Ci sono storie che non solo meritano, ma devono assolutamente essere raccontate. Alcune si sposano alla perfezione con il mondo del cinema, altre rendono di più come libro o magari come canzone. Altre ancora trovano invece nel videogioco il medium più adatto per una narrazione che riesca a trasmettere, comunicare e evocare sensazioni di un certo tipo: pensateci, quanti esempi vi vengono in mente?
Titoli come The Last of Us, Metal Gear Solid o Halo, giusto per citarne qualcuno, sono esperienze che sembrano create apposta per il mondo videoludico: storie che nascono e riescono ad alzare l’asticella del medium stesso a livelli sempre più elevati. In questa categoria rientrano molti titoli che purtroppo negli ultimi anni sono un po’ spariti dai radar, e anche qui gli esempi non mancano di certo. Oggi vogliamo soffermarci su una saga in particolare, di cui si sono perse le tracce nell’ultimo decennio ma che diverse voci di corridoio vedrebbero in procinto di tornare: Silent Hill.
Una serie che le nuove generazioni di videogiocatori conoscono, probabilmente, solo per sentito dire… E come biasimarle? Silent Hill Downpour, il mai troppo apprezzato ultimo capitolo, risale infatti al 2012: troppo, decisamente troppo tempo. In vista di un possibile - si spera - grande ritorno, noi di GameDivision vogliamo analizzare le possibili dinamiche alla base di un’operazione del genere. Per Silent Hill, insomma, meglio un sequel o un reboot?
Silent Hill, “In my restless dreams…”
Era il 1999 quando Konami, cavalcando l’onda dei grandi titoli horror di quegli anni, pubblicò il primo Silent Hill. Fu una vera e propria rivoluzione: pur ricalcando molte delle caratteristiche di diversi prodotti del periodo, il gioco aveva un qualcosa di diverso. Un’atmosfera, una caratterizzazione e un immaginario che riuscirono a colpire subito i giocatori di tutto il mondo. Il secondo capitolo, uscito appena un paio d’anni dopo, fu una vera e propria consacrazione per la serie: il gioco è infatti annoverato tra i migliori di sempre, con una storia capace anche dopo vent’anni di emozionare e coinvolgere come poche altre.
A oggi la saga comprende otto capitoli, il cui ultimo come detto risale ormai a nove anni fa. Cos’è successo? Ciò che accade troppo spesso in questo e in altri settori: il pubblico è cambiato, e il prodotto non si è rivelato in grado di sopportare una transizione del genere. Non fraintendiamoci, per i più appassionati gli ultimi capitoli di Silent Hill - Homecoming e Downpour - sono comunque prodotti da non sottovalutare: mancano, però, quel mordente e quel fattore in più che aveva reso i primi dei veri capolavori.
Indipendentemente dalla natura di un ipotetico ritorno, chiunque lavorerà su Silent Hill deve porsi un obiettivo ben chiaro: catturare (anche) l’attenzione di una nuova fetta di pubblico, con un prodotto che rispetti la storicità del brand introducendo però qualcosa di davvero innovativo. La vera sfida sarà coniugare tutto questo con le aspettative dei fan storici della saga, abituati a un comparto narrativo di primissimo livello e che perciò non transigerebbero su errori o leggerezze simili a quelli visti negli ultimi capitoli.
Le soluzioni, a detta delle innumerevoli indiscrezioni degli ultimi anni, sarebbero come detto due: sequel o reboot, entrambe con una serie di pro e contro da considerare. Un seguito significherebbe riportare i giocatori nella Silent Hill che tutti noi abbiamo imparato a conoscere e amare ormai diversi anni fa, andando ad approfondire il Culto e tutta una serie di domande lasciate parzialmente in sospeso. Un’opzione interessante ma che, a conti fatti, rischierebbe di accontentare solo i fan più appassionati e che già conoscono la saga: per molti, infatti, Silent Hill è qualcosa di completamente sconosciuto, ragion per cui un sequel diretto non farebbe altro che spiazzare i giocatori.
Meglio dunque optare per un reboot? Forse, e negli ultimi anni non mancano tutta una serie di esempi di come una soluzione del genere possa effettivamente funzionare. Pensiamo agli ultimi Tomb Raider, God of War e DOOM: tre saghe che hanno giovato in maniera incredibile da un restyling totale, che ha comunque mantenuto intatto lo spirito originale. Ecco se Silent Hill riuscisse a seguire le orme di brand del genere allora sì, un reboot sarebbe la scelta più adatta.
Non si tratta di rinnegare il passato, ma di ricostruirlo al fine di introdurre una nuova fetta di pubblico a uno degli universi narrativi più interessanti che siano mai stati concepiti. Questo, però, può e deve succedere soltanto a determinate condizioni: la posta in gioco è infatti veramente molto alta, e un passo falso potrebbe significare davvero la fine una saga così storica ma così “in bilico” come Silent Hill.
Silent Hill, è lecito sperare?
Negli ultimi anni una buona fetta di pubblico si è schierata in maniera assai radicata contro Konami, colosso giapponese dell’industria videoludica alla quale ha regalato tanti, tantissimi capolavori nel corso della storia. Negli ultimi anni le cose sono però cambiate, e l’azienda stessa ha deciso di spostare i propri affari su altri settori abbandonando in sostanza quello del gaming. Un processo avviato ormai da diversi anni che, assieme ad atteggiamenti visti come irrispettosi da parte dei fan, hanno portato l’opinione pubblica ad accusare Konami di aver distrutto la propria eredità.
Brand storici come Castlevania, Metal Gear Solid e lo stesso Silent Hill sono infatti finiti nel dimenticatoio, “ripescati” ogni tanto solo ed esclusivamente per mere operazioni commerciali. Riguardo agli ultimi due è emblematico il trattamento riservato a Hideo Kojima, padre della saga di Metal Gear: all’uscita dell’ultimo capitolo - gioco che Konami avrebbe spinto per far uscire il più in fretta possibile - sono infatti seguite una serie di mosse, da parte dell’azienda, non proprio apprezzate dal pubblico. In un primo momento la compagnia decise di affidare al celebre director il progetto P.T., che avrebbe dovuto segnare la tanto attesa rinascita di Silent Hill, per poi sospendere il tutto e annullare in via definitiva i lavori sul gioco. A questo si aggiunsero una serie di episodi controversi, dall’impedire a Kojima di ritirare premi fino alla decisione di licenziarlo dopo quasi trent’anni: a livello di opinione pubblica, Konami si è così attirata l’astio di molti giocatori andandosi a creare terra bruciata intorno.
C’è e ci sarà sempre un enorme rimpianto pensando a ciò che P.T. sarebbe potuto essere, ma è il momento di andare avanti. Se non Kojima, chi potrà lavorare su un nuovo Silent Hill? Le opzioni sono diverse, e anche qui va tenuto conto di un aspetto non da poco: lo storico Team Silent, gruppo di autori e sviluppatori dietro i primi capitoli, è stato ormai dismesso molti anni fa. Le varie figure che lo componevano, da Akira Yamaoka a Keichiro Toyama, sono infatti oggi al lavoro su altri progetti ma non è impossibile un qualche ritorno anche in questo senso. L’attuale industria del videogioco mette in evidenza tante realtà, più o meno imponenti, che sarebbero perfette per dare nuova linfa vitale a un brand come Silent Hill. Staremo a vedere.
In attesa di novità che speriamo possano arrivare in tempi relativamente brevi, ci sentiamo insomma di dire che sì: forse un reboot totale sarebbe la scelta migliore, almeno in questo caso. La storia recente ci ha restituito diversi esempi di successo, e un gioco come Silent Hill ha tutte le carte in regola per rinascere e riaffermarsi per quello che è: una leggenda del genere survival horror ma soprattutto una storia che merita, oggi come vent’anni fa, di essere vissuta dai giocatori di tutto il mondo. Almeno un’altra volta.
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