Comunicare la propria identità nei videogiochi è una sfida tutta sua al giorno d’oggi e il caso di Outriders è forse quello più identificativo di questo fenomeno che coinvolge il pubblico e i creatori. Fin dal suo annuncio, il lavoro di People Can Fly e Square Enix è stato visto da molti come faro di speranza in un’epoca buia di Game as a Service. Aveva il loot, aveva le sparatorie e aveva la cooperativa marcata: ergo doveva essere un GaaS. Gli sviluppatori però hanno ben presto fatto fronte a questa pretesa, affermando che Outriders non voleva essere un gioco in costante evoluzione, bensì un viaggio fatto e finito appena aperta la scatola e che sarebbe poi continuato solo se il pubblico avesse dimostrato affetto verso il progetto (spoiler: sembra che continuerà).
Eppure, nonostante una cristallina comunicazione da parte di People can Fly, molto più di tanti altri esempi del settore e punto di lode per i fan di Outriders, il gioco ancora oggi sembra continuare a essere descritto per associazioni. “Si tratta di un The Division che incontra Destiny”, è il “Destiny killer” o “La mia ultima speranza dopo Anthem”. La verità è che Outriders non si avvicina a nessuno di essi, anzi al massimo è Punto di non Ritorno che incontra Diablo in terza persona. E per fortuna che è così, anzi grazie al cielo che non si vuole mettere in competizione in un qualcosa che ha dimostrato essere un impegno davvero titanico per anche il più grande degli studi, e in casa Square Enix l’andamento di Marvel Avengers è un monito sufficiente per provare nuove strade (anche se ci auguriamo possa risollevarsi).
Sebbene non sia un Game as a Service, Outriders è molto lungo e si divide in due pezzi essenziali: uno legato al filone di trama e l’altro legato alle modalità di fine gioco che hanno tutta una loro progressione, economia e obiettivo finale da raggiungere. Dopo una trentina di ore abbondanti, vissute su PlayStation 5, abbiamo concluso la campagna principale del gioco e svolto il 70% delle missioni secondarie a essa collegate. Ancora lungi dal potervi dare un’analisi accurata di quella che è l’offerta completa di Outriders, volevamo però fermarci un attimo e condividere con voi quelle che sono le nostre valutazioni preliminari dell’esperienza di Outriders, soprattutto con coloro che sono più interessati all’aspetto della campagna piuttosto che alla corsa alla difficoltà e alle sfide massime: aspetti su cui quindi ci concentreremo nella nostra analisi finale.
Pianeta ostile
Outriders prende il via come una storia di fantascienza dai toni molto grezzi, ambientata a cavallo di una missione coloniale che, come ogni buon film sci-fi drammatico ci insegna, non è a
Questo incipit fa parte di una demo gratuita disponibile per sempre a prescindere dall’acquisto di Outriders, un vantaggio che vi consigliamo di cogliere per provare con mano il gioco prima di decidere se fa al caso vostro. Ciò che vi serve sapere però è che la demo tocca solo la punta dell’iceberg che contiene Outriders, il quale si evolve in maniera importante dopo poche ore di gioco. Come giocatori vestiamo i panni di un individuo che ha acquisito dei poteri dall’Anomalia e che si ritrova a esplorare un mondo a lui sconosciuto, con faccia familiari e altre meno. Le prime 10 ore (comprese quelle del prologo) sono dedicate all’assestare le regole base del mondo di gioco e del suo contesto, ambientandovi con i primi poteri sbloccati e descrivendo quello che sarà il ritmo più base del gioco.
Ben presto vi accorgerete che il gameplay diventerà l’elemento per cui vi troverete in difficoltà a staccarvi dal pad, dimenticandovi della storia e dei suoi cliché fin troppo prevedibili. Gli scontri sono infatti eccezionali e la sensazione di potenza è palpabile a ogni proiettile o abilità utilizzata. Outriders non punta tanto alla spettacolarità, bensì alla power fantasy di riuscire a falciare orde su orde di nemici con capacità al limite del supereroistico. Potrete manipolare il tempo, evocare fiamme, far esplodere i nemici, rallentarli, trasformarli in scheletri e molte altre cose che arrivano o dalle vostre capacità o dalla marea infinita di modifiche per le armi o le armature. Ci sono così tanti effetti che ci vorrebbe un articolo a parte per elencarli tutti, il che vi garantisce la sicurezza di avere almeno uno stile nel gioco perfettamente affine ai vostri gusti. E se vi accorgerete di voler cambiare nessun problema: Outriders è super malleabile sia nelle impostazioni delle quattro Classi che nel poter modificare le caratteristiche di ogni pezzo d’equipaggiamento.
La personalizzazione dell’esperienza di gioco è quindi al centro di tutta l’attenzione della campagna, lasciando completamente a voi il modo di vivere la difficoltà di Outriders (con più di 10 livelli di sfida progressivi simili al Tormento di Diablo) e le facoltà della vostra Mutazione. Condurre il vostro personaggio nella sua crescita non è un elemento nascosto dietro una marea di numeri o attività obbligatorie: ogni oggetto, livello o selezione di vantaggi è al vostro comando e in maniera intuitiva anche grazie a uno dei sistemi di creazione/modifica più riusciti degli ultimi anni nel genere “looter”. Seguendo tale filosofia la campagna diventa un modo per testare i limiti del proprio personaggio e prepararlo alle attività che si apriranno dopo di essa – le Spedizioni – in modo da invitarvi gentilmente a comprendere i meccanismi della costruzione dell’eroe.
Il che è un peccato perché a detta di People Can Fly il loro Outriders doveva essere un’esperienza narrativa marcata, qui a tratti assente se non dopo la metà del gioco dove i colpi di scena risollevano l’intera percezione della storia. Prima però di scoprire la vera faccia di Enoch, la trama di Outriders è pressoché un buco nell’acqua, sia per una scrittura non all’altezza che per numerosissimi problemi tecnici delle cutscene, partendo dalla telecamera ai modelli gestiti malissimo. C’è qualche esempio virtuoso, specie nella prima parte delle aree iniziali, ma in generale Outriders non riesce quasi mai a essere cinematico quel minimo che servirebbe, tanto da non sembrare uscito in anni recenti. Ed è un peccato mortale, perché se si fosse prestata più attenzione a questo aspetto la formula unita al gameplay appagante avrebbe regalato una campagna di rivivere anche con piacere. Purtroppo però allo stato attuale non è così e alcune sezioni avremmo preferito fossero state tagliate per favorire le buone scelte della fase finale.
La forza dell’Anomalia
Quali sono quindi i punti migliori di Outriders? Come detto poc’anzi, il gameplay e il suo ritmo sono le star dello spettacolo a prescindere che si giochi da solo o in compagnia, e lo diciamo con la cognizione dei numerosi problemi comprensibili al lancio che ci hanno costretto a fare quasi tutto in solitaria. Premesso questo, non ci siamo mai sentiti deboli o inseriti in un contesto pensato appositamente per un team: Outriders si adatta benissimo al numero dei giocatori e alla difficoltà selezionata, garantendo quindi una soglia di sfida costantemente bilanciata sul limite più vicino al proprio armamentario. Non si tratta di pararvi davanti nemici impossibili, bensì di darvi sfide toste che possono essere fallite se non si presta attenzione alla propria azione di gioco, al comportamento dei nemici e alle sinergie tra le proprie abilità.
Ogni classe ha infatti numerosi rami su cui specializzarsi e ognuno di essi adotta una strategia specifica che può o meno incontrarsi con specifiche skill da utilizzare. Ad esempio, utilizzando il Tecnomante ci siamo specializzati nello stato Tossico e abbiamo modificato il nostro equipaggiamento per favorire le abilità più vicine al nostro scopo. Selezionando la torretta congelante, potenziando i danni delle armi e prolungando la disponibilità del caricatore Tossico, insieme a un po’ delle facoltà di cura per le emergenze, siamo riusciti a progredire nel livello di sfida senza mai tornare indietro nel livello Mondo. Ed è questo che Outriders vi invoglia a fare con il suo sistema: osservare voi stessi, prendere un percorso tra i possibili e portarlo alla sua migliore versione manipolando l’equipaggiamento che capita a tiro. E la semplicità con cui questo processo riesce senza intoppi è forse l’arma più potente di Outriders per tirare dentro al gioco tutti gli appassionati dei GaaS degli ultimi tempi, ai quali manca proprio la solidità di una progressione simil Diablo.
Tutto questo non avrebbe però senso se le minacce e le località in cui vengono affrontate non fossero all’altezza di una tale caratura. Per fortuna, anche qui Outriders presenta numerose sicurezze grazie a un’ispirata direzione artistica che prende piede dopo la metà del gioco e una serie di nemici abbastanza diversi fra loro. Come molti titoli di questo genere c’è un costante riutilizzo di questa o quella fazione, come abbiamo visto in Destiny tanto per riprendere il paragone da un punto di vista visivo, ma tutto sommato il loro comportamento e l’imprevedibilità delle mosse trasformano ogni nemico in una minaccia inedita, specie se in gruppo. La forza è nei numeri e non solo per i giocatori, del resto.
Il problema sorge nel design dei “Boss” e nemici “elite” che è definibile come altalenante: alle volte ripetitivo e alle volte geniale. Almeno nella campagna, magari gli assi nella manica se li sono tenuti per le Spedizioni e in quel caso speriamo di potervi confermare questo sospetto, sperando di non incappare in riutilizzi eccessivi dei boss visti nei livelli “normali”. A bilanciare i nemici forse un po’ statici ci sono delle arene sempre diverse e alcune volte mozzafiato, capaci di fornire una grande spinta d’identità al mondo di gioco e al suo contesto. Alcune aree più di altre sono una gioia per gli occhi e la gemma del motore grafico di Outriders.
E forse sono proprio gli ambienti a simboleggiare più Outriders nel suo complesso finora: luci e ombre che si mischiano in elementi estemporanei, quasi scollegati per quanto divergono in termini di qualità e resa. Per ogni cutscene con la telecamera impazzita c’è uno scontro memorabile che mette alla prova la nostra build e ci appaga. Per ogni linea di dialogo senza senso c’è un design geniale per le armi, le armature e gli ambienti. C’è tanto per cui Outriders non spicca particolarmente e non si può biasimare chi si sentirà straniato da esso, eppure non possiamo neanche negare che sia un titolo maledettamente divertente da cui non ci volevamo staccare. Ed è su questo bilanciamento forse precario che Outriders può dimostrati un buon gioco o uno dimenticabile, lasciando che l’ago della bilancia dimostri il suo lato di favore solo una volta scoperto quanto il gameplay frenetico si traduca nella corsa alla sfida finale del gioco: la Spedizione nell’Occhio della Tempesta.
Se le nostre prime impressioni vi hanno convinto di già, Outriders può essere acquistato su PC, PlayStation 4/5, Xbox One e Xbox Series X/S su Amazon.