C’era una volta… Simulmondo, la storia del videogioco Made in Italy

Ricordate Simulmondo, la storia software house italiana? Per l'occasione abbiamo intervistato il fondatore Francesco Carlà.

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a cura di Massimo Costante

Senior Editor

C’era una volta… un’azienda creativa e innovativa chiamata Simulmondo. Potrebbe essere l’inizio di una favola, e in parte lo è davvero, perché Simulmondo è stata una delle realtà del panorama videoludico tutto Made in Italy ad aver fatto sognare e – principalmente – giocare migliaia di ragazzi a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, forse l’unica nelle sue peculiarità. Com’è nata la casa editrice e di sviluppo che ha dato i natali alle versioni interattive di Diabolik, Tex, Dylan Dog, senza dimenticare i raffinatissimi simulatori sportivi? E come mai a distanza di oltre trent’anni se ne parla ancora? In questo speciale dedicato, ripercorreremo la storia di questa “casa delle idee” bolognese avvalendoci anche dell’intervista fatta al suo fondatore Francesco Carlà.

 Simulmondo e il videogioco Made in Italy

Alla fine degli anni ’80 i videogiochi iniziavano a essere un fenomeno della cultura pop assimilabile alla musica e al cinema. Nel 1987 Francesco Carlà, un giornalista che nutriva un forte interesse per i videogiochi, motivato da un forte interesse per il gioco elettronico, pubblica sulla rivista MC Microcomputer un annuncio per la ricerca di programmatori per una nuova produzione. Nacque così a Bologna la Simulmondo, la prima software house italiana interamente dedita allo sviluppo di videogiochi.

Il logo dell’azienda ideato da Carlà e firmato dal designer Massimo Iosa Ghini, con il mondo circondato da un atomo rotante, dimostra sin dal principio l’identità dell’azienda: le potenzialità di una piccola realtà italiana, da portare in giro per il mondo come modello.

L’obiettivo di Simulmondo e la maggior parte delle software house europee era la produzione di videogiochi per home computer, ovvero C64, Atari St, Amiga e PC, anziché per le console giapponesi di Nintendo e Sega che cercavano di imporsi anche in Europa. Infatti, proprio nel Vecchio Continente, gli home computer spopolavano grazie in primis ai centri di produzione interni e poi - elemento ancora più importante – grazie alla libertà di sviluppo che non era legata alle autorizzazioni e alle licenze che i colossi giapponesi imponevano agli sviluppatori per approdare sulle loro console.

Inoltre, in quegli anni, avere un home computer in casa, per le famiglie era un’occasione ghiotta per modernizzarsi, stare al passo coi tempi, avere uno strumento in grado di tenere la contabilità, fare i compiti di scuola… ma sappiamo tutti che questa era una delle più grandi bugie mai raccontate. Tutti volevano un computer per poter giocare, possibilmente a un costo più basso a fronte di un investimento iniziale più corposo.

E mentre nel contesto europeo si manifestavano diversi movimenti interni, con la nascita e sviluppo di software house che hanno poi cavalcato gli anni ’90, Simulmondo era forse l’unica a voler imprimere nei suoi prodotti una forte identità nazionale, con una specificità che l’accompagnerà in ogni sua iniziativa.

Infatti, la Simulmondo di Francesco Carlà ha fatto esordire quelli che erano programmatori amatoriali nostrani, trasformandoli in autentici professionisti che aspettavano solamente di avere una guida e un progetto solido a cui lavorare, promuovendo quello che in molti riconosceranno come il “videogioco all’italiana” alla stregua del cinema italiano.

Il suo successo fu dirompente grazie alla perfetta fusione di icone italiane come i fumetti italiani più popolari al mondo ovvero Diabolik, Tex, Dylan Dog e le eccellenze sportive di cui il popolo italico va particolarmente fiero ovvero il calcio e le corse con I Play 3D Soccer e 1000Miglia (con le Ferrari e le Maserati d'epoca, con concept rodati e visti in altri titoli internazionali come Shinobi (1987), Gods (1991) e Another World (1991).

Ma la peculiarità dei progetti Simulmondo, risiedeva anche nel linguaggio crossmediale utilizzato in ogni singolo prodotto. Prendendo ad esempio uno dei giochi che usciva periodicamente in edicola, Dylan Dog, si trattava di un action game come lo era Another World. Tuttavia, l’avventura era “confezionata” in un blister che lo faceva somigliare alla controparte a fumetti, inoltre, a proposito di fumetti, ogni uscita aveva un fascicolo che era molto di più di un semplice “manuale di istruzioni” includendo anche delle vignette originali e inedite che fungevano da preludio al gioco stesso. Il tutto era interamente prodotto dagli studi Simulmondo con permessi creativi sulle licenze davvero impensabili.

Come poteva prendere vita tutto questo da un solo uomo? Ne parliamo direttamente con Francesco Carlà, fondatore di Simulmondo!

L'intervista a Francesco Carlà

Come nasce l'avventura di Simulmondo?

In un modo molto semplice: io scrivevo dei videogiochi durante gli studi da tempo immemorabile. La mia prima rubrica sui videogiochi risale al 1981, più di quarant'anni fa su una rivista Rockstar rock e dintorni, dove una rubrica sui videogiochi era una cosa un po' strana per l'epoca, perché i videogames erano già conosciuti e popolari, già dalla metà degli anni '70, però nei bar come alternativa ai flipper, nessuno aveva mai pensato a fare delle recensioni dei videogiochi come fossero film o come fossero libri.

Quindi, già da tanto tempo scrivevo di videogiochi,  e grazie alla passione dei videogiochi ho iniziato anche a viaggiare. Si andava spesso a Londra, dove si sviluppava la scena dei videogiochi, che all'epoca stava partendo con lo ZX Spectrum, col Commodore 64 e mi sono fatto un'idea di come si producessero games. C'erano tante piccole case di sviluppo in giro che avevo imparato a conoscere da vicino, ma anche case importanti come la Virgin che all'epoca conoscevo già,  perché era nata come casa discografica prima che come casa di videogiochi. L'idea di fare qualcosa in Italia iniziò a maturare dopo che ho aperto una rubrica diventata molto popolare, si chiamava PlayWorld ed era su MC Microcomputer, all'epoca la Bibbia dell'informatica italiana. Io ne parlavo in un modo inedito, come se si trattasse di un mondo simulato, un “simulmondo” quindi poi il passaggio è stato semplice. Passare dal solo scrivere di videogiochi a farli mi è stato molto semplice perché ero in grado di raggiungere tutti quelli che avevano delle capacità legate alla produzione di videogiochi. Il logo di Simulmondo l’ho prima ideato, poi l’ho fatto disegnare un mio caro amico Massimo Iosa Ghini poi diventato poi uno degli architetti di punta per Ferrari.

 Che tipo di videogiochi avevi in mente per il lancio della tua compagnia?

I videogiochi che volevo produrre inizialmente erano soprattutto di genere sportivo, ma principalmente erano dei veri e propri simulatori. Così poi nacquero i vari giochi F1 Manager, Big Game Fishing dedicato alla pesca, 1000 Miglia e I Play 3D Soccer. Quest’ultimo era considerato una delle idee più rivoluzionarie nella storia dei videogiochi, un gioco di calcio in soggettiva come “Doom” dove tu impersonavi un solo giocatore. Molti anni dopo la stessa idea fu ripresa da Namco con Liberogrande.

Quali sono state le principali fonti di ispirazione?

Avendo visitato case di produzione americane e giapponesi, mi avvicinai con interesse alla scena nipponica conoscendo da vicino il Famicom di Nintendo e l’MSX dove nascevano i primi RPG con personaggi ispirati o derivati dai manga. Fu allora che intravidi l'idea di fare dei videogiochi che avessero come protagonisti i personaggi dei fumetti, ma confezionando un prodotto che riuscisse a essere un mix tra un fumetto e un gioco. Sotto questo aspetto, agivo da ideatore, imprenditore e produttore. Nel mondo del cinema, per esempio, tutto questo è diviso dall’azione di più persone, c’è la figura del creativo, poi quella del produttore che mette i soldi, dalle nostre parti abbiamo avuto De Laurentis per citare uno dei grandi, mentre nel mio caso ero la sola persona che gestiva tutto. Certamente, nei vari titoli prodotti, potevo avvalermi sempre di un team di sviluppo differente: il team di 1000 Miglia non aveva nulla a che vedere con quello di F1 Manager o di Basket Manager.

Come nasce il sodalizio con il fumetto italiano?

Volevo diversificare la risposta volevo continuare a fare sport ma volevo un altro grande filone popolare. Gli anni ‘90 sono gli anni del boom dei fumetti italiani, Dylan Dog comincia a vendere più di 500.000 copie al mese, con alcuni picchi che lo vedevano anche spodestare Tex. Avendo avuto sempre rapporti con molti editori, inclusi Marvel, Bonelli e Astorina, l'approccio è stato molto semplice. Ho ottenuto i diritti per tutto il mondo di Tex, Dylan Dog per Bonelli e Diabolik per Astorina, mentre i diritti di Marvel per Spiderman e gli X-Men li ho avuti per tutta Europa che non era uno scherzetto.

Volevo che lo schema marketing dei miei videogiochi ricalcasse quello dei fumetti, ovvero la frequenza mensile, la disponibilità nelle edicole, e un prezzo molto contenuto di 16.900 Lire che avrebbe dato del filo da torcere alla pirateria, se consideriamo che i videogiochi a quei tempi costavano in media circa 60.000 Lire, inoltre ogni edizione includeva nello stesso packaging le due versioni PC e Amiga. Si può dire che l’edicola dei videogiochi l’ho inventata io. Non è stato semplice, si trattava di fornire almeno tre copie a 35.000 edicole, una cosa come oltre 100.000 copie ogni mese e ogni volta di un gioco diverso. Inoltre, il canale delle edicole aveva il diritto di reso 100% quindi tutto quello che non vendeva troppo andava a casa. Se ci sono riuscito è stato grazie alla mia capacità di ascoltare i consigli di Sergio Bonelli e della signora Giussani, una scuola che mi è servita anche per fare affari con Marvel e portare a casa i diritti per produrre una serie di giochi su Spiderman e anche sugli X-Men anche se questi ultimi non li ho mai sfruttati.

Quali sono stati i titoli di maggior successo?

10.000 e spesso anche 50.000 copie dei primi numeri di Diabolik e Dylan Dog erano numeri eccezionali. Ma Time Runners (30 episodi in 8 lingue) è stata la più vasta saga mai prodotta nella storia del videogame anni '90. Un gruppo di personaggi originali e l'incontro con il mio Simulman hanno reso la storia indimenticabile per i ragazzi di quasi 30 anni fa. Non passa giorno che qualcuno, spesso insospettabile, me ne parli. Il primo episodio di Time Runners vendette più di 200.000 copie nella sola versione italiana.

Dopo il successo nelle edicole, come si è evoluta Simulmondo?

Dopo l’arrivo di PlayStation nel ‘94 avevo capito che era il momento di dedicarsi ai CD-ROM, alla televisione e alla pubblicità. Oltre ad aver fatto altre operazioni insieme ad altri editori per esempio i SuperGames, avevo iniziato a lavorare per la TV e per il programma per ragazzi “Solletico" su Rai1 con i primi games giocabili con la tastiera del telefono "CalcioMio” e “BasketMio”, mentre avevamo sviluppato anche la Moviola 3D del calcio per Rai2 Sport e altre trasmissioni TV in Italia e Brasile.

Nel campo pubblicitario lavorammo con Fruit Joy/Nestlè, Pritt/Henkel, SoccerChamp/Sammontana spesso realizzando dei videogiochi personalizzati.

Con i CD-Rom invece realizzammo le compilations dei fumetti, "Campioni" con le grandi squadre di calcio, "Viaggio nel corpo umano" con la Rai e Piero Angela, Mosè con i Dehoniani, Little computer people la prima rivista interattiva su Cd-Rom da soli in seguito allegata a Mc Microcomputer, Soccer Champ: da esordiente a Pallone d'oro.

Fui anche l’ideatore del nome del FuturShow, la prima fiera multimediale del nostro Paese dedicata all'Information & Communications Technology, nata a Bologna nel 1996 e proseguita per otto edizioni. Simulmondo produsse per l’evento i CD-ROM dedicati che furono allegati al quotidiano la Repubblica.

Per fortuna ho guadagnato bene e al tempo iniziai a investire sul Nasdaq a Wall Street, cose che in Italia erano assolutamente nuove, come lo erano stati i videogiochi tanti anni prima. Qui iniziai a intravedere l’inizio di una nuova avventura, poter comunicare ai lettori i giusti investimenti da fare. Fu così che nacque una newsletter dedicata e infine il web site FinanzaWorld.

Ho venduto numerosi tool di nostra proprietà, come le moviole utilizzate nei TG sportivi, sistemi pionieristici che poi abbiamo ritrovato nella forma del VAR, oppure sistemi analitici che permettevano di analizzzare statistiche ed eventi delle partite di calcio. Ho conservato sempre il marchio per tutelare la storia e la memoria di Simulmondo, e poi anche per garantirmi la possibilità di ritornare sul mercato se trovassi qualcosa di veramente interessante.

Perché Simulmondo ha smesso di fare videogiochi?

Il pubblico di riferimento di Simulmondo era quello del PC – IMB Compatibili, Amiga e agli albori della compagnia il glorioso C64. Nella seconda metà degli anni ’90 anche in Italia si consolidavano le piattaforme dei colossi Nintendo, Sega e successivamente anche Sony con l’arrivo della sua PlayStation. Era difficile avere quella libertà creativa che ci aveva sempre contraddistinto. Nintendo e Sega erano un tunnel di stati di approvazione del gioco e comunque potevano sempre cancellarlo a loro insindacabile giudizio. Ragionando da imprenditore, puoi solo immaginare l’alta assunzione del rischio derivato, oltre alla mancanza di libertà. Sono tutti vincoli che hanno fatto sparire alcune delle più grandi case di sviluppo di videogiochi in Europa, come Ocean, U.S. Gold e la stessa Atari, tutti leader dell’epoca d’oro degli 8 bit e 16 bit.

Chiudere con Simulmondo, quando ancora era sulla cresta dell’onda, è stata una decisione assolutamente libera, imprenditoriale e motivata da un mercato che non aveva più le condizioni per permetterci di operare in modo coscienzioso e con condizioni di rischio troppo elevate. Questo mi ha permesso anche di partire con la mia nuova idea: FinanzaWorld l'adult game del trading on line. (Noterete che c'è ancora Mondo nel nome. Il mio marchio di fabbrica.). FinanzaWorld è una gemella di Simulmondo e continua a crescere dal 1999 ad oggi. Molti di voi mi seguono anche in questa adventure.

Faresti un nuovo videogioco oggi?

Le idee non mancano, ma la voglia di riorganizzare una produzione, un'organizzazione da zero no. Mi piacciono alcune soluzioni per mobile, ci sono tecnologie più abbordabili in termini di costi e di distribuzione, ma il trend di questi giochi hanno molto più che fare col gambling, cioè con la scommessa, con l’obiettivo di spillare soldi alla gente. Da un po’ di anni a questa parte si è ristabilita una certa libertà che alla fine degli anni ‘90 è venuta un po’ a mancare, anche se poi si son creati dei monopoli tipo Steam, per esempio. La cosa più intelligente oggi sarebbe sviluppare qualcosa di totalmente indipendente Roblox. In passato ci sono stati Ultima e World of Warcraft, veri pionieri di questo format.

Quanti di voi hanno giocato ai videogiochi di Simulmondo? Vi piacerebbe rivederli ancora sul mercato? Diteci la vostra!

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