Dopo 26 anni Streets of Rage 4 segnerà, il 30 aprile prossimo, il ritorno della serie storica di picchiaduro a scorrimento targati Sega. Il terzo e ultimo capitolo della serie, conosciuta in Giappone come Bare Knuckle, arrivò infatti su Sega Mega Drive nel lontano 1994. Da quel momento in poi, nonostante alcuni tentativi di portare la saga su Saturn e Dreamcast, Streets of Rage non ha potuto contare su nuove uscite, se non un remake del primo capitolo rilasciato nel 2008 solo in Giappone per smartphone Windows.
Streets of Rage 4 riporta però in primo piano anche un genere ormai scomparso come quello dei picchiaduro a scorrimento, titoli iconici degli anni ‘90 in grado di garantire ore di divertimento in cooperativa, ancora prima che i picchiaduro uno contro uno diventassero un successo mondiale con Street Fighter 2. Vediamo dunque alcuni dei beat'em up di serie che hanno segnato un'epoca e che si sono distinti sia nel bene che nel male, tralasciando volutamente titoli più conosciuti come Double Dragon e Final Fight preferendo giochi e capitoli meno famosi ma pur sempre rappresentativi di un periodo videoludico ben preciso.
Streets of Rage 2
Il titolo sviluppato da Sega rappresentò nel 1992 il "riscatto" dei possessori di Mega Drive, da sempre costretti a vedere sulla rivale Super Nintendo conversioni migliori di picchiaduro a scorrimento e un maggior numero di titoli di questo genere. Senza contare che la console della casa di Mario poteva contare sull’esclusiva della serie Final Fight e relativi seguiti. Il successo della serie Streets of Rage si deve, ancora oggi, essenzialmente a questo secondo capitolo curato dallo stesso team che aveva realizzato il primo titolo uscito nel 1991 (sì, all’epoca bastava un anno per realizzare un seguito).
Se esistesse un manuale di game design su come realizzare un perfetto stage introduttivo, troveremmo in prima pagina Streets of Rage 2. Partendo da una strada urbana molto simile a quella del primo capitolo, i protagonisti Axel, Blaze e "Skate" scendono nei bassifondi fino a combattere in un locale con effetti di luce che “spremevano” l’hardware del Mega Drive per arrivare sino a una suggestiva (almeno per l’epoca) boss battle sotto la pioggia. Streets of Rage 2 non si allontanerà mai da questi standard qualitativi anche nei sette livelli successivi come uno stadio, un parco di divertimenti e una giungla fino alla base nemica.
Con un perfetto mix di ritmo, ambientazioni, character design e difficoltà, Streets of Rage 2 resta negli annali dei picchiaduro a scorrimento e in generale dei videogiochi. Senza dimenticare la colonna sonora in stile dance-techno anni ‘90 composta da Yuzo Koshiro, che ancora oggi può contare su innumerevoli remix degli appassionati.
Final Fight 2
Questo secondo capitolo rappresentava il classico more of the same, non aggiungendo niente di particolare alla formula di Final Fight, uno dei padri del genere del picchiaduro a scorrimenti. Di per sé non fu particolarmente memorabile ma il fatto che Capcom avesse deciso di pubblicare un seguito solo per console dà un’idea della corsa che si era scatenata nei primi anni ‘90 per realizzare picchiaduro a scorrimento. Final Fight 2 fu pubblicato come esclusiva Super Nintendo nel 1993, in ritardo rispetto al boom del genere che lo stesso primo capitolo della serie aveva innescato con l'uscita in sala giochi nel 1989 e sulla stessa console nel 1990.
La prima differenza evidente rispetto al capitolo precedente furono alcune sostituzioni nel cast principale. Haggar fu l’unico a tornare, mentre Cody e Guy lasciarono il posto a Carlos Miyamoto, combattente specializzato in arti marziali e armato di una spada che usava solo per gli attacchi speciali, e Maki Genryusai, esperta di Bushin-ryū Ninpō che poi sarebbe riapparsa in Capcom vs. SNK 2 e altri picchiaduro della serie cross-over. I nuovi personaggi di Final Fight si rivelarono anche dei globetrotter rispetto al cast precedente: lo scenario americano di Metro City del primo capitolo fu infatti sostituito da ambientazioni europee e asiatiche come Hong Kong e l’Italia.
Teenage Mutant Ninja Turtles: Turtles in Time
L’intera serie di picchiaduro a scorrimento delle Teenage Mutant Ninja Turtles meriterebbe davvero di essere trattata a parte, dato che Konami, partendo dalle versioni arcade, riuscì a realizzare titoli per tutte le piattaforme, dal NES sino ad arrivare al Game Boy. Turtles in Time apparso nel 1991 in sala giochi, per quanto simile al primo episodio, rappresentò il capitolo più rifinito e limato della serie. Il gioco arrivò anche su Super Nintendo con delle aggiunte in termini di nemici e livelli, mentre i possessori di Mega Drive dovettero accontentarsi di una versione pesantemente tagliata e con soltanto cinque livelli.
Ogni Tartaruga Ninja aveva differenti parametri come velocità, difesa, attacchi normali e tecniche speciali (anche se nella maggior parte dei casi era più comodo usare Donatello per il range ampio della sua arma). Partendo da una premessa piuttosto ridicola (i nemici rubano la Statua della Libertà), anche senza una DeLorean le tartarughe più famose degli anni ‘90 si ritrovavano a viaggiare nel tempo: dalla preistoria a un galeone del sedicesimo secolo, fino al Far West e al 2020 (è andata molto diversamente da come Konami lo aveva previsto!).
Con una licenza così forte e con la qualità garantita da Konami, il risultato di Teenage Mutant Ninja Turtles: Turtles in Time fu sorprendente soprattutto per la versione arcade che aveva grafica e animazioni eccezionali. L’unico "difetto": la casa giapponese ebbe il coraggio di recuperare alcuni nemici dal “malfamato” secondo film dedicato alle Tartarughe Ninja intitolato Il segreto di Ooze e uscito nello stesso anno di TMNT: Turtles in Time.
Captain America and The Avengers
Ah, i vecchi tempi in cui gli eroi Marvel non erano legati a diritti stringenti come quelli attuali. Questo titolo della compianta Data East fu rilasciato nel 1991 in versione arcade e l’anno successivo per le console casalinghe. Dobbiamo ammettere che negli anni ’90 i giochi tratti da da film o fumetti non godevano di ottima fama dato che puntavano tutto proprio sulle licenze. Captain America and The Avengers sembrava non fare eccezione e in effetti se confrontato ad altri picchiaduro a scorrimento non brillava particolarmente.
Dalle schermate avrete già notato che, pur essendo uscito nello stesso periodo, Captain America and The Avengers non poteva tenere il passo dei titoli Capcom e Konami. A colpire sono in particolare le dimensioni degli sprite, decisamente più piccole della media, anche se questo è probabilmente dovuto al fatto che ci sono sezioni sparatutto con nemici giganti. I personaggi selezionabili sono Capitan America, Iron Man, Occhio di Falco e Visione con altri eroi che facevano delle comparse in versioni non-giocabili. Particolarmente avanzate, per l’epoca, erano anche le voci campionate.
A differenza degli altri picchiaduro a scorrimento, Captain America and The Avengers era più frenetico abbracciando le proprie origini fumettistiche con onomatopee per i colpi e colori particolarmente brillanti. Quello di Data East era, nel complesso, un gioco non molto innovativo ma estremamente divertente e poteva contare anche su conversioni per console molto fedeli alla versione arcade, almeno in termini di contenuti.
Comix Zone
Immaginate che a una riunione di creativi Sega qualcuno si sia alzato e abbia detto: «Ma perché invece di un gioco sui fumetti, non facciamo un gioco nei fumetti?». Potrebbe essere stata più o meno questa la genesi di Comix Zone, uno degli ultimi giochi pubblicati nel 1995 per Sega Mega Drive e uno degli ultimi picchiaduro a scorrimento, destinati a scomparire con l’arrivo delle console 3D apparse proprio quell’anno.
Sketch Turner, fumettista di New York che sta lavorando al proprio fumetto Comix Zone, finisce intrappolato nella sua stessa opera, dovendo affrontare le sue stesse creazioni. Ci sono pochi dubbi: graficamente Comix Zone è stato uno dei tentativi più riusciti dell’epoca nel ricreare l’estetica dei comics americani in un videogioco. Considerato nel complesso, bhe, il gioco di Sega era un modesto picchiaduro. Un po’ troppo ripetitivo nelle sue meccaniche (anche per gli standard del genere) e con controlli non particolarmente fluidi.
In un panorama dominato da un genere che all’epoca era ormai totalmente inflazionato, Comix Zone rappresentò comunque una bella novità, che durava poco. Il gioco era infatti abbastanza corto e il livello di difficoltà (alto) tentava in qualche modo di colmare questa lacuna. Il titolo di Sega attualmente è disponibile su varie collection del Sega Mega Drive disponibili per le ultime generazioni di console e per PC.
The Simpsons
Quale genere poteva essere più adatto per un gioco dei Simpson su licenza? Un platform? Una parodia di altri generi? A inizio anni ‘90 Konami la pensava diversamente: il genere ideale per un tie-in della celeberrima opera era quello dei picchiaduro a scorrimento. Il risultato non fu solo uno dei migliori giochi dell’epoca dedicati alla serie di Matt Groening, ma anche un picchiaduro solido e divertente che permetteva, con i cabinati che lo permettevano, di giocare sino in quattro persone.
La premessa della storia è che Maggie è stata rapita, con i componenti dell'iconica famiglia che sono quindi costretti a mettersi alla ricerca armati alla bell'e meglio, con tanto di Marge dotata di aspirapolvere, Bart di skateboard, Lisa di corda per saltare e Homer di… pugni. Il gioco permetteva anche degli attacchi combinati (meccanica rara nei picchiaduro a scorrimento ma comunque non estranea al genere) e tra un livello e l'altro aveva anche alcuni bonus stage con mini-giochi competitivi. Il titolo copriva alcune delle aree più iconiche di Springfield come le vie cittadine, Krustyland, la taverna di Moe e la centrale nucleare.
Di questo gioco, al momento non esiste una versione distribuita ufficialmente. The Simpsons era apparso nel 2012 con il nome The Simpsons Arcade Game per PSN e Xbox Live, ma fu poi rimosso per ragioni ad oggi sconosciute. Nel complesso per i nostalgici, non solo dei picchiaduro a scorrimento ma anche delle prime stagioni dei Simpson, sarebbe stata una buona occasione per recuperare questo titoli.
Cadillac and Dinosaurs
Il pitch di questo picchiaduro Capcom suonerebbe piuttosto strano: un meccanico, un ingegnere, un’esploratrice e un uomo “dal passato misterioso” attraversano scenari post-apocalittici picchiando (e sparando a) dinosauri e ai criminali che li contrabbandano e li usano come cavie per esperimenti. Il concept di questo titolo apparso tra il 1992 e il 1993, in ogni caso non fu tutta colpa di Capcom dato che Cadillacs and Dinosaurs era basato sui fumetti Xenozoic Tales apparsi nel 1987.
In una qualsiasi sala giochi, Cadillac and Dinosaurs si faceva notare soprattutto per i suoi sprite molto curati e per il design di livelli e nemici decisamente originali rispetto alla media dei picchiaduro dell’epoca, ambientati invece solitamente in contesti urbani contemporanei. Dal punto di vista del gameplay i quattro protagonisti avevano a disposizione un buon numero di mosse e combo (circa una decina), la possibilità di un dash non solo in avanti ma anche all’indietro e poi un arsenale di armi da fuoco per l’epoca fuori dall’ordinario, fatto di fucili a pompa, dinamite e bazooka. Ovviamente si poteva usare anche una Cadillac (ma solo nel terzo livello).
Nonostante il successo del cabinato, Cadillac and Dinosaurs non fu mai convertito per console, forse perché troppo esigente in termini di requisiti hardware. Con Cadillac and Dinosaurs prima e la serie Dino Crisis poi, la fascinazione di Capcom per i dinosauri sembra quindi essersi fermata ai primi anni Duemila.
Captain Commando
Come dimostra Cadillac and Dinosaurs nei primi anni ‘90 si scatenò un’affannosa ricerca dei concept più originali per cavalcare l'onda del successo dei picchiaduro a scorrimento (e più avanti, con Street Fighter 2, anche per quelli a incontri). Uno di questi è sicuramente Captain Commando del 1991, sempre di Capcom, che poteva contare su un cast quantomeno bizzarro.
Oltre al personaggio principale e a un ninja dal design piuttosto standard, il titolo poteva vantare altri due personaggi selezionabili piuttosto strani come un alieno con le fattezze di una mummia e un neonato “prodigio” in grado di comandare un mech da lui stesso creato. Il gioco non si discostava troppo dal template dei beat'em up che venne introdotto da Final Fight, aggiungendo però un maggiore impiego di armi da fuoco e alcuni mech con attacchi fisici ed elementali di ghiaccio e fuoco.
Senza dubbio Captain Commando era un gioco dal character design molto originale, ma l’esperimento con supereroi futuristici di Capcom non si rivelò particolarmente riuscito e può anzi essere considerato eccessivamente pacchiano. E questo, per un genere dal gameplay molto standardizzato, era già uno svantaggio di partenza. Captain Commando è incluso nel Capcom Beat 'Em Up Bundle disponibile su console e PC.
Golden Axe 3
A prima vista il terzo capitolo di Golden Axe dovrebbe in teoria essere ricordato come l’erede di una saga storica di picchiaduro, peraltro all’arma bianca, sottogenere che all’epoca non contava proprio molti rappresentanti a parte Knights of the Round di Capcom. Il gioco in realtà rappresentò la pietra tombale della serie classica.
Golden Axe 3 fu così poco riuscito che Sega decise di non pubblicarlo né in America né tantomeno in Europa perché, come riferiscono le voci, avrebbe potuto finire per danneggiare il marchio che, per ironia della sorte, sarebbe finito comunque con quel terzo capitolo. Tra i principali aspetti negativi c’erano alcuni passi indietro rispetto al secondo capitolo in termini di meccaniche, soprattutto la gestione delle magie, e la grafica inferiore rispetto al passato. L’idea di aggiungere animali antropomorfi come personaggi giocabili (ad esempio una pantera e un’aquila) apparve poi come un'idea totalmente disallineata rispetto ai toni della serie.
I timidi tentativi di innovazione come i percorsi alternativi e un generale rinnovamento del set di mosse non bastarono quindia risollevare le sorti di Golden Axe 3 che rimane confinato in Giappone. Il gioco è stato poi ripubblicato anche in Occidente in varie collezioni per PlayStation 2 e PSP, oltre alla Sonic's Ultimate Genesis Collection per Xbox 360 e PlayStation 3. Il gioco è disponibile anche separatamente su Steam.
Splatterhouse 2
Ancora prima del survival horror, c’era molto semplicemente l’horror. E non lo si affrontava a colpi di armi da fuoco, ma a mani nude. Splatterhouse 2 era niente di più di un more of the same del primo capitolo con un gameplay praticamente identico al precedente episodio. La serie si è sempre contraddistinta per le atmosfere horror e splatter e se possibile il secondo episodio portava questi temi ancora più all’estremo.
Il protagonista Rick ritorna indossando la maschera maledetta al centro delle vicende e palesemente ispirata a Jason di Venerdì 13. Il punto forte del gioco è rappresentato dalle atmosfere e su questo aspetto specifico il secondo capitolo non delude. Le otto aree che si attraversano sono sempre quelle della casa del primo episodio, ma con una maggiore concentrazione sulle zone esterne circostanti, quindi per la maggior parte foreste, paludi e casolari. I nemici hanno anche mantenuto il loro stile grottesco ed eccessivo, basta dire che uno dei boss è un bambino che comanda telepaticamente una sega elettrica e un paio di cesoie.
La serie sarebbe stata seguita da un terzo capitolo uscito nel 1993. Da quel momento in poi il franchise scomparve per essere recuperato con un reboot nel 2010 che attraversò una produzione davvero tormentata nonostante i buoni propositi di Namco. Dopo lo scarso successo la software house non ha più recuperato la serie.
In conclusione
Se è comunque vero che il genere è ormai scomparso tra il grande pubblico, il genere dei picchiaduro a scorrimento sopravvive sul mercato indie. Titoli come Fight'N Rage, Mother Russia Bleeds e Double Dragon: Neon cercano infatti di ricreare le atmosfere dell'epoca con risultati discreti. Qualche altro tentativo di remake come TMNT Turtles in Time Re-Shelled ha poi perso qualcosa della magia originale per strada nel tentativo di convertire dalla grafica 2D a quella tridimensionale anche titoli di successo. Nell'era PlayStation alcuni tentativi erano stati fatti per recuperare il genere, basti ricordare Fighting Force, ma i risultati erano stati piuttosto modesti.
Quelli che vi abbiamo elencato sono solo alcuni dei picchiaduro a scorrimento degli anni '90: se volete dire la vostra o ricordarci qualche altro titolo dell'era d'oro dei beat'em up scriveteci nei commenti e dateci il vostro parere.
Se siete alla ricerca di una raccolta di picchiaduro a scorrimento classici Capcom Beat 'Em Up Bundle per PC potrebbe fare al caso vostro.