In questi ultimi anni la Marvel ci ha abituato a pellicole cinematografiche che uscivano al ritmo di due o tre l’anno: tuttavia, a quasi un anno di distanza da Spiderman: Far from home, anche a causa dell’epidemia di covid, dovremo attendere ancora qualche mese per il primo film della fase quattro del Marvel Cinematic Universe. Per fortuna il mondo videoludico non è rimasto con le mani in mano e ha partorito Iron Man VR, un’esperienza assolutamente nuova per PSVR che permette di indossare i panni del noto supereroe con un’immersività mai vista finora.
Ma come funziona l’armatura di Iron Man? Quali segreti nasconde? Andiamo a scoprirlo insieme...
I materiali della corazza di Iron Man
Cominciamo analizzando i materiali di costruzione di questa meraviglia. Nel film Iron Man 3 Tony Stark afferma che la sua corazza prodigiosa sia costituita da un composto di titanio e oro: l’applicazione “Jarvis, a second screen experience”, rilasciata nel 2013, rivela nello specifico che l’armatura Mark III, ad esempio, sia composta da una lega che contiene il 95,5% di titanio e il 4,5% di oro. L’ironia vuole che tre anni dopo, nel 2016, sia stata effettivamente sintetizzata una lega di oro e titanio, il β-Ti3Au, composta stavolta per il 75% di titanio e il 25% di oro.
La lega si è dimostrata particolarmente resistente, oltre 4 volte il titanio puro e 3-4 volte l’acciaio.
Se, come le fonti ufficiali attestano, la tuta di Iron man pesa circa 100 kg, questo ci dà un’armatura spessa circa 7 mm, molto poco per l’aspetto che mostra: dobbiamo però immaginare che la tuta del supereroe non sia composta solo da un’unica piastra che circonda il corpo di tony stark, ma contenga giunture nonché numerosi vani per la circuitistica, le varie armi, propulsori, combustibile e così via. Il calcolo potrebbe dunque rivelarsi corretto.
Ovviamente, muoversi con addosso un quintale di armatura è una sfida notevole: storicamente, le armature più pesanti appaiono solo come corazze complete da cavalleria nel 1600, quando era necessario proteggere il cavaliere dalle prime armi da fuoco (o quanto meno provarci).Si trattava di armature che, a differenza di quelle complete da fanteria (che si attestano comunque sui 30kg), non concedevano un’ampia mobilità: l’armatura di Iron Man, tuttavia, pur pesando molto di più, consente a Tony Stark di muoversi con estrema agilità.
Come si muove Iron Man?
Questo non può che essere dovuto a un apparato di sistemi che coadiuvino il movimento: tali apparati trovano oggi la loro incarnazione nei motori elettrici e nei muscoli pneumatici artificiali.
I motori elettrici
I motori elettrici sono in grado di mettere in rotazione tra loro due oggetti: per esempio, nelle automobili elettriche, essi fanno ruotare le ruote rispetto al resto della macchina.
Esistono numerosi tipi di motori elettrici, ma sono tutti accomunati da un funzionamento simile: una porzione del motore percorsa da corrente elettrica viene messa in movimento dall’interazione con un campo magnetico. Affinché questo tipo di motore funzioni, l’influsso del campo magnetico sulla corrente elettrica deve variare nel tempo e diversi modelli di motore sfruttano accorgimenti differenti per ottenere questo fenomeno, spesso andando a variare la direzione della corrente che scorre nella porzione mobile del motore.
I Muscoli Pneumatici Artificiali
I Muscoli Pneumatici Artificiali invece sono costituiti da delle sacche riempite di aria o di liquido che possono essere compresse o estese, andando a fornire una spinta in maniera a simile a un muscolo.
Entrambi questi strumenti sono già in uso per i moderni esoscheletri a uso civile, soprattutto in ambito industriale: si tratta di apparati che si indossano forniscono ulteriori strutture artificiali aiutano o sostituiscono quelle naturali dell’uomo.
Un esempio è il Guardian XO, un esoscheletro che permette, facendo uso di motori elettrici e muscoli pneumatici artificiali, di sollevare carichi come se fossero 20 volte meno pesanti, permettendo ad esempio di spostare oggetti pesanti un quintale come se avessero una massa di appena 5 kg.
I limiti tecnologici
Tuttavia, l’esistenza di questi esoscheletri è ben lungi dal raggiungere le vette dell’armatura del nostro supereroe: un problema notevole che stanno infatti affrontando gli esoscheletri al giorno d’oggi, soprattutto in ambito militare, è l’alimentazione nonché la possibilità di trasportare una fonte energia. Tony stark “risolve” il problema con il suo piccolo Reattore Arc che tiene nel petto, impedendo (almeno originariamente) alle delle schegge metalliche di raggiungere il suo cuore a causa dell’attrazione elettromagnetica del reattore stesso.Già nel primo modello, questo reattore è in grado di emettere una quantità di energia spaventosa: 3 Gigajoule al secondo, l’equivalente di 5 centrali nucleari!
In maniera quasi ironica, nel 2014, il Massachusetts Institute of Technology (il famoso MIT) ha teorizzato una forma compatta di reattore a fusione chiamandolo proprio ARC: si tratta di uno dei numerosi esperimenti di fusione nucleare in corso da decenni, finora incompleti ma che, se dovessero funzionare, porterebbero a grandi quantità di energia disponibile e a bassissimo livello di inquinamento.
Il reattore ARC: come funziona
Ma come funziona un reattore a fusione nucleare come il reattore ARC?
È ben nota la scoperta della scissione dei nuclei atomici più pesanti, come quelli di uranio, che ha portato nel ‘900 all’introduzione sia di tecnologie militari, come la bomba atomica, che civili, come le centrali nucleari: in entrambi i casi, una grande quantità di energia viene ottenuta spezzando nuclei atomici per produrre tanti nuclei più leggeri. Questa tecnologia è però accompagnata da un problema assai grave: la stragrande maggioranza dei prodotti di questa reazione, infatti, sono le cosiddette scorie nucleari, materiali radioattivi e pericolosi per l’uomo che richiedono millenni per perdere la loro carica radioattiva e che non hanno utilizzi concreti.
Tuttavia esiste anche un’ulteriore tipo di reazione, quella di fusione nucleare, che parte invece da elementi più leggeri fondendoli assieme per produrre nuclei più pesanti: l’esempio più noto è una delle reazioni principali che alimentano le stelle, il cosiddetto “ciclo protone-protone”, che produce atomi di elio a partire da quelli di idrogeno. Entrambi questi gas sono innocui per l’ambiente e per l’essere umano e sarebbe possibile ottenere molto idrogeno, ad esempio, dalla scissione dell’acqua di mare: il problema principale di questo tipo di reazioni è che richiedono temperature e campi magnetici di contenimento estremamente intensi, ardui da riprodurre sulla Terra, e anche gli attuali prototipi funzionanti non riescono comunque ad autoalimentarsi, cioè a mantenere per lungo tempo una catena di reazioni che permetta alla centrale di continuare a lavorare.
Tutta questa energia sarebbe assai utile al nostro supereroe, in quanto sollevare un essere umano in volo non è esattamente una passeggiata: dove infatti aerei ed elicotteri utilizzano specifiche caratteristiche dell’aria, la portanza e la viscosità, per ottenere una spinta verso l’alto in grado di mantenere in volo il mezzo, una tuta come quella di Iron Man deve fare affidamento solo sulla spinta dei propulsori. Per avere un riferimento sulle grandezze in gioco, non possiamo che guardare al Daedalus Flight Pack, invenzione di Gravity Industries dell’americano Richard Browning.
Si tratta di una tuta del peso di oltre 140 kg (da far invidia perfino a quellla di Iron Man!), sospinta da sei propulsori, di cui due principali sulla schiena e quattro distribuiti a coppie sulle braccia: questo permette al pilota di organizzare meglio la spinta derivante dai jet, ed è una scelta più pratica di quella del supereroe Marvel, che pone i propulsori ai piedi invece che sulla schiena, perché quest’ultima configurazione rende molto più difficile gestire l’equilibrio totale di Iron Man rispetto a un propulsore appoggiato alla schiena, che risulta invece molto più vicino al baricentro dell’uomo e dunque meno incline ad apportare spinte e rotazioni inattese.
Questa tuta davvero esistente sprigiona una potenza di oltre 1000 cavalli (horsepower), pari a circa 745 kilowatt, ma ha un’autonomia di appena 8 minuti: tutta questa potenza è infatti assorbita dalle sei turbine a iniezione, simili a quelle degli aerei, che forniscono la spinta al pilota.
Il funzionamento di un propulsore
Ma come funziona un propulsore? L’aria di fronte al motore viene risucchiata dalle pale della turbina e raggiunge la camera di combustione, dove subisce un violento riscaldamento (in questo caso, dalla combustione del carburante, il kerosene).
L’aria più calda infatti trasporta più energia, è “più veloce”, e il flusso la spinge verso l’ugello posteriore, dando un’ulteriore spinta alle pale e venendo convogliata per uscire dal motore.
È proprio l’effetto sommato di tutte le particelle di aria emesse dall’ugello a fornire la spinta: la velocità del mezzo e quella dei gas di scarico stanno infatti tra loro in una proporzione opposta a quella delle loro masse. Maggiore è la velocità e la quantità di gas emessi, maggiore sarà la spinta: allo stesso modo, alleggerire il carico comporterà una velocità del veicolo superiore.
Il subire una forza opposta a quella impressa dal motore sul gas espulso è una conseguenza diretta del terzo principio della dinamica di Newton, il principio di “azione e reazione”, dal quale proviene giustappunto il nome di “motore a reazione”.
Motori ionici: la scelta di Iron Man
I raggi repulsori di Iron Man sembrano però non essere dei classici motori a turbina, quanto dei motori ionici: questo tipo di propulsore fornisce una spinta in maniera analoga ai classici motori a reazione, ovvero ottenuta a causa dell’espulsione di materiale veloce in direzione opposta, ma stavolta ciò che viene emesso dal motore non è aria riscaldata da una combustione, bensì particelle cariche.
Gli ioni, che danno il nome a questo motore, sono infatti atomi la cui carica elettrica non è, come di norma, neutra, bensì ai quali è sono stati sottratti (o più raramente aggiunti) elettroni e che risultano dunque non avere più l’equilibrio originale tra la carica positiva dei protoni del nucleo e quella negativa degli elettroni. Questo squilibrio di carica elettrica porta gli ioni a subire l’effetto accelerante dei campi elettrici: nel motore ionico, infatti, una certa quantità di queste particelle viene accelerata elettromagneticamente e successivamente espulsa dal repulsore, generando anche stavolta una spinta.
Questi motori tuttavia non sono così potenti e spesso sono utilizzati solo in ambito spaziale, dove il motore non è costretto a combattere l’attrito dell’aria e, in parte, la gravità, e comunque sfruttati solo per piccole manovre.
Le armi di Iron Man
Oltre al ruolo di veri e propri propulsori, quelli di Iron Man si comportano come delle vere e proprie armi, che appaiono in Iron Man VR sia tramite i normali repulsori che tramite l’Unibeam, un potente fasico di energia che parte direttamente dal reattore ARC. Ma come potrebbero funzionare questi propulsori e le relative armi? Un’ipotesi a tale riguardo è che essi emettano plasma ionizzato.
Il plasma è uno stato della materia nel quale un gas riceve talmente tanta energia (di solito portandolo a temperature estremamente elevate) che gli elettroni risultano liberi di spostarsi dai loro atomi originari: questa condizione, utilizzata ad esempio nei reattori sperimentali a fusione già citati prima, permette facilmente di separare gli elettroni dal resto della sostanza, lasciando dunque i soli nuclei atomici, di fatto degli ioni perfetti per il motore ionico.
L’emissione controllata di questo plasma si dimostrerebbe un’arma notevole, potendo far leva tanto sulla temperatura del plasma quanto sulla spinta del motore ionico: più difficile sarebbe invece mantenere al sicuro tutto questo gas ionizzato ed estremamente caldo.
Ai repulsori e all’Unibeam, comunque, Iron Man VR affianca una lunga serie di altre armi: mitragliatori automatici, missili, rose di proiettili e bombe intelligenti permetteranno di combattere i cattivi aiutati dall’onnipresente Jarvis. Dove infatti, storicamente, molti dei missili “a inseguimento” funzionavano tramite sensori termici, inseguendo le fonti di calore (tendenzialmente quelle dei motori a reazione) e dunque relativamente facili da sviare tramite le cosiddette “contromisure”, quelli di Iron Man si basano sul riconoscimento visivo dell’intelligenza artificiale, già comunemente in uso al giorno d’oggi per il riconoscimento facciale che permette di sbloccare i nostri dispositivi, fino a veri e propri sistemi di guida come quello delle Google Car.
L’interfaccia della tuta, poi, ricorda gli attuali prototipi di realtà aumentata, potenziata dall’intelligenza artificiale Jarvis che vi fornisce tutte le informazioni utili a schermo.
Il risultato finale, dunque, è quello di un’esperienza estremamente immersiva, nella quale il visore a realtà virtuale e le manopole si immergono perfettamente nell’ambiente simulato come maschera e guanti del nostro supereroe, genio, miliardario, playboy e filantropo preferito, con una sensazione unica di volo dell’armatura che vi permetterà di rivivere la storia di Iron Man come mai finora.
Gianmario Marrelli è un docente laureato in fisica, game designer in erba, collabora con il progetto Giocaruolando di GDR nelle scuole e gestisce la pagina Eduplay.it nella quale si occupa di scienza e cultura in ambito ludico.
Potete acquistare Iron Man VR su Amazon.