Salto grafico generazionale
Grande punto di forza di questo Double Agent è certamente il dettaglio grafico e l’ispiratissimo level design, forse pari solo al primo capitolo della serie (a nostro avviso ancora insuperato Re della serie), che vede questa volta Sam alle prese con ambienti decisamente ostili e ottimamente strutturati. In ogni mappa nulla è lasciato al caso, ed ogni oggetto o costruzione con la quale è possibile interagire si trasforma in via di uscita o trappola mortale.
I livelli come sempre sono ricchi di telecamere, noiosi punti luce (e noi sappiamo quanto Sam odi la luce!), imperterrite ed agguerritissime guardie pronte ad entrare in una sorta di pre-stato d’allerta al minimo movimento o rumore sospetto. Fisher dalla sua avrà solo un piccolo sensore sulla spalla, con il quale potrà sapere se è visibile o meno: questa scelta è certamente dettata dalla necessità di “impoverire” la GUI donando maggior impatto cinematografico, un trend decisamente in crescita nelle produzioni videoludiche degli ultimi tempi.
Il maggior grado di interazione è ugualmente visibile nelle scene di intermezzo, come ad esempio “la caduta” dall’aereo a terra (comprensiva dell’opportuna apertura del paracadute), parti del gioco controllabili dall’utente, che potrà “vivere” anche questi fasi di trasizione e di norma esclusive al passaggio da un capitolo ad un altro.