MigSwitch e gli emulatori Nintendo sono legali? Quello che dovreste sapere

Nintendo è probabilmente l’azienda più aggressiva contro tutti quelli che provano a creare sistemi di pirateria dei loro giochi, ma entriamo nel dettaglio.

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a cura di Andrea Ferrario

Editor in Chief

Nintendo è probabilmente l’azienda più aggressiva dal punto di vista legale contro tutti quelli che provano a creare sistemi di pirateria dei loro giochi. E ad oggi la strategia Nintendo sembra essere efficace, non è passato molto da quanto Yuzu ha chiuso i battenti senza porre molta resistenza alla denuncia dell’azienda nipponica, e il passato è costellato da altre battaglie vinte.

La linea di difesa che alcune aziende o sviluppatori dietro agli emulatori di Switch hanno sempre tenuto riguardava il fatto che gli emulatori, in sé, non infrangevano alcun tipo di copyright. Che dopotutto ha abbastanza senso, poiché sarebbe come condannare un produttore di armi per il loro uso improprio (se effettivamente esiste un uso corretto delle stesse, ma questa è un’altra storia), e la legge che si è espressa a riguardo ha proprio definito questo comportamento: gli emulatori Switch, o di altre piattaforme, hanno sempre avuto l’obiettivo finale di spingere la pirateria, provocando un danno indiretto all’azienda e quindi, in qualche modo, infrangendo la legge.

Stiamo camminando su una linea molto sottile. Personalmente credo che conti molto di più la realtà dei fatti, e non i cavilli legali o la capacità di dialettica. Se nove persone su dieci utilizzano gli emulatori Switch per sfruttare giochi pirata, allora quell’emulatore è uno strumento di pirateria. Che vi piaccia o meno, bisogna fare i conti con la realtà, che è quella che ho appena definito in poche e semplici parole.

Perché così come le armi potrebbero avere senso di esistere, continuando con questa infelice similitudine, perché usate come deterrenti, gli strumenti di pirateria non hanno senso di esistere perché, a conti fatti, il loro principale scopo è ledere i diritti di copyright delle aziende.

Cosa dice la legge

La legge è abbastanza chiara a riguardo, anche se il quadro giuridico, in questi casi, tende ad aprirsi a interpretazioni che, ovviamente, vengono usate in sede processuali. In ogni caso, un emulatore è in sé legale, se soddisfa una condizione: deve usare unicamente un codice personale, cioè un codice sviluppato internamente dal creatore dell’emulatore. Quindi, per essere più precisi: se un emulatore si ottiene andando a copiare (rubare) il codice originale di una console, allora è fuori legge. Se un programmatore crea le sue righe di codice senza rubacchiare sistemi o soluzioni del prodotto originale, non viola alcuna legge.

Tuttavia non è sufficiente fermarsi qui, poiché l’oggetto del contendere è la presenza di altri file, come quelli del “BIOS” di una console, necessari per poter avviare quella determinata ROM (gioco). Questi file, a volte più di uno, che identifichiamo con la parola non sempre corretta di “BIOS” violano la legge, poiché questi sono “codici” originali del produttore, non sono qualcosa creato dallo sviluppatore dell’emulatore.

Questo è il motivo per cui, chi mette a disposizione gli emulatori, solitamente non mette a disposizione questi file aggiuntivi. Starà poi alla persona che vuole usare giochi pirata scaricare e installare gli emulatori, procurarsi le ROM (spesso in maniera illecita) e scaricare da altri siti i file “BIOS” aggiuntivi per far funzionare il tutto.

Quindi, alla fine dei conti, siamo nell’illegalità? Non proprio. Prima di proseguire, ribadiamo un concetto. Se le ROM, quindi i file contenenti il gioco, sono scaricate illegalmente da qualche sito, allora non sono lecite. Ma se le ROM sono estratte da cartucce che si sono acquistate, quindi di cui possedete il gioco, avete il diritto di possederle e averne una copia.

Se quindi usate un emulatore, e usate una ROM di cui avete il gioco originale, e scaricate un BIOS da qualche parte, allora cadrete nell’illegalità per colpa di quest’ultimo, perché state usando un elemento di terzi.

Ma, se anche i file del BIOS sono stati estratti dalla cartuccia o dalla console in vostro possesso, ecco che tutto rientra nei termini di legge. Perché a conti fatti voi state usando file di cui avete il diritto, poiché li avete acquistati e con essi avete acquistato la licenza d’uso, e un software di emulazione che non viola alcuna legge, perché il codice di cui è costituito è realizzato da un programmatore che lo ha messo a disposizione gratuitamente.

Il caso MigSwtich

La MigSwitch si offre come una soluzione che potrebbe essere visto come una facilitazione alla pirateria, ma sarebbe un superfluo non approfondire l’argomento. Ci sono dei piccoli dettagli che potrebbero rendere MigSwitch un prodotto totalmente lecito, ma anche altre che potrebbero trasformarlo in un vero rischio per Nintendo.

Per ora MigSwitch è un modo per utilizzare il backup dei propri giochi. Non è la solita scusa già usata dagli sviluppatori degli emulatori, poiché il principio di funzionamento di MigSwitch richiede non solo le immagini dei videogiochi (file XCI o NSP) ma anche dei file aggiuntivi che sono unici per ogni SD Cart contenente un gioco Switch. E come si ottengono questi file? Usando una Swtich modificata tramite cui estrarre tutti i file necessari, o tramite il dispositivo MigSwitch che permette di fare il “dump”, l’estrazione, di tutti i dati necessari assieme alle immagini dei videogiochi. Scaricare da internet le sole immagini dei videogiochi non è quindi sufficiente, e ciò renderebbe MigSwitch un vero dispositivo di backup, poiché permetterebbe di avere una copia ROM di un proprio gioco, assieme ai file (BIOS) estratti dalla stessa cartuccia o console, di cui la legge definisce che se ne hanno tutti i diritti.

Ma per quale motivo una persona vorrebbe fare il backup dei propri giochi? C’è chi dice che vorrebbe mettere al sicuro i propri acquisti, evitando possibili situazioni in cui il gioco originale possa smettere di funzionare, situazione non da escludere ma abbastanza rara. Piuttosto c’è chi vorrebbe, ad esempio, trasportare tutti i suoi giochi in un’unica cartuccia, cosa che è possibile fare tramite MigSwitch, anche se “caricare” più videogiochi richiede d’inserire e togliere la SD Cart più volte, non proprio un processo naturale, ma che comunque funziona. Quest’ultima necessità è forse il modello d’uso più reale e concreto, piuttosto che la paura che i propri giochi smettano di funzionare.

Ma tutto ciò non elimina la possibilità che MigSwitch diventi uno strumento di pirateria di facile utilizzo. Immaginate di acquistare un videogioco, fare il dump dei dati necessari, e poi rivenderlo. Immaginate di sfruttare il mercato dell’usato, acquistando e rivendendo videogiochi praticamente allo stesso prezzo, dopo aver fatto la propria “copia di backup”, da cui si sono estratti anche i file aggiuntivi necessari per farla funzionare.

Ci sono dei piccoli dettagli che potrebbero rendere MigSwitch un prodotto totalmente lecito, ma anche altre che potrebbero trasformarlo in un vero rischio per Nintendo

Dopotutto se questo è l’approccio e si è abbastanza attenti a non andare online, situazione che permetterebbe a Nintendo di verificare la presenza di due giochi identici attivi nello stesso momento, e conseguente ban di entrambi, l’uso di giochi “piratati” sarebbe possibile. E lo stesso potrebbe verificarsi nel momento in cui queste immagini e file aggiuntivi necessari finissero online (così ben più che probabile) a disposizione di tutti.

Insomma, allo stato attuale MigSwitch è un prodotto lecito, così come lo sono gli emulatori e il loro uso se soddisfano i requisiti indicati dalla legge, ma potrebbe entrare facilmente nel mirino di Nintendo non appena possa verificarsi una - o più - delle situazioni estreme raccontate nelle righe precedenti.

Qual è il danno a Nintendo

Ma questa pirateria, potenziale o meno, crea veramente dei danni a Nintendo? O ovviamente a qualsiasi altro sviluppatore, produttore o venditore di videogiochi? Diversi studi hanno mostrato che la pirateria non ha praticamente alcun impatto sulle vendite di videogiochi. A essere precisi, esistono vari studi, uno di un paio di anni fa commissionato dalla EU che ha prodotto un report di oltre 300 pagine dove statisticamente non viene evidenziato un decremento delle vendite per via della pirateria, ma essendo un argomento decisamente complicato, per correttezza d’informazione, va detto che esiste una percentuale di errore sopra alla media. In ogni caso, al contrario, non c’è alcuno studio o evidenza che mostri una correlazione diretta tra la pirateria e la perdita di guadagni, di conseguenza oggi è abbastanza sicuro pensare che l’influenza della pirateria sulle vendite di videogiochi è, quantomeno, trascurabile.

Ma come mai non c’è alcun impatto? Dopotutto sembra decisamente controintuitivo, se la pirateria permette di avere dei contenuti digitali senza pagarli, come mai non impatta le vendite?

Prima di tutto bisogna riconoscere il fattore psicologico. Se una persona è predisposta alla pirateria, quindi, per convinzioni personali o semplicemente inclinazione comportamentale, non vuole pagare per alcuni beni, probabilmente senza la possibilità di piratare quei beni non li acquisterebbe ugualmente. Probabilmente cercherà altre soluzioni, non si perderà d’animo, cambierà piattaforme, o perderà interesse, ma continuerà a non voler spendere soldi per quel determinato bene. Altrimenti cercherà soluzioni che gli permettano ugualmente di risparmiare, quindi si rivolgerà al mercato dell’usato, alimentando il business di seconda mano, senza sottrarre alcun guadagno al produttore.

Diversi studi hanno mostrato che la pirateria non ha praticamente alcun impatto sulle vendite di videogiochi.

A conti fatti, e questa è un’opinione personale ma che potrebbe essere facilmente condivisa, l’impegno di Nintendo nelle sue battaglie legali potrebbe essere vista principalmente non per una questione di mancati guadagni, ma piuttosto d’immagine aziendale. Nintendo è sempre stata un’azienda molto aggressiva sotto il punto di vista dei rapporti con il mercato e con i concorrenti, dai tempi di Sega e così per tutta la sua storia, fino ad ora. Quindi investire soldi per eliminare la pirateria è più una scelta politica, di protezione dell’immagine, e forse per contenere, perché no, una possibile emorragia futura, nel caso la pirateria possa diventare così semplice da intaccare realmente l’economia dell’azienda.

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