Soulstice è una scommessa vinta | Recensione
La nostra recensione di Soulstice, l'action-RPG sviluppato da Reply Games Studio e pubblicato da Modus Game
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a cura di Nicholas Mercurio
C’è un panorama videoludico, là fuori, in continuo mutamento. Cambia, si evolve, innova e si affina, offrendo nuove visioni ed esperienze, nuovi sogni, nuove vite e nuove prospettive, perché tutti possano goderne. Di Soulstice ne avevamo parlato il mese scorso, quando Reply Games Studio ci ha consentito di entrare nel Sacro Regno del Keidas per la prima volta, vivendo le prime sei ore di gioco, che ricordiamo ancora oggi come piacevoli e coinvolgenti.
All’epoca, sebbene non sia passato molto tempo, vi raccontavamo di un videogioco incredibilmente ambizioso, oltre che pronto a ritagliarsi un suo spazio nella giungla del mercato. Sviluppato da Reply Games Studio, il celeberrimo studio italiano piazzato nel capoluogo meneghino, Soulstice è, per l’appunto, un videogioco ambizioso, il più ambizioso che ci sia mai capitato tra le mani di recente, specie se consideriamo le tante uscite di questi anni nel nostro mercato.
Soulstice lo era sin dall’inizio: lo avevamo capito dal suo annuncio, dai reveal trailer e dalle anteprime scritte che raccontavano di un mondo fantasy lontano dal tempo, tra leggi dell’uomo estreme e violente e la stessa morte misericordiosa che utilizzò Lestat – il personaggio più iconico dei libri di Anne Rice – in molteplici occasioni. Se c’è qualcosa che il genere fantasy ha raggiunto negli ultimi quarant’anni, è stata la voglia di innovarsi, esplorare e portare l’interlocutore in un mondo lontano dal tempo, abitato da creature di ogni sorta. Ci siamo abituati al fantasy più leggero; dopodiché, è arrivato il dark fantasy a ricordarci che la vita non è solo colorata, lucente o splendente, come se i suoi raggi potessero decidere il fato di ogni uomo, e persino cosa è giusto o sbagliato. No, il dark fantasy è una corrente tetra e brutale, in cui nessuno è al sicuro, neppure chi serve la malvagità ed è certo che il suo odio possa portarlo lontano.
Cosa c’entra Soulstice in tutto questo? È una domanda che, in un certo senso, lo riguarda direttamente: perché Soulstice è un dark fantasy nudo e crudo, un videogioco con una proposta squisita e curata, seppure non priva di difetti e di qualche intoppo sparso qua e là.
Mentre abbiamo viaggiato nell’oscurità di Ilden, tra il buio e le tenebre, le uniche fonti di luce che ci hanno accolto sono stati gli occhi perfidi dei Corrotti e delle legioni pronte a tutto pur di fermarci. Le storie, d’altronde, iniziano da un fiume, una barca e la puzza di salsedine, e quella di Soulstice segue questa diramazione. La produzione ci ha accolto così, porgendoci con decisione la sua mano, in attesa del nostro tocco leggero e rassicurante, in grado di scacciare via tutti quegli sguardi oscuri che, in un modo o nell’altro, sono addirittura più penetranti di una lama intrisa di un veleno mortale. È da qui che inizia il nostro viaggio nell’oscurità alla ricerca di una luce smarrita, l’unica che spinge ad andare avanti e a non voltarsi indietro, la sola che ci fa andare avanti nonostante i turbamenti, le paure e le morti.
Il racconto di un reame perduto
Un fumo nero si alza oltre i tetti della cittadina di Ilden, nel Sacro Regno di Keidas. L’aria è intrisa di morte, mentre i corvi, gracchiando e svolazzando tra i ruderi di un ponte, danno il loro benvenuto a Briar e Lute, due sorelle, l’una che sopravvive grazie all’altra, ed entrambe che si sostengono a vicenda. Una breccia, aprendosi nel cielo, ha liberato anime e spiriti del male, giunti da una voragine che ormai, incontrastata e indomabile, sta devastando una città che era il vanto di un reame magnifico. Le carogne, straziate dai meticci dell’oscurità, sono adagiate sulle strade fangose, un tempo ricche di passanti e viaggiatori che giungevano dagli angoli più remoti del reame.
C’è il silenzio, che viene rotto solo dai sussurri di Briar e dallo stupore di Lute, e c’è una storia triste che le riguarda, di sicuro una delle più commoventi che ci siamo trovati davanti da tanto tempo a questa parte, e che abbiamo esplorato durante il nostro viaggio all’interno della produzione targata Reply Games Studio. Briar e Lute sono una Chimera, due anime legate da un brutale sacrificio che le ha costrette a due esistenze di stenti e privazioni. Un tempo, molto tempo prima di Ilden, erano due giovani spensierate e vivaci, inconsapevoli delle guerre in atto e dei malcontenti dei reali.
Come tante altre ragazzine, erano felici di vivere lontane dalle guerre e dall’Ordine, ed erano concentrate a vivere in pace e a crescere amate dai loro genitori. Ma questo è solo il passato, perché Briar e Lute, unite nella stessa anima, sono diventate una guerriera e uno spirito diviso tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Briar è la spada che difende entrambe, addestrata dall’Ordine per essere un’ultima risorsa come le tante altre Chimere, mentre la piccola Lute è il residuo di un’anima che non riesce a trovare la pace. Devastata dalla consapevolezza di essere solamente questo, alla piccola non resta che l’amore per la sorella Briar, distrutta a sua volta da un passato tremendo e triste, che cerca di combattere con tutta sé stessa.
La narrazione ruota attorno alla città di Ilden, sotto scacco dalle stesse forze che hanno corrotto la popolazione e messo a ferro e fuoco quartieri, angoli del potere cittadino e amministrativo di una realtà che sopravvive alle intemperie e al lento sfacelo del tempo. Mentre c’è sangue, mentre c’è distruzione e morte, ci sono le due sorelle a difendere la vita, o quello che ne resta. La loro missione è solamente una: raggiungere la Breccia. E per farlo – come due eroine di altri tempi – sono pronte a tutto.
La storia di Soulstice, per quanto classica, è originale e scritta in maniera esemplare. Il team ha concentrato i suoi sforzi per caratterizzare al meglio le due protagoniste, facendo ruotare attorno a loro l’intero racconto, caratterizzandole con passione. Non ce n’è una che prevarica sull’altra, perché entrambe vivono per supportarsi e sostenersi, e lo capiamo dal prologo. Lute è dolce, premurosa e protettiva, e consiglia Briar in ogni occasione. Quest’ultima, al contrario, è dirompente e potente, dimostrandosi ben più di una lama che si frappone tra la vita e la morte. Pur apparendo silenziosa e in tante occasioni contorta, Blair è una protagonista che dimostra l’amore per la sorella con la semplicità, proteggendola dalle forze che la vorrebbero dall’altra parte del Velo. Scegliere di unire le due anime in una sola è stata una scelta intelligente da parte del team, poiché dimostra una costruzione narrativa invidiabile, tanto capace di appassionare e coinvolgere, quanto di sorprendere per le cariche emotive al suo interno.
Lo stesso potremmo dirlo del mondo di gioco che, scoprendo e approfondendo dal diario nel menu principale, dà modo di scendere nei dettagli particolareggiati dell’esperienza, con il riassunto dei capitoli, dei personaggi e della città di Ilden e in generale del Sacro Regno del Keidas con tutte le sue aree, un tempo brulicanti di vita ma ora distrutte, se non addirittura corrotte dalle forze demoniache fuoriuscite dalla breccia. La narrazione, tuttavia, non si esaurisce così rapidamente perché, al contempo, riesce a delineare un racconto preciso con un ritmo incalzante. In molte produzioni del genere action-RPG, ci è capitato di incontrare storie piatte e poco incisive, incapaci di sostenere il racconto in modo omogeneo. Soulstice, invece, offre una trama scritta in maniera magistrale, specialmente grazie ai suoi dialoghi, che catturano l’attenzione e dimostrano una cura pregevole nella caratterizzazione dei protagonisti principali e dei pochi comprimari che abbiamo incontrato durante il nostro viaggio, come Layton, la cui storia sua storia è un mistero da risolvere, come lo è, per l’appunto, l’intera città di Ilden tra le sue viuzze un tempo ammantate di gloria e allori.
Se da una parte abbiamo un taglio dark fantasy ben rappresentato, dall’altra c’è una grande ispirazione per la cultura nordica, oltre che per Berserk (se si osserva la spada di Briar con attenzione, è impossibile non ricordare Gatsu), il capolavoro di Kentaro Miura. Reply Games Studio, in tal senso, ha letto e attinto molto dalla cultura pop per rendere Briar e Lute due protagoniste tratteggiate per essere delle vere e proprie icone di questo mondo devastato, che cattura per il suo passato e intimorisce nel suo presente. Le ambientazioni, per quanto ben curate, sono tuttavia molto simili le une alle altre, con reali poca varietà.
Avremmo preferito ci fosse raccontato altro non solo leggendo il diario ma anche vedendolo con i nostri occhi, magari più location differenti, ma è inevitabile quando un videogioco viene ambientato in una sola città. C’è da dire che abbiamo visitato le fogne cittadine, il monastero e i bassifondi, e che l’approccio tetro scelto per l’occasione lo abbiamo apprezzato perché si è mantenuto fedele al suo scopo. È impossibile restare indifferenti dal tipo di approccio scelto per rappresentare gli ambienti di Ilden tra le sue ipocrisie e il suo passato nefasto, e la cura del team per costruire il suo mondo fantasy è cosa spinge questo genere ad essere ancora oggi sfruttato in diversi medium. E Reply Games Studio ha avuto la capacità di mantenere la propria originalità, presentando in videogioco maturo.
Un gameplay dinamico e divertente
Soulstice è un action-RPG con telecamera fissa durante quando muoviamo la protagonista, ma con una visuale più libera durante i combattimenti, dove è possibile ruotarla a nostro piacimento. Controlliamo Briar e in alcune occasioni pure la piccola Lute, soprattutto quando ci troviamo all’interno della mente contorta della sorella maggiore, cercando di fuggire da quest’ultima e di farla riprendere dai suoi sogni passati. La visuale, proprio come in NieR, cambia prospettiva ad ogni occasione, magari quando ci dedichiamo ad alcune fasi platforming molto basilari ma ben costruite e ottimamente implementate nei livelli del gioco. Il gameplay di Soulstice risulta divertente e appagante perché dà la possibilità al giocatore di utilizzare i due Campi di Evocazione, utilissimi durante la risoluzione degli enigmi, oltre che fondamentali per saltare su un piedistallo o uccidere i nemici che richiedono si utilizzi il potere di Lute, come degli spiriti simili a creature dell’incubo che possiamo uccidere solamente in quella maniera.
Nelle fasi di combattimento, trattandosi di un gioco d’azione, possiamo dunque schivare gli attacchi, colpire e correre e ripetere le stesse azioni, dando manforte con il potere di Lute. Come accennavamo prima, ci sono nemici che possono essere indeboliti solo attraverso il Campo di Esilio, un potere ancestrale che permette a Briar di colpire indistintamente chiunque abbia dei cristalli incastonati nelle carni. È una mossa di game design intelligente e ben implementata, che riesce ad avere uno scopo e a divertire, facendo diventare ogni scontro avvincente e godibile sotto ogni punta di vista, con spunti che non risultano mai banali e ripetitivi.
La varietà dei nemici è un tasto a favore del videogioco di Reply Games Studio, anche se inizialmente pensavamo fossero troppo simili gli uni agli altri, specie le creature armate con lance e bastoni che incontriamo all’inizio dell’esperienza di gioco. Lo avevamo fatto notare anche durante la nostra prova ma siamo stati smentiti nel corso della seconda ed ultima parte dell’esperienza di gioco. Lute può, oltre che evocare i campi di evocazione, anche bloccare gli attacchi nemici, consentendoci di attaccare con Briar senza pietà e concatenare combo letali e attacchi speciali attraverso il Furore, una condizione che rende la sorella maggiore più forte e coriacea, dando la possibilità di sfruttare in questo modo delle offensive capaci di sgominare un’intera truppa.
La progressione, che avviene spendendo due tipologie di cristalli, ci dà la possibilità di approcciarci a due differenti alberi delle abilità e a un negozio, in cui possiamo acquistare cosa desideriamo. Il primo è dedicato alle armi e alle specialità di Briar, mentre il secondo a quello di Lute, che necessita di un’altra valuta per sbloccare i suoi potenziamenti. È un’implementazione ben costruita, perché permette di avere una visione più ampia delle due protagoniste e del loro apporto durante i combattimenti. Se da una parte i potenziamenti sono tangibili con Briar, dall’altra quelli di Lute sono passivi, utili quando si combatte faccia a faccia. La sorella minore, tuttavia, è giocabile nei Ricordi (dei momenti in cui esploriamo il passato delle sorelle) e anche nelle fasi di combattimento quando usiamo i campi di evocazione. Il tutto è costruito perché ogni azione funzioni, perché tutto sia ben ritmato e convincente. Nonostante un’ottima varietà di nemici, i boss non ci hanno convinto totalmente, con situazioni che pensiamo potessero essere sfruttate meglio, anche se il sistema di combattimento viene replicato a dovere negli scontri.
Abbiamo affrontato il videogioco al livello di sfida più alto, ma abbiamo sempre letto e anticipato le intenzioni dei boss con facilità, sconfiggendoli quasi tutti al secondo tentativo. In molte occasioni ci siamo trovati a dover utilizzare gli smeraldi verdi per curarci, e in molte altre siamo addirittura morti, anche se rinati grazie a un oggetto specifico. Tuttavia, è giusto sottolineare che Soulstice non ha niente in comune con Dark Souls, Sekiro o le altre produzioni di FromSoftware.
È una produzione che, chiaramente, spinge i giocatori ad esplorare ogni angolo della città e ogni centimetro dei suoi angoli angusti, in particolare per raccogliere gli oggetti più rilevanti. Inoltre, durante la scoperta dei vari capitoli e degli Atti del gioco, possiamo addirittura entrare in portali in cui possiamo affinare le nostre abilità e generare combo più letali, così da approcciarci ai combattimenti in maniera differente.
Nel suo insieme, dunque, il game design di Soulstice è ben costruito ma non molto originale, e non è ovviamente esente da difetti. Nonostante sia presente un sistema di lock-on che aiuta nei combattimenti più complessi, la telecamera è inserita in maniera maldestra, inciampando in più di un’occasione. Molto spesso ci siamo trovati ad affrontare i nemici perdendo il target, e siamo stati costretti a ricominciare daccapo uno scontro. Non è niente che non possa essere risolvibile ma, essendo il sistema di combattimento alla base del gioco, troviamo che affinare questo aspetto sia fondamentale per rendere godibile l’esperienza nella sua interezza.
Soulstice, alla fine, è il videogioco italiano più ambizioso?
Quando ci siamo approcciati per la prima volta a Soulstice, non pensavamo di trovarci davanti un’opera così curata dal punto di vista della narrazione. Ci riferiamo specialmente alle protagoniste, doppiate da Stefanie Joosten, una voce indistinguibile nel panorama dei videogiochi, poiché celebre per la sua ottima interpretazione di Quiet in Metal Gear V: The Phantom Pain. Ritrovarla in Soulstice, un progetto tutto italiano, è stata una sorpresa gradita. Soulstice, tuttavia, incespica sul lato tecnico a causa di texture che in alcune sezioni non caricano immediatamente i particellari. Niente che, ovviamente, non possa essere sistemato e migliorato. Al netto di questo, però, siamo davanti a un videogioco che arriva al suo scopo, proponendo un gameplay tuttavia non molto originale ma comunque ben rappresentato.
Inoltre, c'è da considerare soprattutto la rigiocabilità del prodotto, che in questo caso supera addirittura le trenta ore di gioco. Per arrivare alla conclusione della campagna principale alla prima run, tuttavia, ne abbiamo impiegate ventitré, una cifra che garantisce di approfondire e rigiocare il videogioco di Reply Games Studio al meglio delle sue possibilità. Siamo davanti a un videogioco che di ambizioso ha tutto, perché ha tutti i motivi per esserlo: è l'amore e la passione del team a essere predominante oltre che il talento, come lo è il rapporto tra le sorelle. La storia di Briar e Lute vi attende: il loro passato, la loro redenzione e il loro presente. Tutto della loro vita.
Voto Recensione di Soulstice - Xbox Series X|S
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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Un videogioco intenso e ben raccontato
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Il rapporto tra Briar e Lute è commovente e scritto meravigliosamente
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Un sistema di gioco divertente...
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Le evocazioni sono un ottimo pretesto per divertirsi e combinare combo folli
Contro
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Qualche inciampo tecnico, niente che non possa essere risolto in futuro con una patch correttiva
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La telecamera è da aggiustare in vista delle future produzioni
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... ma non molto originale
Commento
In conclusione, Soulstice è un videogioco ispirato, godibile e forte di una narrazione coinvolgente. Il Sacro Regno del Keidas è un luogo meraviglioso e indomito, e Ilden è una città meravigliosamente rappresentata anche nella tragedia. Forte di un game design interessante e di un sistema di combattimento coinvolgente, Soulstice si dimostra un'opera matura. Qualche inciampo tecnico qua e là sono da citare, ma non è nulla che comprometta la godibilità effettiva dell'esperienza, che rimane sempre ben ritmata e godibile.