Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, un titolo troppo alla deriva? | Recensione
La nostra recensione di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, spin-off della serie con protagonista l'iconico Goro Majima.
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a cura di Giulia Serena
Editor
-
Pro
- Gameplay generalmente molto divertente
- Combattimenti action ben riusciti
- Goro Majima visto da un punto di vista tutto nuovo
- Ideale anche per chi non ha mai giocato a Yakuza
-
Contro
- La trama è il vero punto debole
- Boss fight piatte e poco spettacolari
Il verdetto di Tom's Hardware
Informazioni sul prodotto
![Immagine di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii](https://m.media-amazon.com/images/I/41p+56zCduL._SL500_.jpg?height=240)
Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii
Il motivo per cui amo la serie Yakuza - o Like a Dragon, se volete chiamarla all'occidentale - è l'accostamento tra una trama estremamente seria e con un livello di scrittura incredibile e un gameplay divertente, fatto di combattimenti immersivi e storie secondarie e minigiochi totalmente oltre le righe, spesso con temi pervertiti ma sempre capaci di strappare una risata. Cosa succede, però, se anche la narrazione inizia a oltrepassare il confine, diventando tanto assurda quanto il resto del gioco? Ryu Ga Gotoku ha voluto sperimentarlo con Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, e forse è meglio tornare sui propri passi.
La tendenza verso una trama meno seria era già cominciata con Yakuza: Like a Dragon ed è stata ancora più evidente con Like a Dragon: Infinite Wealth, ultimo capitolo della serie criticato proprio per il comparto narrativo. Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii (un nome un po' contorto, lo so) è uno spin-off proprio di Infinite Wealth, essendo ambientato subito dopo la fine di quest'ultimo e riproponendone la location principale, Honolulu. C'è, però, un grosso cambiamento nel titolo in uscita il 20 febbraio su PC, Xbox Series X|S e PS5: questa volta il protagonista dell'azione non è Ichiban e nemmeno Kiryu, bensì Goro Majima, uno dei personaggi più amati della serie insieme proprio a Kiryu, nonché uno dei più importanti.
Senza memoria, ma sempre cane pazzo
Come dicevo, Pirate Yakuza in Hawaii porta ancora più all'estremo l'intento di voler puntare su una narrazione tanto folle quanto gli altri comparti del gioco, e ciò è ben chiaro fin dal suo incipit: Majima si sveglia sulla spiaggia di un'isoletta nell'arcipelago delle Hawaii, praticamente in fin di vita e... completamente senza memoria. Non ricorda assolutamente nulla di sé, nemmeno il suo nome, e dopo aver incontrato Noah, un dolce bambino che decide di aiutarlo, sceglie di ripagarlo realizzando il suo sogno, ovvero esplorare il mondo oltre alla piccola realtà isolana in cui si sente imprigionato.
Ed è così che Majima diventa un pirata - anzi, un Capitano pirata - e, con tanto di veliero, decide di partire insieme a Noah, il burbero padre e inizialmente pochi altri membri della ciurma. Ovviamente, però, in qualsiasi storia piratesca che si rispetti non può mancare un tesoro da trovare, e difatti il motivo ultimo dell'avventura del nostro protagonista è quello di trovare il bottino dell'Esperanza, il quale si dice essere stato nascosto da un gruppo di pirati duecento anni or sono.
Majima e la sua ciurma, tuttavia, non sono gli unici alla ricerca di questo tesoro dal valore inestimabile, ed è qui che inizia veramente la storia di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii; una storia che, per evitarvi spoiler, non vi racconterò nel dettaglio, ma che sicuramente potrebbe lasciarvi l'amaro in bocca se vi aspettate una narrazione ai livelli di altri Yakuza, o comunque superiore a Infinite Wealth. Non voglio nemmeno prendere in considerazione il fatto che nel ventunesimo secolo possano esistere dei vascelli pirata che battagliano a suon di colpi di cannone in acque statunitensi senza il minimo intervento delle autorità, giacché l'opera è stata presentata sin dall'inizio come "meno seria" rispetto ai canoni della serie, ma Ryu Ga Gotoku avrebbe potuto fare un lavoro migliore su quella che è la vera trama del gioco.
Il livello di scrittura generale del gioco è, infatti, nettamente inferiore a quanto un fan della serie si può aspettare, con plot twist telefonati, nemici piatti e privi di spessore vista lo scarso approfondimento e scelte narrative generalmente poco interessanti o sensate. Facendovi un esempio: Noah, che può essere considerato a tutti gli effetti come il co-protagonista del gioco, viene portato in luoghi decisamente non consoni a un bambino, pieni di criminali, ubriaconi e prostitute; ma non solo, viene trascinato costantemente in situazioni pericolose, e il padre - che comunque fa parte della ciurma - ne è disinteressato, affidandolo a Majima per tutto il tempo.
D'altra parte, è proprio la relazione che si forma tra Majima e Noah a essere l'aspetto migliore della narrazione. Avendo perso la memoria, Goro non presenta più alcuni dei suoi tratti caratteriali tipici, diventando molto più gentile e meno burbero (non preoccupatevi, però, rimane sempre e comunque il "cane pazzo"); ciò gli permette di rappresentare una vera e propria figura paterna, un po' come Kiryu con Haruka nei primi Yakuza, cercando di esaudire in tutti i modi i sogni del bambino e lottando per essere un esempio migliore possibile.
Essere un pirata non è mai stato così divertente
Se, dunque, la trama lascia desiderare, il gameplay di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii è esattamente l'opposto: ci troviamo dinanzi a un titolo estremamente divertente, ricchissimo di elementi e capace di portare una ventata d'aria fresca alla serie. Essendo dei pirati, il core del gameplay si basa su due pilastri, i combattimenti a terra e quelli in mare; per quanto riguarda i primi, è stata reintrodotta la formula action che ha reso iconica la serie, con Majima che può alternare tra due stili di combattimento: lo stile Cane Pazzo, ovvero quello "base" con movimenti rapidi e dinamici, e quello "Lupo di Mare", dove Goro è armato di due sciabole, una pistola e persino un rampino per attacchi più potenti.
Entrambi gli stili funzionano molto bene, dando vita a combattimenti estremamente piacevoli, anche nelle situazioni in cui bisogna abbordare le navi nemiche o combattere contro pirati nelle isole deserte e ci si trova a fronteggiare orde di nemici, ricordando quasi un musou. Anche la progressione della abilità è buona, con Majima che come al solito può essere potenziato e con la possibilità di sbloccare delle mosse ultimate davvero assurde, come un'orda di squali fantasma che divorano gli avversari.
Purtroppo, però, la carenza di spessore a livello narrativo degli antagonisti si riflette anche nelle boss fight, le quali, tranne l'ultima, non hanno nessun valore aggiunto rispetto allo scontro con i nemici comune se non una barra della vita più lunga, perdendo la "spettacolarizzazione" tipica di alcune memorabili boss fight di Yakuza.
Passando al secondo pilastro di gioco, i combattimenti navali funzionano bene nella loro semplicità. Non aspettatevi meccanismi chissà quanto complessi: potrete sfruttare una mitraglietta e dei cannoni per sparare ai velieri nemici, abbordandoli una volta abbattuta totalmente la loro nave e iniziando così uno scontro tra le due ciurme. Questi scontri funzionano proprio grazie alla loro brevità, permettendo di non annoiare e risultare comunque sempre divertenti da svolgere, anche quando messi in sequela all'interno del "Pirates Colosseum", una vera e propria arena di combattimento per pirati.
Se gli scontri, a terra o in mare, sono la componente principale del gameplay di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, non significa che siano gli unici elementi nel gioco, tutt'altro. Il titolo è, infatti, veramente ricchissimo di mansioni secondarie da svolgere, tra tesori nelle isole deserte da trovare, un sistema di taglie per guadagnare soldi in fretta e una valanga di attività nella città di Honolulu, tra cui molte di quelle presenti in Infinite Wealth e una serie di nuove quest secondarie, come sempre una più divertenti dell'altra. E se non vi basta, potete anche concentrarvi sull'accrescere il rapporto con i membri della ciurma, salvare animali selvatici in difficoltà per mettere in piedi una specie di zoo personale, coltivare piante e semi e persino cucinare con un sistema alla Cooking Mama.
Insomma, non esaurirete facilmente le attività da svolgere, e proprio questa abbondanza di elementi che fungono da contorno alla trama riescono a farla passare in secondo piano, permettendo di avere un'esperienza di gioco divertente e mai noiosa per oltre venti ore. Allo stesso modo, non aggiungendo niente di importante alla lore di Yakuza, Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii è ideale anche per i neofiti della serie, i quali non comprenderanno pienamente la narrazione ma potranno comunque godersi tutto il resto.
Parliamo, dunque, di un gioco che al netto delle sue debolezze non è assolutamente da buttare e che, se siete fan di Yakuza, vi consiglio comunque di giocare - magari aspettando un calo di prezzo -. La speranza è che, in vista del recente annuncio del misterioso Project Century, un titolo ambientato nel Giappone dei primi del Novecento, Ryu Ga Gotoku riesca a tornare alle proprie origini, sviluppando un'opera con i due pilastri che hanno sempre contraddistinto il loro franchise principale: una trama incredibile e un gameplay folle.
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