Negli ultimi tempi abbiamo sentito parlare sempre più frequentemente di metaversi, NFT, criptovalute e blockchain. Su Tom's Hardware, in particolare, ne abbiamo parlato in maniera ancora più approfondita perché oramai le più grandi case di produzione di videogiochi sembrano aver rivolto ben più di uno sguardo incuriosito verso queste nuove forme di guadagno.
Non è sicuramente facile addentrarsi all'interno di quello che sembra essere, a tutti gli effetti, il nuovo standard per i titoli del futuro, almeno a detta del CEO di Ubisoft, ed è per questo che vogliamo provare a fare un po' di chiarezza, cercando di spiegarvi esattamente di cosa si stia parlando, fornendovi tutti gli strumenti necessari per potervi orientare al meglio.
NFT e metaversi, di cosa stiamo parlando?
Metaverso non è un parola del tutto nuova. Il termine, infatti, divenne di uso comune nel 1992, quando lo scrittore Neal Stephenson lo utilizzò nel suo libro Snow Crash. Si tratta, in parole povere, di una sorta di realtà virtuale condivisa tramite Internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attrav erso il proprio avatar.
Tra la fantasia letteraria e la realtà però c'è un bel po' di differenza. In primis esistono svariati metaversi: alcuni che si sono già affermati nel corso degli anni, grazie a una serie di intuizioni in grado di solleticare l'utenza, e altri che invece faticano ancora a trovare la loro identità, provando a barcamenarsi in formule già viste, e già famose in altri metaversi, non riuscendo a emergere come vorrebbero.
Ciò che avviene all'interno dei vari metaversi, però, è sostanzialmente identico: nella più classica delle formule si acquista una land, ovvero un pezzo di terra virtuale, dove far vivere il proprio alter ego digitale, arricchendo poi quello spazio con esperienze di varia natura, mini giochi o vere e proprie attività riprodotte in scala 1:1 rispetto alla vita reale (basti pensare al trentasettenne divenuto famoso in questi giorni per aver guadagnato una piccola fortuna con un'officina virtuale all'interno di un metaverso).
The Sandbox, per citare il più famoso in questo periodo, permette di fare esattamente quanto illustrato poc'anzi ma ci sono anche altre realtà, come Earth2, che si limitano a vendere porzioni di un globo terrestre virtuale, attraendo gli utenti con un format completamente diverso. Volgendo lo sguardo al passato, invece, tutti si ricorderanno di Second Life, che provava ad unire virtuale e reale, in una forma, forse, troppo acerba per le tecnologie dell'epoca ma che generò, e genera tuttora, notevoli forme di guadagno attraverso client e server di terze parti.
Ai metaversi però sono collegati, indissolubilmente, anche gli NFT, dei token non fungibili (acquistabili tramite l'utilizzo di diverse criptovalute in base al marketplace e al sistema di generazione su cui si poggiano) basati sulla blockchain, ovvero una sorta di registro contabile in grado di tracciare i beni commerciali digitali.
Gli NFT possono essere unici (o in quantità molto limitate) e vengono utilizzati per diversi scopi, dal tracciare la proprietà intellettuale di un'opera d'arte, fino all'aggiudicarsi i diritti esclusivi di un determinato asset. Per farvi un esempio molto semplice, è possibile acquistare i diritti di un'opera d'arte ed esporla, per esempio, in versione digitale all'interno della propria land. Alla stessa maniera con gli NFT è possibile creare un token non fungibile di un elemento d'arredo, che altri utenti possono comprare per decorare la loro casa virtuale.
Un NFT,per farvi comprendere meglio la varietà di implementazioni, può essere addirittura emesso da una squadra di calcio. In Italia, ad esempio, Socios.com gestisce i fan token di diverse squadre come Inter, Juventus e Milan. Chi acquista questi NFT li può utilizzare nel metaverso di Socios, partecipando in maniera attiva ad alcune scelte del board dirigenziale delle squadre. La Juventus, ad esempio, si vide cambiato l'inno usato per celebrare i goal segnati in casa: al posto di Chelsea Dagger, nel 2019 venne scelta Song 2 dei Blur e le votazioni erano aperte, appunto, solamente ai possessori dei fan token.
NFT nel mondo gaming
Fatta un minimo di chiarezza su metaversi e NFT, è tempo di capire come si sta muovendo il mondo dei videogiochi attorno a questo fenomeno in via d'espansione. The Sandbox, Earth 2 o Second Life sono gli esempi più chiari su come si possa creare un metaverso, e utilizzare i token non fungibili, ma la strategia delle grandi case di produzione di videogiochi è leggermente diversa.
La prima ad esporsi pubblicamente è stata Ubisoft attraverso il lancio di Quartz, una piattaforma che permette la compravendita di NFT da utilizzare in Ghost Recon: Breakpoint. Il riscontro di pubblico e critica all'annuncio non è stato dei migliori ma, come ogni novità, si tratta di un'implementazione preliminare in virtù di una visione d'insieme più grande. un inizio verso qualcosa di più grande.
https://youtu.be/eSVoJ0WUQfYAl momento gli NFT di Ubisoft sono chiamati Digits, si basano su una blockchain diversa da quella di Ethereum e utilizza i Tezos al posto della monetà presente su Open Sea.
Tutti questi paroloni, che per molti potrebbero sembrare magia nera, possono essere riassunti molto semplicemente così: i Digits vengono associati a delle semplici skin, numerate e disponibili per pochissimi prescelti che abbiano ottenuto tra le 100 e le 600 ore di gioco, che oltre a essere proprietarie dell'utente che le otterrà, o comprerà, potranno venire trasferita all'interno di diversi metaversi dello stesso sviluppatore.
Questo significa che, nel panorama videoludico, i giocatori potrebbero pagare per ottenere la proprietà di un oggetto digitale che, a differenza delle attuali skin estetiche presenti in migliaia di giochi, non si estingue al termine del ciclo vitale del prodotto ma può protrarsi in altre creazioni della stessa software house o di altri sviluppatori che decidono di sfruttare lo stesso metaverso.
Se a questo si aggiunge che la proprietà dell'oggetto digitale può essere rivenduta a terzi facendo comunque guadagnare una percentuale minima al creatore, viene da se che il ventaglio di applicazioni degli NFT in ambito videoludico diventa notevolmente più ampio. Pensate per un istante a l'implementazione teorica degli NFT per i giochi digitali, chi compra il gioco potrebbe rivendere la licenza a un prezzo inferiore generando comunque un guadagno in percentuale al produttore, permettendo un mercato finora precluso completamente al settore "only digital".
La visione di metaverso più puro è, al momento, nelle mani di Roblox. Pur appoggiandosi ancora ad un sistema più classico di transazioni, basato sul denaro reale, il gioco permette agli utenti di avere un assaggio di metaverso e NFT. Chiunque può sviluppare le proprie opere, che portano anche a dei guadagni in proporzione ai soldi che vengono spesi dagli altri utenti per acquistarle. The Sandbox, invece, nascendo come metaverso vero e proprio, si basa sul modello play to earn, che permette ai giocatori di guadagnare, semplicemente giocando.
NFT e play-to-earn: come funziona
Al di là dei metaversi, il concept play-to-earn funziona in una maniera molto più semplice, motivo per il quale è diventato di grande attualità, facendo sì che gli NFT siano alla base di tantissimi videogiochi usciti recentemente. Il primo a diventare di grande popolarità è stato Cryptokitties, un semplice gioco basato sul modello del Tamagotchi, dove al giocatore è richiesto di curare un gattino virtuale che però è anche un NFT.
Ogni cucciolo è unico ed è posseduto da una sola persona, validato tramite la blockchain e le cui cure che gli verranno elargite in game ne possono aumentare, o diminuire, il valore di mercato.
Sorare, invece, riprende lo spirito del fantacalcio e lo trasforma con giocatori e squadre partner facendo costruire agli utenti il proprio team basandosi sugli NFT. I calciatori sono divisi in livelli di rarità, come Limited, Rare, Super Rare e Unique, con un numero ridotto disponibile per l'acquisto.
I partecipanti possono guadagnare denaro reale vincendo le classifiche settimanali oppure rivendendo i propri atleti digitali nel marketplace dedicato. L'utilizzo della blockchain rende ogni carta facilmente tracciabile, dalla sua creazione fino all'acquisto e al suo utilizzo... immaginatevi per un istante lo stesso sistema implementato nel più celebre FUT.
Impossibile non citare, infine, Legacy. Creato da Peter Molyneux, autore di Fable, si tratta di un business simulator le cui land, vendute come NFT, hanno già riscosso grandissimo successo, superando i 50 milioni di Dollari d'incasso. Se tutto andrà per il verso giusto l'obiettivo ultimo di Molyneux sarà quello di costruire un vero e proprio paradiso del lavoro digitale, con annesse merci di scambio e contratti di lavoro. Il tutto, ovviamente, basato sul modello play-to-earn.
I metaversi fallimentari
Laddove Sorare, CryptoKitties, The Sandbox e Roblox sono degli esempi lampanti di come si possano inserire gli NFT con successo all'interno delle produzioni videoludiche, altri esperimento non hanno mostrato gli stessi risultati, con alcuni che nemmeno sono riusciti a cominciare a causa di una risposta dal pubblico totalmente negativa.
GSC Game World, autori di S.T.A.L.K.E.R. 2, annunciarono fiduciosi il loro metaverso ma dovettero ritrattare pochi giorni dopo a causa di una community completamente contraria all'idea e che arrivò a minacciare direttamente gli sviluppattori di sabotare il loro gioco. Ubisoft, per quanto con Quartz abbia appena compiuto il primo passo per la sua futura strategia basata sugli NFT, presenta volumi di scambio e vendite molto bassi anche in virtù della tiepidissima accoglienza riservata da pubblico e critica.
Sicuramente nasceranno tantissimi altri progetti nel corso dei prossimi mesi, la cui maggior parte probabilmente sarà destinata a fallire considerando che l'idea di investire in un modello play-to-earn deve essere calibrata molto attentamente, ma i segnali lanciati dagli sviluppatori nelle ultime settimane sono molto forti e siamo sicuri che vedremo sempre di più il termine NFT all'interno delle future produzioni videoludiche. Ora non ci resta che capire se siamo di fronte al futuro delle microtransazioni, e della compravendita digitale, o se si tratta dell'ennesima bolla pronta a scoppiare confinandosi conseguentemente a una nicchia ben precisa di fruitori.