Ve lo dirò con onestà: poter parlare, oggi, di Sonic Frontiers sembra surreale. Non tanto perché la serie del porcospino blu, dal 2011 con Generations, ha visto un calo qualitativo e creativo non indifferente, ma perché ci sono elementi del titolo che funzionano bene in modo particolare. Vedere un capitolo della serie principale di Sonic con la potenzialità di essere ricordato ai posteri come un grande gioco è qualcosa di più unico che raro, purtroppo. Ma facciamo un passo indietro.
Siamo nel 1998. SEGA e il Sonic Team lanciano sul mercato Sonic Adventure su SEGA Dreamcast, il primo vero capitolo 3D del franchise, che prometteva di catapultare Sonic verso un futuro completamente nuovo. Fu una scommessa, ma era un passo necessario dell’evoluzione del riccio e i risultati hanno decretato che quella era la direzione giusta da seguire. Negli anni, tuttavia, riformulare quel sistema ludico si è rivelato spesso un lavoro più duro del previsto e la lista di fallimenti da allora è più lunga di quanto mi piacerebbe ammettere.
Nel 2008 giunse Sonic Unleashed che introduceva, oltre al combattimento con il Sonic mannaro, anche la formula boost, rendendo il gameplay più frenetico e lineare. Anche stavolta, con un pizzico di fortuna e tanto buon level design, SEGA riuscì a trovare un nuovo percorso per il porcospino, consolidato con l’ottimo Generations nel 2011. Da qui in poi, il vuoto. La serie, invece di migliorarsi ulteriormente, ha raggiunto un punto di ragnarok e ha continuato a peggiorarsi. Fu solo Sonic Mania a dare uno spiraglio di speranza ai fan più accaniti, ma non era un capitolo 3D e l’insuccesso di Forces ne faceva sentire molto la mancanza.
Sonic Frontiers, oggi, è tutto ciò che di buono è stato fatto nella serie. Dal gameplay al level design, fino ad arrivare all’impianto narrativo e alle animazioni. Proprio per questo motivo, tornando all’incipit della recensione, posso affermare che pare surreale poter dire questo di un gioco di Sonic, anche perché sono passati 11 anni dall’ultimo titolo che meritava tali elogi. Mesi fa vi avevo parlato di come l’opera fosse stata comunicata male da parte del reparto marketing del publisher e oggi posso confermare che Sonic Frontiers non è assolutamente quello che abbiamo visto durante la prima presentazione.
“Open zone” ha senso?
Protagonista assoluto della presentazione, assieme ai nuovi comandi e controlli di Sonic, di cui parleremo più avanti, era il nuovo approccio al level design che Takashi Iizuka ha ribattezzato come “open zone”. Sebbene possa sembrare come una scusante per rinominare il termine “open world” - e in parte lo è - vi confermo che la realtà è sensibilmente differente. Da una parte è vero che ci ritroveremo catapultati in una mappa molto più grande rispetto a qualsiasi altra vista in passata, da un’altra il level design caratteristico della serie si fa sentire con una certa prepotenza.
Le cinque isole presenti nella storia sono infatti condite con una quantità piuttosto ingente di piattaforme, rotaie, trampolini, rampe e booster di ogni tipo, ovvero quelle piattaforme che accelerano il protagonista. Il collegamento studiato di ognuna di essere è molto visibile e si nota anche la cura del loro posizionamento. Questo comporta che lo spostamento da una parte all’altra della mappa non è mai lineare ma, anzi, risulta sempre come una rielaborazione del frenetico level design caratteristico della sopracitata formula boost.
Di conseguenza, sono richiesti riflessi più o meno fulminei al fine di poter compiere azioni spettacolari e per muoversi con grande velocità. Tuttavia, anche coloro che non sono amanti della rapidità caratteristica della serie riusciranno ad apprezzare le nuove “open zone” in quanto sono capaci di offrire anche momenti di calma. Di fatti, l’esplorazione delle isole, condita da fasi ad alta velocità, è anche strutturata in modo tale da donare al giocatore attimi di pausa.
Il Sonic Team ci è riuscito posizionando in alcuni punti degli enigmi ambientali che vanno completati utilizzando tutte le tecniche a nostra disposizione. Chiamarli “enigmi”, a dirla tutta, è anche leggermente errato in quanto non c’è una vera e propria sfida cognitiva, dato che è richiesta maggiormente una capacità in termini di skill vere e proprie. Questi punti di interesse sono piuttosto variegati tra di loro, non posso negarlo, ma dopo qualche ora di gameplay diventa facile (forse troppo) comprenderne il funzionamento e quindi finiscono per diventare piuttosto ridondanti, seppur mai davvero noiosi.
Al loro completamento sbloccheremo tasselli distinti della mappa e un piccolo potenziamento della difesa o dell’attacco di Sonic, che però non hanno delle vere e proprie caratteristiche numeriche dettagliate ed è quindi difficile capire quanto migliorano le capacità del riccio. Uno dei primi reali difetti di Sonic Frontiers è infatti la quantità e diversità degli oggetti che dobbiamo ottenere per avanzare nella storia.
Faccio un esempio: ottenendo dei collezionabili specifici potremo parlare con uno degli amici di Sonic, che ci farà progredire nella storia; sconfiggendo i boss metteremo le mani su ingranaggi necessari per entrare nel cyber spazio (di cui vi parleremo a breve); al suo interno, completando delle sfide specifiche, verremo premiati con delle chiavi; queste ultime, a loro volta sono l’unico modo per mettere le mani sui Chaos Emeralds, impellenti per combattere il boss dell’isola.
Questo circolo vizioso, per quanto sia confusionario nelle prime ore di gioco, finisce per essere una parte necessaria dell’avventura ed è un buon modo per invogliare l’utente a concentrarsi sull’esplorazione piuttosto che sull’avanzare velocemente verso la fine della storia. Nel complesso, infatti, posso dire senza problemi che il sistema di progressione nella trama è molto meno lineare di quanto mi sarei aspettato, risultando invece dinamico, lento e in generale ben calcolato.
Giocare a Sonic Frontiers non significa più procedere da un punto A a un punto B per raggiungere un obiettivo specifico, ma per la prima volta ci viene offerta la possibilità di lasciarci cullare dall’esplorazione e dalla ricerca di punti di interesse che potrebbero offrirci collezionabili utili per approfondire la trama.
Peccato che non ci siano davvero luoghi specifici che gettano luce sul passato misterioso della civiltà che ha vissuto su quelle isole, così come non viene spiegato perché sono presenti alcune strutture sparse per la mappa. Alcuni ambienti, seppur misteriosi, lasciano il tempo che trovano e non vengono contestualizzati né a livello di gameplay, né di narrazione.
A condire l’esplorazione, peraltro, c’è anche una gestione della telecamera automatica piuttosto buona, in alcuni momenti crea scene molto gradevoli da guardare. Certo, ci sono momenti in cui la visuale non funziona esattamente come dovrebbe, ma non sono affatto frequenti come ci si potrebbe aspettare. In alcune fasi, peraltro, è possibile vedersi la visuale bloccata e il movimento diventa bidirezionale. Essendo sezioni particolarmente brevi, non mi sento di giudicarle come noiose o, ancor più errato, come fasi che rovinano l’esplorazione. Al contrario, credo che possano addirittura donare un pizzico di varietà in più al gameplay, che non fa affatto male.
Altra pecca che davvero mi ha lasciato basito riguarda le isole a disposizione, nello specifico le ultime due: la quarta è un semplice filler lasciato lì con scopi narrativi e dura poco meno di mezz’ora, è molto piccola e una mera riproposizione della prima; discorso analogo per la quinta, dove però passeremo qualche ora in più proprio per giungere a una conclusione del filone narrativo. Dalle premesse del Sonic Team, ad essere brutalmente onesto, mi aspettavo aree di gioco sempre molto estese e tutte ben diversificate tra di loro.
Al contrario, le ultime due non brillano né in originalità e né in level design, e così vale per la trama nelle fasi finali, di cui però vi parlerò più avanti. Le prime tre isole, invece, si differenziano in modo piuttosto netto sia nella tematica dell’ambiente, sia nella colonna sonora, che nella complessità del level design. La terza, in particolare, presenta un livello di sfida molto più elevato, così come piattaforme e rotaie diventano maggiormente articolate.
Ritorno al passato
Togliamo spazio all’impianto narrativo per aprire una piccola, grande parentesi sui livelli del cyber spazio. Quando, in fase di apertura della recensione, vi abbiamo parlato di Sonic Unleashed e Sonic Generations con la loro relativa formula boost, non lo abbiamo fatto per puro caso. Questo perché i livelli di cui vi parlo ora sono una diretta ripresa di quelle dinamiche di gameplay, di quello stesso level design che aveva fatto innamorare milioni di appassionati in tutto il mondo. Di fatti non vi nascondo che, da buono speedrunner quale sono, riponevo grandissime aspettative proprio in questo elemento di Sonic Frontiers.
Vado diritto al punto: ho amato i livelli del cyber spazio, probabilmente più di quanto ho apprezzato l’intero titolo in sé. Le motivazioni per cui mi espongo così tanto è per via della decisione, da parte del Sonic Team, di gettare le basi del level design su quanto fatto in passato. Mi sono trovato tra le mani livelli copiati spudoratamente da altri del passato, rielaborati solo leggermente e contestualizzati artisticamente sugli stage di Green Hill, Chemical Plant, Sky Sanctuary e una nuova area urbana.
Il trucco vincente di ciò, tuttavia, è il fatto stesso che tutti quegli scenari sono stati studiati tenendo a mente i comandi e i controlli dei titoli da cui provengono. Di conseguenza, ora che vengono riproposti in chiave Frontiers - che prende tutte le meccaniche che funzionavano in passato e le modernizza - è facile capire che il risultato finale è un mix di livelli strutturalmente differenti tra di loro e che richiedono sempre capacità diverse.
Sebbene peccano quasi tutti nella gestione dei ritmi, e quindi alcuni risultano o troppo brevi o troppo lunghi, alla fine dei conti i livelli del cyber spazio sono ogni volta un modo perfetto per allontanare la mente dal mondo aperto per concentrarsi su una zona lineare e con obiettivi differenti. Vi dirò di più: alcuni stage in particolare presentano addirittura delle dinamiche di gioco uniche (ma non inedite per la serie) che donano ad essi un tocco di peculiarità e un rispetto alle fonti originali che non mi sarei aspettato.
Colgo l’occasione per aprire una piccola parentesi, strizzando l’occhio a quei pochi folli che, come me, amano passare le ore per cercare di battere il proprio record su un livello in particolare. Sonic Frontiers è, da quanto ho potuto constatare, un nuovo capolavoro per lo speedrunning della formula boost proprio perché include una valanga di meccaniche amatissime dei giochi passati e le integra meravigliosamente nel cyber spazio.
Al momento in cui scrivo, a più di venti ore di gameplay, ammetto di non aver ancora compreso pienamente i tempi delle animazioni in termini di frame. Ci sarebbe molto altro da dire in ambito di speedrunning, ma se amate superare il vostro limite vi consiglio caldamente di provare i livelli del cyber spazio cercando di battere il vostro record.
Tra il passato e il futuro
In termini di comandi e controlli, nudi e crudi, ho apprezzato quanto fatto in Sonic Frontiers, nonostante siano cambiati in modo piuttosto pronunciato rispetto ai capitoli del passato. Per fare un esempio, l’attacco guidato (“homing attack”, per intenderci) non si esegue più in aria e premendo il tasto croce o A, ma è parte integrante degli attacchi di Sonic, con il tasto quadrato o X. Di fatti, sono state effettuate modifiche molto sostanziali ai comandi, ma abituarcisi è molto facile in quanto non ci sono tasti complicati da ricordare.
A non esser mai stato presentato ufficialmente da SEGA in alcuna campagna marketing è però il super turbo, ovvero la possibilità di massimizzare la velocità del turbo di Sonic ottenendo il numero massimo di ring trasportabili. Sarò onesto con voi: adoro quest’aggiunta, ma non ne vedo alcuna valenza specifica in termini di gameplay. Sonic raggiunge velocità raramente viste in passato e così facendo è possibile raggiungere luoghi distanti in brevissimo tempo, per cui probabilmente è solo un modo per far contenti coloro che amano sfrecciare rapidamente in giro per la mappa.
Il pregio interessante, come abbiamo più volte ribadito poc’anzi, è la presenza di tantissime azioni presenti nei giochi passati, incluso il drop dash di Sonic Mania, e quasi tutte hanno sempre una valenza importante quando ci si sposta nella mappa. Questo grazie anche al level design che incentiva quasi sempre il giocatore nell’utilizzare tecniche differenti. Novità particolarmente impattante sul gameplay è, però, il cyber loop: si tratta di una tecnica inedita che permette a Sonic di creare una scia con cui definire un cerchio completo in modo tale da interagire con alcuni ambienti, infrangere le difese nemiche o anche stordire gli avversari.
Il sistema di combattimento
Si tratta di un’aggiunta molto interessante di cui viene spesso richiesto l’utilizzo, sebbene durante le fasi di combattimento abbiamo spesso preferito dedicarci agli attacchi più classici. Perché si, Sonic Frontiers è anche il primo titolo della serie che introduce un vero e proprio combat system con annesso uno skill tree, seppur molto spoglio, e abilità uniche. Inoltre, dopo un certo numero di combo è possibile utilizzare alcune, seppur poche, mosse speciali. Per quanto sia una novità assoluta per il franchise, non abbiamo riscontrato una particolare complessità. Anzi, l’intero combat system ci è parso piuttosto scarno e a tratti superfluo, in quanto i nemici possono essere sconfitti anche con alcune mosse più semplici, se ripetute in continuazione.
Peraltro, c’è da dire che i comandi necessari per attuare le abilità sono spesso più complessi di quanto necessario e bisogna quindi ricordare a memoria le combinazioni di tasti per poter effettuare combo particolari. Sarebbe stato decisamente più comodo rilegare l’intera attivazione di abilità al grilletto sinistro, magari con un menù radiale che si mostra a schermo indicando il tipo di attacco corrispondente ad ogni tasto della pulsantiera, ma purtroppo così non è.
Più convincenti sono invece i nemici e i boss stessi, sempre diversificati sia da un punto di vista di moveset, sia per l’aspetto che li caratterizza, differenziandone la forza. I loro attacchi saranno sempre variegati e di conseguenza dovremo costantemente utilizzare abilità e mosse diverse. Ammetto di essermi divertito molto nel combattere i nemici di Sonic Frontiers, inclusi i boss, sebbene a volte gli scontri si rivelano più duraturi del previsto e alcuni in particolare potrebbero addirittura annoiare i giocatori.
Ad essere più interessanti sono la possibilità di schivare e di contrattaccare i nemici. Quest’ultima feature è una delle pochissime necessarie per sconfiggere i boss e procedere nella storia. Non sono però azioni che dovremo utilizzare per sconfiggere avversari minori, sebbene permettono di velocizzare lo scontro ed evitare di essere colpiti.
Il contrattacco, invece, ha un problema piuttosto importante rilegato al combattimento con i boss: capita fin troppo spesso che i momenti in cui il nemico effettua l’animazione del colpo, e quelli in cui Sonic viene colpito, non corrispondono. Di conseguenza, contrattaccare risulta spesso più difficile del dovuto e ci siamo ritrovati in grande difficoltà negli scontri con i boss titanici - soprattutto il primo - dove spesso non bastava colpire soltanto con gli attacchi base.
Un comparto narrativo che non convince
La narrazione è un altro elemento cardine di Sonic Frontiers, che dopo molto tempo torna a toccare tematiche più o meno seriose, senza però sbilanciarsi più di troppo. Restano infatti dialoghi prettamente semplici, adatti a un pubblico più giovane, mentre possiamo ascoltare anche discorsi un pizzico più seriosi, seppur più rari. Nel complesso, purtroppo, non parlo ovviamente di un comparto narrativo particolarmente articolato, che in generale assolve anche il compito di dare un pizzico di contesto ma senza mai cercare di fare qualcosa in più.
Ad essere leggermente più interessante è però il ruolo di Sage, la misteriosa ragazza che appare più volte nei materiali promozionali. La sua figura, per quanto incredibile possa sembrare, finisce per evolvere in modo sostanziale e ottiene un ruolo completamente differente nelle fasi finali della storia. Al contrario, non ci viene mai davvero rivelato chi è l’antagonista della trama, mostrato in una forma complessa e astratta soltanto nell’ultima scena del boss finale. Sarò onesto con voi: non ho ancora capito chi è che Sonic ha combattuto per tutto il tempo, per aiutarvi a capire quanto la trama può essere confusa in alcuni punti.
Quello che reputo il vero difetto di Sonic Frontiers è il fatto che le ultime ore di gioco sembrano esser state realizzate in fretta e furia, e non sono quasi mai contestualizzate con i primi momenti. Come ho già spiegato le ultime due isole, quelle conclusive, risultano essere mere riproposizioni della prima e allo stesso modo la narrazione giunge a una conclusione molto affrettata e poco articolata. Insomma, una piccola occasione mancata soprattutto nel caso del boss finale, specialmente se considerato che tutti gli altri scontri contro i boss si possono rivelare estremamente epici, alla pari di un Metal Gear Rising.
Musiche tra DOOM e Metal Gear Rising
Il riferimento all’opera di Platinum Games e Konami non è affatto casuale, anzi. Dopo i livelli del cyber spazio l’elemento che mi ha fatto innamorare maggiormente è la soundtrack. Escluse alcune rare eccezioni, l’intera colonna sonora di Sonic Frontiers è eccelsa, ma ritengo necessario dividerla in due categorie: ci sono i brani delle isole, che fanno da contorno all’esplorazione e cullano il giocatore come lo facevano quelle di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, e ci sono le canzoni dei boss.
Prendete DOOM Eternal e Metal Gear Rising, estrapolatene la soundtrack e mettetela come sottofondo per Sonic Frontiers. Ecco: le canzoni che accompagnano i combattimenti epici contro i titani sono a dir poco fenomenali. Tomoya Ohtani, che lavora da già tantissimi anni al franchise, ha davvero alzato l’asticella della qualità della colonna sonora, ottenendo la collaborazione di alcuni cantanti di spicco, tra cui risaltano nientemeno che gli ONE OK ROCK per “Vandalize”.
Sebbene non siamo rimasti troppo stupefatti dalle canzoni ambientali, che risultano invece già sentite, quelle dei combattimenti contro i boss sono invece uniche nel loro genere, raramente viste in un videogioco. Menzione d’onore per i brani dei livelli del cyber spazio, che invece seguono una direzione più elettronica, avvicinandosi a quanto fatto in Sonic Forces, riuscendo comunque a risultare adatte in ogni situazione.
Da un punto di vista tecnico, sono piuttosto felice di vedere che sono state risolte o sistemate moltissime animazioni incerte di cui vi parlavamo in un precedente articolo, così come alcuni problemi tecnici. Ho avuto modo di provare il titolo su PS4, dove è possibile giocare a 1080p e 30fps. Su PS5, tuttavia, si può scegliere se preferire le performance e quindi raggiungere i 60fps, oppure se dare priorità alla qualità dell’immagine e optare per i 1440p e 30fps.
Chiaramente, trattandosi di un titolo particolarmente rapido, vi consigliamo di giocare a 60fps, ma se preferite invece godervi il comparto artistico e grafico, non fatevi problemi a optare per i 1440p. In ogni caso, se possedete una PS5 sappiate che potete trarre vantaggio da caricamenti estremamente rapidi, quasi azzerati, e quindi spostarsi da un’isola all’altra o entrare nel cyber spazio sarà un processo molto veloce.
Almeno su PS4 permangono alcuni problemi relativi al pop-up, già presenti nei primi trailer sebbene non così tanto pronunciati. Non parlo di un difetto costantemente visibile, ma in alcune situazioni è possibile notare come alcune piattaforme, o anche le foglie stesse, appaiano dal nulla. Un problema più grande si è rivelato essere, invece, il super turbo, che rompe il gioco in modi inimmaginabili.
In primis, ottenerlo è semplicissimo e inoltre la velocità di Sonic diventa così elevata che le strutture che compaiono di fronte i nostri occhi saranno all’ordine del giorno. Nulla di particolarmente grave, ripeto. Anzi, da buon amante dell’altissima velocità di Sonic non posso che essere felice di questa aggiunta, ma nel perseguire la massima oggettività possibile ci tengo a sottolineare questo piccolo dettaglio.