Scott Pilgrim vs the World The Game Complete Edition | Recensione

Dopo diversi anni, Scott Pilgrim Vs the World The Game torna a calcare il suolo videoludico con la nuova Complete Edition.

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a cura di Marco Piccirilli

Poco più di un decennio fa, Bryan Lee O’Malley non avrebbe certo immaginato che il suo
Scott Pilgrim, inizialmente nato come fumetto tutto sommato di nicchia, si sarebbe trasformato in un’opera di culto, entrata di diritto nell’immaginario di un’intera generazione. Pescando riferimenti culturali qua e là per raccontare la vita niente male del ventitreenne Scott, bassista dei Sex Bomb-omb e nerd squattrinato e dall'animo mite, il brillante fumettista canadese era riuscito a dar vita a un universo davvero iconografico e avanti coi tempi, dal quale vennero poi tratti, entrambi nel 2010, il meraviglioso film diretto da Edgar Wright ed anche il videogioco ufficiale, che porta (quasi) lo stesso nome: Scott Pilgrim vs. the World: The Game.

Scott Pilgrim è tornato!

O’Malley si era fatto promettere da Ubisoft una trasposizione videoludica il più lontana possibile dal solito tie-in banalotto, e così è stato: il gioco ufficiale di Scott Pilgrim, disegnato da Paul Robertson e sbarcato su PS3 e Xbox 360, era un divertentissimo beat ’em up a scorrimento che, se già all’epoca era riuscito ad acquisire una discreta popolarità, assunse quasi un’aura di sacralità quando, nel 2014, alcuni problemi legati alle licenze ne causarono la sparizione dai rispettivi store digitali. Anche grazie alla perseveranza dell’autore, che più volte negli scorsi anni aveva sperato che il gioco venisse recuperato per poter essere riscoperto dal pubblico, il publisher transalpino ha infine deciso di ripubblicare Scott Pilgrim vs. the World: The Game in una Complete Edition, disponibile per PlayStation 4, Xbox One, Microsoft Windows, Google Stadia e Nintendo Switch. Noi abbiamo provato proprio quest’ultima versione, già candidata, senza troppe sorprese, ad essere la meglio riuscita.

Prima di saltare alle dovute conclusioni, è bene cercare di spiegare per quale motivo Scott Pilgrim vs. the World: The Game venga da molti considerato un ottimo picchiaduro a scorrimento. Il videogioco è stato pensato fin dall’inizio per rimanere piuttosto fedele al fumetto, sia nello stile artistico, che faceva largo uso della pixel art per mascherare gli ovvi limiti tecnici, che nella trama, strapiena di autocitazionismi, anche perché, nelle basi narrative, sempre la stessa. Nei sette “mondi” che compongono la modalità di gioco principale, Scott Pilgrim, Ramona Flowers, Stephen Stills e Kim Pine (più Knives Chau e Wallace Wells, aggiunti come DLC) devono combattere e sconfiggere i sette malvagi ex fidanzati di Ramona, inseriti come boss finali di lunghi livelli da affrontare da soli o in cooperativa, online o offline, fino a quattro giocatori.

Inutile dire che i riferimenti all’opera originale sono sempre dietro l’angolo, sia negli scenari che nei personaggi, che ricalcano quelli dei sei fumetti (che vi consigliamo caldamente di leggere prima di giocare, magari nella versione a colori di Nathan Fairbairn). Ritroverete, quindi, i sobborghi innevati di Toronto, il Lee’s Palace, dove avviene la “battle of bands” con i Clash at Demonhead, il Chaos Theatre di Gideon Graves e altri luoghi iconici, che richiederanno un nanosecondo per essere riconosciuti. Al di là dei riferimenti visivi, però, stiamo parlando pur sempre di un beat ‘em up: in Scott Pilgrim vs the World si gioca, e si gioca parecchio. Il gameplay, in senso generale, è molto tecnico, anche più di quanto vi aspettereste, e, nelle basi, si ispira a classici come Double Dragon e Streets of Rage.

Ogni livello è una sorta di micro-mondo che si sviluppa in modi spesso inaspettati e in cui non manca qualche trovata brillante, volta a spezzare il ritmo e dare connotati più originali all’azione, in uno stile che ricalca perfettamente lo spirito di Scott Pilgrim. Fin dal World 1 troverete una quantità notevole di piccole chicche, fra sezioni superabili in maniera non convenzionale e segreti di varia natura, fra cui la possibilità di entrare nel Subspazio (la dimensione dei sogni di Scott e delle sue avventure romantiche con Ramona), che funge anche da warp in stile Super Mario. In generale, il gioco fa di tutto per non sembrare soltanto una sequenza senza fine di mazzate, un incontro dopo l’altro; che poi, a ben vedere, andrebbe benissimo anche così, dato che strapazzare i nemici è una vera e propria goduria ludica.

Scott Pilgrim vs. the World, come accennavamo, è contraddistinto da una profondità notevole per il genere di riferimento. Scott e compagni possiedono statistiche e set di mosse differenti, e possono potenziarsi in base a quanto vengono utilizzati, progredendo attraverso sedici livelli e acquisendo una mossa aggiuntiva ad ogni nuovo level up. Queste abilità sbloccabili differenziano non poco i sei personaggi: nei livelli avanzati, ognuno arriverà ad imparare almeno due o tre attacchi caratterizzanti, capaci di rendere il suo stile unico. Tutti quanti, comunque, riescono ad essere diversificati già in quelli standard: se è vero che si comincia con i classici pugni e calci, assegnati alla X e alla Y, va anche detto che questi ultimi sono concatenabili in varie combo, ognuna con le sue peculiarità. Fa eccezione Ramona, che può usare un enorme martello al posto del calcio, il che la rende la più adatta ai novizi che vogliono imparare le basi.

Come ogni buon brawler che si rispetti, anche qui è possibile raccogliere tonnellate di oggetti da usare contro i nemici, e anche in quest'ambito il gioco offre una certa profondità - sebbene inferiore al combattere a mani nude - sbloccando qualche mossa extra man mano che si avanza nell'avventura. I connotati da gioco di ruolo che lo caratterizzano e che abbiamo appena menzionato, tra l'altro, sono integrati con l’avanzamento. Qualora non riusciate a superare un avversario all’apparenza troppo ostico vi basterà continuare a provare e livellare: uno Scott potenziato al massimo - e con molte più opzioni al suo arco - ha, ovviamente, molte più probabilità di arrivare alla fine dell’avventura di quante ne abbia un novellino.

Tutto ciò viene inserito in un contesto in cui, via via, vi viene data sempre più la possibilità di esprimere appieno il campionario di mosse a vostra disposizione, che si fa sempre più ampio e variegato: l’ottimo bilanciamento del gioco vi mette di fronte nemici di difficoltà crescente, ognuno con i propri punti di forza e debolezze, che vanno studiati ed imparati di nuovo ogni volta. I boss, in particolare, possiedono meccaniche tutte loro, che, in alcuni casi, obbligano a sfruttare vari oggetti (o l’ambiente stesso) a proprio vantaggio. I salvataggi, poi, sono legati al singolo personaggio, cosa che, se da un lato può essere scomoda, dall’altro vi permette di gestirne ogni power up con relativa calma; nulla, comunque, vi vieta di usarli tutti insieme nella stessa partita.

Il discorso, chiaramente, cambia in modalità cooperativa, che per ora abbiamo potuto provare solo in locale, dal momento che i server sono ancora spenti (il funzionamento di quella online, in ogni caso, è identico). Giocare con uno, due o tre amici permette di ridurre un po’ la difficoltà, anche grazie alla possibilità di rianimare i propri compagni e di eseguire mosse combinate che rientrano fra le più efficaci in assoluto. La co-op, anche per il modo in cui è stata implementata, si sposa in maniera perfetta con la filosofia che caratterizza Switch, improntata all’immediatezza assoluta. Pochi giochi, va detto, ci riescono appieno, e Scott Pilgrim è uno di quelli: questo non può che essere un plus di assoluto valore.

Da soli, invece, avete a disposizione solamente quattro vite, le quali, una volta esaurite, causano l’immediato game over, che obbliga a ricominciare il livello attuale dall’inizio. A meno che non siate padroni assoluti del genere, non commettete l’errore di cominciare subito a difficoltà elevata: quest’ultima, infatti, è chiaramente tarata per farvi cominciare dalla prima delle tre disponibili, denominata scherzosamente Pinco Pallino, o al massimo la seconda. Disseminati qua e là, in modo neanche troppo visibile, troverete ad aiutarvi alcuni negozi, in cui spendere il denaro ottenuto sconfiggendo i nemici per riacquisire i punti vita (o una vita extra, di tanto in tanto) e i punti fegato. Questi ultimi sono legati alle rianimazioni o ad alcune mosse speciali e ad alto rischio, da usare, come ultima risorsa, solo se circondati; in alternativa, possono essere utilizzati per evocare temporaneamente Knives, che eseguirà una mossa peculiare a seconda del personaggio utilizzato.

Lo story mode può essere completato in circa 7-8 ore, anche se la durata è parecchio influenzata - in positivo o in negativo - dal tempo impiegato per padroneggiare il combat system. In ogni caso, il tutto è contraddistinto da un elevato tasso di rigiocabilità, anche solo per potenziare tutti i personaggi, per provare le varie combinazioni in co-op o per tentare la scalata alle classifiche. Rimangono inalterate le due modalità extra già viste nel gioco originale, ossia la difficilissima Boss Rush, che obbliga (con tanto di timer a tempo) ad affrontare uno dopo l’altro i sette malvagi ex, e Survival Horror, una modalità orda contro schiere di zombi in cui vince chi riesce a sopravvivere il più possibile.

La Complete Edition include nel pacchetto i due DLC aggiuntivi, dedicati rispettivamente a Knives Chau e Wallace Wells. Oltre ad aggiungerli fra i personaggi giocanti, che passano da quattro a sei, gli add-on comprendono il multiplayer online, ora presente in maniera nativa (anche se limitato alla sola storia principale), e due extra aggiuntivi, Battle Royal (vera e propria parodia di un qualsiasi gioco di wrestling anni ‘90) e Dodge Ball, in cui l’unico modo per danneggiare l’altra squadra è tirarle addosso un’enorme palla.

Sul fronte visivo, c’è relativamente poco da dire che non sia già stato detto: Scott Pilgrim vs. The World non è invecchiato di una virgola in dieci anni, grazie a uno stile che replica piuttosto bene l’ineguagliabile tratto del fumetto. La Complete Edition, inoltre, elimina del tutto gli artefatti visivi della release originale, riconsegnandoci un’immagine più nitida e ripulita, anche su Switch. C’è forse qualche appunto da fare sul sonoro: le musiche, anche se ben arrangiate e coerenti con il contesto, volutamente retrò, tendono a diventare piuttosto ripetitive dopo poco tempo, e anche negli effetti, che si limitano davvero al minimo sindacale per rimarcare pugni e calci, si sarebbe forse potuto fare qualcosina in più. Abbiamo inoltre avvertito un po’ la mancanza del supporto alla vibrazione, che avrebbe potuto aggiungere quel quid in più in grado di accompagnare ed enfatizzare a dovere l’azione.

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