La Commissione Europea vieta le valute virtuali nei giochi

Al centro della nuova regolamentazione si trova il divieto di utilizzare valute virtuali che mascherano i costi reali degli acquisti in-game.

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a cura di Andrea Maiellano

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La Commissione Europea ha lanciato un'iniziativa destinata a cambiare radicalmente il panorama delle microtransazioni nel mondo dei videogiochi. Al centro della nuova regolamentazione si trova il divieto di utilizzare valute virtuali che mascherano i costi reali degli acquisti in-game, una pratica ormai consolidata nell'industria videoludica. La decisione rappresenta un punto di svolta significativo per un settore che ha prosperato grazie a meccaniche di monetizzazione spesso poco trasparenti, soprattutto nei confronti dei giocatori più giovani e vulnerabili.

Un cavallo di Troia digitale

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l'intervento dell'organo europeo non è stato innescato dai titoli blockbuster che dominano il mercato o dai celebri giochi d'azzardo mascherati. Il caso che ha fatto traboccare il vaso proviene da un angolo inaspettato: Star Stable, un MMO svedese dedicato all'equitazione e rivolto principalmente a un pubblico giovanile e femminile.

Questo free-to-play apparentemente innocuo è finito sotto la lente d'ingrandimento delle associazioni dei consumatori per una serie di pratiche ritenute scorrette. Le accuse sono pesanti: pubblicità mirate direttamente ai minori per spingerli alle microtransazioni, tecniche di pressione psicologica per favorire acquisti compulsivi, e una deliberata mancanza di trasparenza sui costi reali dei pacchetti acquistabili in-game.

Star Stable è stato inoltre criticato per l'utilizzo di influencer che promuovevano il gioco senza dichiarare la natura pubblicitaria dei loro contenuti, un elemento che ha ulteriormente aggravato la posizione dell'azienda sviluppatrice.

I pilastri della nuova regolamentazione

La risposta della Commissione Europea si articola su quattro punti fondamentali che rivoluzionano l'approccio alle microtransazioni. Innanzitutto, viene imposta una chiarezza assoluta sui prezzi, eliminando le famigerate valute virtuali che da anni confondono i giocatori sulla reale entità delle spese.

Il secondo pilastro è il divieto categorico di qualsiasi pratica che possa nascondere o mascherare i costi effettivi degli acquisti digitali. Questo significa che i publisher dovranno indicare chiaramente quanto costa in euro (o nella valuta locale) ogni singolo contenuto aggiuntivo, senza passare attraverso sistemi di crediti o gettoni virtuali.

Non meno importante è il terzo punto: il diritto di recesso garantito ai consumatori anche per gli acquisti digitali, una tutela fondamentale spesso negata nel mondo virtuale. Infine, la Commissione ha posto particolare enfasi sulla protezione dei giocatori vulnerabili, con speciale attenzione ai minori, storicamente più esposti ai meccanismi psicologici sfruttati dalle microtransazioni.

Un cambio di paradigma nell'industria

L'impatto di queste nuove linee guida sarà profondo sull'intero ecosistema videoludico. Per anni, i publisher hanno utilizzato strategie di monetizzazione basate su valute virtuali come "gemme", "cristalli" o "monete premium" che rendevano difficile per i giocatori comprendere il valore reale di ciò che stavano acquistando.

Questa strategia, insieme ai pacchetti di valuta virtuale volutamente sbilanciati (ad esempio, vendere contenuti per 450 crediti ma offrire pacchetti solo da 500 crediti), ha generato enormi profitti ma anche crescenti critiche da parte della comunità e delle associazioni dei consumatori.

Con le nuove regole, i giganti del settore dovranno ripensare completamente le loro strategie di monetizzazione, puntando sulla trasparenza e sull'equità verso i consumatori piuttosto che su tattiche psicologiche studiate per massimizzare gli acquisti impulsivi.

Dalle stalle alle stelle: un precedente che fa scuola

È significativo che una regolamentazione così impattante sia stata innescata da un caso apparentemente minore come quello di Star Stable. Questo dimostra come anche i titoli meno in vista possano diventare catalizzatori di cambiamenti sistemici, soprattutto quando coinvolgono pratiche commerciali rivolte ai minori.

Il caso ricorda la crescente attenzione verso la protezione dei bambini negli ambienti digitali, tema sempre più centrale nelle politiche della Commissione Europea. La decisione segna un punto di non ritorno per l'industria dei videogiochi, costretta ora a confrontarsi con standard più elevati di trasparenza e responsabilità.

Gli sviluppatori e i publisher dovranno adattarsi rapidamente a questo nuovo scenario normativo, che potrebbe portare a una significativa riduzione dei profitti generati dalle microtransazioni ma anche a un rapporto più sano e onesto con la propria base di utenti.

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