Alle porte del 2020, il titolo di gioco dell’anno acquista una prospettiva tutta sua come rappresentativo finale di chiusura del decennio. A vincerlo, come la storia racconterà, è stato Sekiro di From Software, battendo tanti altri valorosi contendenti. Ma per molti cuori – tra cui il nostro - il vero gioco dell’anno è stato Death Stranding, una produzione capace di sovvertire le regole videoludiche e regalarci un viaggio all’insegna dei collegamenti umani. Il fatto che nell’ultimo titolo di Hideo Kojima non si uccida quasi mai nessuno e che, anzi, la morte sia un male enorme, rende ancora più particolare la sua largamente positiva accoglienza, dimostrando come non ci sia bisogno di inscatolarsi nelle formule ludiche classiche per conquistare il cuore del pubblico.
Ed è in questa linea di pensiero che vogliamo nominare e proporre un altro dimenticato vincitore: Kind Words di Popcannibal. Un titolo che ha collegato la popolazione più da vicino di Death Stranding, un gioco che ha permesso alle persone di aiutarne altre, una produzione dedicata solamente all’altruismo e che ha dimostrato come su internet ci siano umani pronti a fare del bene con la semplice scrittura.
Utilizzando infatti solo lettere e parole, Kind Words ha creato uno spazio sicuro in cui chiunque può rifugiarsi nei suoi momenti più bui, ha osato dove nessuno avrebbe lo avrebbe mai fatto, dimostrandoci che c’è sempre del buono pronto a emergere fuori da ognuno di noi. Se nell’assegnare il titolo di Game of the Year bisogna premiare l’intraprendenza, i profondi messaggi comunicati e la sostanza astratta dietro l’atto del giocare, non c’è davvero miglior candidato del lavoro di Popcannibal per vincere il traguardo rappresentativo di quest’anno e portarsi a casa l’ambita statuetta.
Lo scetticismo verso queste parole è comprensibile, specialmente perché di Kind Words se ne è parlato colpevolmente poco. Non che sia rimasto sconosciuto ovviamente, ma considerando il picco di 360 giocatori contemporanei (fonte Steam Charts) c’è ancora molto lavoro da fare per aumentarne l’attenzione. A venire in soccorso del gioco c’è stata la nomination proprio ai Game Awards per Best Game for Impact, oltre che a un piccolo spot diffuso all’interno della premiazione. Il risultato di questa esposizione è papabile già nelle prime pagine del subreddit a esso dedicato, dove alcune persone hanno espresso la loro gratitudine allo show per avergli fatto scoprire il gioco di Popcannibal.
Ma dunque, cos’è davvero Kind Words? Il meccanismo di base è piuttosto semplice: si tratta di un ambiente tridimensionale dove un piccolo personaggio siede a una scrivania incasellata in una minuscola stanza quadrata. Con solo una finestra e tanti scaffali, tutto quello che farà al suo interno sarà rilassarsi e scrivere lettere. Naturalmente la parte della scrittura spetta a voi, ed è divisa sostanzialmente in due azioni. In una potrete inviare al popolo di Kind Words un vostro pensiero o una vostra preoccupazione, ricevendo successivamente le risposte date da membri casuali della comunità. D’altro canto potrete essere voi quelli a rispondere, mettendovi lì alla scrivania e aprendo lettere su lettere scritte da altre persone reali.
Il tutto è accompagnato da una bellissima colonna sonora lo-fi hip hop come l’abbiamo conosciuta sullo stream più famoso su cui rilassarsi e studiare, utilizzata in questo caso per allietare la vostra scrittura di messaggi e tirarne fuori il potenziale positivo. Per quanto qui finisca la descrizione delle fattezze base di Kind Words, niente di quanto scritto finora può davvero racchiudere l’esperienza estremamente personale che esso fornisce fin dalla prima lettera, un qualcosa talmente particolare che può essere raccontato diversamente da ogni suo giocatore.
L’esperienza di chi vi scrive inizia dal piccolo chiacchiericcio che girava intorno a una delle proposte indipendenti di Humble Bundle, rendendo la curiosità con cui mi avvicinai a Kind Words la stessa che potrebbe provare qualcuno di voi leggendo questo piccolo resoconto. Un gioco dove si scrivono lettere incoraggianti nel 2019/20? In un’epoca dove sui social si fa a gara per sminuire il prossimo? Anche solo pensare una cosa del genere può essere assurdo per molte ragioni, ma c’è sempre quella piccola speranza che esista davvero un luogo dove anche questa utopia possa realizzarsi.
Pagando il piccolo prezzo d’entrata e installato i pochi mega scaricati, ho iniziato a scrivere le prime lettere grazie alla guida di un simpatico cerbiatto-postino. Certo mi trovavo a buttare giù parole in un inglese a volte claudicante, eppure mi sentivo incoraggiato a fare del mio meglio per dare un messaggio significativo a chi lo avrebbe poi letto, specialmente perché ogni scambio è anonimo e non può essere ripetuto.
Ed è dall’apertura delle buste che inizia un senso di responsabilità emotiva quasi disarmante, almeno al primo impatto. Alle volte i messaggi sono leggeri, con problemi mondani e piccole paure tipiche del mondo adolescenziale moderno. Una cotta, un amico allontanato, un rapporto rotto, un litigio, insomma la posta del cuore più pura nella sua essenza. Ma è quando apri quella busta con parole forti come depressione, inadeguatezza, solitudine e abbandono che ti rendi conto di essere davanti a un’occasione di poter fare un po’ di differenza semplicemente con 1600 caratteri a disposizione. Ti senti di dover dosare ogni singola lettera, di rielaborare più e più volte la risposta per essere il più incisivo possibile, addirittura pensi anche a quale sticker sia meglio da inviare come se fosse un francobollo pregiato.
Scrivere alcune di queste risposte è stato tremendamente difficile, nulla di paragonabile a qualsiasi cosa che abbia mai scritto nella mia vita, senza possibilità di alcun riscontro o dialogo o di sapere se effettivamente dall’altra parte il problema esistesse davvero. Eppure, alla fine di ognuna di esse, ero contento di aver avuto una chance per incoraggiare qualcuno che abita a centinaia di chilometri di distanza e che probabilmente non conoscerò mai. Un rapporto strano ma teneramente vero, specialmente quando arrivava un timido sticker dal ricevente, segnalandomi che il mio messaggio era stato aperto e possibilmente gradito.
Più vai avanti a scrivere lettere, più ci metti del tuo in esse. Attingi da ciò che hai vissuto per proporre ad altri soluzioni, consigli o piccole frasi di incitamento. Non tutti sono problemi enormi e, anzi, spesso uno degli argomenti più gettonati è il mondo del lavoro e l’incredulità nei confronti delle proprie abilità. Ma è bello darsi una mano a vicenda anche se essa è puramente virtuale, circondati da foglietti digitali che svolazzano portando piccole citazioni o “cheer” da parte di anonimi utenti.
Arriva però anche il momento in cui si esce dal guscio e si inizia a scrivere lettere di richiesta con le preoccupazioni personali. A fronte di una timidezza iniziale e consegnata la domanda alla renna mascotte del gioco, basta attendere davvero qualche attimo per vedersi arrivare così tante risposte da far invidia alla residenza dei Dursley alla convocazione per il primo anno di Hogwarts. Ed è leggendo queste risposte, dopo averne scritte di tue a qualcun altro, che ci si accorge di quanto Kind Words riesce a dare ai suoi giocatori. Grazie al suo meccanismo si crea un coro di voci positive, a volte impacciate nel loro altruismo, scritte alla bene e meglio ma con evidente intento di dare il massimo. Parole su pixel che vengono immesse all’interno di una cameretta di poligoni in cui c’è solo un singolo personaggio a rappresentarci nonostante non si sia mai soli per davvero.
Lo scambio di incoraggiamenti crea un’alchimia unica in cui si viene tirati dentro attraverso più livelli emotivi. Inviando risposte ci sentiamo di ridare indietro il buono che abbiamo ricevuto dalle lettere inviateci dagli altri utenti, aprendoci piano piano in un posto dove non ci sono giudizi o pressioni, solo qualche sprazzo felice per i momenti in cui ci si sente inadeguati o tristi. Alle volte capita di trovare risposte un po’ dure, parole che tutto sommato non vorremmo sentirci dire, ma per qualche ragione l’economia del gioco ci permette di prenderle sempre in maniera positiva visto che non potrebbero mai e poi mai esistere giudizi sulla nostra persona per via dell’assenza di qualsivoglia descrizione a noi legata.
Considerando comunque una tollerabile quanto bassissima percentuale di troll e istigatori, Kind Words si dimostra essere davvero quel magico rifugio che si pensava essere impossibile al giorno d’oggi. Più social dei social stessi e meno gioco di qualsiasi altro gioco, il limbo in cui vive ci racconta una storia di come l’interazione e il supporto videoludico siano in grado di creare un fenomeno positivo unico semplicemente mettendo alla base un’idea generosa.
Come è evidente, Kind Words non potrebbe infatti funzionare senza i giocatori che lo popolano, non esisterebbero lettere e scambi se nessuno si mettesse lì a scrivere. Sono quindi gli utenti stessi a comporre il tessuto del lavoro di Popcannibal, amplificandolo di giorno in giorno e impegnandosi davvero per fornire al prossimo un’esperienza di gioco positiva condividendone piaceri e dolori. Un gioco mosso dalla generosità e dall’altruismo merita di vincere il titolo simbolico di gioco dell’anno del 2019, non tanto per meriti oggettivi come grafica o gameplay, quanto per ricordarci per sempre che nei momenti in cui contano sfruttiamo questo mezzo d’intrattenimento anche per unirci come essere umani.
Iniziate a scrivere e ricevere lettere oggi stesso, acquistando Kind Words su Steam