Bentornati a un nuovo episodio della rubrica dove noi di GameDivision, talvolta armati di una buona dose di nostalgia, vi vogliamo raccontare di quei giochi che in qualche modo hanno lasciato un segno: titoli forse non indimenticabili e che forse avrebbero meritato un po’ di fortuna in più, ma che col passare degli anni rimangono comunque pagine importanti della storia dei videogiochi.
Dopo avervi parlato di Fahrenheit, progetto targato Quantic Dream che ha da poco festeggiato il suo quindicesimo anniversario, oggi cambiamo completamente genere spostandoci sul primo capitolo di una serie che ha contribuito a (ri)definire il genere stealth per come lo conosciamo oggi. Siamo a inizio millennio, precisamente nel dicembre del 2000, quando la neonata IO Interactive pubblica un titolo tanto innovativo quanto indimenticabile. Stiamo parlando di Hitman: Codename 47, l’inizio di una saga destinata a diventare leggenda.
Perché ve ne parliamo all’interno di questa rubrica? Semplicemente perché, nonostante siano passati due decenni dall’uscita, il primo Hitman merita ancora oggi di essere riscoperto in tutto il suo splendore. Nonostante un successo che impiegherà qualche anno ad arrivare l’eredità del gioco è qualcosa di incommensurabile, che oggi vogliamo provare a rievocare insieme.
Hitman: pagato per uccidere
IO Interactive nasce nel settembre 1998 a Copenaghen da un’idea di alcuni ex dipendenti di Reto-Moto: software house danese nota al grande pubblico per un titolo tanto singolare quanto velocemente finito nel dimenticatoio come Sub Terranea. L’industria del videogioco stava vivendo allora un periodo di crescita davvero molto importante, con le più grandi aziende del settore perennemente impegnate all’inseguimento dell’ultima grande innovazione in termini tecnologici e non solo.
È proprio nella seconda metà degli anni Novanta, infatti, che troviamo grandi capolavori come Metal Gear Solid, Resident Evil, Ocarina of Time e molti altri: prodotti capaci di scrivere non solo la storia dei videogiochi, ma di entrare in maniera importante all’interno della pop culture e dell’immaginario collettivo mondiale. In un contesto del genere, insomma, per emergere bastava “soltanto” una cosa: avere un’idea davvero, davvero speciale.
Dopo aver investito due anni e buona parte delle risorse a propria disposizione, ottenute grazie all’appoggio di un colosso del settore come Eidos, IO Interactive riuscì nel 2000 a pubblicare un primo, ambizioso progetto: Hitman, uno stealth game come pochi se ne erano visti prima di allora. È vero: il genere contava tra le proprie fila capolavori come il primo Deus Ex e il già citato Metal Gear Solid, ma questo non fece che spingere il team danese a voler puntare ancora più in alto. Il risultato finale è un’opera dove l’elemento stealth la fa da padrone, con tutta una serie di accorgimenti che prendono ispirazione da prodotti del medesimo genere pur ritagliandosi una propria identità.
Hitman ci mette nei panni del soggetto 47, un clone creato dal dottor Otto Wolfgang Ort-Meyer con l’obiettivo di dare vita all’arma di distruzione definitiva. Un’arma che però riesce a fuggire dal laboratorio sotterraneo in cui è rinchiusa per avventurarsi nel mondo esterno, dove nel giro di un anno diverrà assassino professionista per conto dell’ICA (International Contract Agency). Il nostro protagonista vivrà dunque viaggio intorno al mondo tra un obiettivo da assassinare e l’altro, nel quale passo dopo passo si troverà ad apprendere tutti i misteri legati alla sua natura.
A livello di trama Hitman riesce a offrire spunti molto interessanti: il percorso del soggetto 47, e il suo progressivo diventare sempre più cosciente della sua identità, è una storia raccontata in maniera quasi abbozzata ma non per questo meno efficace. La narrazione sembra passare in secondo piano in favore del gameplay, ma è in realtà costruita attraverso tutta una serie di scene e frammenti che vanno a delineare poco alla volta la personalità dei personaggi coinvolti.
Per quanto riguarda il gioco, ci troviamo come detto di fronte a uno stealth classico e ricco di elementi per allora davvero sorprendenti: non si tratta forse di vere e proprie novità, ma certamente di aspetti realizzati in maniera attenta e curata che vanno a rendere Hitman un’esperienza davvero molto interessante sotto diversi punti di vista. Nei vari livelli ci troveremo, come detto, a dover compere un assassinio cercando di agire velocemente e senza farci notare: nel raggiungere il nostro obiettivo potremo scegliere in autonomia che strada prendere, sfruttando la mappa di gioco per studiare la strategia perfetta per compiere il nostro lavoro nel miglior modo possibile.
Ogni nostro passo può fare rumore, ogni personaggio presente nella zona designata potrebbe allertarsi e diventare un problema… Sono tanti i fattori da considerare, ed è anche per questo che Hitman riuscì a stupire una buona fetta di quei giocatori che si trovavano per la prima volta di fronte a un prodotto del genere. A condire il tutto troviamo poi una colonna sonora di altissimo livello curata da Jasper Kyd: compositore danese oggi di fama mondiale, noto al pubblico per la realizzazione degli accompagnamenti musicali di titoli come Borderlands, Darksiders II e la saga di Assassin’s Creed. Un’aggiunta perfetta per creare quell’atmosfera che, ancora oggi, rende Hitman: Codename 47 una perla che merita di essere riscoperta.
Hitman: il meglio deve ancora venire!
Codename 47 non è solo il primo capitolo di una serie, è anche uno dei primi giochi in assoluto a utilizzare la fisica ragdoll: tecnologia adoperata in ambito videoludico per simulare e rendere verosimile il movimento di un essere vivente. Il risultato finale porta ad animazioni più realistiche e a una fisica sempre più raffinata, e il primo Hitman è in questo senso un ottimo esempio di come i videogiochi si stavano evolvendo in maniera sempre più marcata anche a livello tecnologico.
Il gioco era insomma un prodotto di tutto rispetto, che non riuscì però a trovare l’immediato consenso da parte di pubblico e critica. Se le vendite furono discrete lo stesso non si può infatti dire delle recensioni, con la stampa di settore del periodo che etichettò Hitman come eccessivamente “grezzo” e perciò a tratti dimenticabile. È vero: il titolo presentava, soprattutto da un punto di vista tecnico, tutta una serie di limitazioni che potevano in parte arrivare a compromettere l’esperienza di gioco. In alcune sezioni Hitman risulta infatti addirittura frustrante per quanto riguarda i controlli e un frame rate non sempre stabile, e permane ancora oggi l’idea che una realizzazione migliore avrebbe reso il gioco un vero e proprio capolavoro senza tempo.
Qualche rimpianto ci sarà anche stato, ma ciò non ha certo fermato IO Interactive: appena due anni dopo ecco infatti Silent Assassin, primo di una lunga serie di sequel che andranno poco alla volta a raffinare sempre di più un prodotto che è oggi considerato un vero caposaldo del genere stealth.
Già con Hitman 2 i passi avanti furono enormi, e il gioco è da molti considerato addirittura il migliore dell’intera serie. Nel 2016 ha poi inizio una nuova trilogia che vede come protagonista l’Agente 47, conclusa con il rilascio dell’encomiabile Hitman 3 lo scorso mese di gennaio. Negli anni il franchise si è poi arricchito con l’uscita di due film - Hitman L’assassino nel 2007 e il più recente Hitman: Agent 47 uscito nel 2015 - e addirittura di una serie a fumetti firmata da Christopher Sebela.
Cosa riserverà il futuro all’assassino più amato della storia dei videogiochi? Questo ancora non lo sappiamo: al momento non esistono piani concreti per nuovi progetti legati alla saga di Hitman, se non qualche voce di corridoio che speriamo possa col tempo rivelarsi veritiera. Quello che vogliamo fare ora è lasciarvi consigliandovi nuovamente di riscoprire il titolo da cui tutto è cominciato: quel Codename 47 che, nonostante i suoi tanti difetti, è e resta uno dei titoli più importanti di questo millennio videoludico. La parola passa ora a voi: quali sono i vostri ricordi legati al primo episodio di questa serie? E qual è stato il vostro capitolo preferito?
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