Hellblade: raccontare i disturbi mentali, con un videogioco

Hellblade 2 è finalmente arrivato, e oggi vogliamo approfondire e analizzare insieme come un videogioco può raccontare in modo efficace i disturbi mentali.

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a cura di Michele Pintaudi

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Dopo un’attesa durata quasi sette anni, è finalmente arrivato uno dei titoli più attesi di questa generazione: Senua's Saga Hellblade 2, un capolavoro che vi invitiamo a scoprire anche attraverso la recensione del nostro Andrea Riviera. Un’opera unica sotto ogni punto di vista, ricca di elementi che la rendono a conti fatti uno dei prodotti più rivoluzionari dell’intero panorama videoludico odierno.

Hellblade 2 riesce a prendere quanto di buono visto nel primo capitolo e a elevarlo, alzando ancora e sempre di più quell’asticella che Ninja Theory ha dimostrato di essere in grado di superare senza problemi. Tanti passi avanti insomma, ma oggi non siamo qui per parlare di questo: ciò che vogliamo fare è analizzare, attraverso quelle che sono le meccaniche del gioco, come e quanto Hellblade riesca a raccontare. Nello specifico, ci focalizzeremo sulla narrazione che viene portata avanti sul tema dei disturbi mentali, forse mai prima d’ora approfonditi così bene come nella saga dello studio inglese. Partiamo dal principio, con una piccolissima introduzione.

Senua e l’elaborazione del lutto

Iniziamo con un breve incipit, giusto per dare a chi non conosce la saga un minimo di contesto senza spoiler. Hellblade ci mette nei panni di Senua, guerriera vichinga in viaggio verso il regno dei morti dove intende chiedere alla dea Hela di riportare in vita il suo amato Dillion. La morta di quest’ultimo ha accentuato la già grave forma di psicosi di Senua, la quale crede di udire delle voci, le cosiddette Furie, che la accompagneranno e svolgeranno un ruolo molto importante nel corso del suo viaggio.

Siamo qui di fronte a un argomento affrontato molte volte, sia nei videogiochi che in altri medium, ossia quello del lutto: pensiamo a opere come Silent Hill, Grim Fandango o To the Moon giusto per citarne alcuni. Abbiamo deciso volutamente di nominarne tre completamente diversi tra loro, proprio per appurare quanto questo tema si presti a interpretazioni e concezioni anche molto differenti: si va da un tono rassegnato a uno quasi scanzonato, senza però mai sminuire l’importanza e il valore di un’esperienza così segnante per ogni essere umano.

In Hellblade il focus è direttamente sulla mente, sull’aspetto interiore di chi è rimasto: come riesce una persona, insomma, a continuare dopo essere sopravvissuta all’amore della propria vita? Lo studio di base della psicologia ci porta alle proverbiali cinque fasi del lutto, che tutti noi abbiamo sentito nominare almeno una volta: rifiuto, rabbia, contrattazione, depressione e infine accettazione (Fonte: cruse.org.uk). La grave condizione di psicosi della nostra protagonista la porta a vivere le prime quattro quasi in contemporanea, e ciò viene raccontato in maniera agghiacciante e magistrale.

Ricorrendo a un comparto sonoro realizzato con altissima maestria, il team di Ninja Theory riesce a comunicare al giocatore le sensazioni che una persona in quelle condizioni può provare. Un livello di accuratezza tale è stato possibile, del resto, avvalendosi della collaborazione di un gruppo di esperti e di persone affette da malattie mentali: solo così lo studio è riuscito a ricreare un’atmosfera che riesce, come poche altre, a trasmettere dolore.

Un termine che qualche anno fa poteva magari apparire un po’ esagerato se utilizzato in riferimento a un videogioco, ma pensiamo solo per un attimo a com’è cambiato e all’evoluzione che ha avuto lo scenario dei media negli ultimi anni. Parliamo di un’industria che presenta nuovi linguaggi e nuove concezioni, e nella quale il videogioco ha saputo ritagliarsi uno spazio molto importante anche e soprattutto in termini di trasmissione di valori. In parole povere: se tanti anni fa ritenevamo cinema e musica tra le poche forme di intrattenimento in grado di veicolare determinate sensazioni, oggi il mondo si è reso conto di quanto anche i videogiochi siano capaci di un ottimo lavoro in questo senso. Un percorso, peraltro, dove siamo certi che il meglio debba ancora venire.

Videogiochi e salute mentale, secondo Ninja Theory

Tornando a Hellblade, troviamo insomma un comparto sonoro che non fa da “semplice” contorno all’esperienza: il suono è qui funzionale alla narrazione, ricoprendo un ruolo da protagonista nel raccontare una storia e le sue sfumature più profonde. Per un’esperienza completa e, possiamo dirlo, davvero segnante è inoltre consigliato l’utilizzo di un paio di cuffie: l’immersione diviene così totale, in quanto saremo noi a sentire in prima persona le voci nella nostra testa.

Oltre all’audio, un lavoro certosino è stato fatto anche dal punto di vista visivo: alle allucinazioni uditive se ne affiancano altre che portano Senua a vedere cose che gli altri non riescono a percepire, con tutto ciò che ne consegue. Il mondo di gioco sarà infatti a tratti onirico, ma il sogno che vivremo sarà un vero e proprio incubo dove la protagonista si troverà intrappolata. Anche qui, in ogni caso, un determinato artificio tecnico si trasforma in un modo per raccontare in maniera dettagliata e approfondita la malattia mentale e le conseguenze patite da Senua.

L’esempio di Hellblade è perfetto da questo lato, e non è esagerato ritenerla la miglior opera mai realizzata in questo senso. L’ottimo lavoro è forse enfatizzato dalla maggiore attenzione che, finalmente, il mondo sta riversando nei confronti della salute psicologica: se prima essa era vista da molti come un aspetto secondario, e spesso tralasciata, oggi siamo finalmente di fronte a una vera rivoluzione.

E il merito è anche di un’esperienza come Hellblade, che utilizza un linguaggio “nuovo” come quello del videogioco per raccontare ciò che medici e accademici hanno teorizzato ormai da decenni. Una spinta del genere può solo fare bene, in un percorso verso la sensibilizzazione che può realmente dare una mano nel comprendere argomenti delicati ma, oggi più che mai, davvero fondamentali.

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