Maneater | Recensione: uno squalo contro tutti
Una madre da vendicare e uno sterminio da portare a termine: siete pronti ad immergervi nella vita di uno spietato squalo leuca con Maneater?
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a cura di Giacomo Todeschini
Editor
Tutti coloro che bazzicano o hanno bazzicato negli ultimi dieci anni in quell’incredibile calderone che è il mercato videoludico su mobile si saranno molto probabilmente prima o poi imbattuti in uno dei diversi capitoli di Hungry Shark. Tale saga, passata poi in mano ad Ubisoft nel corso del tempo, si basa su un’idea dannatamente semplice: nei panni di uno squalo saremo infatti chiamati a imbarcarci letteralmente in un vero e proprio sterminio della fauna marina, cominciando dai più piccoli pesci fino ad arrivare a dare la caccia alle più imponenti creature dell’oceano. La formula di gioco alla base degli Hungry Shark è quindi tanto semplice, in linea di massima basta infatti semplicemente nutrire il nostro squalo fino a farlo diventare sempre più grande e pericoloso, quanto anche incredibilmente assuefacente e funzionale. Visto il grande successo di questa particolarissima e singolare epopea, Tripwire Interactive ha quindi ben pensato di prendere l’idea alla base di Hungry Shark, di iniettarle dentro tutta una serie di nuove feature e di riproporla sulle principali piattaforme di gioco con Maneater, opera che sbarca ufficialmente oggi su PC, Xbox One, PS4 e più tardi nel corso dell’anno anche su Nintendo Switch.
Maneater: una storia di vendetta
L’impalcatura di gioco alla base di Maneater è alla fine dei conti la medesima degli arcinoti titoli mobile e si basa quindi principalmente sulla continua crescita del nostro squalo in base al numero di prede divorate e sulla ricerca e relativa raccolta di una lunga serie di collezionabili. Per rendere ancor più appetitoso questo peculiarissimo RPG open-world, chiamato ironicamente ShaRkPG dagli stessi sviluppatori, Tripwire ha però ben pensato di inserire all’interno di Maneater una storia di vendetta e, soprattutto, un vibrante e quanto mai attuale messaggio ecologista. A completare questa ricca intelaiatura al gameplay è infine un sistema di narrazione leggero e irriverente, con le intere vicende del titolo che ci saranno raccontate come se facessero parte di uno degli innumerevoli reality che abbondano in TV.
In Maneater ci metteremo nelle pinne di un piccolo squalo leuca - no, non potremo purtroppo scegliere la specie del nostro alter ego marino - la cui madre è stata brutalmente uccisa nelle prime scene di gioco da un bieco cacciatore. Da questo semplice ma toccante avvenimento si dipanano quindi tutte le vicende del titolo, in una spirale ascendente che ci porterà dritti dritti a dare la caccia alla nostra nemesi e a cercare vendetta per nostra madre. Come facilmente prevedibile non si tratta però di nulla di memorabile, e anzi il malfatto di Pete lo squamato, questo il nome della nostra preda finale, finirà presto per sbiadire sullo sfondo e a non essere più di interesse per il giocatore. Da un titolo del genere, del resto, sarebbe però stato decisamente sbagliato attendersi una sinossi di maggior rilievo o in grado di porsi sullo stesso piano del gameplay.
Divertente, ma non perfetto
Le avventure in Maneater si svolgono in otto differenti location, disposte in modo rigorosamente crescente in quanto a difficoltà e fauna presente. Se nella prima zona ci imbatteremo infatti al massimo in qualche comunque pericoloso coccodrillo, nelle ultime zone ci troveremo a dover battagliare con orche e imponenti cetacei, in degli scontri all’ultimo morso decisamente sanguinari. A cercare di farci la pelle non saranno però solo le mostruosità oceaniche, ma anche gli umani che reagiranno con tutta una serie di imbarcazioni sempre più potenti appena ci azzarderemo a rovinare qualche particolare festa in spiaggia. Proprio sul comportamento dei normali cittadini è riscontrabile uno dei principali difetti di Maneater, con gli indifesi bagnanti che, oltre a strillare come dei dannati, ben poco faranno per aver salva la vita, rimanendo spesso e volentieri immobili sul posto mentre ci stiamo divorando qualcuno a pochi metri di distanza da loro.
Anche in acqua la situazione non è purtroppo migliore, con i vari pesci che più di una volta si incastreranno in qualche particolare fondale o, ancora, entreranno proprio all’interno di qualche texture sfuggendo ai nostri morsi. Il sistema di controllo, per quanto leggero, divertente e discretamente funzionale, non è poi proprio il massimo e anche la leggibilità di alcune situazioni è decisamente rivedibile, con diversi nemici che ci spariranno più di una volta alla vista. Un’ultima nota di demerito va necessariamente al sistema di salto fuori dall’acqua, una meccanica che più di una volta ci ha fatto imprecare per la propria imprecisione e l’estrema difficoltà nel padroneggiarla. Nonostante tutto però è innegabile come Maneater, nonostante i suoi difetti, riesca a divertire e impersonare uno squalo dando la caccia a innumerevoli prede si è rivelata sicuramente una delle esperienze più particolari dell’anno.
Le maggiori sfide di Maneater sono rappresentate da due ben distinte categorie di nemici: i cacciatori e i super predatori. I primi, di cui possiamo leggerne una breve biografia direttamente nel menu di gioco, giungeranno sul bacino di battaglia ogni qual volta raggiungeremo un nuovo livello di infamia, ossia un indicatore che si riempirà in base alle nostre malefatte verso il genere umano e che potrà arrivare fino al livello 10. Tali cacciatori, che vengono introdotti tramite delle veloci cutscenes, dovranno necessariamente essere sconfitti per guadagnare un livello di infamia, che ci permetterà quindi di proseguire nel nostro iter nel diventare il predatore più pericoloso sulla piazza. Così come i cacciatori anche i super predatori sono dei nemici unici, presenti uno per ogni location del titolo e che appariranno quando avremo completato buona parte delle mansioni della zona in questione. Si tratta in poche parole di piccole boss-battle, che ci permetteranno di scontrarci con diversi tra i più agguerriti animali del titolo.
ShaRkPG
Oltre agli incontri unici di cui sopra la struttura di Maneater si sviluppa su due differenti pilastri, ossia il completamento di tutta una serie di missioni spesso e volentieri molto simili tra di loro e la ricerca di ben tre differenti tipologie di collezionabili. In Maneater saremo infatti chiamati tra le altre cose per poter avanzare nel titolo a svolgere diversi compiti, che si ricondurranno sistematicamente all’eliminazione di un nemico particolarmente potente o ad un numero prefissato di esemplari di una data specie, umani compresi. I collezionabili hanno fortunatamente nel titolo di Tripwire un motivo d’essere, visto che ci condurranno anche dinnanzi tutta una serie di easter egg o punti di interesse, attorno ai quali spesso si annida anche il forte messaggio ecologista precedentemente accennato. Le acque in cui ci immergeremo in Maneater sono infatti dannatamente inquinate e non sarà decisamente raro imbattersi in qualche particolare scarto o cumulo di rifiuti.
La formula di gioco alla base di Maneater, per quanto sia incentrata sul continuo ed incessante potenziamento del nostro squalo, presenta però anche diverse sfaccettature e contaminazioni da gioco di ruolo che provano a renderla più varia e versatile sul piano ludico. Le varie prede che incroceranno malauguratamente il nostro cammino non solo presentano infatti peculiarità e comportamenti differenti, ma ci lasceranno anche un diverso nutriente, che ci permetterà di evolvere il nostro squalo in varie direzioni. Con il procedere del titolo otterremo infatti sempre più “componenti”, come particolari mutazioni in grado di aumentare la nostra salute o dentature bio-elettriche con cui poter personalizzare il nostro pescecane, rendendolo ancor più versatile alle varie situazioni che ci si pareranno dinnanzi. Purtroppo non si tratta di nulla di incredibilmente elaborato, il numero di cambiamenti possibili passa infatti di poco la decina, e la natura RPG di Maneater resta una pur piacevole ma decisamente piccola frangente del titolo.
Aspetto tecnico
Tecnicamente parlando Maneater è un titolo onesto, che non sorprende particolarmente per virtuosismi vari ma che non cade neanche in grossolani errori. Su Xbox One X, console su cui abbiamo provato il titolo di Tripwire Interactive, la resa grafica è infatti buona, grazie soprattutto al 4K nativo, e il framerate è discretamente soddisfacente, sebbene sia limitato a 30 fps e talvolta ci siamo imbattuti anche in qualche piccolo drop. Una caratteristica tecnica purtroppo mancante in Maneater è il supporto all’HDR, con i fondali marini e alcune location del titolo che avrebbero beneficiato non poco dall’adozione di tale tecnologia.
Voto Recensione di Maneater
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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Leggero e divertente
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Interpretare uno squalo è bellissimo
Contro
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Sistema di controllo impreciso
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Ripetitivo
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Talvolta confusionario