Siamo dunque volati a Londra per partecipare ad una lunga anteprima che ospitava giornalisti provenienti da tutto il globo: l’hands-on, dalla durata di circa quattro ore, ci ha permesso di conoscere e provare tre dei quattro capitoli disponibili al lancio; il primo, “The Volga”, è ambientato in inverno e affronterà le conseguenze del finale del gioco precedente. Come anticipato, ci troviamo a bordo dell’Aurora e tutto sembra andare bene. Ma l’ambiente innevato e inospitale, unito a una comunità autoctona piuttosto peculiare ci metteranno in grossa difficoltà. Iniziamo dunque il nostro viaggio alla scoperta di Metro Exodus.
The Volga
Prima di scendere nei dettagli, è bene specificare che Metro Exodus è un gioco differente dai suoi predecessori. Lo è per scelta, ma anche per necessità: portare la storia fuori dalle caverne della metro ha in qualche modo obbligato il team di sviluppo ad alzare l’asticella produttiva. Se da una parte l’approccio più guidato e lineare dei primi capitoli ha permesso di porre il focus in modo deciso sulla storia, dall’altra limitava comunque le potenzialità di un gameplay che ora punta ad esprimersi al meglio. Ed è per questo che Exodus si dipana all’interno di quattro macro aree, quattro “open world”, ognuno dei quali ci obbligherà a modificare il nostro approccio in base all’ambiente circostante. Ma andiamo per gradi.
The Volga è il capitolo invernale: il freddo e il pericolo si percepiscono costantemente, questo grazie ad un grande lavoro in termini di costruzione del mondo di gioco. Sia dal punto di vista tecnico, che di design, che di lore. Ogni zona sarà abitata non solo dai letali mutanti, ma anche da comunità che nel corso degli anni hanno preso possesso della mappa in questione. Il carattere e la mentalità di questi gruppi influenzerà in qualche modo il gameplay. Il primo atto ci presenterà per esempio un culto religioso piuttosto subdolo e manipolatore, e quando Aurora si guasterà dovremmo per forza di cose interagire con queste persone per trovare una soluzione e poter ripartire.
In The Volga il gameplay è un survival nudo e crudo: la visuale in prima persona potrebbe ingannarvi, e approcciarsi con troppa leggerezza alle situazione è potenzialmente letale. Come ogni gioco di sopravvivenza che si rispetti, anche in Metro Exodus dovremo avanzare con cautela, studiare l’ambiente, raccogliere quanti più materiali possibili e usare con coscienza munizioni e oggetti vari. L’ostilità dell’ambiente gioca un ruolo chiave: si passa situazioni in campo aperto, ad altre molto più claustrofobiche, in pieno stile Metro. In questi frangenti, il titolo di 4A Games sembra continuare a dare il meglio di sé. Attenzione: non stiamo dicendo che fuori da cunicoli e caverne il gioco perda, semplicemente in queste situazioni emergono i pregi di una produzione che continua a rappresentare un’offerta piuttosto unica all’interno del mercato.
La gestione dell’inventario, come anticipato, sarà fondamentale. Tenete presente che non esiste una mini mappa persistente, e perdervi e sprecare risorse potrebbe costarvi la vita. Il consiglio è quindi quello di alternare missioni principali ad esplorazione libera e quest secondarie, quest’ultime in particolare vi permetteranno di recuperare upgrade preziosi per armi ed equipaggiamento. Chiaramente anche il crafting sarà parte del gameplay, e potrà essere effettuato in “modalità portatile” (con opzioni limitate) e alle work station presenti nell’Aurora e in altri edifici sparsi per la mappa. Non aspettatevi cose molte complicate: si craftano oggetti e munizioni, e si migliorano le armi acquisite sul campo. A proposito di quest’ultime, Exodus offre il suo solito ventaglio di alternative accattivanti.
La scelta del team di sviluppo di proporre come prima ambientazione questa temibile distesa innevata ha dunque perfettamente senso: ci troviamo di fronte a Metro declinato in un livello più aperto, caratterizzato dalla solita qualità e immersività narrativa, scandito però da tempi più dilatati causati proprio dallo stesso mondo aperto. Una formula che forse farà storcere il naso ai fan di vecchia data ma, così com'è proposta, funziona e appassiona. Rimane un’esperienza fruibile ad un pubblico determinato e paziente, ma si parliamo comunque di una formula di qualità e approfondita con cognizione di causa.
Come detto in apertura, però, ogni capitolo porta con sé delle variazioni, e qui le cose iniziano a diventare interessanti. Varietà, dicevamo, e dopo la neve e il freddo si passa al caldo e alle tempeste di sabbia.
The Caspian
Terminata la missione principale di The Volga, l’Aurora riparte, queste volta in direzione deserto. The Caspian ci catapulta per l’appunto in un clima tipicamente estivo, all’interno di un paesaggio molto vasto (è la macro area più grande del gioco) e anch’esso inospitale. Per esempio, la maschera che utilizzavamo per proteggerci dal gas radioattivo, ora verrà utilizzata per evitare di respirare chili di sabbia provenienti dalle classiche tempeste desertiche. Oltre ad un evidente cambio di direzione artistica (sempre di gran livello, lo sottolineiamo), Exodus spinge il giocatore verso un approccio completamente diverso, che dimentica in parte la componente survival per puntare di più sul piombo e sulle sparatorie.
La storia ci presenta l'ambientazione come una possibile dimora per il gruppo, che proverà anche ad approfittare della presenza di una torre di comunicazione. Aurora, però, non è molto in forma e presto potrebbe servire del carburante. Le necessità e le paura di Artyom e del gruppo, dunque, saranno il motore degli eventi di The Caspian.
Abbiamo giocato due quest ed entrambe erano molto adrenaliniche, quasi tipiche da FPS. Ci si muove in macchina, e sembra di giocare un nuovo capitolo di Mad Max. Il plot narrativo ci metterà al nostro fianco un’alleata eccentrica ma letale, la quale ci coinvolgerà in un’avventura sotterranea davvero riuscita. La fasi di shooting sono appaganti e ritmate, anche se rimane evidente che il gioco non è fatto per “essere usato” come un tipico FPS.Il cambio di direzione insomma ci ha in qualche modo stranito, ma convinto. Dopo le lunghe ed estenuanti camminate fra la neve, ci voleva un po’ di azione.
Questa gestione alternata dei ritmi contribuisce a tenere viva l’attenzione del giocatore: come dicevamo Exodus ha tempi lunghi e per certi versi faticosi, e spezzare la routine cambiando approccio potrebbe essere la carta giusta per aggiungere pepe alla ricetta. Sempre a patto che il risultato sia di qualità.
Per dovere di cronaca vi diciamo che non abbiamo completato sia The Caspian che il prossimo capitolo. Per “completato” intendiamo portare a termine la quest principale, cosa che abbiamo dovuto evitare per poter visionare tutti i contenuti della demo a nostra disposizione.
The Taiga
Ultima ambientazione a disposizione nella build era quella primaverile, caratterizzata da una fitta vegetazione e da colori molto caldi. Quello che salta immediatamente all’occhio è la qualità tecnica con la quale questa sezione è stata realizzata. Dettagliata, immersiva, rappresenta ancora una volta un cambio di rotta rispetto a quanto visto in precedenza, sia visivamente che ludicamente.
Artyom dovrà andare in ricognizione per cercare oggetti (e non solo) utili al gruppo e a sua moglie Anna. Per farlo dovrà quindi avventurarsi in questa fitta vegetazione che gli riserverà più di qualche sorpresa.
The Taiga, con questa foresta fitta e quest’approccio se vogliamo più arcade, ha sempre quel ritmo più frizzante rispetto a The Volga, ma senza la frenesia di The Caspian. Armati di balestra, abbiamo fatto irruzione in un villaggio abitato proprio da questa comunità per fare un massacro. Complice della carneficina è anche l’intelligenza artificiale, che non solo in questo caso si dimostra molto basica e facile da aggirare.
Alcuni colleghi hanno addirittura terminato la sezione usando solo il corpo a corpo; approccio divertente sulle prima, ma poi capace solo di evidenziare dei limiti in termini di IA. Lo scopo ultimo era comunque quello di salvare un ostaggio per poi ripartire con Aurora. Quello che succederà nell’ultima area del gioco lo scopriremo solo quando avremo in mano la versione finale del gioco.
Infine, piccola chiosa sul comparto tecnico: abbiamo giocato su PC e la resa era davvero ottima, soprattutto a livello di animazioni facciali e texture ambientali. Purtroppo, non avevamo a disposizione le specifiche della configurazione, così come non possiamo darvi certezze sulla versione console. Per tutte queste informazioni, bisognerà attendere la versione finale del gioco e quindi la recensione.
Verdetto
Metro Exodus ci ha colpito, sulle prime in modo positivo, per poi mettere a nudo dei difetti che potrebbero in qualche modo compromettere la riuscita dell’operazione. Per essere chiari: l’esperienza risulta sicuramente più variegata e ambiziosa rispetto ai due giochi precedenti, ma tutta questa varietà (parliamo di gameplay, non delle fantastiche ambientazioni) rischia di snaturare troppo l’esperienza storica della serie. In termini di gameplay, The Volga è certamente la mappa migliore fra quelle che abbiamo provato. Capsian e Taiga invece rinunciano a scelte se vogliamo più cervellotiche, puntando invece sull’immediatezza. In questo caso la scelta non ci è parsa particolarmente azzeccata, e seppur bisogna sottolineare che l’esperienza survival di Exodus “non è per tutti” (tempi dilatati che rendono faticose le sessioni di gioco) ci è parsa senza dubbio la più riuscita. Complessivamente, e al netto delle discriminanti di cui vi abbiamo appena parlato, Metro Exodus è un titolo ambizioso che potrà essere valutato con precisione solo in sede di recensione. Questo nuovo e approfondito incontro, però, ci ha permesso di capire meglio pregi e difetti di una produzione sicuramente intrigante e che punta a concludere al meglio possibile l'ormai iconica trilogia di Metro.
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