Recensione Yooka-Laylee, anacronismo funzionale

La recensione di Yooka-Laylee, il ritorno del platform "collectathon" 3D per eccellenza nella sua incarnazione Switch.

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a cura di Jacopo Retrosi

Yooka-Laylee

 

Il ritorno del figliol prodigo. Yooka-Laylee arriva su Switch ed è subito amore. Noi però con gli anni siamo cambiati, siamo cresciuti: lo storico duo Rare (non badate alle controfigure) un po' meno.

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CONTRO: Un vecchio fossile che ha bellamente ignorato i tanti progressi compiuti dall'industria videoludica nel corso degli annI; Difetti e lacune tali e quali a come li ricordavamo su Nintendo 64; Level design altalenante e frammentato; I controlli, la telecamera e soluzioni antisportive minano l'esperienza; Sa essere parecchio frustrante. 

VERDETTO: Il buon vino migliora con l'età, l'acqua sporca resta acqua sporca. Playtonic avrebbe dovuto saperlo, attingendo al meglio dei due Banjo e guidando Yooka-Laylee verso sentieri sconosciuti, raffinando ed espandendo una formula che grazie alle nuove tecnologie e a due decadi di esperienza poteva davvero brillare. Buona la conversione su Switch, tuttavia permangono diversi problemi di fondo, per un'opera in larga parte si limita a frullare elementi già visti in passato, difetti compresi, migliorandone alcuni ma scoprendo il fianco a una serie di sviste grossolane che gli impediscono di svettare tra la folla come tutti avremmo voluto. Un fantastico trip a ritroso nel tempo, più che meritevole di entrare a far parte della vostra collezione, ma non così elettrizzante una volta smaltiti i fumi della nostalgia (sempre che ne abbiate).

Yooka-Laylee, il sequel spirituale di Banjo-Kazooie di Rare, realizzato proprio da ex-dipendenti della gloriosa software house britannica dopo una campagna di Kickstarter da record, approda finalmente su Nintendo Switch. Previsto originariamente su Wii U, le risorse sono state state dirottate in direzione della ben più promettente nuova console della casa di Kyoto, causando un leggero ritardo sulla tabella di marcia rispetto alle altre versioni ma consentendo al team di sviluppo di correggere alcune delle magagne che hanno afflitto il titolo nei suoi primi mesi di vita.

E ora che il collectathon per eccellenza è tornato in madrepatria, cosa abbiamo tra le mani? Yooka-Laylee è davvero il degno erede che aspettavamo con ansia? Ecco il nostro pensiero.

Per i meno abbienti, con "collectathon" s'intende un particolare filone di platform 3D che sacrificano una classica struttura a livelli in favore di location molto più estese, esplorabili in totale libertà alla ricerca di oggetti collezionabili. Esempi noti sono il già citato Banjo-Kazooie (pioniere del genere), Donkey Kong 64, il recente Super Mario Odyssey e ovviamente Yooka-Laylee.

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A differenza però di Nintendo, che con l'ultimo capolavoro dell'idraulico ha rivoluzionato il settore grazie a una formula di gioco fresca e innovativa (pur omaggiando a più riprese i grandi classici del passato), Playtonic Games ha optato per un approccio più "safe", puntando a un'opera che ostenti le proprie origini, quasi a voler rassicurare i videogiocatori che sì, questo il "Banjo-Threeie" che hanno finanziato di tasca loro. Il risultato è un'esperienza dal sapore nostalgico e dalle metodiche un tantino obsolete, ma in buona fede.

Da qualunque lato lo si voglia osservare, Yooka-Laylee pare infatti uscito direttamente dagli anni '90: il look, il feeling ai comandi, le meccaniche, una spassionata letterina d'amore ai fan di un'era ormai andata.

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Per il sottoscritto, cresciuto in quel periodo, mettere le zampe su un titolo così è stato un po' un tuffo al cuore, come se i Joy-Con si fossero trasformati nell'indimenticabile tridente del Nintendo 64, merito anche delle note di Grant Kirkhope, tornato per l'occasione a dirigere la colonna sonora orchestrale. Una piacevolissima compilation dal sapore retrò che tanto ricorda i primi due Banjo e che accompagna il giocatore nelle sue peripezie con motivetti energici ed orecchiabili, in linea con le ambientazioni.

E il senso di déjà-vu non se ne va mica giocando. Il livelli sono enormi e pullulano di personaggi strampalati con cui interagire, anfratti nascosti e vagonate di collezionabili, tra Piume (la "valuta" in-game), Pagie (i "jigsaw" di turno), power-up e altro ancora. Yooka-Laylee premia la curiosità, disseminando in ogni dove piccole ricompense, non importa quanto improbabile il pertugio o l'altura possa apparire; è a portata di zampe? Allora lì c'è qualcosa, una filosofia che sa ripagare gli sforzi degli amanti del "trekking virtuale" (anche perché senza un obiettivo ben preciso o uno straccio di mappa è piuttosto facile perdere la bussola e di conseguenza muoversi alla rinfusa).

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Il titolo sembra però fare il verso più a Banjo-Tooie che non a Kazooie, proponendo un level design sì vivace, ricco di sfacettature ed estremamente variegato, ma a tratti poco coeso, persino dispersivo... forse un po' troppo a dire il vero.

Non si ha l'impressione di trovarsi all'interno di un piccolo microcosmo, che si svela al giocatore man mano che questo ne sviscera i segreti, ma più in un'accozzaglia di idee tenute assieme da un sottile filo conduttore e dalla mera vicinanza spaziale. Enigmi e prove di abilità di rado interagiscono tra di loro e aiutare un NPC o rompere ostacoli non garantisce alcun vantaggio esplorativo, se non per accapparrarsi una pagina in particolare e tanti saluti.

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Insomma i mondi contenuti all'interno dei Gran Tomi (come da nome) sono grandi, parecchio grandi, e colmi di attrattive, ma dalla trama rarefatta, e l'idea di escludere in un primo momento una porzione dei livelli per poi "espanderli" alla loro taglia originale in cambio di Pagie aggiuntive non ha proprio senso.

L'inventario non tiene conto delle collezioni "parziali" e non si ha modo di sapere cosa sia effettivamente relegato alla sola versione estesa, quindi tanto vale sbloccare tutto subito e rimboccarsi le maniche (porte sprangate e rampe che danno sul nulla poi non piacciono a nessuno).

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Prendete il Dr. Puzz ad esempio, il cui strano macchinario dovrebbe rimpiazzare la tenda di Humba Wumba: con trasformazioni come una grottesca pianta spara-spore o uno spazzaneve col turbo si potrebbe riscrivere l'intera morfologia del terreno e invece è tutto così limitato e poco ispirato. E che fine ha fatto la controfigura del buon Mumbo Jumbo?

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