PlayStation non può fare a meno di Call of Duty, questa è la verità

Jim Ryan ha fatto notare che l'eventuale assenza di Call Of Duty su console PlayStation potrebbe rivelarsi un danno enorme… sarà vero?

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a cura di Andrea Maiellano

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Può una singola serie di videogiochi definire le vendite dell’intero mercato videoludico? Apparentemente sì, ed è stato proprio Jim Ryan, l’attuale CEO di Sony Interactive Entertainment, a dimostrarlo attraverso le sue dichiarazioni più recenti in merito a Call Of Duty.

Prima di analizzare le parole di Jim, però, è necessario fare un passo indietro per quei pochi che non hanno avuto tempo, o voglia, di informarsi su quello che sembra a tutti gli effetti la controparte videoludica della causa legale fra Johnny Depp e Amber Heard.

Nel gennaio del 2022 Microsoft ha ufficializzato un’offerta pari a 69 miliardi di dollari per acquisire il gruppo Activision Blizzard, una mossa inaspettata e che ha segnato un precedente storico per l’intera industria, considerando il numero di studi facenti parte dell’azienda e il numero di proprietà intellettuali che, se l’accordo venisse finalizzato, diventerebbero proprietà di Microsoft.

Il turbinio mediatico che questo annuncio creò fu facilmente intuibile: videogiocatori indignati, concorrenti che elargivano congratulazioni di cortesia, dichiarazioni al vetriolo e, ovviamente, l’antitrust che entrò a gamba tesa a controllare che questo accordo non si rivelasse estremamente dannoso per la concorrenza, generando un monopolio da parte di Microsoft, praticamente impossibile da arginare una volta portato a termine l’affare.

Da quel momento l’accordo Microsoft-Activision divenne la colonna sonora del periodo primavera/estate 2022, una sorta di Festivalbar di news che, a cadenza regolare, aggiornavano gli appassionati sull’andamento degli studi dell’antitrust, alternando le noiose spiegazioni legali a qualche dichiarazione di Phil Spencer, atta a tranquillizzare i videogiocatori di tutto il mondo.

Qualche giorno fa, però, Jim Ryan ha interrotto questa fiumana mediatica fatta di studi degli enti regolatori, e dichiarazioni “pro-giocatori”, con un brusco cambio di toni durante un’intervista rilasciata a GameIndustry, affermando che l’attuale proposta che Microsoft ha fatto a Sony, in merito al brand Call Of Duty, sia inadeguata su molteplici livelli.

"Non avevo alcuna intenzione di commentare quella che pensavo fosse una discussione di affari privata, ma credo che sia necessario farlo visto che Phil Spencer ha deciso di parlarne in pubblico. Microsoft ci ha proposto solo altri tre anni di permanenza della serie di Call of Duty su PlayStation, dopo la fine dell'attuale accordo tra Activision e Sony. Dopo vent'anni di Call of Duty su PlayStation, riteniamo che questa proposta sia inadeguata su più livelli, e che non tenga conto dell'impatto che avrebbe sui nostri giocatori. Vogliamo garantire alla nostra community un'esperienza della massima qualità, e la proposta di Microsoft mina questo principio".

Jim Ryan

Mentre tutti i romantici, come il sottoscritto, si perdevano in voli pindarici pensando a come il mercato stesse cambiando, e come tutte quelle IP storiche, nate e divenute celebri proprio sulla prima immortale PlayStation, ora rischiano di non approdare più sulle console dell’azienda che gli ha dato i natali, Jim Ryan ha fatto capire ai videogiocatori di tutto il mondo quanto il brand di Call Of Duty possa rivelarsi più importante del lo stesso marchio PlayStation.

Eh già! Mentre i sostenitori di Sony si prodigano su ogni piattaforma social che gli dia libertà di parola, scrivendo a caratteri cubitali frasi come “COD Me**a”; “Sony farà un FPS migliore che distruggerà la concorrenza”; “Su PlayStation abbiamo Bungie e quindi non preoccupatevi che arriverà la bomba!”, l’azienda, che da sempre promuove a spada tratta l’importanza delle esclusive, ha iniziato a tremare di fronte a quella concorrenza che l’ha presa in parola, o meglio, che ha deciso di cambiare drasticamente il concetto stesso di esclusiva.

Microsoft, o meglio Phil Spencer, attualmente amministratore delegato di Microsoft Gaming, non ha mai mentito nelle sue dichiarazioni, semmai ha sempre presentato i fatti in una versione edulcorata e “press-friendly”. Difatti tutti i titoli che sono, o saranno, prodotti dagli studi facenti parte degli Xbox Game Studios non saranno mai esclusive di una piattaforma specifica, ma saranno esclusive di un servizio, l’Xbox Game Pass.

Per tutti quelli che leggendo la frase precedente si sono ritrovati con un’espressione analoga a quella di Mimmo in Bianco Rosso e Verdone, con un enorme “In che senso?!?” che gli aleggia sopra la fronte, provo a spiegarmi meglio. Xbox Game Pass è un servizio che offre l’accesso a un catalogo di titoli fruibili sia in streaming, attraverso il cloud gaming, sia dopo il canonico download sullo storage interno di un device compatibile. Questo vuol dire che basta essere abbonati al servizio per poter giocare ai titoli presenti nel servizio su qualsiasi piattaforma compatibile.

Quello che ridefinisce il concetto di esclusiva, però, sono proprio le piattaforme compatibili, poiché Microsoft ha sempre offerto la possibilità di avere il proprio servizio a chiunque lo richieda, veicolando la decisione finale di avere, o meno, un determinato catalogo di titoli al cliente finale. Sony, così come Nintendo, di cui vi parlerò più tardi, ha ovviamente sempre rifiutato ogni proposta avanzata da Microsoft nel rendere disponibile su una console Sony l’Xbox Game Pass, e se questo diniego vi sembra normale, e logico, di fatto andrà a generare negli anni a venire una percezione differente nell’utenza, ovvero quella che Microsoft ha i diritti di una serie di proprietà intellettuali che mette a disposizione per tutti quelli che accettano il suo “servizio in streaming”, ma sono le aziende che rifiutano questa possibilità, danneggiando i giocatori che tanto dichiarano di amare.

Se neanche così vi è chiaro, spostiamo il focus su qualcos’altro e prendiamo come esempio Disney+. Avete mai trovato una serie Marvel, di quelle recenti, in vendita in Blu Ray? No, sono tutte disponibili su Disney+, il quale è accessibile su ogni device attualmente in commercio (console da gioco, smartphone, tablet e smart-tv), permettendovi di guardarle dove volete a patto di pagare un ‘abbonamento e avere un dispositivo compatibile. Xbox Game Pass funziona alla stessa maniera, e questo concetto, ancora pionieristico per un’azienda che erge le sue fondamenta sulle console da gioco e i passaggi generazionali, sta rivoluzionando, anno dopo anno, il concetto stesso di esclusiva.

Microsoft, però, non è stupida e sa che il progetto Game Pass necessita di tempo per maturare e diventare uno standard, e la recente dichiarazione di Jim Ryan ci permette anche di leggere fra le righe quanto sia a lungo termine la visione dell’azienda di Redmond. Al momento, difatti, le console da gioco, così come le tifoserie da stadio associate alle rispettive case di produzione, sono ancora un pilastro portante dell’industria videoludica, motivo per il quale Microsoft ha dichiarato che continuerà a produrre console da gioco negli anni a venire.

Allo stesso tempo, però, l’azienda di Redmond sta tenendo sotto osservazione il progresso tecnologico, e le possibilità offerte dal cloud gaming, in maniera tale da ampliare l’offerta proposta con Game Pass in anticipo sui concorrenti ma senza veicolarne la fruizione a tecnologie ancora instabili o, semplicemente, poco distribuite su scala globale.

Pensare al giorno d’oggi di fruire in streaming della propria libreria videoludica senza lag, cali di rete e con performance “stellari”, è ancora un’utopia, ma Microsoft si sta muovendo chiaramente in quella direzione, calcolando i tempi necessari per essere in prima linea quando queste tecnologie diventeranno all’ordine del giorno. Non a caso le tempistiche di disponibilità di Call Of Duty enunciate da Jim Ryan non paiono casuali.

Basta pensare a come sono cambiate, e a quanto si sono diffuse, le piattaforme di streaming nel corso dei precedenti 6 anni, per capire come mai Microsoft abbia garantito a Sony tre anni aggiuntivi di disponibilità di Call Of Duty sulle piattaforme Sony. Non sappiamo i termini dell’attuale contratto, ma varie fonti sostengono che Activision sia ancora legata a un accordo con Sony fino al 2024, che con l’aggiunta dei tre anni aggiuntivi proposti da Microsoft porterebbe Call Of Duty a restare stabilmente sulle console PlayStation fino al 2027.

Considerando che oggi come oggi è già possibile giocare in cloud, con i dovuti compromessi, alle esclusive di Microsoft senza dover possedere per forza una console specifica o un PC da gaming performante, viene da sé che, analizzando tutti questi dati, l’obiettivo di Microsoft sia di forzare la mano con la concorrenza, imponendo l’arrivo del proprio servizio, che per quel periodo sarà perfettamente funzionante, grazie a una serie di proprietà intellettuali altrimenti inaccessibili, ridefinendo il concetto di esclusiva e imponendo un cambio di visione alle aziende che ancora puntano tutto sulla vendita del singolo prodotto sulla propria macchina da gioco.

Ma come mai Call Of Duty è così importante per Sony? D’altronde stiamo parlando dell’azienda il cui nome significa “Videogioco” per milioni e milioni di giocatori. È mai possibile che l’assenza di un singolo brand possa danneggiarla così tanto? Per rispondere a questa domanda bisogna, prima di tutto, suddividere maggiormente l’abnorme popolazione globale di videogiocatori, eliminare dall’equazione i cosiddetti “hardcore gamers” e limitarci, almeno per il momento, alle mura della nostra nazione. 

Al netto, appunto, di tutti quei giocatori che da sempre si informano in merito a cosa acquistare, alle nuove tecnologie e ai nuovi titoli in sviluppo (sì, mi riferisco proprio a te che, come me, spendevi la paghetta in riviste di videogiochi ogni mese non potendoti permettere di giocare a calcetto con gli amici), l’acquisto di una console è sempre stato dettato dalla celeberrima frase “ce l’ha quel mio amico”. Non contiamoci fandonie, la maggior parte delle persone che ha comprato una PlayStation sul finire degli anni '90 lo ha fatto perché ce l’avevano tutti, per sentirsi parte di un gruppo e per avere argomenti di discussione con i propri compagni di scuola. Chi aveva un Nintendo 64 (o una Xbox negli anni seguenti) era perlopiù uno sfigato che non aveva la fortuna di possedere la console più cool del momento.

Non parlo del periodo Super Nintendo e Mega Drive, perché in Italia, in quel periodo, le console erano meno diffuse fra i bambini e i ragazzini rispetto ad altri parti del pianeta, e venivano ancora considerate “videogiocattoli” (vi devo proprio ricordare lo spot della Giochi Preziosi con Jerry Calà che sfoggiava la spilla di Sonic?!). La prima PlayStation fu il primo, vero, fenomeno di massa di stampo videoludico in Italia, con frotte di giocatori “casual” che piazzavano quella scatola grigia in salotto più per moda che per reale interesse. Non erano le esclusive a renderla interessante, quanto più il suo essere un nuovo gadget tecnologico che era riuscito a non essere considerato un mero “giocattolo elettronico”.

Se vi state chiedendo perché io abbia cominciato a parlarvi della prima PlayStation in questa lunga opinione su Call Of Duty, il motivo è molto semplice. A partire dal quarto capitolo della serie, il celeberrimo Modern Warfare, la serie di Activision si impose sul mercato grazie a una formula che permetteva a chiunque, giocatori casual e hardcore, di trovare immediato appagamento tramite un gameplay frenetico, partite brevi e la possibilità di giocare con gli amici sia in locale che online.

Da quell’anno in particolare, Cal Of Duty, già famoso fra i giocatori più navigati, divenne un’icona che, anno dopo anno, staccava record di vendite incredibili diventando la gallina dalle uova d’oro di Activision. Da quel lontano 2007 non ci fu un anno in cui Call Of Duty non fu in vetta alle classifiche di vendita, ma allo stesso tempo, lo shooter di Activision generò un’importante inversione di tendenza che proprio le vendite del 2007 portarono alla luce.

Da novembre 2007 a gennaio 2008, secondo NPD Group negli Stati Uniti, le versioni Xbox 360 e PlayStation 3 di Call Of Duty 4 hanno venduto rispettivamente 1,57 milioni e 444.000 unità, delle quali 1,47 milioni di unità della sola versione Xbox 360, la quale è stata il terzo videogioco più venduto del 2007 negli Stati Uniti con 3,04 milioni di unità, dopo Halo 3 e Nintendo Wii Sports. Questo importante dato prende una piega ancora più importante se si pensa all’esordio di Xbox 360 che, anche in Italia, fece scegliere a molti giocatori di passare a Microsoft per via di un prezzo di listino inferiore, della possibilità di giocare online con i propri amici e, soprattutto, dell’essere uscita prima sul mercato.

Tutto questo per dirvi che, in sostanza, per quanto noi giocatori più “acculturati” non vediamo un grosso problema nella eventuale presenza esclusiva di Call Of Duty su Xbox Game Pass, lo shooter di Activision, così come altri titoli quali FIFA e Fortnite, hanno chiaramente mostrato quanto tutte le chiacchiere che facciamo ogni giorno in merito a esclusive, generazioni e macchine da gioco non contano nulla e che, alla fine, è il pubblico a decidere che cosa comprare in base ai propri gusti, alle proprie esigenze e ai trend del momento.

Dal boom del 2007 a oggi, la serie di Activision è stata una di quelle macchine da soldi capaci di dettare le vendite delle varie macchine da gioco basandosi sulla più basilare delle regole di mercato: io compro Call Of Duty non sulla macchina da gioco migliore ma sulla piattaforma che hanno i miei compagni di gioco, e se, un domani, il titolo sarà disponibile esclusivamente su un servizio in abbonamento, il pubblico “casual” di Call Of Duty si sposterà là con buona pace di tutte le nostre illazioni sul fatto di ritrovarci in un periodo storico dove uno shooter, fra l’altro anche costantemente insultato dai giocatori più navigati, possa realmente cambiare le dinamiche.

E se non ci credete, vi basti sapere che al netto delle dichiarazioni di Jim Ryan, le quali affermano che Sony sia stata la miglior cliente per Activision nel 2020 grazie agli introiti generati con Call Of Duty, le migliori clienti di Activision negli anni seguenti sono state Apple e Google, grazie alla versione mobile di Call Of Duty. Un dato che farà storcere il naso a molti, è vero, ma che dimostra ancora una volta come i clienti paganti, non i videogiocatori di lungo corso, siano poco interessati alla piattaforma sulla quale fruiscono di un prodotto rispetto al prodotto stesso.

Tutte queste digressioni spero vi abbiano aiutato a farvi capire come mai Sony sia così spaventata dall’idea di perdere un brand quale Call Of Duty, o anche solo di dover sottostare ad accordi che vanno contro alla propria visione aziendale per farlo arrivare attraverso piattaforme di terze parti rese disponibili sulle proprie console da gioco. C’è però un'ultima riflessione che vorrei portare alla vostra attenzione. Il classico tarlo che potrebbe aprire a discussioni ancora più ampie.

Come mai Nintendo non ha bisogno di Call Of Duty? E sì, già vi sento che vi lamentate perché anche in questo contesto trovo il modo di parlare di Nintendo, ma fidatevi, non è come sembra. Quello che mi ha stupito di tutto questo circo mediatico, così come dell’analisi dei risultati di vendita delle varie generazioni di console, è che Nintendo ha dimostrato in più riprese di non avere bisogno di null’altro che di Nintendo stessa e delle sue proprietà intellettuali.

Quando l’azienda di Kyoto ha realizzato di non poter competere con l’avanzata tecnologica proposta dal susseguirsi delle generazioni di console da gioco (più specificatamente negli anni successivi all’uscita sul mercato del Game Cube), ha optato per puntare tutto sulla sua storica identità e su una visione aziendale basata sull’offrire delle esperienze uniche ai giocatori, disponibili esclusivamente attraverso le loro console da gioco.

Al netto della sfortunata WiiU, vittima di una scellerata operazione di marketing, il risultato di questa operazione non si può dire che non abbia portato i suoi frutti, specialmente considerando che, senza scomodare gli incredibili risultati di vendita di Wii, Nintendo Switch è al momento nelle mani di 111 milioni di giocatori, grazie a un catalogo enorme di proprietà intellettuali esclusive che, per quanto nel nostro paese vengano definite costantemente come ridondanti e di nicchia, a quanto pare hanno saputo convincere il pubblico di massa.

Questa digressione finale, però, non è nata per elogiare Nintendo e le sue proprietà intellettuali, quanto più per capire assieme a voi come si sia arrivati al punto che Sony abbia davvero così bisogno di Call Of Duty per garantirsi di non perdere ingenti volumi di vendita del proprio hardware. Su PlayStation, come vi accennavo poc’anzi, hanno visto i natali personaggi come Crash Bandicoot, Spyro The Dragon, Sir Daniel Fortesque, Jak and Daxter e saghe come God Of War, Killzone, Uncharted, Gran Turismo, The Last Of Us, Resistance e moltissime altre che non avrebbe senso elencare in questo momento.

Come è possibile che con tutte le proprietà intellettuali nate e cresciute sulle console di Sony, anche da parte di software house di terze party, l’azienda non sia mai stata in grado di accudirle, farle crescere, acquisirle se necessario, in maniera tale da creare un insieme di esperienze videoludiche che non abbiano realmente bisogno di dipendere così tanto da una produzione di terze parti?

Vale, ovviamente, lo stesso discorso per Microsoft la quale, per quanto abbia fin dagli esordi usato Master Chief come mascotte per la sua console da gioco, ha oltrepassato vent’anni di alti e bassi che non hanno saputo rendere uno degli shooter più famosi del panorama videoludico un’esperienza imprescindibile per i giocatori di tutte le età. 

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