Kingdom Come Delvierance 2 è più grosso, più bello e più realistico | Provato

H speso otto ore in compagnia della nuova avventura di Henry e sono rimasto esterrefatto dalle migliorie apportate da Warhorse Studios

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a cura di Andrea Maiellano

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Non appena ho avviato per la prima volta Kingdom Come Deliverance II, la prima cosa che mi è venuta in mente sono i video che hanno invaso internet negli ultimi anni e che mostravano un titolo validissimo ma anche capace di regalare “meme su meme” grazie a una serie di sbavature che hanno permesso a tantissimi creatori di “rompere il gioco” in vita della creazione di contenuti virali. Un fenomeno che, come tutti i trend su internet, riuscì a diffondere l’ottima creazione di Warhorse Studio a un pubblico sempre più ampio di giocatori, facendogli conseguentemente scoprire uno dei migliori GDR di matrice simulativa, fino a oggi in commercio.

Dico fino a oggi visto che questo seguito, che avevamo già avuto modo di provare a dovere in Repubblica Ceca qualche mese fa, ha tutte le carte in regola per imporsi come il nuovo esponente di punta del genere, visto l’ottimo lavoro che Warhorse Studio ha svolto negli ultimi anni, spesi in silenzio e a schiena china a lavorare sul seguito della loro prima opera.

Un seguito che, nelle prime ore che ho passato assieme a lui, si è rivelato: un more of the same capace però di sorprendere con la cura estrema infusa dagli sviluppatori per far sembrare tutto più curato, migliore e, per certi versi, diverso. Non vi parlerò troppo a fondo della trama principale, non vorrei farvi troppe anticipazioni, per cui mi limiterò a dirvi che al netto di un prologo capace di creare la giusta curiosità nel giocatore, e portarlo a voler capire dove andrà a parare la storia principale, Kingdom Come Deliverance II inizia esattamente dove finiva il precedente capitolo, sfruttando le prime, e abbondanti se si deciderà di immergersi appieno al loro interno, sezioni narrative, per introdurre ai nuovi giocatori, o far ripassare chi ha completato il precedente episodio, la storia di Henry.

Il protagonista, divenuto la guardia del corpo personale di Hans Capon (suo amico e rivale dal fare decisamente spensierato), dovrà scortare quest’ultimo per consegnare un’importante missiva che potrebbe decretare la fine della guerra. Sul percorso un gruppo di guardie li fermerà per portali le classiche domande di rito e al giocatore spetterà il compito di scegliere quale approccio abbracciare per la sua avventura. Henry potrà scegliere di risolvere la conversazione usando la dialettica, usando la forza o in maniera molto sottomessa, definendo quali caratteristiche predominanti avrà nel resto dell’avventura.

Ora, chi ha giocato il capitolo principale si starà chiedendo come si sono raccapezzati gli sviluppatori di Warhorse Studio per ribilanciare l’inizio di questo nuovo capitolo, visto che in base alle scelte fatte nell’episodio precedente Henry dovrebbe avere a disposizione una serie di abilità atte a renderlo comunque più forte di un qualsiasi personaggio a livello base all’inizio di un gioco di ruolo.

Bene, la risposta arriva da li a poco, ma non prima di aver speso un po’ di tempo nell’accampamento che il gruppo di personaggi si troverà costretto a realizzare per passare la notte prima di recarsi a consegnare la missiva.

Già in queste primissime parti dell’avventura, la natura di Kingdom Come Deliverance 2 emerge prepotentemente. Si potrà decidere di parlare subito con Hans, facendo progredire celermente il prologo, oppure iniziare a esplorare l’area circostante, chiacchierare con gli altri commilitoni, cercare del cibo per il proprio cane o perdere decine e decine di minuti giocando a dadi nel tentativo di recuperare la fede nuziale di un nostro compagno d’arme. Insomma, laddove la storia si prende i suoi tempi per iniziare, la natura della nuova produzione di Warhorse emerge fin dai primi istanti, non lasciando dubbi al giocatore su cosa si troverà dinnanzi da li a breve.

Nella notte, difatti, dopo che Henry avrà raccontato la sua storia attorno al falò, in modo tale da permettere ai nuovi giocatori di capire gli avvenimenti passati, accadrà qualcosa di veramente brutto che oltre ad azzerare quasi tutte le abilità di Henry (tranquilli saprete ancora leggere), viene giustificato narrativamente in maniera ottima, funzionando bene come ponte di collegamento fra i due capitoli.

Uno degli aspetti più impressionanti di Kingdom Come Deliverance II, però, è senza dubbio la sua rappresentazione realistica della Boemia medievale. Gli sviluppatori di Warhorse Studios hanno lavorato intensamente per creare un mondo che non solo appare visivamente spettacolare, ma che si percepisce autentico e vivo.

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La prima città in cui ci si imbatte, per esempio, è un esempio perfetto di questa attenzione ai dettagli. Non è solo un luogo in cui il giocatore si muove, ma un vero e proprio microcosmo abitato da personaggi non giocanti che seguono routine quotidiane, dialogano tra loro e reagiscono alle azioni del giocatore. La varietà di situazioni che si possono incontrare esplorando il mondo sembra essere davvero enorme e la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di davvero enorme mi ha permeato fin dai primi momenti di gioco, proseguendo ad ammantarmi per tutta la dorata di questa lunga prova. Volendo si possono spendere intere sessioni a esplorare e vivere una, più o meno, tranquilla vita medievale ignorando bellamente la stria principale, immergendosi completamente nelle storie degli abitanti, nelle cose da fare e in tutti gli aspetti di quella quotidianità che Warhorse ha saputo ricostruire con una fedeltà al limite del disarmante.

Questo sequel, però, non si limita solo a espandere il mondo di gioco e a proseguire la storia del capitolo precedente ma introduce numerosi miglioramenti al gameplay. Il sistema di combattimento, pur mantenendo la complessità e il realismo che lo hanno reso celebre, è ora più accessibile grazie a una maggiore fluidità nelle animazioni e a un sistema di controllo delle direzioni dei colpi decisamente più leggibile e scandito in maniera netta. Durante le ore spese in compagnia del titolo, mi sono trovato coinvolto in scontri che richiedevano strategia e precisione, ma che risultavano comunque appaganti e meno macchinosi rispetto al passato.

Anche il sistema di scassinamento, uno degli aspetti più criticati del primo gioco, è stato rivisto per renderlo più intuitivo, così come le fasi stealth ora sono più snelle e semplici, riuscendo a non mettere mai da parte l’appagamento per il giocatore nel portarle a termine con successo. Gli sviluppatori avevano dichiarato di voler creare meccaniche di gioco che fossero facili da apprendere ma difficili da padroneggiare, e i primi risultati sembrano confermare  proprio questa filosofia.

Uno dei punti di forza più evidenti di questo sequel, però, è la qualità dei dialoghi e delle interazioni tra i personaggi. Ogni conversazione è scritta con grande attenzione al contesto storico e culturale e gli attori che hanno prestato la voce ai personaggi hanno fatto un lavoro eccezionale nel rendere ogni battuta credibile e naturale. Le animazioni facciali e corporee, poi, contribuiscono a dare vita a personaggi che sembrano usciti dalla quotidianità di un borgo e non da un videogioco, con movimenti naturali e reazioni mai eccessivamente caricaturali.

Questo livello di cura si estende anche alla rappresentazione delle diverse culture presenti nel gioco. I personaggi provenienti da regioni diverse parlano con accenti distintivi e utilizzino espressioni idiomatiche specifiche, aggiungendo ulteriore profondità a un mondo di gioco già di per se abnorme.

Insomma, seppur nelle poche ore spese con Kingdom Come Deliverance II non ho avuto modo che di scalfire solo la punta di quello che sembra essere un mastodontico iceberg, è indubbio che Warhorse Studios ha dimostrato di saper imparare dai propri errori, migliorando ogni aspetto del gioco originale e introducendo nuove idee capaci di rendere questo sequel uno dei titoli di punta del 2025. Ora non resta altro da fare, almeno per me, che portare a termine il viaggio di Henry per capire se ci troviamo di fronte a un potenziale candidato per il GOTY 2025, una frase che a molti potrebbe sembrare eccessiva, considerando che siamo solamente a gennaio, ma che in virtù dei valori produttivi mostrati fino a ora potrebbe non distare molto dalla realtà.

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