Shoulders of Giants | Recensione - Un roguelike folle e vivace

Ecco la nostra recensione di Shoulders of Giants, il nuovo videogioco roguelike del team indipendente Moving Pieces Interactive

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a cura di Nicholas Mercurio

Una rana spaziale, un robot letale pronto all’uso e situazioni rocambolesche che non tutti saprebbero gestire ed essere preparati ad affrontare. Non potremmo aprire diversamente la nostra recensione di Shoulders of Giants, seconda produzione di Moving Pieces Interactive, un team indipendente statunitense con sede a Brooklyn, New York, che ha l’obiettivo di ritagliarsi uno spazio nel panorama indipendente con forte personalità. Non ne avevo mai sentiti nominare, lo ammetto, e il loro precedente videogioco, chiamato Dodo Pack, non aveva convinto pienamente la critica di settore e neppure i giocatori, aggiudicandosi voti non particolarmente entusiastici. Inevitabile, direte, per uno studio indipendente che ha il sogno di fare le cose in grande, interfacciandosi con un mondo in costante mutamento e non sempre semplice da gestire, dominato da nomi illustri e conosciuti.

Il loro precedente videogioco, tuttavia, non brillava a causa di un concept non totalmente originale, sprovvisto di idee realmente rilevanti e d’impatto, capaci di tenere incollato il giocatore al pad. Un inizio per nulla semplice che ha portato lo studio di sviluppo a ripensare completamente alle sue stesse priorità, deducendo di conseguenza di dover produrre qualcosa di nettamente differente. Serviva un videogioco immediato, in grado di coinvolgere e intrattenere, utile per chiunque ne avesse bisogno. E così, dal nulla, è nato Shoulders of Giants, un’opera che attira per la sua cover con colori sgargianti e vivaci, con una rana pronta a menare le mani.

A primo impatto pensavo fosse uno scherzo, dopodiché ho visionato un trailer e ho compreso che avevo di fronte qualcosa di strano e interessante. E così ho iniziato a seguirlo, a guardarlo da lontano, ad attendere sue notizie ed aspettarmi qualunque tragedia da un momento all’altro, come la sua cancellazione. Invece, non è andata affatto così: Shoulders of Giants, pubblicato qualche giorno su Xbox One, Xbox Series X/S e PC, ha sin da subito messo in chiaro quale fosse il suo reale scopo e l’obiettivo che intendeva raggiungere. È un progetto indipendente che, ispirandosi ad altre opere, intende crearsi uno spazio e ritagliarsene uno in più, così da prepararsi a dovere alle sfide che attendono chiunque sogni di arrivare a primeggiare in un genere caotico e complesso come quello roguelike, attualmente dominato da opere del calibro di Vampire Survivors, Cult of the Lamb e da Hades, che ancora oggi ha da insegnare a molte produzioni come si arriva ad ottenere così tanto successo con la semplicità.

Al momento, come già accennavo, è un genere che ha proposto in questi anni molte produzioni, e che necessita di nuovi stimoli e altrettanti innesti per soddisfare i giocatori appassionati e più esigenti. Ci tengo già a sottolinearlo: Shoulders of Giants non è questo genere di produzione, pur avendo idee ottime assolutamente ben sfruttate, che riescono a inserirsi furbamente all’interno di un contesto sci-fi ben strutturato e assolutamente interessante. Ma procediamo con ordine.

Uno, mille e infiniti pianeti da salvare: il racconto di Shoulders of Giants

L’Universo, a causa di un potente cataclisma, sta rischiando di scomparire per sempre. I pochi essere viventi ancora in circolazione brancolano nell’oscurità mentre tentano di ristabilire l’ordine e ricominciare, pur rischiando di ritrovarsi senza energie, rifornimenti e cibo. Interi pianeti, ormai consumati dalla corruzione e da una razza aliena spietata, stanno collassando con il rischio di scomparire per sempre, distrutti a causa di un potere che nessuno sembra comprendere. La speranza non c’è più, non rimane altro che la fine e l’unica soluzione perché questo non accada è sulle spalle di una rana, chiamata Rana, armata fino ai denti dentro a una tuta spaziale, che manovra un robot da battaglia e non ha alcuna intenzione di rimetterci la pelle.

Non sarà solo in questa sfida, perché con lui ci saranno anche Gufo, un saggio conoscitore degli astri, Panda, un abile costruttore, Babbuino, il fabbro, e Camaleonte, uno scienziato pazzo pronto a tutto per risolvere i problemi dell’Universo e ripulirlo da quell’insopportabile escrescenza oscura pronta a dominare il mondo intero. Partono alla volta di un albero collegato con i vari pianeti di un immenso sistema solare, l’hub principale della produzione, in cui cominciano a pianificare le prossime mosse, a perfezionarsi, a sistemare al millimetro ogni decisione e a partire senza guardarsi indietro, certi di poter rimettere a posto le cose. Un piano nobile che, però, non sarà affatto semplice e rappresenterà una grande sfida per Rana, probabilmente l’ultimo essere vivente ancora in grado di menare le mani senza rischiare di essere folgorato e ucciso con facilità.

Shoulders of Giants, dunque, offre un contesto classico e per nulla inedito, coinvolgendo sin da subito il giocatore dandogli piccole informazioni di lore attraverso i dialoghi con i vari personaggi secondari e i comprimari. Si discute molto, sia del passato dell’Universo che del presente, e si ricorda ciò che è stato con commozione e sperando di rivederlo nuovamente, sebbene sia complesso. Rana, però, non sembra intenzionata ad arrendersi facilmente: il suo scopo è di riportare luce nell’Universo, dandogli una seconda occasione, per poi tornare a casa per fare incetta di libellule e altre creature, continuando a riprodursi. O almeno, è ciò che trapela da alcuni degli scambi con Babbuino, un personaggio insolito che, al contrario dei membri della sua specie, non sembra affatto dispettoso e ha tutte le intenzioni di aiutare il suo anfibio amico per raggiungere i suoi scopi.

Anche se la storia è appena sussurrata e le vicende non offrono mai un senso di appagamento in questo senso, la leggerezza con cui è trattata si avverte dopo alcuni secondi, e così anche la missione di Rana, decisa a portarla a termine in ogni modo possibile. È incaricata da Gufo, il saggio che dimora ai piedi di un albero, di riportare la pace nell’Universo prima che il cataclisma distrugga l’intera esistenza. Una missione non semplice per un uomo, figuriamoci per una rana super intelligente a bordo di un mech corrazzato che conosce solo una parola: distruzione.

Appreso infatti come muoverlo, non mi è bastato molto imparare il significato di una parola del genere, che ho in seguito sperimentato ovunque per i vari pianeti procedurali e mai uguali dell’esperienza. Già, avete capito bene: non esistono mondi gli uni uguali agli altri; alcuni di essi cambiano atmosfera, ci sono nemici diversi e aree occupate da alcune strutture che controllano la natura stessa. A volte ci sono mari meravigliosi che si stagliano per chilometri, paesaggi ricoperti da rametti secchi e innumerevoli altri simboli di un’epoca passata. Ogni pianeta, infatti, ha una sua storia: ognuna è raccontata rapidamente, secondo i dati raccolti da Camaleonte, che condivide con Rana per fargli conoscere meglio cosa sta andando ad affrontare.

Parte senza guardarsi indietro, sicuro di poter raggiungere il suo scopo, e certo di potercela fare. Anche se il primo pianeta è stato complesso, ci ho messo un po’ a capire cosa dovessi fare, e una volta liberato dalla corruzione, ho visto la natura prendere nuovamente il sopravvento, riscattando i suoi spazi, con una luce che ha ripreso il posto dell’oscurità e della corruzione. Chi ha giocato a Kena: Bridge of Spirits sa bene di cosa sto parlando e di significhi riportare la pace in luoghi oscuri e disseminati di morte. È quanto ho compiuto anche stavolta, con una riproposizione della meccanica che ha reso memorabile l’esperienza di Kena negli ultimi due anni. Al netto di questa ispirazione, l’intero racconto di Shoulders of Giants non subisce altre ispirazioni, che in questo caso non lo appesantiscono ma catturano per merito di una buona struttura di gioco che sa creare dipendenza sia in singolo che assieme a qualche amico.

In guerra per la pace

Ogni pianeta ha un suo boss da sconfiggere, ma prima di arrivarci serve battere le creature disseminate per le vaste aree di gioco. Shoulders of Giants, infatti, è un videogioco roguelike tridimensionale in terza persona che differenzia un sistema di combattimento composto da attacchi in mischia e a distanza, poteri speciali e offensive capaci di far vincere le battaglie. È un’opera di non semplice approccio, specie nelle prime ore, a causa di una difficoltà ben implementata che bilancia la necessità di dover curare il proprio equipaggiamento e sbloccare ulteriori abilità dal Gufo, che possono conferire dei bonus alla salute e alla resistenza, oltre ad aumentare i danni inflitti ai vari nemici. In tal senso, la Rana diventerà sempre più forte dopo ogni scontro e quando avrà ripulito un pianeta.

Se fallirà, però, verrà nuovamente rispedita nell’hub principale, riprendendo il cammino interrotto precedentemente. Pur non apparendo affatto originale, Shoulders of Giants riesce però a inquadrare un contesto e a dargli la dovuta rilevanza, per poi estendere la sua struttura ludica con i tratti tipici del genere roguelike e garantendo ore di divertimento. Gli scontri sono rapidi e coinvolgenti, con attacchi ravvicinati e a distanza. Inizialmente, si inizierà con una spada laser e una pistola, entrambi utili ma non potenti contro le orde nemiche che compariranno dai vari portali o da luoghi nascosti.

Ce ne sono di diverso tipo e alcuni di essi, vicino ai monoliti che donano potere all’oscurità, si rinforzano proprio grazie a quel potere sconfinato, in grado di rinforzarli a tal punto da risultare ben più potenti. Sconfitti e superate le varie sequenze, in seguito si raggiunge una nuova area per menare le mani finché non si arriva al classico scontro con i boss, delle creature sempre diverse, letali e spietati. Durante l’esplorazione dei mondi gioco, è possibile recuperare sfere in grado di cambiare le sorti contro queste creature pronte a tutto pur di fermare Rana, e si possono utilizzare per facilitare il combattimento. Ognuna richiederà alcuni secondi prima di ricaricarsi, così da consentire a Rana il tempo di poter usare altre offensive per indebolire l’avversario. Sarà infatti possibile creare dei portali, confondendo i nemici e colpendoli alle spalle, o usare due mani magiche per colpire un boss e stordirlo. Insomma, ci sono parecchie abilità e ognuna è pensata per mettere in difficoltà chi si ha davanti.

La struttura di gioco, quindi, non sorprende per originalità ma è comunque capace di catturare grazie a una struttura ben precisa di game design, che riesce a offrire un sistema di combattimento ben implementato. Ripulito un pianeta, si torna all’hub principale per risistemarsi e sbloccare le armi precedentemente ottenute, rimpinguando così il proprio armamentario di nuovi strumenti di morte sperperando i punti esperienza duramente ottenuti in precedenza. Potrebbe in effetti sembrare il classico roguelike, che non ha niente da invidiare a molti altri, ma Shoulders of Giants arriva all’obiettivo e lo supera con semplicità, dimostrando cosa serva a un gameplay e a una struttura di gioco per funzionare.

È infatti la progressione il suo punto di forza, con la possibilità di rinforzare il mech, cambiare la vernice e potenziando le sue possibilità, rendendolo più forte e agile. L’approccio scelto per proporre le varie missioni, fra cui alcune secondarie, è intelligente perché permette anche di esplorare cosa si sta visitando, senza per forza perdersi nei combattimenti. La produzione, che differenzia le azioni e le amalgama in modo intelligente all’interno del contesto, è leggera, ben strutturata e fluida.

Non incespica, è precisa e arriva al suo obiettivo, pur non presentando grosse novità. In un genere simile, d’altronde, è impossibile riuscire a trovare un certo tipo di originalità. Servono equilibrio, intelligenza e conoscenza dei propri mezzi, e Shoulders of Giants non pecca di arroganza e riesce a condensare queste tre qualità con furbizia, arrivando al suo obiettivo e riprendendosi dal passo falso commesso all’esordio. In questi anni il team ha studiato, ha sperimentato e ha fatto una profonda analisi delle proprie capacità, presentandosi per l’occasione con un videogioco forte, deciso e mirato, che non si perde in troppi fronzoli. A risultare una novità, oltre alle immense mappe di gioco, è anche il comparto multigiocatore, in cui si possono affrontare le liberazioni dei pianeti insieme a un amico. Un’intuizione che premierà a lungo lo studio statunitense, che ora vivrà di nuova luce.

Una pregevole direzione artistica

La produzione, anche se difetta in alcuni momenti a causa di compenetrazioni e bug di qualche genere, riesce a proporre un’esperienza godibile e priva di problemi tecnici. Il lavoro di ottimizzazione, infatti, è stato svolto in modo certosino e attento, specie per proporre al meglio un’esperienza che non mettesse in difficoltà il giocatore. Non è stato semplice curare tutti quegli elementi a schermo e creare un’interfaccia capace di catturare. Il team, però, è riuscito nel complesso tentativo di riuscire nel suo scopo, sorprendendo e offrendo un’esperienza estremamente classica.

Ho visitato i resti di un passato nefasto, per poi ritrovarmi ai piedi di monoliti e costruzioni erette dalle spietate creature inviate sui pianeti in cerca di una nuova speranza. Ho osservato mari in tempesta, orizzonti e tempeste di sabbia pronte ad avvolgere chiunque. L’Universo è un luogo pericoloso e imprevedibile: meglio non sottovalutarlo, specie nei panni di una rana.

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