Per gli amanti dei titoli survival, maggio è un mese davvero speciale, in particolar modo per coloro che giocano sull'ecosistema Xbox -Windows10. Il prossimo 22 maggio (Il 18 per chi ha ordinato la Ultimate Edition), infatti, sarà disponibile per tutti State of Decay 2: seguito dell'apprezzatissimo survival horror open world uscito nel 2011 su Xbox360 e PC Steam.
In attesa della recensione completa, che arriverà nei prossimi giorni, vi esponiamo quelli che sono i nostri dubbi e certezze del titolo Undead Labs, estrapolati da una prova di circa 11 ore di giocato della versione finale. Grazie alle nostre possibilità, siamo riusciti a testare l'esperienza sia su Xbox One X che su Xbox One S, questo ci permette di darvi un'idea ben chiara di come gira tecnicamente su entrambe le piattaforme di riferimento.
Un mondo profondo
Premessa: State of Decay 2 è un prodotto che per essere compreso in tutte le sue meccaniche richiede almeno 30 ore di gioco, forse anche di più sotto certi aspetti. Un numero di ore considerevolmente inferiore rispetto alla longevità complessiva, che può persino tendere all'infinito grazie alle sue meccaniche ibride gestionali/action/RPG. Inizialmente credevamo fortemente di trovarci davanti a un More of the Same del primo capitolo, con poche novità e un motore grafico aggiornato, è bello già specificare che così non è.
Undead Labs ci ha sorpreso, è riuscita a prendere un titolo già incredibilmente maturo come il primo State of Decay e approfondirlo in maniera egregia sotto tutti gli aspetti di gameplay che avevano reso famoso il predecessore. Se già in passato i ragazzi di Seattle erano riusciti a ricreare un'atmosfera survival degna di tale nome, in questo seguito si è fatto molto di più, raggiungendo un attenzione al dettaglio e una cura maniacale nelle meccaniche, davvero inaspettata. Basti pensare che tutti i veicoli ora hanno bisogno di benzina per muoversi, è possibile trasformarsi in zombie - cosa che non era possibile prima, se non a livello puramente narrativo-, e cosa non meno importante tutta la parte gestionale del rifugio e degli avamposti è stata resa ancora più significativa e importante ai fini della sopravvivenza. Merita di essere elogiata anche tutta la componente psicologica dei membri del gruppo, ancora più incisiva per il morale generale della propria communità. Ogni membro del gruppo ha, infatti, un suo background, delle caratteristiche uniche e un certo livello nelle abilità predefinite, questo garantisce un'alta diversificazione dei personaggi giocabili, i quali devono riuscire a trovare affiatamento e feeling fra di loro ai fini di riuscire a collaborare; risse, suicidi e addirittura tradimenti sono situazioni che possono capitare se non si riesce a gestire con diligenza il proprio gruppo. È necessario fornire il comando ad un leader pragmatico, forte caratterialmente e soprattutto ben rispettato, un Rick Grimes versione videoludica insomma.
L'aggiunta di un simbolo leader, rappresenta in qualche modo il punto focale di State of Decay 2: l'influenza, la capacità di farsi rispettare non solo nella propria squadra, ma anche dai vicini, dalle vari enclavi sparsi per il mondo di gioco sono ora aspetti fondametnali nell'economia del titolo. Non è un caso che la stessa "influenza" sia persino una moneta di gioco, utile per scambiare oggetti con altre fazioni o richiedere un determinato supporto via radio. Per la prima volta, inoltre, potremo addirittura venire a meno a compromessi, spazzando via tutti i gruppi che non ci staranno a genio; questo avrà ripercussioni sia sulla reputazione personale all'interno della propria comitiva sia verso le altre communità. In sostanza potrete decidere di diventare Negan in persona.
La scelta del "capo" influisce anche sull'obiettivo della partita, si perché non esiste una vera e propria storyline, il gioco continuerà fino a quando non decideremo di completare "l'impresa", vale a dire l'obiettivo finale, di chi comanda. Quest'ultima varia a seconda del carattere della persona, c'è chi è un signore della guerra spietato, chi invece è più orientato alle alleanze o al commercio. Nel primo caso, per vincere, bisognerà eliminare tutte le altre fazioni presenti nella mappa di gioco. Come ben sapete sono presenti anche tre mappe diversificate, che prese singolarmente hanno una grandezza simile a quella del primo State of Decay, una volta esplorata un'area per intero, sarà possibile spostarsi verso un'altra delle zone accessibili portando con se tutto ciò che avevamo accumulato. Più tempo si sopravvive, più il gioco comincia a diventare difficile. Non essendo nemmeno vicini alla conclusione della prima partita, non possiamo ancora dire se, una volta completata, viene sbloccato un livello di difficoltà più alto per una seconda run. Per sapere ciò, dovrete aspettare la nostra recensione completa.
Scivolone tecnico
Se dal punto di vista delle meccaniche abbiamo trovato delle certezze e conferme senz'altro piacevoli, dal punto di vista tecnico Undead Labs ha ancora molto da lavorare. Il passaggio all'Unreal Engine ha sicuramente giovato alla produzione generale, il gioco è graficamente gradevole -soprattutto su One X-, ma soffre ancora di troppi cali di framerate, in particolar modo sulla console mid gen di Microsoft; su One S la situazione migliora per via di un abbassamento di risoluzione, ma non così tanto da poter rendere il titolo solido dal punto di vista della fluidità.
Non sono mancati anche visibili pop-up delle texture, anche in questo caso maggiormente notati su One X. Siamo sicuramente di fronte a un miglioramento sostanziale rispetto al primo capitolo, finalmente il gioco ha perso quella legnosità tanto criticata e che rendeva, a tratti, il predecessore ingiocabile in molti momenti frenetici, ma ci aspettiamo comunque delle patch che possano in qualche modo rendere stabile l'esperienza, che rimane godibile, ma ancora acerba sotto il punto di vista tecnico. Sempre rimanendo in tema, apriamo una piccola parentesi sulle animazioni, tanto criticate e snobbate, ma che in realtà risultano persino piacevoli nella maggior parte dei casi, il tutto considerando la natura estremamente budget del prodotto. Forse dei dubbi rimangono più che altro sull'assenza di alcune di loro, e non, specificamente, sulla loro qualità complessiva.
Le prime somme
La prima decina di ore di State of Decay 2 ci hanno convinto in positivo. Il titolo si dimostra ancora più profondo rispetto al precedente; le meccaniche survival funzionano in maniera egregia e l'atmosfera di gioco è rimasta inalterata, e, anzi, addirittura esaltata da una difficoltà sopra la media, soprattutto grazie all'introduzione di nuove caratteristiche coerenti con l'idae di game design di Undead Labs. Qualcosa, però, deve essere ancora valutato in maniera più approfondita: come la co-op -che dobbiamo ancora sviscerare per bene-, la progressione dei personaggi, altre meccaniche late game e la gestione di un rifugio più grande e completo. Tra le certezze e i quesiti ancora da risolvere ci sono però i dubbi, derivati da un aspetto tecnico non esattamente convincente, da una I.A. alleata parecchio impacciata e dalla mancanza di alcune animazioni non fondamentali, ma certamente preferibilmente presenti.
Il titolo si dimostra ancora più profondo rispetto al precedente; le meccaniche survival funzionano in maniera egregia e l'atmosfera di gioco è rimasta inalterata.
La valutazione finale è quindi rimandata in fase di recensione, per ora possiamo solo confermarvi una certa buona impressione sulla profondità offerta dal gioco, tuttavia, non possiamo fare a meno di aspettare a dare un giudizio finale, poiché da scoprire c'è ancora moltissimo e, inoltre, non siamo ancora potuti scendere in alcuni dettagli specifici che preferiremmo analizzare con più calma in seguito.