Esistono titoli destinati a lasciare un’impronta indelebile nella storia dei videogiochi: esperienze che arrivano a essere vere e proprie opere d’arte, come fossero dei mosaici fatti di mille frammenti perfetti nel momento in cui si vanno a incastrare. Di prodotti di questo tipo ne troviamo molti e di tanti generi diversi, ma soltanto alcuni riescono davvero a portare qualcosa di rivoluzionario.
Poco tempo fa abbiamo parlato del processo con cui Capcom ha sostanzialmente resuscitato Resident Evil: un viaggio lungo e talvolta molto complicato, che l’azienda giapponese ha finalizzato con successo soprattutto negli ultimi anni. Crocevia di questa rinascita è stato senza ombra di dubbio il quarto capitolo della serie, di cui oggi andremo a parlare proprio attraverso l’esperienza personale di chi vi scrive. Vi racconterò infatti la mia scoperta con tanti, troppi anni di ritardo di quel capolavoro che è Resident Evil 4 (il remake è prenotabile su Amazon). Iniziamo con un piccolo salto indietro, giusto di qualche anno…
In viaggio verso Resident Evil 4
Pur non amando particolarmente il genere a livello cinematografico, sono sempre stato un grande appassionato di videogiochi dell’orrore. Sono cresciuto giocando a Silent Hill, saga che in cuor mio ancora spero ci possa regalare qualche gioia, e mi ha sempre affascinato dall’incredibile cura posta da Konami nel creare un’esperienza di quel tipo. Se per me quello è il punto più alto mai raggiunto dal filone horror in ambito videoludico, va detto che comunque non mancavano tanti grandi alternative dei sottogeneri più disparati: da Alone in the Dark a un classico come Clock Tower, passando per Fatal Frame e per qualcosa di completamente diverso come The House of the Dead.
Ho insomma avuto modo di provare un po’ di tutto, ma una saga in particolare non era mai riuscita a catturare davvero la mia attenzione: Resident Evil. Ricordo di essermi approcciato per la prima volta al franchise all’età di quattro anni, giocando per un’oretta scarsa al primo capitolo sul computer fisso di un parente. E poi, da lì, praticamente più nulla. Senza una ragione ben precisa.
Durante il primo anno di università, in maniera totalmente casuale, mi trovai a passare qualche ora giocando a Resident Evil: Operation Raccoon City. Recuperato a un paio di euro in una nota catena di distribuzione fu, a ripensarci, forse il modo più sbagliato per (ri)approcciarsi alla serie: per chi non se lo ricordasse, si trattava infatti di un titolo del tutto diverso dal resto del franchise. Era di base uno sparatutto in terza persona staccato dal canone di Resident Evil, col quale non condivideva praticamente nessuno dei caratteri che hanno reso quest'ultimo un’istituzione parlando di horror in generale. E manco a dirlo, non mi colpì particolarmente.
Il tutto fino ad arrivare a due anni fa quando, in pieno lockdown, decisi di acquistare il primo su PlayStation 4 per iniziare davvero a capire una saga che, a conti fatti, costituiva ancora una grande lacuna nella mia vita da videogiocatore. Sarà stato il momento o forse la voglia di scoprire davvero Resident Evil, ma questa volta le cose andarono per il verso giusto: nel giro dei mesi seguenti mi affrettai a recuperare i remake dei due capitoli seguenti, per poi acquistare il quarto appena un mese fa.
La fama di Resident Evil 4 è nota a tutti, probabilmente anche a chi di videogiochi conosce poco o nulla: uscito nel 2005, si tratta a conti fatti di uno di quei giochi che ha davvero cambiato l’industria di settore per come il mondo la conosceva. Decido così di cominciare anche questa “nuova” avventura di Leon, e in men che non si dica ne rimango del tutto folgorato. La prima cosa a colpirmi è stata il radicale cambio di direzione rispetto ai predecessori, con il gioco che si mostrava con un approccio completamente diverso sotto tanti punti di vista.
Potremmo quasi definirlo, per i tempi, un nuovo modo di concepire il genere survival horror. Prendiamo ad esempio il sistema di mira, totalmente stravolto rispetto a quanto visto in precedenza nella saga: ho trascorso - letteralmente - i primi cinque minuti di gioco a detestarlo, per poi abituarmici subito e trovarlo anzi incredibilmente azzeccato. Perché questo esempio in particolare? Per dimostrare che nel momento in cui un prodotto porta qualcosa di davvero rivoluzionario allora sì, questa rottura ha soltanto bisogno di un attimo per essere metabolizzata. E una volta che ciò avviene, ecco impostato un nuovo standard.
«Matalo!»
In tutto questo, Resident Evil 4 riesce sempre e comunque a mantenere intatte le atmosfere che da sempre caratterizzano la serie. Non manca neanche qualche elemento da B-Movie che, a onor del vero, non fa che rendere l’esperienza complessiva ancora più divertente e capace di intrattenere. Il titolo di questo paragrafo rimanda a una frase forse fin troppo abusata dai Los Ganados, un gruppo di infetti che ci troveremo a combattere durante la nostra avventura, e proprio questa “esagerazione” risulta in grado di costruire un’esperienza di puro e semplice intrattenimento.
A questa troviamo poi affiancate tutta una serie di dinamiche di gioco, dalla possibilità di cooperare con Ashley alla presenza di un negozio dove acquistare e potenziare il proprio equipaggiamento, che rendono questo quarto capitolo qualcosa di realmente unico all’interno del franchise. Non dimentichiamo poi un level design particolarmente ispirato, con ambientazioni realizzate con una cura dei dettagli eccezionali nonché adatte a evocare le atmosfere nei modi (e nei momenti) giusti.
Giocarlo per la prima volta nel 2022 è stata un’esperienza davvero, ma davvero soddisfacente. Mi sono trovato di fronte a un prodotto che non risulta affatto invecchiato, con scene e dialoghi dinamici e irriverenti che ancora oggi non sembrano sentire il peso del tempo. Resident Evil 4 è forse il capitolo più divertente a cui abbia giocato fino a oggi, e il vero successo di Capcom è stato quello di realizzare un horror capace di espandersi verso un tono più leggero e scanzonato. E facendolo senza mai, nonostante tutto, perdere di vista la propria concezione di base.
L’annuncio di un remake, avvenuto a inizio giugno, è stato accolto in maniera più che positiva dalla community: già con Resident Evil 2 e 3, del resto, Capcom ha dimostrato di saper gestire alla perfezione operazioni di questo tipo… E non vediamo infatti l’ora di poter rivivere anche l’avventura di Leon, in una versione rinnovata e in linea con questa nuova generazione di console.
Nonostante l’originale, come detto, non sia invecchiato per niente male va infatti fatta una doverosa osservazione. Resident Evil 4 Remake può essere l’occasione per agire su un doppio fronte:
- Da un lato portando ai fan storici della serie un grande classico, in una veste del tutto nuova e da (ri)scoprire;
- Dall’altro presentando alle nuove generazioni un titolo che ha fatto la storia, con un comparto tecnico figlio della tecnologia odierna.
A livello personale, in ogni caso, mi sento di giudicare Resident Evil 4 come una delle poche opere capaci davvero di rivoluzionare un medium. Un po’ come fecero i Velvet Underground con il loro primo album nel 1967, la Pixar con Toy Story nel 1995 o, rimanendo in tema videoludico, Hideo Kojima con il suo Metal Gear Solid. Tutte opere destinate a rimanere nella storia, e che perciò è bene che vengano conservate e preservate sempre e solo nel modo corretto. Da tutti noi.
Ciò non toglie ovviamente quanto un remake possa, se curato nella maniera adatta, arricchire ancora di più l’esperienza di gioco: il potenziale per creare qualcosa di eccezionale rendendo, al contempo, giustizia a un capolavoro immortale c’è davvero tutto. L’appuntamento è fissato per il 24 marzo 2023, siete pronti per un nuovo viaggio a El Pueblo?