È tutto così scialbo e superficiale. Non solo infatti gran parte dei personaggi con cui potremo interagire sono stereotipati e privi di fascino, ma molte di queste interazioni non vengono neanche mostrate al giocatore. Le tre protagoniste sono dei deus ex machina ambulanti: Hinako ha studiato danza prima di ammaccarsi la rotula, cosa che a quanto pare le consente di empatizzare con qualunque forma di vita, a prescindere dalle circostanze e da quanto effettivamente conosca il suo interlocutore; i due agrumi formato loli invece risolvono qualunque mistero off-screen, buttando in faccia allo spettatore la soluzione al momento più opportuno, in barba al come, il dove o il perché.
Provate a comprare un romanzo a caso, leggere i primi capitoli per farvi un'idea generale della situazione, quindi saltate alle battute salienti: vi manca qualcosa? Bene, sappiate che tutte le vicende di Blue Reflection si svolgono più o meno così. Ci sono addirittura interi archi incentrati su personaggi che neanche compaiono a schermo! Inutile dire che si fa davvero fatica ad affezionarsi al cast.
Una necessità dettata dal poco screen time a disposizione? Non si direbbe a giudicare dalla moltitudine di scene sotto la doccia, in piscina o negli spogliatoi che dobbiamo puntualmente sorbirci. Ok, ci sta il fanservice, ma le animazioni provenienti dall'era PS2 potevano benissimo lasciarle a casa.
Tante commissioni, poco tempo per divertirsi
La mediocrità del comparto narrativo purtroppo si riflette sul resto del gioco: le missioni secondarie si ripetono in maniera imbarazzante, il level design del Common è sterile e poco variegato (4 location, piccole tra l'altro) e il 90% delle feature del combat system non vengono minimamente sfruttate. Troppe abilità che si sovrappongono, troppe limitazioni insensate, troppi fronzoli e pure troppo facile - boss finale a parte è praticamente impossibile essere mandati al tappeto.
In compenso abbiamo adorato la colonna sonora, che propone motivetti dalle note classicheggianti ora d'ambiente ora più energici, con giusto una spruzzata di elettronica. Svolge dignitosamente il suo lavoro, anche se avremmo gradito qualche pezzo in più. Un po' di alti e bassi invece per il doppiaggio in giapponese: i momenti topici mancano d'impatto, tuttavia si lascia ascoltare nelle altre occasioni.
Quanto al comparto tecnico, Blue Reflection arranca vistosamente; si vede lontano un miglio che la versione usata come riferimento è quella Vita. Lo stile "anime" che caratterizza i personaggi è piuttosto convincente, ma la carenza di animazioni e paradossalmente di emozioni evidenzia la scarsa cura per il dettaglio che gli sviluppatori hanno riservato a modelli e location. Gli effetti speciali sono ridotti all'osso - tranne rare occasioni - e su PS4 sovente il frame rate crolla senza preavviso, persino durante i dialoghi. Che il gioco avesse bisogno pure del nostro frammento per carburare?
Non è il mio volto quello riflesso
Un buco nell'acqua per Gust, che anziché coinvolgere il giocatore nelle sconquassate vicissitudini delle eroine di Blue Reflection finisce per alienarlo con una regia sbadata e una formula di gioco pedante e bilanciata male.
Pad alla mano, Blue Reflection si presenta come una lista della spesa, una lunga sequenza di gesti e azioni a cui il giocatore è costretto e di cui si stanca molto rapidamente. Vai da X. Fai Y. Ricevi Z. Ripeti. Non c'è sostanza, non c'è pathos, non c'è evoluzione, solo una sfilza di lavoretti da fare per proseguire - o forse dovremmo dire trascinarsi - lungo i binari di una storia che non va davvero da nessuna parte.
Ciononostante, se il melodramma e lo slice of life tipicamente nipponici fanno al caso vostro - oltre al fanservice e a dozzine di potenziali waifu - chiudendo qualche occhio potreste riuscire a divertirvi con Blue Reflection. Possibilmente su Vita (se masticate il giapponese).