Il titolo, com’è evidente, storpia una nota locuzione latina che indica l’incapacità di ottenere nella propria patria gli onori e i riconoscimenti che si meritano. Nello specifico, con una piccola provocazione, penso che per Valve valga la stessa linea di pensiero, certo allargando il concetto di patria al più nebuloso mondo dei videogiocatori (già molto critici verso Steam Deck). Credo sia affermabile, infatti, che ad un lettore ignorante della materia alcuni dei più noti flop della casa americana possano al contrario emergere come esperimenti brillanti ed avanti con i tempi, pur non riuscendo a brillare dal punto di vista meramente commerciale.
L’accoglienza della famigerata Steam Deck è un chiaro segnale di quanto una grossa fetta di utenza e stampa di settore siano, se non prevenuti, quanto meno sfiduciati rispetto agli sforzi ed alle proposte del colosso. Sia chiaro, non voglio sbilanciarmi più di tanto: molte delle critiche che vengono mosse all’universo di Steam hanno ragioni ben precise per esistere. Se a questo si aggiunge l’innegabile dato che vede alcune delle più rumorose proposte hardware come delle debacle in termini di vendite, marketing e continuità nello sviluppo, la frangia di pubblico più intransigente ha effettivamente delle argomentazioni valide da proporre.
Personalmente, però, sia per una malcelata simpatia nei confronti di Valve, sia per un certo senso di giustizia, ritengo doveroso ripercorrere queste clamorose sconfitte commerciali in chiave più moderata e attenta alle potenzialità espresse, soprattutto in termini di innovazione e capacità di anticipare i trend.
Il grande flop di Steam Machine
Il primo prodotto da esaminare è indubbiamente la Steam Machine (detta anche Steam Box). Si tratta del tentativo più bislacco probabilmente, ed anche del meno difendibile. La proposta iniziale era quella di un vero e proprio computer di fascia medio-alta, con specifiche minime e massime variabili a seconda del rivenditore e della configurazione scelta dall’utente. Il tentativo era quello di unire sotto un’unica bandiera i diversi produttori/rivenditori hardware, con la promessa di poter accedere ad un sistema molto più elastico e fluido di una console classica e le potenzialità computazionali di un PC da gaming (che da tempo gode dello status di macchina più performante, almeno nelle sue versioni di fascia superiore).
L’idea rivoluzionaria, che è quella che mi preme portare alla luce, era la creazione di un vero sistema modulare, capace di reggere l’urto del tempo - notoriamente micidiale per quel che concerne l’hardware - senza dover per forza di cose aspettare la release di una fantomatica “next-gen”. Un ibrido tra computer e console, che proponeva del primo la potenza e la trasformabilità delle componenti, del secondo la facilità di utilizzo all’interno di un sistema dedicato e di una libreria di giochi immensa, il tutto unito dalla possibilità di cambiare hardware con grande facilità. Si tratta di un anello mancante che tuttora affascina giocatori e critici, sempre molto attenti alle questioni circa l’obsolescenza tecnologica e la possibilità per le console di potersi aggiornare con più facilità (e risparmio di risorse). La mancanza di una politica unitaria tra i diversi produttori, la scarsa predisposizione degli stessi ad un sistema efficacemente modulare ed una certa confusione per quel che concerne l’offerta finale, sancirono la morte della Steam Machine, con meno di 500’000 modelli venduti.
Alle origini dello streaming con Steam Link
Se la Steam Machine fu un insuccesso tutto sommato meritato, ritengo il destino dello Steam Link molto più ingiusto. Rilasciato nel 2015, il Link prevedeva la possibilità di streamare, praticamente su qualsiasi dispositivo video, il contenuto del computer host. Con una tecnologia wireless di primo livello, dimensioni contenutissime, numerose porte USB e il supporto HDMI, il rettangolino è stato un evidente antesignano dei sistemi streaming odierni. Certo, questi ultimi offrono un servizio che si appoggia ai server proprietari, al contrario del Link, vincolato ad un device privato. Allo stesso modo però l’idea di poter mandare in streaming la propria macchina, in qualsiasi contesto e con la possibilità di trasformare ogni schermo della casa in un dispositivo interattivo è di indubbio valore. Il Link inoltre rappresenta ad oggi uno strumento che si presta moltissimo ad hack e configurazioni più bislacche: non è un invito a pratiche scorrette, quanto un punto di riflessione per le sue potenzialità inespresse.
Il pad social di Steam Controller
Prima di passare alla fase finale, dedicata alla Steam Deck, mi preme sottolineare uno degli esperimenti più brillanti di casa Valve: lo Steam Controller. Odiato da molti ed amato da pochi, il pad di Gabe è un precursore affascinante e, per ora, ineguagliato nelle intenzioni. Innanzitutto, al netto della sua forma ed ergonomia (sulla quale non voglio dilungarmi, non essendo né un designer né un fisiatra), lo Steam Controller presentava un trackpad fenomenale. Se si pensa che per alcuni tra i più entusiasti esperti del settore, la vera killer application di PS5 sia il pad - affermazione che mi vede tutto sommato favorevole - si può arrivare a capire del grosso passo in avanti mosso da Valve in tal senso. Il trackpad di Steam poteva sostituire il mouse, aveva un feedback sia tattile che audio ed era dotato di giroscopio.
Una tecnologia ancora grezza, e poco implementata dai giochi - ma questo è più un merito di concorrenti come Sony, sempre attenti a far andare di pari passo hardware e software - ma pur sempre anticipatrice. A tutte queste sfiziosità si aggiunge il vero cuore dell’esperienza del Controller: la possibilità di settare, modificare e condividere con gli altri utenti qualsiasi configurazione dello stesso, dalla sensibilità dei grilletti fino alle funzionalità del trackpad. Si tratta di una proposta nuova, dinamica, social e fortemente user friendly, ancora oggi completamente inesplorata da qualsiasi altro sistema.
Steam Deck, tra portabilità e PC gaming
Infine, ecco arrivare la Steam Deck. Una console portatile, foriera di grosse critiche prima ancora di essere presente sugli scaffali dei negozi. I punti di maggiore dubbio sono l’ergonomia (sulla quale, di nuovo, eviterò di sbilanciarmi pur riconoscendo una forma non proprio accattivante), la sua sostanziale inutilità in termini di mercato, di resa grafica e di concorrenza con Nintendo. Ora, prima di tutto voglio sottolineare quanto non riesca a capire questo approccio aziendale, soprattutto dell’utenza, alle nuove release. Chiaro, il videogioco è passione e quindi è anche chiacchiera, ma è vero anche che ragionare in termini di mercato, per l’utenza, sia poco proficuo. In soldoni, se la Steam Deck avrà o non avrà successo per quel che concerne le vendite, cui prodest? Probabilmente solo a Gabe Newell.
Ciò premesso, il discorso inerente all’appetibilità della macchina è molto più sensato, nonché delicato. Alcune delle note di biasimo più strutturate hanno il loro perché, è evidente, ma è altrettanto vero che Steam Deck potrebbe stupire. Innanzitutto, parliamo di una console nettamente diversa da Nintendo Switch, della quale è tutto fuorché concorrente. Il punto infatti è permettere giocabilità totale della libreria di giochi più grande del mondo, nei confronti di persone che mediamente possiedono centinaia di titoli e di backlog. Le specifiche permettono di arrivare comodamente a tutti i titoli sul mercato, certo con un compromesso che la portabilità immagino possa far digerire a tutti. Infine, e qui come sopra emerge lo spirito pionieristico, Steam Deck è un vero e proprio PC. Sarà aperto subito a qualsiasi sistema operativo, potrà essere inserito in una dock station e fare da tramite hardware con qualsiasi schermo. Un portatile da gioco davvero portatile (se qualcuno sostiene il contrario, si faccia un giro sui listini prezzi e sul peso dei notebook adatti al videogaming), con i pregi di una console e le possibilità di un computer. Il tutto all’interno di un panorama davvero gigantesco.
I lettori avranno afferrato che il sottoscritto è senza ombra di dubbio favorevole alla Steam Deck. Personalmente, non ho motivo né per tifare né per osteggiare la nuova scommessa di Valve. Spero però di aver aperto qualche nuovo punto di vista a chi non fosse riuscito prima a scorgere il buono dietro questa operazione. Spero anche che Valve possa vedersi riconoscere, se non il successo commerciale del proprio hardware (per il quale, non lo si nega, spesso è stata colpevole dei suoi fallimenti), almeno il merito di aver introdotto con costanza idee che, in un modo o nell’altro, sono ritornate con maggior fortuna nell’immediato futuro. Lo streaming dei giochi, ad oggi una feature imprescindibile (che sta facendo sorridere Xbox), il pad “immersivo” (cavallo di battaglia di PS5), il sogno delle console modulari e chissà, magari anche un nuovo modo di intendere i PC portatili.