Recensione Gravity Rush 2

Recensione di Gravity Rush 2, il secondo capitolo dell'action-adventure a basi di campi gravitazionali e metropoli sospese nell'aria nato su PS Vita.

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a cura di Jacopo Retrosi

Gravity Rush 2

 

Il ritorno di Kat sul grande schermo di PS4. Il suo nuovo vestito calza a pennello sull'hardware della console Sony, ampliando le buone potenzialità dell'originale su Vita, ma qualcosa è andato storto. 

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CONTRO: Gestione complicata della visuale; Battle system, collisioni e checkpoint da rivedere; Fasi stealth discutibili; Regia e script invasivi; Ritmo di gioco inconsistente; Pessima gestione delle abilità di Kat; Interazione con l'ambiente limitata.

VERDETTO: Un sequel che non migliora né cementa le qualità esibite del suo antenato, Gravity Rush 2 rinnova la veste grafica e aumenta la quantità di contenuti disponibili, spargendo al contempo sale su una piaga completamente ignorata nel corso di questi 5 anni. Il risultato è un titolo bello da vedere, meno da giocare.

Con la morte prematura di PS Vita è naturale che Sony abbia deciso di traghettare una delle - poche - IP che hanno definito il ciclo vitale della sfortunata piattaforma sui lidi ben più floridi di PS4. Cinque anni or sono, Gravity Rush nasceva con l'intento di mostrare i muscoli del piccolo hardware portatile, un compito a cui oggi non può certo ambire il suo successore.

Sfruttando le maggiori potenzialità offerte dall'ammiraglia Sony, SIE Japan Studio ha avuto tuttavia l'opportunità di espandere e raffinare un'ottima base di partenza, trasformando il brand in una degna esperienza "da salotto". E così è stato: Gravity Rush 2 è più grande, longevo e complesso del primo capitolo; abbiamo quindi tra le mani un titolo migliore? Non proprio.

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La trama si apre con la storica protagonista Kat e l'amico Syd negli improbabili panni di minatori. I due sono stati risucchiati in una distorsione spazio-temporale, assieme al gatto Dusty e alla "collega shifter" Raven, dispersi chissà dove, e ora devono guadagnarsi la pagnotta per ripagare gli abitanti del villaggio fluttuante di Banga, che li hanno aiutati e accolti tra di loro. Ovviamente non passerà molto tempo prima che Kat riacquisti i suoi poteri gravitazionali e cominci il vero divertimento.

Nella prima metà di gioco, caratterizzata da un ritmo piuttosto pacato, il giocatore viene gradualmente introdotto al mondo di Gravity Rush 2, alle novità proposte, alle nuove meccaniche di gameplay, al cast di comprimari e alle location.

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Kat è maturata come protagonista, mettendo ancora di più in risalto quella personalità solare e spigliata che l'hanno resa un personaggio così gradevole in passato.

Le analogie tra gli abitanti e le città di Hekseville, teatro degli eventi del primo capitolo, e il vilaggio di Jirga Para Lhao si sprecano; gli uni solo funzionali alla vicenda e spesso ridotti a macchiette, le altre tranciate di netto in settori adibiti a specifici archetipi, una scelta di design pratica ma non esattamente brillante.

La maggior enfasi riposta nella narrazione permette tuttavia a Gravity Rush 2 di elevarsi rispetto al suo predecessore, delineando un quadro ben più sfaccettato e colorito. L'impostazione dei dialoghi non è cambiata, illustrati tramite dettagliati artwork in stile bande dessinée e doppiati nella curiosa lingua a cavallo tra il francese e il giapponese propria della serie, ma di sicuro c'è molta più carne al fuoco.

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Abbiamo in particolar modo apprezzato l'accenno di critica sociale simboleggiata dalla divisione in classi della popolazione di Jirga Para Lhao, che si riflette sul level design e muove gli ingranaggi della trama durante le prime ore di gioco.

L'argomento viene sviscerato in maniera un tantino sbrigativa, ma è sempre meglio dell'ormai stantio "eroe affetto da amnesia" sciorinato in Gravity Rush, fornendo un background narrativo di gran lunga più solido e convincente. E proprio quando il bello dell'azione si appresta a cominciare, inizia anche il delirio.

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Senza entrare troppo nei dettagli, a un certo punto dell'avventura Gravity Rush 2 inizia a sparare alla rinfusa colpi di scena su colpi di scena, abbandonando la naturalezza delle prime battute in favore di un ritmo più consono a un'opera dei Platinum Games: personaggi che vanno e vengono, cambi improvvisi di tono e/o location, lunghe e spossanti boss fight in rapida successione...

È come se gli sviluppatori, sospettando il rifiuto di Sony a un eventuale sequel, avessero scaraventato all'interno del gioco qualunque idea gli frullasse nella zucca. Le ultime 3-4 ore di gioco sono a dir poco esilaranti, eppure nel marasma generale non possiamo certo dire di esserci annoiati, tantomeno di non aver gradito la fantasia degli sceneggiatori. Peccato per l'epilogo sottotono.

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Un consiglio: per godervi pienamente la trama del gioco date un'occhiata alla storia del primo episodio, dopodiché guardatevi l'eccellente cortometraggio animato d'autore (diretto dallo stesso team di Rebuild of Evangelion) che serve come ponte di collegamento fra i due episodi.

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