Manca davvero molto poco al lancio di Pokémon Leggende: Arceus, il nuovo e ambizioso titolo dedicato ai mostri tascabili che reinterpreta il modello classico per catapultarci in un mondo nuovo, aperto, tutto da esplorare.
Al timone dello sviluppo torna Game Freak, storico team che da sempre ha scandito con i propri titoli l’evoluzione della serie e che in questa occasione prova a divergere in modo netto dalle meccaniche dei titoli principali per regalarci un’esperienza un po’ Breath of the Wild, un po’ Monster Hunter - quanto equilibrata, derivativa e con quale qualità verrà espressa ce lo dirà la prova finale del titolo.
Si faccia da parte Arceus, il “nuovo” Pokémon era Let’s Go!
La spinta a rinfrescare e a mettere in discussione l’universo dei Pocket Monsters si è sentita sempre più forte negli ultimi anni, in particolare da parte di un’ostinata fetta di pubblico che sottolinea come l’arretratezza di design (e tecnica) non possa essere sostenuta all’infinito per il bene stesso della serie.
Serie che, nonostante queste critiche, vede premiare a livello commerciale gli episodi più tradizionali: Pokemon Diamante Lucente e Pokémon Perla Splendente, controversi remake di quarta generazione realizzati da ILCA, sono stati graziati da un lancio sensibilmente migliore rispetto agli ultimi episodio della serie regolare, Pokémon Spada e Pokémon Scudo.
Ma quanto senso ha cambiare davvero una formula che funziona, migliorando agli occhi di pochi un prodotto che ha confermato di essere insostituibile conforto per tantissimi giocatori e un comodo accesso per i nuovi utenti? Ha senso quanto non è la critica a chiedere il cambiamento, quanto piuttosto il mercato. Esattamente come avvenne con Pokémon Let’s Go, Pikachu! e Pokémon Let’s Go, Eevee!, figli del successo di Pokémon GO.
La formula del successo di Pokémon GO.
Risale al 2016 il primo, vero, esperimento di successo marchiato Pokémon nato al di fuori dell’ambito console, grazie ad una geniale app creata da Niantic per trasformare ogni persona in un allenatore pronto a catturare i mostri tascabili esplorando le vie della propria città.
Un successo tale da occupare pagine di giornali (online e cartacei) e riportare alla luce tutti coloro che avevano avuto a che fare col brand, magari partendo dai cartoni animati, senza però addentrarsi nell’ambito videoludico. Gli stessi che oggi potevano invece, comodamente dal loro telefono, provare a fare un passo in più per immergersi nel mondo colorato che nelle loro menti riecheggiava delle voci di Giorgio Vanni, Cristina D’Avena e Davide Garbolino.
Milioni di persone nel mondo hanno in breve preso confidenza con la cattura, la crescita, la lotta e tutte le altre dinamiche di base proprie dei videogiochi (al tempo) per Nintendo 3DS. Con l’arrivo di Nintendo Switch previsto per l’anno successivo e l’inevitabile titolo da presentare sulla nuova console - sui cui nei primi mesi è approdato un validissimo Pokkén Tournament DX, rivelatosi però insufficiente antipasto per l’utenza della nuova console ibrida.
Nel 2017 il fenomeno mobile arriva a coinvolgere 250 milioni di giocatori nel mondo, cifra che balza a 380 milioni l’anno successivo: The Pokémon Company è pronta a gettare l’amo in questo nuovo oceano blu e lo fa con un trailer che è un eufemismo definire spudorato, inscenando un letterale passaggio dell’esperienza da Pokémon GO al nuovo prodotto.
Pokémon Let’s Go, Pikachu! e Pokémon Let’s Go, Eevee! sembrano infatti rappresentare l’anello di congiunzione tra il modello classico e la digressione mobile, introducendo un lancio della Pokéball guidato dai sensori di movimento e meccaniche che prevedono l’interazione tra il proprio telefono e la console. Un successo garantito, sulla carta.
Se è un esperimento, come fa ad essere un episodio “principale”?
Il traino del titolo mobile offriva un potenziale immenso al nuovo progetto, immaginato per essere un nuovo inizio e un nuovo approdo. Non per niente lo scenario scelto è ancora una volta la regione di Kanto: ritroviamo Biancavilla, Rosso e i primi 151 Pokémon, tra cui spiccano i due mostriciattoli più popolari in quel periodo, Pikachu e Eevee, pronti ad accompagnare il giocatore attraverso un’esperienza semplificata e addolcita, ma non per questo meno accattivante.
Le due versioni di Pokémon Let’s Go, per la prima volta nella serie principale, si distinguono per il Pokémon ottenuto in partenza, il quale sviluppa un rapporto molto intenso con il nostro avatar con delle interazioni uniche, mosse esclusive e la possibilità di apparire nelle scene di intermezzo.
La scelta di Pikachu e Eevee non è per niente casuale e neanche strettamente legata alla popolarità, ma ha radici “storiche”: i fan ricorderanno infatti come in Pokémon Giallo al giocatore fosse affidato un Pikachu, mentre il nostro rivale cominciava l’avventura con un Eevee. Lapalissiana la volontà di giocare le tutte le carte a disposizione per sostenere al meglio un prodotto così particolare. Forse troppo.
In un contesto così familiare e rassicurante, stonavano agli occhi dei fan la meccanica di cattura, il modello di progressione/crescita e il sistema di combattimento, stravolti fino ad ottenere una curiosa ibridazione con Pokémon GO: la cattura richiedeva l’uso dei sensori di movimento, i combattimenti con i Pokémon selvatici scomparivano e venivano meno alcune meccaniche di lotta, come la possibilità di assegnare oggetti scorta ai singoli membri della nostra squadra.
Inoltre era possibile approfittare in modo piuttosto brutale delle varie opzioni di accessorie o multiplayer, sfruttando le funzioni di portabilità della Poké Ball Plus per accumulare oggetti utili a potenziare i Pokémon o inserire a piacere il secondo giocatore per agevolare catture e battaglie, sbilanciando il livello di sfida in modo arbitrario.
La semplificazione dell’esperienza, la rimozione di alcune importanti meccaniche e la possibilità di sfruttare oltre i buon senso quelle presenti fece storcere il naso a molti appassionati, i quali misero sul gioco una grossa croce rossa per puntare al già annunciato nuovo titolo che sarebbe stato disponibile nel 2019. Quello sì che sarebbe stato un “vero” episodio principale!
Capisci il valore delle cose nel momento in cui non le hai più.
Eppure questo bizzarro remake di prima generazione portava con sé numerose caratteristiche estremamente innovative per la serie, prima tra tutte la rimozione degli incontri casuali, sostituiti dalla possibilità di vedere i Pokémon gironzolare nelle loro aree dedicate. Un cambiamento epocale, che è diventato ormai standard nel passaggio attraverso Spada & Scudo (in cui permangono alcune situazioni di casualità nell’erba alta) per arrivare a Leggende Arceus, che fa della libertà dei Pokémon il fulcro dell’esperienza.
Altra caratteristica molto sfiziosa e effettivamente in linea con lo spirito di collaborazione allenatore-Pokémon è il poter girare con una creatura a scelta al seguito - feature ripresa poi nei DLC di Spada & Scudo - e sfruttarne attivamente le caratteristiche in casi speciali: volare su Charizard, superare le distese d’acqua con Lapras e andare più veloci cavalcando Arcanine ci conduce concretamente all’immaginario della serie animata, in cui il legame con i compagni di viaggio va ben oltre le battaglie. E questo senza citare le animazioni speciali, come quelle dedicate a Snorlax e Kangaskhan!
Il tutto impacchettato nel titolo più concreto e meglio realizzato a livello tecnico dell’ultima generazione: Pokémon Let’s Go, Pikachu! e Pokémon Let’s Go, Eevee! sono titolo consapevoli della loro dimensione, che puntano sulla delicatezza degli shader e la pulizia dell’immagine, senza mai strafare.
È vero, la visuale classica a trequarti dall’alto è molto meno pesante rispetto alla virtuosa libertà di Spada e Scudo, tra scorci panoramici affascinanti e terre selvagge liberamente esplorabili in 3D, ma sapersi muovere tra limiti tecnici e di capacità è un pregio non da poco. Proprio per questo Pokémon Leggende: Arceus, oltremodo interessante per le tante e radicali innovazioni proposte, è vittima di critiche feroci per via di una rappresentazione grafica che stando ai trailer non è sembrata capace di trovare il giusto compromesso tra ambizioni e qualità finale.
Si stava meglio quando si stava peggio.
Forse in pochi si rendano conto di come tutto ciò viene rumorosamente richiesto dalla fanbase più attiva e partecipativa, in particolare nel competitivo, mal si sposa con la struttura della serie classica. Quando dopo anni hai cresciuto un’utenza che rusha senza pietà la trama perché il suo pane è allenare Pokémon, tra IV, EV e accoppiamenti utili a tramandare abilità esclusive, è chiaro che il passo da compiere per porre fine alle diatribe non dovrebbe essere incerto, bensì radicale.
La tanto vociferata separazione delle serie - tra super core e appassionati tradizionali - che avrebbe visto in Let’s Go una nuova branca da dedicare ai neofiti e a tutti coloro in cerca di esperienze più rilassate è ancora possibile: introdurre una versione “core” o “eSports” di Pokémon, magari cross-platform Switch/mobile e dedicata solo alla fase di allenamento e competizione, sarebbe così incompatibile con l’utenza del 2022? Si darebbe spazio ad un’utenza viva, accesa, propensa alla “stagionalità” e sempre presente sul campo per fornire feedback, miglioramenti e… spendere. Spendere per personalizzazioni, estetica, lustrini, quel che si vuole. E non stiamo parlando di Pokémon Unite.
Dall’altra parte si potrebbe continuare a perseguire una strada fatta di fedeltà e creatività, dando nuova vita alle regioni e generazioni che han fatto la storia per rendere più appetibili e vicine a quella sfera più “emozionale” che comprende la parte del franchise dedicata all’animazione.
Nel mondo Pokémon non ci sono giochi con la medesima cura di Let’s Go nel ricreare momenti classici o giocare con l’espressività dei personaggi - in particolare nelle interazioni con il nostro compagno - ed esplorare ulteriormente questa opzione potrebbe aprire le porte ad un'innovazione vera e irrinunciabile: una svolta narrativa che possa regalarci storie indimenticabili, non semplici filler che giustifichino il passaggio da una palestra all'altra.
Dovesse andar male, in caso, c’è sempre ILCA.