The Persistence VR
Non siamo ancora arrivati alla fine di questo 2018 eppure, con ferrea convinzione, possiamo dire che sarà un anno difficile da dimenticare per gli appassionati di videogiochi e per i possessori di PlayStation 4. Si, Sony quest'anno le sta azzeccando tutte: come anticipato nel nostro recente provato, lo Spider-Man di Insomniac in arrivo a settembre ha le carte in regola per ri-definire il genere legato ai supereroi, mentre i recenti Detroit: Become Human e, soprattutto, God of War hanno dimostrato l'importanza di investire sulle esclusive, oltre che nel filone delle esperienze single-player.
Oggi sono i ragazzi di Firesprite Games, già autori insieme a Japan Studio del simpatico The Playroom, a regalare a PlayStation 4 una nuova esclusiva degna della massima attenzione: The Persistance, horror sci-fi sviluppato appositamente per PlayStation VR. La scorsa settimana il nostro Yuri ha avuto modo di scambiare due chiacchiere con i ragazzi del team britannico riguardo la VR, oggi siamo pronti a raccontarvi in dettaglio perché The Persistence è uno dei migliori titoli in assoluto per Playstation VR.
Danni collaterali
Il futuro è arrivato, l'umanità si è spinta ben al di là del sistema solare e la tecnologia ha superato ogni più rosea aspettativa. L'ammiraglia spaziale Persistence naviga lo spazio profondo per missioni di ricerca e sviluppo. Durante salto nell'iperspazio la nave viene attratta da un'anomalia spazio-temporale che si rivela essere un buco nero in cui le leggi della fisica conosciuta non trovano riscontro; un'occasione di studio senza precedenti, che potrebbe far compiere al genere umano un balzo in avanti anni luce nelle ricerche sul continuum spazio-temporale e sui viaggi spaziali.
La singolarità, tuttavia, danneggia il sistema della Persistence, che viene bloccata dal campo gravitazionale del fenomeno e colpita da un flusso di energia che ne compromette strutture e sistemi informatici; fra questi anche quello relativo alle "stampanti" di cloni, avanzatissime macchine in grado di riprodurre la biologia completa di un individuo partendo dal suo materiale genetico e dall'engramma codificato della sua personalità e della sua memoria.
Il malfunzionamento porta così le "stampanti" sulla nave a produrre senza sosta orde di cloni basati su materiale genetico corrotto dall'energia della singolarità, dando i natali a una serie di mutanti abominevoli senza coscienza e assetati di sangue. In questo contesto raccapricciante, e senza sopravvissuti, il nostro obbiettivo sarà quello di rimettere la Persistence in condizione di saltare nell'iperspazio, per trovare aiuto e poter fare rotta verso casa. A bordo della gigantesca astronave ci muoveremo vestendo i panni del comandante della sicurezza Zimri Eder, o meglio, dei suoi cloni. Proprio così, cloni. Ogni volta che verremo uccisi la stampante del centro di ricerca darà la vita a un nuovo clone di Zimri, sfruttando l'ultimo aggiornamento dell'engramma. A darci supporto ci sarà la voce di Serena, ingegnere della Persistence riuscita miracolosamente a salvarsi.
Si tratta di una storyline piacevole e ben scritta, misurata su intreccio semplice, non troppo articolato, ma comunque soddisfacente e con un finale appagante, in tutte e tre le (piccole) varianti. Grazie a un'atmosfera inquietante e assolutamente coinvolgente, The Persistence ci trasporta sin dai primi momenti in una situazione difficile e angosciante da affrontare, proprio come i labirintici corridoi colmi di mostruosità della nave. Questi, grazie a un sapiente uso dell'Unreal Engine 4 sono riprodotti in modo eccelso, con un dettaglio visivo più che apprezzabile per un titolo PlayStation VR: durante il nostro giocato su PlayStation 4 Pro abbiamo apprezzato l'ottima qualità con cui è stato confezionato il titolo da Firesprite, con modelli poligonali ricchi e definiti e una gestione armoniosa di luci e ombre nella costruzione degli ambienti di gioco. Ottimo anche il peso dato alla spazialità del sound design, perfettamente localizzato nell'ambiente che ci circonda e caratterizzato da incisività palpabile nelle sezioni lente, quelle in cui gli scricchioli della nave si confondono con i gemiti e l'ansimare dei mutanti celati nell'ombra.
Sopravvivere Pad alla mano
Le interazioni con l'ambiente e gli oggetti che raccoglieremo passeranno da un sistema di riconoscimento della retina basato sulla direzionalità del nostro sguardo, così come il sistema di puntamento di armi e oggetti. Per gestire al meglio questo tipo di impostazione, i ragazzi di FireSprite hanno sperimentato diverse soluzioni sul fronte dei comandi per The Persistence, arrivando a proporci in questa versione definitiva un modello molto simile a quello di un FPS tradizionale e legato esclusivamente al Dualschock 4: l'analogico sinistro dedicato al movimento quello destro la possibilità di fare delle correzioni al posizionamento della telecamera, legata completamente al nostro sguardo.
La scelta del team britannico ci mette davanti quindi tre layout simili in cui scegliere come gestire la correzione della telecamera nel modo a noi più confortevole. Fra queste, quella che abbiamo preferito è stata l'impostazione per scatti, dove ad ogni movimento in una data direzione dell'analogico destro corrisponde uno spostamento di qualche grado della telecamera nello stesso verso. Nelle situazioni più concitate ci siamo trovati in difficoltà a gestire gli scontri con nemici in arrivo da più fronti, ma siamo comunque dell'idea che ciò sia dovuto più alla forte connotazione stealth del titolo, piuttosto che al suo sistema di comandi.
Entrando nel merito del gameplay vero e proprio su cui è costruita questa esperienza in realtà virtuale ci troviamo innanzi una solida avventura Horror in salsa sci-fi, con l'aggiunta di un'importante componente da rogue-like. Ogni volta che uno verrà caricata una delle aree della Persistence, il sistema genererà proceduralmente una variante diversa: cambieranno pozione, tipologia e quantità armi, oggetti e nemici ogni volta che raggiungeremo uno dei ponti della nave, che sia per una morte prematura o per la necessità di tornare sui propri passi, forzandoci ogni volta ad adattarci al nuovo ambiente e a studiare nuove strategie per completare i nostri obbiettivi.
È un sistema che funziona e che calza piuttosto bene al gameplay survival su cui si base quest'avventura horror. Questi elementi, insieme alla modalità Sopravvivenza, una challenge mode in l'obbiettivo è "battere" il gioco utilizzando un massimo di dieci cloni nel minor tempo possibile, assicurano al titolo una longevità di base discreta e una rigiocabilità di alto livello. Un fattore garantito anche grazie all'ottimo design che circonda l'intero gameplay: la nostra Zimri è sola contro gli innumerevoli mutanti che infestano la Persistance, i quali oltre che essere famelici e rabbiosi sono anche decisamente forti e molto agguerriti. L'approccio stealth, silenzioso e ragionato, diventa così una scelta quasi obbligata per sopravvivere contro i diversi mostri che incontriamo.
Presenti in differenti forme, ognuna con caratteristiche specifiche, ci sono mutanti enormi, lenti ma fortissimi, e altri più piccoli ma veloci, alcuni dei quali che tendono persino a nascondersi nell'ambiente in attesa del nostro passaggio. Gli scontri frontali con le creature, tuttavia, non brillano per consistenza e, anzi, spesso tendono a ridimensionare l'anima stealth il carattere survival del gioco.
Solex, non soli
Una vera chicca offerta da The Persistence è costituita dalla possibilità di godere dell'esperienza del titolo sfruttando il supporto attivo di uno o più amici (fino a quattro). Grazie ad un'applicazione per smartphone dedicata, i nostri amici potranno darci supporto, oppure ostacolarci, nel proseguo della nostra avventura: dal loro smartphone (esclusivamente se connessi alla rete locale della console) avranno la possibilità di accedere al sistema Solex e alla mappa della Persistence in tempo reale. Da quella visualizzazione potranno decidere se indicarci la posizione di nemici e oggetti lungo il percorso o addirittura interagire con i comandi delle porte o delle luci per facilitarci la vita.
Attraverso un semplice sistema di progressione basato sulle interazioni attuate sulla mappa, i nostri amici potranno sbloccare diverse tipologie di potenziamento con cui darci supporto, come il congelamento temporaneo dei nemici o il tracciamento visivo degli stessi. Sarà una scelta di chi impugna lo smartphone se utilizzare tali sistemi per aiutarci o renderci ancora più ardua l'impresa. Durante la nostra prova abbiamo affrontato diverse sezioni con il supporto di un compagno e possiamo confermare come l'esperienza nei party game maturata dallo studio di Liverpool al tempo di The Playroom si sia riversata a dovere in questo tipo di cooperazione, risultata divertente e variegata negli spunti che ci ha offerto.
Nonostante il supporto dei nostri amici tramite Solex, superare indenni i ponti che compongono la nave e completare tutti gli obbiettivi necessari per portare a termine il gioco non sarà affatto semplice, specialmente nelle prime fasi. Oltre che su movimenti ponderati e su un passo felpato è necessario prendere confidenza con gli equipaggiamenti e gli upgrade a nostra disposizione: oggetti per l'invisibilità, bombe gravitazionali, armi da fuoco e coltelli da combattimento. L'arsenale a disposizione è variegato e funzionale e, oltre ad armi e gadget di ogni sorta, Zimri può contare su uno strumento che gli consente di traslarsi per brevi distanze e di utilizzare una sorta di visuale termica per individuare i nemici nel buio o a breve distanza dietro delle pareti.
Questo è possibile consumando materia oscura, la fonte di energia di tale apparecchio che si rigenera attraverso un tempo di cooldown; nella stazione di ricerca, la zona sicura da cui ripartiremo dopo ogni morte, Zimri può equipaggiare diversi tipi di corazze dopo averne raccolto gli schemi in giro la per la nave. Questi ultimi si trovano in diverse qualità e rarità, ognuna con statistiche peculiari che impattano in modo diverso l'efficacia del nostro gameplay. Sempre dalla plancia della stazione di ricerca è possibile migliorare le proprie caratteristiche legate alla salute, ai movimenti furtivi o all'efficacia degli attacchi corpo a corpo di Zimri riscrivendo parte del suo patrimonio genetico attraverso l'uso delle cellule staminali che raccoglieremo in giro per la nave o direttamente dal midollo spinale dei mutanti, grazie a uno speciale strumento che abbiamo in dotazione; armi e oggetti possono essere fabbricati, e potenziati, presso alcune stazioni sparse su tutti i ponti della Persistence, utilizzando primi gettoni Erebus per sbloccare (o migliorare) una determinata arma e successivamente i crediti di fabbricazione Fabchip per acquistarne lo sviluppo.
Date questa premesse, pur non sminuendo il livello di sfida, è naturale dire che la curva di difficolta dell'avventura tende a calare nella seconda parte del gioco, quando la familiarità con le meccaniche e lo sviluppo dei tratti di Zimri e della sua attrezzatura si è ormai consolidata e i continui cambiamenti nella struttura della mappa cominciano a diventare prevedibili.
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