Il prossimo 2 Ottobre uscirà Mega Man 11, nuovo capitolo della celebre saga di Capcom a cui è affidato il compito di concludere i festeggiamenti per il trent'anni dell'iconica mascotte, mai ufficializzata, della storica azienda di Osaka. In attesa di poter provare con mano le novità introdotte nella prossima avventura del Blue Bomber abbiamo voluto dedicargli uno speciale che ripercorra le tappe salienti di un brand che fra serie canoniche, spin-off e remake, accompagna i videogiocatori di diverse generazioni da oltre tre decadi.
Astroboy incontra i Tokusatsu
Nella seconda metà degli anni ottanta, quando Capcom si trovava in piena apoteosi creativa, Akira Kitamura iniziò a maturare l'idea di mischiare il genere platform, tanto in voga in quegli anni grazie a icone quali Mario e Sonic, al genere Run 'n' Gun. Il concept era semplice: creare dei livelli autoconclusivi che miscelassero momenti di azione ragionata a sezioni platform sempre più ostiche e inserire dei boss di fine livello che richiedessero al giocatore di memorizzare pattern specifici per poterli battere, evitando quindi la caoticità tipica dei run 'n' gun pur mantenendo l'alta dose di riflessi richiesta dal genere e una curva di difficoltà ripida e punitiva in caso di errore. Presentato così, nel 2018, sembra il concept alla base di un qualsiasi titolo souls-like ma nel 1987 diede alla luce una serie che per trenta, lunghi, anni ha calcato l'hardware ogni piattaforma di gioco presente sul mercato: Mega Man.
Un volta che il concept fu chiaro nella mente di Kitamura, gli mancava un personaggio sul quale costruire un universo di gioco che potesse dimostrarsi funzionale e allo stesso tempo riuscire ad ammaliare l'utenza di fine anni ottanta. Da grande fan del genere Tokusatsu (filone fantascientifico del cinema giapponese del quale fanno parte pellicole come Godzilla e Ultraman) e appassionato di manga quali Astro Boy e Kyashan, Kitamura trovò nella fusione fra androidi senzienti e quello che oggi chiamiamo Cyberpunk, il terreno ideale per creare il suo universo di gioco. Ispirandosi, appunto, alle matite semplici e funzionali del manga di Osamu Tezuka, e prendendo alcuni elementi della trama di Kyashan, nacquero i primi bozzetti raffiguranti un androide dall'aspetto giovane e dotato di un braccio a forma di cannone. Entrato nelle fila di Capcom, trovò in Keiji Infaune (che molti di voi conosceranno come il padre di Resident Evil) il partner ideale per la creazione del personaggio, Rockman acquisì, finalmente, il design che tutti conosciamo, decretando la nascita di quella che Capcom stessa definisce come la sua Mascotte mai ufficializzata.
Il classico abbinamento di blu e azzurro tipico di Mega Man, non sono il frutto di una scelta di desgin specifica. Keiji Infaune, infatti, trovatosi di fronte ai limiti della tavolozza di colori offerta dal Nintendo Entertainment System, ha optato per un abbinamento cromatico che risaltasse all'interno degli ambienti di gioco.
C'era una volta, in un futuro lontano...
In piena tempesta creativa, il duo Kitamura/Infaune, iniziò a definire un numero sempre maggiore di elementi creando modelli di androidi ispirati alla natura, allo spazio profondo e alla cultura pop dell'epoca. Kitamura definì le linee guida dell'arco narrativo del gioco che vede il Dr. Light, scienziato dell'anno 200X, impegnato nella creazione di robot che servissero il genere umano, difendendolo dalle minacce e aiutandolo nelle attività industriali più faticose. Un giorno, inaspettatamente, gli androidi vanno fuori controllo iniziando ad attaccare il genere umano e seminando morte e distruzione nell'intero pianeta. Il Dr. Wily, eterno rivale di Light, difatti ha deciso di modificare alcuni delle più importanti costruzioni in ambito industriale dello stesso, trasformandole in fedeli servitori che gestissero il suo esercito di esseri artificiali disseminato nell'intero pianeta. Mosso dal voler salvare le sorti del pianeta il giovane Rock, assistente robotico del Dr. Light, esprime il desiderio di essere trasformato, a sua volta, in un androide da battaglia per fermare i piani di conquista di Wily e riportare la pace nel Mondo. Trasformatosi in Rockman, il giovane androide, si lancia nella missione di distruggere le creazioni di suo padre e fermare l'acerrimo rivale di Light.
Senza motivi apparentemente validi la trama di Rockman differisce nella sua versione occidentale, vedendo Light e Wily collaborare nella creazione di un nucleo di androidi che offrano sostegno alla popolazione di Monsteropolis. Wily, in preda alla smania di potere, riprogrammerà successivamente i robot per mettere in ginocchio la popolazione e creare i sette imperi di Monsteropolis. Ovviamente la trama della versione occidentale di Rockman non è considerata canonica dagli autori, rimanendo uno di quei casi di riadattamento privi di logica, seppur frequenti in quegli anni.
Uscito come esclusiva per Nintendo Entertainment System, proveniente da uno studio di terze parti, il primo Rockman raccolse subito i favori della critica grazie alle sue meccaniche innovative, un livello di difficoltà tarato verso l'alto e un level design di rara ispirazione. Uno degli elementi cardine del successo, divenuto poi canonico nella serie, era la libertà offerta al giocatore su come progredire nel titolo. Akira Kitamura, durante lo sviluppo delle Boss Battle, voleva inserire un elemento strategico ispirato al gioco della Morra Cinese, conferendo al protagonista dei poteri al termine di ogni scontro con un Boss che si rivelassero fondamentali per terminare brevemente la battaglia con un'altro avversario. Non potendo inserire una meccanica del genere in una struttura lineare, optò per offrire al giocatore la possibilità di scegliere quale livello affrontare di volta in volta, lasciando all'utente finale il piacere di scoprire quali debolezze avessero gli avversari e agire di conseguenza.
Il successo di vendite di Rockman fu incredibile, trasformando il Blue Bomber in un icona, inaspettata, del panorama videoludico dell'epoca, anche grazie alla base installata di Nintendo Entertainment System alla fine degli anni ottanta. Il Blue Bomber aveva scosso il mercato, inventato un genere e affascinato il pubblico, spingendo Capcom a sviluppare un seguito atto a consacrarne il successo e a inserire il robottino blu nei libri di storia del videogioco. Keiji Infaune diventò ufficialmente il Character Designer del brand (motivo per il quale viene erroneamente considerato il padre di Rockman) e cominciò a sviluppare un universo che, fra serie canoniche, spin-off e collaborazioni, negli ultimi trent'anni ha invaso il mercato con oltre 50 titoli resi disponibili per la quasi totalità delle piattaforme di gioco e di cui ora vi presentiamo le serie che hanno decretato l'evoluzione di Rockman dalla sua nascita a oggi.
Rockman deve il suo nome dal genere musicale Rock and Roll. Gli ideatori, infatti, volevano contaminare la loro opera di riferimenti musicali (Bass Man e Blues Man ne sono un altro evidente esempio). Quello che forse non sapete è che Joseph Morici, vice presidente di Capcom sul finire degli anni ottanta) decise di ribattezzare il robottino blu Mega Man prima di rendere disponibile il titolo nel mercato occidentale. Il Motivo? Semplicemente perché trovava orribile il nome e decise di correggere "un titolo orribile" (a detta sua) prima della distribuzione su scala globale del gioco.