Remake, remaster, reboot: l'industria videoludica è inondata di nostalgia. A volte queste operazioni sono gocce in mezzo all'oceano, destinate a perdersi senza lasciare alcun ricordo; altre invece non solo colpiscono nel segno ma rendono ancora più bello l'originale, riuscendo ad avvicinare appassionati di vecchia data e nuovi utenti riunendoli per una volta sotto una bandiera comune.
Quella per cui i cosiddetti "mostri sacri" si possano toccare e, nel caso di Resident Evil 2, rendere persino qualcosa di più. Fra i giocatori che affondano le proprie radici ai tempi in cui il videogioco era ancora un prodotto di nicchia corre una sorta di legge non scritta, volta al passato con una gelosia quasi compulsiva - il timore forse che i ricordi più belli siano infettati, lacerati, volgarizzati.
La memoria d'altronde è tutto ciò che siamo e fa paura metterla in discussione. Potremmo scoprire che la passione di allora nasconde più difetti di quanti ne abbiamo scorti all'epoca, che alla fine quel gioco non era poi così tanto bello e per anni abbiamo mosso una battaglia futile di "cervantesiana" memoria in difesa di un purismo che non ha (quasi) mai ragion d'essere.
Ma la paura è ciò di cui si nutre l'orrore e questo lo sa molto bene Capcom, che ha sempre avuto il coraggio di osare laddove molti avrebbero preferito le loro comode certezze: sono nati dunque il rivoluzionario Resident Evil 4 e lo sperimentale Resident Evil 7, capaci di risollevare la serie dagli abissi dove stava sprofondando e al tempo stesso fornire nuovi binari sui quali farla procedere. Dalla loro fusione e un pizzico di nostalgia che offre sempre quell'ottimo gusto rétro è sorto il nuovo Resident Evil 2: non un remake, né una remaster, più probabile un reboot ma nemmeno questo riesce a essere abbastanza inclusivo.
C'è un interessante parallelismo fra il concetto chiave di Resident Evil e il Progenitore - il virus su cui l'Umbrella ha fondato il suo illegale impero di armi biologiche e di conseguenza la base dell'intera lore. Immaginate, semplificandolo, quest'ultimo come il nucleo dal quale poi si diramano tutti i suoi derivati (Tyrant, Golgotha, Phobos, Uroboros e quant'altro), ognuno sempre migliore, più evoluto anche se di poco, del precedente.
La saga ideata da Shinji Mikami segue questo concetto di evoluzione, cambiamento, (ri)scrittura: Resident Evil è una canovaccio che Capcom smantella a ogni nuovo capitolo, modella e plasma e modifica e ricrea fino a trovare quel quid che lo spinge a uno stadio successivo, migliore, pur restando saldo alle proprie origini. Resident Evil 2 è esattamente questo, un nuovo livello evolutivo le cui fondamenta si basano sul suo ceppo primigenio; il resto viene riprogrammato grazie al suo corollario.
I fan del classico datato 1998 non restino dunque delusi. È lo stesso gioco che hanno imparato ad amare vent'anni fa - il survival horror per eccellenza nel contesto di un'epidemia zombi che avrebbe fatto felice Romero - ma al contempo non lo è, ed è qui il suo punto di forza. A e B sono quindi per sommi capi come li ricordiamo, a cambiare è però la strada intrapresa per arrivare dall'inizio alla fine: Capcom ha ripensato l'intera struttura di gioco adattandola alla telecamera sopra la spalla che ha reso famoso il quarto capitolo, sdoganando anche l'impronta più action che la serie avrebbe preso (in modo poi esagerato) da lì in avanti, alleggerendola però da quella frenesia tipica di Resident Evil 6. Anzi ha mutuato alcuni aspetti dalle fasi iniziali di Resident Evil 7, le cui radici a loro volta affondano nella trilogia dell'era PlayStation. Vecchio e nuovo si mescolano dunque con una consapevolezza che solamente anni di esperienza maturano, riuscendo a creare un'esperienza imprevedibile, dal ritmo a volte sincopato e altre più teso, mai un istante sottotono.
Complice di questa giostra emotiva in cui il cuore si trova più spesso in gola che nel petto è il non avere idea di cosa succederà. Inutile che vi professiate esperti conoscitori dell'originale fin nel suo più remoto pixel, l'ambientazione è la stessa solo nel concetto: l'iconica stazione di polizia diventa infatti un edificio a tutti gli effetti, ricco di stanze e passaggi che nella versione classica non trovavano spazio, a loro volta infestati da nemici particolarmente letali e poco propensi a una seconda morte.
Ogni proiettile conta in Resident Evil 2 e dite anche addio ai coltelli dalla lama in acciaio inox indistruttibile: prendendo a modello quanto di buono fatto in "REmake" (l'affettuoso nomignolo con cui i fan chiamano Resident Evil Rebirth), Leon e Claire potranno difendersi dalle prese dei non-morti contrattaccando con un'arma secondaria a scelta fra granata, granata stordente e appunto il coltello.
Quest'ultima scelta ne comporta la perdita definitiva ma anche posto lo recuperiate dopo aver eliminato l'aggressore, la lama avrà perso molta della sua durevolezza - e così sarà ogni volta che lo userete. Non c'è mai un momento in cui considerarsi al sicuro: tra zombi pronti a rialzarsi, altri che sfondano le finestre creando un precedente per nuovi indesiderati ospiti e porte che cedono sotto i loro colpi negandovi il senso di sicurezza che rifugiarsi in una stanza poteva regalare, la stazione di polizia si delinea una volta di più (e meglio) come il luogo dove i peggiori incubi prendono non-vita.
A peggiorare la situazione, Capcom ha deciso di non lasciare nemmeno un attimo di respiro grazie alla costante presenza di un inseguitore tanto letale quanto immortale: il Tyrant. Mr. X, T-00, Trenchy, non importa come preferite chiamarlo, lui risponderà e sarà la vostra ombra costante. Un gioco del gatto e del topo spesso esasperante, che porta i livelli di ansia ad aumentare in relazione alla vicinanza dei suoi passi rispetto alla vostra posizione; a fughe continue mentre cercate di risolvere enigmi meno complicati di un tempo e - guarda caso - più legati alla capacità di tenere traccia dei singoli elementi in relazione alla mappa del luogo, scegliendo ogni volta il percorso più comodo. Non necessariamente corto, perché la presenza di nuovi e inaspettati nemici potrebbe portarvi a preferire una scarpinata allo spreco di munizioni.
Ancora una volta la capacità di Capcom nel leggere i tempi e le esigenze del pubblico ha portato a una rielaborazione della componente più machiavellica di Resident Evil 2, dando vita a un circolo ininterrotto di esplorazione, combattimento, risoluzione di puzzle legati alla trama o secondari se volete qualche utile potenziamento; e poi ancora via a scappare da un Tyrant di troppo, o sbarrare qualche finestra mentre si pensa a quale diavolo fosse la porta con il simbolo del picche - nel mezzo, una pausa per salvare, sviluppare qualche foto oppure giocare al piccolo chimico miscelando erbe e polvere da sparo, perché certo le munizioni non crescono tra le mattonelle del pavimento.
Permane la struttura a doppio scenario utile per sbloccare il vero finale dell'avventura e conoscere tutte le disavventure vissute dai due protagonisti, alla quale vanno ad aggiungersi due brevi sequenze inedite: la prima con Sherry nell'orfanotrofio, struttura mai vista prima nel gioco, mentre la seconda nei panni della sensuale Ada mentre insegue l'obiettivo della sua missione. Complessivamente sono molto brevi e ci sarebbe piaciuto poter affondare di più i denti, ma non andando a privare in alcun modo l'esperienza - casomai il contrario - è un piccolo regalo che apprezziamo molto. A livello di lore diverse cose sono state approfondite o appena modificate, raccogliendo tutte le informazioni divulgate nel corso degli ultimi vent'anni per creare quello che crediamo essere un definitivo corso degli eventi. Come nel caso del gameplay, che pur prendendo tutto il buono dei precedenti capitoli non aggiunge granché alla formula (né potremmo di fatto pretenderlo da un prodotto che è puro fanservice), anche dal punto di vista della narrazione ci saremmo aspettati qualcosina di più, fosse solo una strizzata d'occhio verso un possibile reboot della serie. Non è detto che avvenga ma volendo dare credito alle voci, altri capitoli potrebbero vedere una dovuta riedizione.
La necessità di giocare due scenari che a un certo punto convergono mostrando di avere molto in comune potrebbe portare a una certa ripetitività, ma è un giudizio basato su valutazioni soggettive, perché in ogni caso l'esperienza beneficia delle giuste piccole diversificazione per non far sentire il tutto solo una copia carbone. Gli unici fastidi possono derivare da alcune incongruenze a livello di eventi fra Leon e Claire, tuttavia non è una questione sulla quale rimuginare troppo: Resident Evil 2 dopotutto è un B-movie in formato videogioco, non interrogatevi troppo sulla trama quando lo splatter cola letteralmente dalle pareti.
Se c'è infine un elemento sul quale non si può discutere se non spendendosi in elogi, è il comparto tecnico: i dettagli sono curati a livello maniacale e l'atmosfera che ne deriva viene caratterizzata da un ottimo gioco di luci e ombre ma, soprattutto, da un sound design eccezionale come non capitava di sentire da tempo. Giocato in cuffia, Resident Evil 2 vi restituisce tutta la tensione di un mondo dove la vita è un lusso che pochi possono concedersi: cigolii, gemiti, scricchiolii, ringhi e graffiare di artigli sulle pareti, per non parlare dei pesanti passi del Tyrant - l'audio è il vostro migliore amico/nemico in questa lotta alla sopravvivenza. La risoluzione su PlayStation 4 Pro, combinata ai 60fps, rende le ore in compagnia di Leon e Claire una gioia per gli occhi: gli stessi modelli poligonali e le animazioni raggiungono un livello di qualità da cui non possiamo francamente aspettarci di più. La morte cambierà forse pelle ma il suo gusto dell'orrido resta lo stesso di sempre: il sangue tinteggia le pareti e gli smembramenti sono all'ordine del giorno. State solo attenti che la carne strappata non sia vostra.
Per i più esigenti e amanti delle sfide, e qui concludiamo la nostra disamina, Capcom ha messo a disposizione due modalità extra: “The 4th Survivor” e “The Tofu Survivor”. Riuscirete a fuggire da Raccoon City contando solo sulle vostre forze e le poche risorse a disposizione?