Chi non ha mai giocato, almeno una volta, ad un browser game? In realtà questa domanda retorica non è poi così retorica; me ne sono reso conto proprio in fase di stesura dell’articolo che avete davanti agli occhi: mentre io invecchio in maniera inesorabile esistono decine e decine di alternative al browser game, che è invecchiato anche lui come il sottoscritto.
Una breve introduzione al browser game
OGame e Travian, di cui parlerò a breve, sono solo alcuni dei grandi titoli del passato (ma tuttora perfettamente funzionanti) che hanno fatto la storia del particolare genere dei MMO su browser. Non sarebbe giusto però non citare il capostipite Hattrick e IL browser game per antonomasia Runescape. Il concetto alla base di tutti questi prodotti, al netto delle grandi differenze di utenza e gameplay intercorrenti tra l’uno e l’altro, è sempre rimasto quello di poter giocare online, godere di un’esperienza multiplayer più o meno marcata, il tutto senza dover passare per il filtro di accesso della console o del PC di fascia medio-alta. Chiunque può giocare via browser, spesso tra l’altro approcciando titoli comunque molto complessi e sfaccettati nell’interazione (sia quella con la “macchina” che con gli altri utenti). Una formula insomma vincente, che ha avuto grande successo di pubblico anche nell’Italia delle connessioni internet antidiluviane, con migliaia di giocatori connessi, decine e decine di server pronti ad essere invasi da orde di avventurieri spaziali o capi tribù gallici e chat di gioco costantemente intasate.
Un fenomeno che non va sottovalutato, neanche ora che il browser game muove numeri più bassi (ma comunque importanti). Si tratta di un approccio al gioco che, sebbene possa sembrare stravagante al giocatore più giovane, riesce ad attirare un panorama di utenti molto più sfaccettato di quanto non riescano a fare altri competitor più strutturati (parlando del genere strategico, ovviamente).
Di Travian e OGame
Arrivando al nocciolo della questione, i titoli di cui vorrei parlare nel dettaglio sono due: Travian e OGame. Nati in Germania tra il 2002 e il 2004 (ed approdati in Italia poco dopo), entrambi vennero sviluppati con una forte ispirazione al gioco da tavolo german, macrocategoria che ingloba in maniera piuttosto semplicistica tutta una serie di tabletop caratterizzati per astrazione delle meccaniche, regole semplici con strategie complesse ed utilizzo del pool risorse. Ripeto, non sono caratteristiche fisse e si risolvono in una notevole approssimazione di quello che è uno dei panorami di gioco più variegato e sfaccettato, ma almeno il lettore poco avvezzo potrà farsi un’idea.
Travian in particolare, è una chiara citazione a Coloni di Catan, pur presentando oltre alla classica raccolta delle risorse anche l’aspetto militare delle aggressioni dirette, cosa questa molto meno comune nei giochi german. Ed è proprio lo scontro, l’interazione diretta con gli altri giocatori, la possibilità di conquistare territori e di cambiare la geografia politica delle mappe dei server, che hanno portato titoli come OGame e Travian a diventare dei mostri sacri del genere, attirando giocatori e giocatrici di tutte le età.
Cosa rimane, oggi, di questa grandissima eredità? Il gioco mobile e, più in generale, la capacità di console, smartphone e PC (sia attraverso software nativi che attraverso cloud gaming) di connettere migliaia di persone senza dover passare per il browser ha chiaramente falcidiato le utenze dei giochi in questione. Lo scoglio tecnico, vero motivo per cui nei primi anni del 2000 era paradossalmente più semplice un intrattenimento testuale o comunque limitato a quanto offerto dal web, oggi è praticamente inesistente. Qualsiasi dispositivo è perfettamente in grado di poter ospitare applicativi ludici, compresi quelli più votati al multiplayer massiccio. Certo, rimangono ancora alcune lacune tecnologiche, soprattutto per quel che concerne gli FPS o le esigenze di chi si impegna in maniera competitiva, ma nell’ottica del “grande disegno”, OGame e Travian sembrano dei veri e propri dinosauri.
Eppure i dinosauri rimangono e godono di una salute, se non florida, comunque ancora discreta. Nelle mie ultime partecipazioni, soprattutto su Travian, ho notato la presenza di zoccoli duri di utenza: personaggi a volte stravaganti, a volte alla ricerca di soluzioni che prendessero poco tempo, anche se con costanza quotidiana, tutti accomunati da una buona conoscenza del prodotto e dalla volontà di giocare cooperando con gli altri utenti. Si tratta di un approccio che se vogliamo rimane sconosciuto a quasi tutte le altre offerte presenti nel mercato del videogioco, il quale pur promuovendo il gioco di squadra e la possibilità di socializzare, raramente punta a quel tipo di interazione così pantagruelica.
Un futuro ancora incerto
Travian, ancora oggi, è zeppo di utenti che fanno letteralmente l’alba, nel momento di wipe del server, per accaparrarsi le zone migliori e far crescere in maniera quasi scientifica la propria tribù. Ancora, questi scalmanati del browser game si ritrovano ad intervalli regolari sulle chat istantanee per accordarsi sulle strategie comuni, su attacchi e difese, su come spendere magari qualche euro per poter dare un boost alla crescita militare e soverchiare i clan avversari (sempre su Travian, questo approccio viene colloquialmente chiamato “sgoldare”, dall’atto di acquistare “gold” in valuta corrente al fine di velocizzare lo sviluppo delle strutture). Un guilty pleasure, come si evince dal titolo, perché il web gaming ancora oggi drena tantissimo tempo - provate ad iscrivervi ad OGame e fatemi sapere quante settimane vi serviranno per raggiungere un livello di gioco quanto meno decente - e che non si è scollato da quelle dinamiche pay for win tanto odiose anche in altri settori del videoludico.
Cosa ne sarà, quindi, di questi giochi? Il futuro vedrà sempre meno persone sui server di Travian e affini, magari creando un super concentrato di appassionati (a volte ai limiti del patologico)? Oppure c’è la possibilità di un revival di queste meccaniche così old school eppure così efficaci in termini di interazione MMO? Certo, da un lato anche gli stessi mostri sacri si stanno, lentamente, aggiornando: OGame per esempio sta per lanciare la sua app mobile, anche se in beta. Dall’altro, ritengo che se riuscissero ad eliminare gli approcci più vetusti ed ancorati al passato, si potrebbe immaginare un nuovo ritorno alle origini. Oggi, in un mare di offerte - multiplayer, freemium e pay for win - dinamiche ed immediate, pensare di spendere soldi e tantissimo tempo su un browser game è parossistico. Se però si smussassero gli aspetti più fastidiosi, magari permettendo finestre di gioco più ampie e aspetti di monetizzazione meno aggressivi, a favore di un gioco ancora più interattivo e testuale, il gioco su browser potrebbe diventare accattivante anche per le nuove generazioni. Fallen London è un buon esempio in tal senso. D’altronde, in mondo sempre più connesso, le capacità di scambio, interazione e connessione di un Travian di turno potrebbero emergere con rinnovato vigore.