Non darò per scontato che conosciate la storia di Johan Vonlanthen, ma nel leggere che Michel Ancel ha deciso di abbandonare i videogiochi per dedicarsi a una riserva naturale non posso non ricordare quanto accaduto a quello che è stato uno dei più grandi talenti del calcio svizzero. Vonlanthen, poco più che ventenne e con in tasca il record di più giovane marcatore in un Europeo di calcio, racconta di aver dovuto rispondere a un ordine arrivatogli da Gesù, che in sogno gli chiedeva di smettere con il calcio.
Sapete benissimo quanto sia remunerativa l'attività del calciatore e quanto possa essere, quindi, disastroso abbandonarla: eppure quel giovanissimo ragazzo svizzero decise di rispettare la volontà della sua vocazione e abbandonare tutto, trasferendosi in Colombia per una nuova vita. Qualche anno dopo tornò nel mondo del calcio, in Svizzera, con risultati spiacevoli, arrivando poi all'inevitabile ritiro. Sapere della scelta di Michel Ancel mi ha fatto pensare a questa storia, con sfumature ovviamente diverse.
Riconoscere un nome dietro un gioco
È un fenomeno tra i più recenti quello di essere riusciti a massificare la conoscenza dei nomi dietro i videogiochi: un tempo avveniva per John Romero, una personalità davvero unica in questo settore, o anche con Richard Garriott, un'altra figura che non si può non conoscere in questo ambiente. Ma al di fuori dei classici Hideo Kojima, divenuta una star oramai, e probabilmente Shigeru Miyamoto, le masse di videogiocatori raramente erano attenti ai nomi degli autori delle opere d'intrattenimento alle quali giocavano.
Nonostante questo, però, Michel Ancel era riuscito col suo nome a farsi conoscere, a rendersi riconoscibile. Lo aveva fatto perché, pur non essendo una personalità sopra le righe, aveva in qualche modo fatto una breccia nel cuore del mondo dei videogiochi, legandosi indissolubilmente al marchio Ubisoft e proponendoci dei titoli che non potremo mai, in nessun modo, dimenticare.
Siamo agli inizi degli anni Novanta, Michel Ancel ha già deciso di accettare la proposta di Ubisoft, che lo ha notato dopo aver realizzato il suo primo titolo, Mechanic Warriors, sviluppato per Lankhor. In Ubisoft arriva il momento di lavorare su Intruder come artista grafico, e poi a Brain Blasters. Con un portfolio già ricco di tre titoli e con una certa sensibilità per l'aspetto grafico, Ancel arriva a proporre un pitch, un'idea tutta sua, già abbozzata quando era appena un adolescente e poi condivisa con Frederic Houde e Alexandra Steible. Si era ispirato alle storie di fate celtiche e cinesi, arrivando a realizzare un prototipo per un gioco che doveva avere delle feature d'animazione molto elaborate, che andasse oltre quanto si stava realizzando agli inizi degli anni Novanta.
Rayman, l'uomo melanzana
Originariamente, su indicazione di Michel Guillemot, si decise di puntare su uno sviluppo per Atari ST, producendo anche una versione SNES-CD, un supporto che non venne poi mai pubblicato sul mercato. Erano gli anni in cui la console Nintendo andava per la maggiore e in Ubisoft si decise di andare ad assumere un grande numero di animatori arrivati dai cartoni animati per poter andare fino in fondo al processo creativo di Michel Ancel. Vennero chiamati più di 100 sviluppatori nello studio di Montreuil e nel 1994 si arrivò a decidere che il titolo dovesse esordire sulle nuove console della quinta generazione, ossia l'Atari Jaguar e la PlayStation.
Col tempo vennero annunciate anche le versioni per 3DO e 32X, ma non videro mai la luce: fu così che Rayman nacque, arrivando al suo debutto sulla console Sony e vendendo in appena due anni quasi un milione di copie, diventando uno dei titoli più venduti di tutti i tempi nel Regno Unito, con circa 5 milioni di copie vendute aggiungendo anche gli anni successivi, superando la concorrenza di Tomb Raider II e Gran Turismo.
Rayman era riuscito in quell'intento dichiarato da Ancel e da Guillemot, ossia di creare qualcosa che graficamente fosse innovativo e unico: era un 2D che era riuscito a soddisfare quelle feature di animazione che il team di sviluppo aveva preteso e sperava, ma anche l'atmosfera e la colonna sonora riuscirono a conquistare la critica e il pubblico. Con una giocabilità da vero platform e con un personaggio che si risultava molleggiato e in grado di muovere tutte le parti del corpo in maniera separata tra di loro, Rayman conquistò anche il consenso di quei fan più meticolosi nella ricerca di una mascotte che potesse affondare il colpo su PlayStation. Di lì a poco, si passò ad avere un'intera saga, con Rayman 2: The Great Escape e Rayman 3: Hoodlum Havoc, titoli che riuscivano tra di loro a essere diversi e differenti.
Al di là del bene e del male
Poi nel 2003 arrivò il momento di una nuova IP. Michel Ancel andò a realizzare uno dei titoli maggiormente apprezzati dal pubblico di oggi, che in quegli anni aveva l'età giusta per lasciarsi colpire da una storia come Beyond Good & Evil: nonostante la critica lo avesse acclamato, a livello commerciale si trattò di un fallimento, ma questo non ha per niente trattenuto Ubisoft dal mettere nelle mani di Ancel, più di dieci anni dopo un sequel. Questa però è un'altra storia. Perché BG&E, sviluppato in soli tre anni, richiese appena trenta persone al lavoro, nonostante un primo accenno di voler creare un open world, un intero mondo da poter esplorare, in piena libertà.
Fu uno degli obiettivi e traguardi raggiunti da parte di Ancel, che poi si pose anche il fondamentale obbligo di offrire un gameplay lineare, così da poter aiutare la storia a decollare più facilmente: il giocatore era sì libero di agire, ma la sua esperienza non doveva togliere la concentrazione dal plot raccontato. Inoltre il ritmo andò a ricreare a tutti gli effetti quello di un film, per attirare quanti più giocatori possibili a vivere un'avventura sci-fi che tanto richiamava lo stile degli universi di Miyazaki.
La storia terminava lasciando un grande punto interrogativo al giocatore, che ritenne fondamentale un sequel, un momento per spiegare cosa realmente ci fosse dietro la storia di Jade. Quel sequel sarebbe dovuto arrivare nei prossimi anni, dopo uno sviluppo travagliato e intenso, che per anni non ci ha fatto sapere che fine avesse fatto Beyond Good & Evil 2. Originariamente sarebbe dovuto arrivare in esclusiva per Nintendo Switch, ma poi il rumor si rivelò tale, senza ricevere una conferma successiva, poi l'annuncio anche di un live-action da parte di Netflix, sviluppato da Rob Letterman, già al lavoro su Detective Pikachu. Poi, adesso, l'abbandono di Ancel.
Il lascito di Ancel
Ma BG&E2 non è l'unico progetto che Ancel ha deciso di abbandonare, perché nel 2014 era stato annunciato WILD, un open world ambientato nella preistoria e con tematiche da survival game. Sviluppato da uno studio indipendente chiamato Wild Sheep, che Ancel aveva deciso di fondare sempre nel 2014 pur mantenendo attive le proprie collaborazioni con Ubisoft, è stato per anni al centro di numerose domande, senza ricevere mai risposte: di WILD tutt'oggi non si sa praticamente più niente, se non che sarà ancora sviluppato dallo studio di Ancel, ma senza di lui.
Dei risultati che lasciano basiti, soprattutto perché dal 2010 in poi il designer francese era riuscito a settare un benchmark completamente diverso per la saga di Rayman, portando su console un capolavoro quale Rayman Origins, un connubio perfetto di videogioco con la musica, una sinestesia che non poteva lasciare indifferenti. Uno dei platform migliori degli ultimi dieci anni. Esser stato messo a capo di quella sezione dedicata all'uomo melanzana aveva lasciato ad Ancel piena libertà di gestione del suo personaggio, arrivando anche a realizzare Rayman Raving Rabbids per Nintendo Wii, un brand che negli anni ha avuto grande fortuna, come noto anche in Ubisoft Milan per Mario + Rabbids. Eppure questo non è bastato, perché alla fine Michel Ancel ha deciso di lasciare.
Probabilmente tra un paio d'anni ci ripenserà e si accorgerà che senza il suo mondo dei videogiochi lui non sa stare, un po' come avvenuto per Johan Vonlanthen, ma speriamo con un esito diverso. Intanto è indubbio che restiamo in attesa di poter sapere qualcosa di più concreto su WILD e Beyond Good & Evil 2, ma è palese che senza la conduzione di un estro come quello di Michel Ancel potremmo ritrovarci tra le mani un prodotto che qualitativamente non riesca a essere al livello di quello che ci aspettavamo. Intanto, dopo Jason Rubin - papà di Crash Bandicoot e fondatore di Naughty Dog - l'altro padre delle mascotte PlayStation ha abdicato, per una vita diversa. Buona fortuna, Ancel.