Nel corso del tempo la letteratura è andata incontro a drastici mutamenti. Quella gotica ad esempio nacque e iniziò a diffondersi nel diciottesimo secolo: la sua prima apparizione fu in Gran Bretagna, come segno di ribellione al periodo Neoclassico che non sapeva più soddisfare i bisogni dei lettori né i desideri degli scrittori. I primi erano stanchi di leggere della vita di tutti i giorni, della moralità, della realtà che ogni giorno - attraverso le parole - andava a imporsi come modo migliore di vivere all'interno della società; i secondi, invece, reagirono alla logica e alla comprensione dell'allora movimento letterario, lasciandoselo sempre più alle spalle in favore del Romanticismo.
In questo stesso contesto andò appunto a svilupparsi la letteratura gotica, che tuttavia non trovò posto nel continente americano (dove a noi interessa analizzare) se non verso la fine del secolo, poiché inizialmente rifiutata a causa del forte pragmatismo. Ad ogni modo, lentamente il movimento prese piede anche fra gli scrittori statunitensi, che poveri di una storia pari a quella europea lo adattarono alla loro propria cultura tendendo a riflettere sulla vita selvaggia del Paese o sull'asprezza delle città. Uno dei maggiori esponenti del gotico americano fu Howard Philips Lovecraft (1890-1937), scrittore e giornalista che guadagnò la nomea con cui oggi è conosciuto grazie a uno stile distintivo e unico.
Sebbene, come capita a molti, i suoi lavori non concorsero a supportarlo finanziariamente quando era in vita, continuarono dopo la sua morte a influenzare e ispirare artisti, scrittori e designer. H. P. Lovecraft divenne sinonimo della letteratura gotica, eppure la domanda sorge naturale: perché lui? Per quale motivo l'elitista, eccentrico, razzista scrittore del New England, padre di quella filosofia letteraria nota come "cosmicismo", prosperò dove altri autori anche migliori furono dimenticati? Dopotutto Lovecraft non era davvero l'eccellenza della sua epoca nei diversi generi per cui scrisse. Clark Ashton Smith, di cui peraltro era amico e lo rimase fino alla propria morte, aveva uno stile più accattivante; Algernon Blackwood scrisse horror migliori, Olaf Stapledon spicca nella fantascienza - e nonostante tutto, a essere maggiormente ricordato è Lovecraft.
Cosa lo separa, per dire, da Nictzin Dyalhis o Robert Bloch, per citare due dei tanti nomi pubblicati sulla nota rivista pulp Weird Tales? Se siete appassionati del genere e avete letto The Classic Horror Stories, allora sapete di non essere gli unici ad aver avuto questa perplessità e che il britannico Roger Luckhurst (la cui trattazione dello spinoso problema del razzismo di Lovecraft è un esempio di equilibrio, erudizione e concisione) ha cercato di dare una risposta all'interrogativo: da un lato ci riesce molto bene andando ad analizzare quello che, come scritto poco sopra, è lo stile unico di Lovecraft basato sull'utilizzo della catacresi. Il deliberato utilizzo improprio del linguaggio prova l'incredibile padronanza che egli in realtà aveva del suo vocabolario, che "il potere, la forza del sovrannaturale striscia fuori dalle frasi proprio in virtù del suo singolare stile". Concettualmente, per forzare un mondo è anzitutto necessario rompere lo schema del linguaggio e la concezione di realismo: aspetti in cui Lovecraft, di fatto, si distingueva.
Luckhurst tuttavia non dà risposta al motivo per cui così tanti lettori si siano avvicinati e si avvicinino ancora oggi alle opere di Lovecraft. Alcuni sono semplici: l'intelligenza, l'immaginazione e la qualità insite nelle sue migliori storie; la novità che rappresentavano, perché a livello letterario non c'era niente di simili e persino a distanza di decenni la loro unicità rimane. Altre ragioni invece sono meno evidenti, come l'attrazione verso il nichilismo cosmico, o la sua capacità di trasmettere e suscitare disgusto, paura e altre emozioni negative catartiche. Soprattutto però è il modo in cui il suo universo può essere adottato e cooptato, che sia sul serio o per gioco, da altri scrittori, lettori e persino giocatori. O, come nel nostro caso, game designer. Questo perché Lovecraft è stato il primo a creare un universo immaginario open source: laddove il crossover può indicarsi vecchio quanto l'umanità stessa, l'idea di aprire la propria realtà immaginaria a chiunque voglia prendervi parte è più recente. Sia durante la vita di Lovecraft che immediatamente dopo la sua morte, altri autori usufruirono delle sue idee e creazioni nelle loro storie, ed è questa la sua eredità più grande - quella che lo consacra e pilastro della letteratura gotica. La generosità che Lovecraft ha avuto nei confronti delle proprie opere ha offerto loro una longevità che i personaggi e le idee di scrittori migliori non possedevano.
Le influenze lovecraftiane nei videogiochi sono diventate sempre più diffuse tanto nei titoli tripla A quanto negli indie, tutti concentrati a seguire le orme dell'avventura di carta e penna The Call of Cthulhu (1981), recentemente adattata a sua volta per il panorama videoludico, mentre cercano di immaginare un nuovo approccio alla cosiddetta letteratura "weird". La manifestazione di tali influenze è varia e interessante come il materiale di partenza, persino all'interno dello stesso gioco poiché non sono presi in prestito solo nomi e scenari ma persino tematiche narrative. Dunwich Borers per esempio, in Fallout 4, è un chiaro riferimento a una delle pietre miliari di Lovecraft, L'orrore di Dunwich. Al di là del citazionismo ci sono però titoli costruiti interamente attorno alla sua letteratura, a partire dal già menzionato RPG The Call of Cthulhu fino a Howard Phillips Lovecar, lo shooter top-down a bordo di un'automobile, passando per l'horror in prima persona non lineare Inner Voices, dimostrando una forte proliferazione di cosa il termine "lovecraftiano" significhi quando è applicato ai videogiochi. Analizzandola in senso più ampio tuttavia, la parola si riferisce a una parte specifica e la più importante della produzione di Lovecraft: quella legata allo stile e alla struttura letteraria dei Miti di Cthulhu.
Proprio per tale ragione ci sono videogiochi che non meriterebbero la nomea di lovecraftiani, perché vanno a trattare una concezione generica del mito, senza evidenziare alcun profondo coinvolgimento con i temi e le strutture ricorrenti delle opere dello scrittore. Il cuore di molti progetti che rivendicano questo preciso aspetto è l'estetica dell'oscurità e del design di mostri basati sulle creature delle profondità marine; nessuno di questi tuttavia ricorda da vicino le descrizioni di Lovecraft, poiché anziché attingere direttamente da lui si vanno a inserire elementi tipici della tendenza più pervasiva all'interno della narrativa horror - cioè la messa in scena di situazioni in luoghi principalmente claustrofobici o nel corso delle ore notturne. L'orrore come lo concepiamo e rappresentiamo oggi è il riflesso di opere come Lo strano caso del dottor Jekill e del signor Hyde di Stevenson, o Dracula di Stoker, dove i mostri si aggiravano dopo il calar del sole. Lovecraft era invece più vario sia nelle ambientazioni sia nell'utilizzo del buio e della luce, della claustrofobia come dell'agorafobia. Ciò porta gli ambienti poco illuminati di SOMA, Call of Cthulhu e Conarium a rappresentare solamente metà dell'estetica propria dei lavori di Lovecraft.
Accanto a questi titoli si distinguono però altri videogiochi che attingono all'immaginario pervasivo dei mostri oceanici, diventato in particolare sinonimo per l'idea del Grande Antico Cthulhu: uno di questi è The Sinking City. La forma cefalopode ha in effetti un precedente dato proprio dallo stesso Lovecraft in Call of Cthulhu, nel quale viene descritta una scultura del Grande Antico che rievoca al contempo le immagini di "un polpo, un drago e una caricatura umana": questa descrizione divenne la fonte massima di ispirazione per gli artisti delle riviste pulp dove Lovecraft pubblicava, eppure fu l'autore stesso a contraddirsi solo poche pagine più avanti scrivendo che "La Cosa (Cthulhu) non può essere descritta".
Pare che un tema molto ricorrente nelle sue opere sia proprio l'incapacità di comunicare quale sia l'aspetto di questa mostruosità, generando - immaginiamo volontariamente - un fallimento della significazione per far sì che gli Antichi vadano oltre la comprensione umana. Dare loro una forma, anche la più terrificante, significa ridurne la portata ma i videogiochi sono un mezzo visivo e come tali chi li sviluppa deve per forza disegnarne l'aspetto andando a rompere uno dei principi fondamentali dei Miti di Cthulhu. Fornendo però Lovecraft in primis un'occasionale ma ben tangibile descrizione visiva, c'è un'implicita concessione a raffigurarli pur con le cautele del caso.
The Sinking City, dicevamo, fa giusto questo. Anziché lasciar ribollire sotto la superficie le tematiche lovecraftiane, lo studio di sviluppo ucraino Frogwares (Sherlock Holmes: Crimes & Punishments e Sherlock Holmes: The Devil's Daughter) sta cercando di seguire le orme dello scrittore usando il mito di Cthulhu non solo come sfondo bensì come una vera e propria ancora, costruendo sia il mondo di gioco sia le meccaniche attorno alla tradizione lovecraftiana nel tentativo di ricreare al meglio il concetto di universo interconnesso e condiviso. Forti della loro esperienza con titoli investigativi, gli sviluppatori hanno puntato ancora una volta su questo genere ma con l'idea di dare al giocatore la possibilità di costruire a piacere la propria investigazione: qui è dove nasce l'elemento open world. Non è la prima volta che Frogwares omaggia Lovecraft: Sherlock Holmes: Il risveglio della divinità e Magrunner: Dark Pulse trattano entrambi i Miti di Cthulhu, ma per la prima volta ha deciso per un gioco interamente costruito su quest'ambientazione e un genere che, rispetto a un survival horror, potrebbe coprire meglio tutte le sottigliezze e sfumature tipiche dell'universo di Lovecraft. Ecco da dove nasce invece l'implementazione di un'area urbana, una città sommersa, come hub principale.
Per emulare ancora di più le loro opere preferite di Lovecraft, gli sviluppatori si stanno avvalendo dell'aiuto delle persone che hanno lavorato all'originale gioco carte e penna The Call of Cthulhu, scrittori di talento con decenni di esperienza alle spalle che possano tenere sotto controllo la lore. Originariamente pubblicato nel 1981 e giunto nel 2016 alla sua settima edizione italiana, il gioco di ruolo è strettamente associato al veterano game designer Sandy Petersen (Doom, Age of Empires), suo principale autore durante il periodo di lavoro a una delle più vecchie case editrici di giochi di ruolo, Chaosium (RuneQuest). Ispirati dalle loro esperienze, i ragazzi di Frogwares sperano di portare alcuni dei temi di Call of Cthulhu in The Sinking City; avendo questi autori il mito a portata di mano, che si tratti di mostri, creature, persone o livello di follia, l'integrazione è estremamente possibile.
Non solo game designer, tuttavia. Gli sviluppatori si sono affidati anche a un più ampio bacino di designer in modo da rendere il loro gioco più simile a un ambiente vissuto che non a un sandbox piatto e poco profondo con appena una spruzzata di urbanismo. Quest'ultimo infatti rappresenta la fusione tra urbanistica e sociologia urbana, e il lavoro degli urbanisti è proprio capire come operano questi insediamenti non solo per trovare ma anche per mantenere un delicato equilibrio logistico. Nella maggior parte dei racconti di Lovecraft la folla non si percepisce ma è lì. Le storie affondano nelle grandi aree, nelle grandi città, ed è proprio questo a renderle possibili - il fatto che tu abbia una personale percezione delle cose che differisce inevitabilmente da quella degli altri. Oakmont funziona proprio così, costruendosi attorno ad aspetti fondanti del mito di Cthulhu: condivide non poche similarità con l'insediamento immaginario, sempre in Massachussets, di Arkham e non perde occasione per legarsi al canon; la Oakmont University ad esempio ha forti legami con la Miskatonic University di Arkham ed è al centro dell'indagine del detective poiché il padre, insegnante di storia antica e archeologia nell'istituto, è scomparso e lui va alla sua ricerca, usando la città come mezzo.
La demo di The Sinking City mostrata all'E3 e poi in un evento dedicato a Milano ha permesso di capire solo una piccola parte di tutto ciò che Frogwares vorrebbe implementare nel suo progetto e a livello teorico funziona: il disgusto, il senso di sporco, di marcio, striscia attraverso ogni edificio e ogni crepa, quasi fosse addirittura possibile respirarlo; il sovrannaturale, l'idea del culto, persino il razzismo di cui sono intrise le opere di Lovecraft sono state ben espresse nella mezz'ora di gioco che ci ha visto risolvere un caso di persona scomparsa. La moglie di un pescatore ci ha pregato di trovare suo marito e dopo aver avuto alcune informazioni di base, stava a noi decidere come agire: significa che laddove a volte si sappia precisamente dove andare, altre si hanno indizi parziali e siamo noi a dover capire dove reperire quanto serve. Due esempi veloci, peraltro legati fra loro: esaminando la baracca del pescatore abbiamo visto uno strano simbolo sul muro. Solo fotografandolo ne trarremo un indizio ma il gioco non suggeriva l'utilizzo di alcuna pellicola fotografica; allo stesso modo, una volta ottenute le informazioni dalla foto, dobbiamo scavare più a fondo eppure non ci è suggerito platealmente dove andare.
Guardando la mappa, e sapendo di dover cercare informazioni precise, vediamo la sede del giornale locale e la biblioteca. Ecco che allora il collegamento diventa lampante. Essendo Oakmont sospesa fra due realtà ed essendo il terrore, nell'universo di Lovecraft, uno stato autoinflitto gli sviluppatori non si sono lasciati sfuggire l'occasione di implementarlo: accanto alla barra della salute ce n'è infatti un'altra che indica il nostro livello di follia. Più si riempie, di fronte a eventi orribili come la scoperta di un cadavere decapitato, e più in confini con l'altra realtà si fanno sottili permettendo a creature d'incubo di emergere e attaccarci. Non importa che siano forse frutto della nostra autosuggestione, per noi sono concrete al punto da rappresentare un pericolo mortale.
Come scritto, sotto alcuni aspetti l'ambizioso lavoro di Frogwares funziona. Quello dove inciampa la demo è l'aspetto tecnico: il framerate non si è dimostrato molto stabile, i personaggi sono ancora un po' grezzi, si nota molto la mancanza di antialiasing sui loro modelli, soprattutto quando visti da vicino, e non c'è alcuna espressività nei volti. Il che, per un gioco basato sull'investigazione e dunque sull'interazione con gli abitanti del mondo, ora come ora è un difetto non da poco. Lo stesso sistema di combattimento è un po' goffo, legnoso, con un'intelligenza artificiale discutibile che in diverse occasioni - nell'unico vero combattimento contro esseri umani - rimaneva ferma a farsi uccidere. C'è però ancora tempo per limare i difetti, perché The Sinking City è previsto per il 21 marzo 2019 e se gli sviluppatori sapranno impegnarsi dal punto di vista tecnico tanto quanto stanno facendo con la lore, non c'è dubbio che il gioco possa diventare uno dei tanti da tenere d'occhio l'anno a venire.
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