattente ancora inesperta, fin dalle prime fasi di gioco le viene rimarcato che “si è comportata meglio che durante l’addestramento” e tutte le prime fasi di Stellar Blade rimarcano volontariamente questo aspetto, mettendo tra le mani del giocatore un personaggio con abilità limitate e uno stile di combattimento ancora grezzo. Per questo ogni qualvolta Eve, nelle parti iniziali dell’avventura, si lancia in evoluzioni incredibilmente scenografiche, e ovviamente scriptate, atte a mostrare con quanta abilità smembra i Naytiba che le si parano di fronte, la sospensione dell’incredulità crolla rovinosamente.
Alla stessa maniera, Eve è un personaggio contraddistinto da un carattere al limite dell’etereo. Non conosce la Terra, non ci ha mai vissuto, non ha mai provato la sensazione della pioggia che le bagna il corpo, non ha mai visto una città popolata e non conosce praticamente nulla del mondo in cui vivevano i terrestri. Per lei tutto è una scoperta, colleziona lattine perché le sembrano degli oggetti interessanti e si sorprende ogni qualvolta scopre aspetti della vita degli umani che ad Adam, così come allo spettatore, risultano ovvi.
Non è un personaggio caratterizzato in maniera esasperata come, per fare l’esempio più ovvio, Bayonetta, non ha quella presenza scenica che le permetterebbe di gestire un palcoscenico vuoto, motivo per il quale il suo character design, ipersessualizzato nelle forme e nel vestiario, risulta persino gratuito all’interno di Stellar Blade, non riuscendo mai a risultare coerente con il personaggio e mostrandosi più come un elemento autoriale che indichi la presenza di Hyung-Tae Kim dietro alle quinte.
Infine, risulta nuovamente un’occasione sprecata il non aver enfatizzato a dovere il “telefonatissimo” percorso di crescita che si para davanti a Eve, la quale da essere umano “creato per combattere”, inizia a covare sentimenti, squisitamente umani, al suo interno.
Chi è Hyung-Tae Kim
Si è chiacchierato molto, nelle ultime settimane, di Hyung-Tae Kim, il director di Stellar Blade che in pochi sanno essere un illustratore coreano, in attività da oltre vent’anni, il cui stile è sempre stato caratterizzato dall’esasperare le curve femminili, un elemento che divenne rapidamente il marchio di fabbrica dell’autore. Con numerosi art-book pubblicati nel corso delle scorse due decadi, Hyung-Tae è anche attivamente coinvolto nel panorama videoludico, fin dal lontano 2001, quando si occupò della realizzazione dei personaggi di Magna Carta, una celebre serie di JRPG divenuta celebre in occidente con l’uscita del secondo capitolo per PlayStation 2 nel 2006. Un lavoro che lo portò a diventare uno dei character design videoludici più apprezzati in oriente, aprendogli le porte a una carriera che lo ha visto ricoprire, molto rapidamente, ruoli come Art Director e Game Director, fino alla fondazione di Shift Up, una software house che comprende due divisioni, una dedicata alla realizzazione di giochi mobile e una atta sviluppare produzioni tripla a per PC e console.
Un minestrone saporito?
All’atto pratico, però, che cos’é Stellar Blade? Appurato che non si tratta di un action stylish, come potevano far intendere i primi reveal trailer del gioco, la nuova produzione di Shift Up non è nemmeno quell’ibrido fra action tradizionale e “souls-lite” che sembrava trasparire dalla demo rilasciata recentemente.
Volendola dire con parole semplici, Stellar Blade cerca di ripetere quel costante senso di stupore che rese Nier Automata così peculiare, ma nel tentare di ricreare quelle situazioni in laboratorio, si perde in una serie di schemi chiusi che mostrano una forte volontà di non osare troppo nell’uscire proprio da quegli schemi.
Il risultato è un insieme di situazioni già viste, e riviste, in numerose produzioni recenti, tutte confezionate a dovere, al netto di alcune vistose sbavature qua e la, che però non stupiscono mai il giocatore più navigato per più di una manciata di minuti.
Quello che manca realmente a Stellar Blade è un’anima, o meglio quei guizzi di geniale level design capaci di stravolgere completamente le sicurezze del giocatore, strappandolo via dalla comfort zone che si era creato nelle ore precedenti, gettandolo di peso in un contesto tanto straniante, quanto perfettamente coerente con il resto della produzione.
In Stellar Blade inizialmente si viene introdotti in un contesto a metà strada fra l’action tradizionale e le avventure cinematografiche targate PlayStation Studios, il tutto adornato con una moltitudine di quegli elementi di gameplay resi celebri dalle produzioni di FromSoftware.
Dal combat system, al level design, le prime ore spese in compagnia di Eve restituiscono al giocatore la sensazione di essere di fronte a quello che potremmo chiamare, molto volgarmente, un “Souls-Lite”.
I combattimenti sono meno frenetici rispetto ad altri action quali Ninja Gaiden, per farvi il più banale degli esempi, le planimetrie dei livelli propongono delle open-map ricolme di scorciatoie, posizionamenti infami dei nemici, droni da uccidere prima che scompaiono (per poter ottenere del bottino raro), elementi che non nascondono al giocatore la necessità di ritornare in seguito in quell’area per poter raggiungere tesori, o zone, inizialmente irraggiungibili, accampamenti che si adoperano nel rifornire di cure la protagonista, e di far risorgere tutti i nemici sconfitti fino a quel momento, e un’esplorazione molto guidata e, per certi versi, fin troppo lineare.
Basta, però, superare la prima manciata di ore di gioco e si assiste all’avvento di tutta una serie di dinamiche che cercano di stravolgere proprio quanto vissuto fino a quel momento.
Si inizieranno a visitare città con all’interno abitanti pronti a interagire con Eve, e a sbolognargli una serie di missioni secondarie poco ispirate e chiaramente utilizzate come riempitivo, incontrare mercanti, intavolare dialoghi a risposta multipla (le cui decisioni risulteranno realmente impattanti in termini narrativi solo in una manciata di occasioni) e cominciare a girovagare per delle macro-aree che si adoperano nel voler stravolgere la linearità sperimentata fino a quel momento, con una miscela fatta di esplorazione libera, puzzle ambientali, mini-giochi associati allo sblocco di casse di rifornimenti, reperimento di oggetti utili a potenziare Eve e una moltitudine di scontri con nemici sempre più letali.
Come vi anticipavo poc’anzi, tutto funziona a dovere, e sicuramente riuscirà a centra l’obiettivo di stupire quei giocatori che hanno vissuto meno avventure di questo tipo, ma la sensazione generale è quella di ritrovarsi all’interno di un mondo di gioco realizzato mettendo assieme pezzi di altre produzioni, riprodotti scolasticamente in quasi ogni aspetto, che pur risultando coesi fra loro non trasmettono mai una vera e propria identità alla produzione di Shift Up, rendendo Stellar Blade un titolo, per certi versi, conservativo che mira a divertire senza mai osare, pur sapendo che potrebbe farlo.
L’aspetto che ho trovato peggio realizzato è indubbiamente il platforming. È difficile da spiegare a parole ma Eve restituisce costantemente la sensazione di essere poco agile per compiere salti, e acrobazie, complesse, ma allo stesso tempo molto scivolosa quando si tratta di farle compiere dei movimenti precisi. Il risultato è quello di ritrovarsi in un costante contrasto fra arrampicate lente, e caratterizzate da movimenti pesanti (sempre e comunque nelle immancabili parti di scenario verniciate di giallo), e situazioni in cui si prega che il salto successivo faccia atterrare la protagonista sulla piattaforma desiderata e non la faccia precipitare nel baratro sottostante.
Ho apprezzato che in Stellar Blade abbiano ironizzato sulla sempiterna faida in merito agli elementi verniciati di giallo negli ambienti di gioco, giustificandoli come dei “segnali lasciati dai superstiti per indicare dove trovare risorse utili ai viandanti”. Un piccolo dettaglio che mostra la cura riposta dal team di sviluppo nella realizzazione del mondo di gioco.
La forza non è nulla senza controllo
Entrando nel merito del tanto discusso combat system di Stellar Blade, si tratta forse dell’aspetto più difficile da valutare.
Eve può, come da tradizione, effettuare attacchi leggeri, pesanti, eseguire abilità speciali, sfruttare armi da fuoco, parare e deflettere i colpi, ma per far percepire al giocatore l’inesperienza della combattente sul campo di battaglia, i primi combattimenti risultano decisamente più ragionati rispetto alla media degli action disponibili la fuori, imponendo al giocatore di leggere i pattern nemici, parare quando necessario, imparare a schivare e attaccare quando si presenta l’occasione.
State tranquilli, non è un Souls, ma i primi momenti di gioco tendono a riportare alla mente quella costante dinamica da “cappa e spada”, reso celebre dalle produzioni di FromSoftware.
Le fondamenta del combat system si basano sulle dinamiche dettate dagli scudi e dall’equilibrio. Eve, ha a disposizione uno scudo, oltre alla canonica barra della vita, e più colpi subirà, più lo scudo calerà e i danni ricevuti saranno maggiori.
La stessa dinamica, però, si applica anche ai nemici, imponendo quindi al giocatore di abbassare rapidamente lo scudo degli avversari per fare danni ingenti e non portare troppo per le lunghe gli scontri più impegnativi o contro un nutrito numero di avversari.
I Naytiba, inoltre, presentano anche una barra dell’equilibrio (qui indicata con una serie di pallini gialli) la quale, si abbasserà di un’unità, ogniqualvolta Eve eseguirà una parata perfetta (molto banalmente un parry) o contrasterà in maniera precisa un’offensiva avversaria. Una volta esaurita la barra dell’equilibrio, il nemico barcollerà ed esporrà il suo punto debole, diventando vulnerabile nei confronti di un contrattacco devastante.
Su queste fondamenta, che strizzano dannatamente l’occhio all’universo dei Souls-Like, si erge un combat-system che si espande assieme alla crescita della protagonista. Spendendo punti esperienza, difatti, si potranno aumentare le combo a disposizione di Eve, permettergli di fare più danni agli scudi, migliorare le abilità speciali, facilitargli l’esecuzione di parry e contrattacchi, permettergli di eliminare silenziosamente i nemici alle spalle e così via.
Tutti questi aspetti, suddivisi in un albero delle abilità scorporato in cinque macro-sezioni, riescono perfettamente a garantire quel senso di progressione necessario in produzioni come questa, permettendo a Eve di gestire meglio le battaglie più affollate ed eliminare più rapidamente quei nemici che, inizialmente, risultavano più coriacei.
A espandere l’albero delle abilità, sopraggiunge un sistema di innesti per il corpo di Eve, i quali molto banalmente, permettono al giocatore di definire meglio il suo stile di gioco, andando a migliorare specifiche caratteristiche della protagonista che aumenteranno la sua resistenza i colpi, le sue capacità offensive, la sua velocità e così via.
Nulla da dire, tutto funziona bene ma la volontà di Shift Up nel voler mantenere bilanciato il tutto, sfocia sovente in situazioni che, nuovamente, stridono con un combat system decisamente interessante. Innanzitutto a ogni nuova area, subentreranno dei nemici ”base” più difficili da abbattere e con pattern d’attacco sempre più complessi, un aspetto già visto in molteplici produzioni del genere ma che in Stellar Blade restituiscono un “effetto elastico” non sempre piacevole.
Mi spiego meglio: laddove Eve, qualche minuto prima, sfruttando tutte le sue abilità poteva risolvere rapidamente uno scontro con un nutrito gruppo di nemici, poco dopo potrebbe ritrovarsi in difficoltà nel infliggere un numero di danni adeguato a un nemico semplice che le darà il benvenuto in una nuova area, rallentando drasticamente l’azione di gioco e riportandola su quei binari da “Souls-Lite” che funzionavano bene nelle prime ore dell’avventura ma diventano leggermente fastidiosi nel momento in cui il ritmo di gioco diventa più snello e frenetico, in virtù di una protagonista che abbraccia sempre di più la definizione di “war-machine”.
In un Souls questa cosa funziona perché il ritmo è sempre quello e le uniche aree che si superano rapidamente sono quelle iniziali quando ci si ritorna con un personaggio over-livellato, in Stellar Blade, invece, ci si trova nella situazione in cui in un’area nuova, potenziandosi un minimo, si inizia a demolire rapidamente la fauna locale fino ad arrivare allo scontro con il boss, o i boss, dell’area, per poi ritrovarsi a rallentare nella zona successiva, in virtù di un bilanciamento che sembra quasi forzato e che raramente restituisce quella progressione armoniosa che invece viene offerta dallo sviluppo della protagonista.
Volendo analizzare più approfonditamente il sistema di combattimento, anche in questo caso Shift Up sembra aver voluto mettere tantissima carne al fuoco che, per quanto cotta bene, risulta troppa per gli ospiti seduti al tavolo. Eve ha a disposizione un numero incredibile di combo che mischiano attacchi leggeri, pesanti e Beta (che molto banalmente sono gli attacchi speciali dotati di cooldown), così come ha diverse bocche da fuoco con cui combattere sulla distanza e una trafila di abilità offensive uniche. Oltre a questo, il sistema di difesa è gestito in maniera molto peculiare, forse addirittura unica, e reincarna perfettamente quella volontà di far ragionare su ogni mossa il giocatore.
La parata, difatti, impiega quasi un secondo per essere eseguita, al netto di non incastrarla all’interno di una combo per interrompere l’offensiva in corso per contrastare un attacco dell’avversario, mentre la schivata è pressoché istantanea. Entrambe queste azioni difensive aprono a dei contrattacchi differenti, così come la combinazione corretta di schivate e parate, permetterà a Eve di abbassare rapidamente la barra dell’equilibrio avversaria. Viene da se che, per quanto quasi ogni attacco possa essere eluso sfruttando una fra queste due abilità difensive, conoscere perfettamente quando usare una o l’altra permetterà di portare a termine rapidamente gli scontri più complessi.
Questa volontà di rendere più posati i combattimenti, però, porterà i giocatori meno esuberanti a sfruttare sempre e solo le offensive più efficaci per massimizzare i danni, rendendo meno “importanti” (le virgolette sono d’obbligo) tutte quelle variabili messe sul piatto da Shift Up, le quali risulteranno una manna dal cielo, esclusivamente per quegli appassionati del genere che si ingegneranno nel trovare le combinazioni più complesse e letali per puro vezzo personale.
Ovviamente non si tratta di un difetto ma avrei preferito, visto il pace dei combattimenti più ostici, che tale varietà nel combat system fosse indirizzata maggiormente nel creare build capaci di cucirsi addosso agli stili di combattimento dei giocatori.
Infine sono presenti delle evidenti sbavature in una serie di abilità, pensate specificatamente per contrattaccare, che risultano "poco pulite" nella loro programmazione. Sfruttando queste offensive, Eve dovrebbe poter approcciare rapidamente il nemico e infliggere un colpo molto potente. Nella realtà dei fatti, però, la traiettoria non è stata calcolata bene e, in molteplici situazioni, ci si trova a percorrere solo 3/4 della distanza necessaria, lasciando Eve completamente esposta agli attacchi dell'avversario in seguito a un'animazione che non può essere interrotta.
Menzione d’onore, invece, per i Naytiba che, al netto di una direzione artistica anonima e derivativa, sono caratterizzati benissimo per quanto concerne i loro pattern di attacco, le loro debolezze e i loro punti di forza, andando a rendere ogni scontro sempre divertente, di facile lettura e vario quel tanto che basta da non tediare mai, nemmeno dopo centinaia di combattimenti.
Viva viva l'accessibilità
La modalità Storia presente in Stellar Blade non è solo un ottimo esempio di accessibilità, in quanto permette di apprendere meglio come gestire le azioni difensive (tramite un rallenty mirato a far apprendere il giocatore), ma riesce anche a trasformare il gioco in un action meno ragionato e più ritmato, limitandosi a bilanciare i danni inferti e ricevuti da Eve, senza semplificare i pattern d’attacco nemici, la loro frequenza o qualsivoglia altro aspetto del gioco.
Artisticamente derivativo
Per quanto concerne, infine, il comparto tecnico e artistico ci Stellar Blade, ci si trova di fronte, nuovamente, a una serie di elementi che si rifanno a produzioni del passato e che, per quanto realizzati con cura, non riescono a restituire un’identità preponderante alla produzione di Shift Up.
In merito all’enorme potenziale del world building vi ho già parlato qualche paragrafo fa, ma la sua realizzazione, in termini meramente stilistici, non riesce mai a convincere pienamente. Ovviamente si tratta di un parere molto soggettivo, ci sarà chi lo adorerà e chi lo detesterà, nel mio specifico caso mi ha lasciato molto tiepido, per quanto abbia apprezzato la varietà di biomi, e di architetture, messe in campo da Shift Up.
Nelle varie aree di gioco si troveranno chiari riferimenti a Nier Automata, paesaggi post apocalittici che sembrano usciti dalle matite di Yasuhiro Nightow, elementi cyberpunk che si rifanno alle opere di Katsuhiro Ōtomo e tutta una serie di elementi visivi che, pur risultando coerenti con la mitologia di Stellar Blade, tendono a far trasparire fin troppo le ispirazioni che hanno plasmato lo stile di Hyung-Tae Kim.
La colonna sonora è di estrema qualità, vanta nomi come Keiichi Okabe (il lead director del famoso Monaca Sound Studio) e, in circa cento tracce, mescola composizioni che si rifanno chiaramente a quelle di Nier Automata, brani K-Pop e musiche d’atmosfera.
Una soundtrack di estrema qualità che, però, è stata sfruttata in maniera molto peculiare, almeno per il sottoscritto. In tutta onestà, sentire costantemente una traccia dietro l’altra in ogni dannato secondo di gioco, potendo addirittura skippare le tracce in ogni accampamento, più che restituirmi le sensazioni di un accompagnamento mirato a enfatizzare le immagini a schermo, mi ha trasmesso le stesse emozioni che provo quando gioco senza volume e con una playlist a farmi compagnia.
È un modo di gestire la colonna sonora usata in molteplici produzioni del genere, non si tratta di una novità, ma per quanto, indubbiamente, piacerà a molti, risultando coerente con il tipo di prodotto, personalmente mi ha portato ad abbassare il volume della musica e ad ascoltarmi le tracce in separata sede, visto che non riuscivano a trasmettermi alcuna emozione gestite in questa maniera.
I vestiti di Eve
Un piccolo paragrafo va dedicato ai tanto chiacchierati vestiti di Eve, i quali, purtroppo, alla fine si sono rivelati solo un mero esercizio di stile pensato per soddisfare il desiderio di alcuni giocatori di vestire Eve con stili diversi e provocanti. Al netto della tanto chiacchierata “Naked Suit”, che sveste quasi completamente la protagonista ma le rimuove anche gli scudi rendendo il gioco più difficile, gli altri vestiti si limitano a personalizzare l’aspetto di Eve, ipersessualizzandolo in maniera totalmente gratuita. Non hanno alcuna utilità in termini di gameplay, al netto di essere considerati dei collezionabili, e non rispecchiano il carattere etereo della protagonista. La sensazione è quella di ritrovarsi tra le mani un artbook digitale di Hyung-Tae Kim, composto da outfit ricolmi di dettagli curati in maniera certosina, tutti pensati per enfatizzare nella maniera più marcata possibile, le curve della protagonista.
Tutti i personaggi che non sono Eve, la quale è stata modellata digitalmente basandosi sulla scansione completa del corpo della modella sud coreana Shin Jae-eun, risultano meno convincenti per quanto riguarda la loro direzione artistica e la cura nei dettagli. Tutti i modelli femminili rimarcano lo stile consolidato di Hyung-Tae Kim, con occhioni grandi e proporzioni esasperate, mentre tutti gli uomini risultano, semplicemente, anonimi.
Per quanto riguarda i Naytiba, pur essendo creature demoniache, purulente e ricolme di dettagli disgustosi e marcescenti,il loro design si rifà chiaramente ai bestiari di numerosi produzioni. All’interno delle loro fila si possono notare ispirazioni alle creature viste in Agony e Scorn, così come le fisionomie riprendono le creature viste nei bestiari di Horizon, The Surge e, ovviamente, Dark Souls.
A livello puramente tecnico, le ambientazioni sono tutte ricolme di dettagli, con una profondità di campo decisamente soddisfacente e seguono pedissequamente tutti i canoni di altre produzioni analoghe, ovvero ambienti statici, con poche interazioni e con la presenza di elementi distruttibili ben definiti e posizionati strategicamente per risultare sempre in primo piano.
Per quanto riguarda le animazioni di Eve e dei Naytiba, il lavoro svolto è indubbiamente di livello ma stride fortemente con le animazioni approssimative di tutti gli altri personaggi, i quali mostrano un’espressività facciale limitata e dei movimenti a tratti legnosi e poco armoniosi.
Nulla da appuntare, invece, sulle performance generali del titolo. La modalità “performance” garantisce un frame rate a 60 fps (seppur con qualche piccolo calo qua e là) al netto di una risoluzione dinamica che, a differenza di altre produzioni, non snatura eccessivamente il colpo d’occhio finale, mentre la modalità “qualità”, da priorità alla risoluzione, rendendo più ballerino il framerate (i quali comunque non scendono mai al di sotto dei 30fps).
Ultimo, ma non per importanza, il doppiaggio in Italiano che ci fa dimenticare l’obrobrio realizzato con Rise Of The Ronin proponendo un lavoro complessivamente molto più godibile e convincente.
Voto Recensione di Stellar Blade
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
-
Combat system divertente e molto vario...
-
Longevo e ricco di contenuti mai realmente tediosi
-
World Building realizzato con estrema cura...
-
Tecnicamente notevole sotto molti aspetti
Contro
-
... ma è afflitto da alcune sbavature e da una manciata di errori di gioventù
-
Le sezioni platform sono poco convincenti
-
... ma il comparto narrativo è deboluccio
-
Osa poco quando potrebbe permettersi di farlo