Dopo aver promesso di rimuovere i "giochi truffa", Sony li promuove

PlayStation Italia pubblicizza un gioco "shovelware", categoria di bassa qualità che l'azienda stessa aveva promesso di eliminare.

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a cura di Andrea Maiellano

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Il fenomeno dello "shovelware" continua a infestare gli store digitali delle console, con un paradossale colpo di scena che vede proprio Sony, promotrice, forse inconsapevole, del problema che ha dichiarato di voler combattere. PlayStation, difatti, dopo aver manifestato l'intenzione di ripulire il proprio store dai cosiddetti "giochi spazzatura", si ritrova ora nell'imbarazzante situazione di pubblicizzare proprio quella tipologia di prodotti attraverso i propri canali ufficiali. La contraddizione evidenzia quanto sia complessa la gestione di questo tipo di contenuti digitali, spesso capaci di eludere i controlli delle aziende.

Quando il cacciatore diventa preda

L'episodio che ha sollevato polemiche riguarda la pagina ufficiale di PlayStation Italia su Facebook, dove è comparso un post promozionale dedicato a "Supermarket Shopping Simulator". Questo titolo è stato identificato da numerosi utenti come un classico esempio di prodotto di dubbia qualità, caratterizzato da una grafica realizzata con intelligenza artificiale e meccaniche di gioco approssimative.

La situazione appare particolarmente grottesca considerando che proprio recentemente, in seguito a un'indagine condotta da IGN e altre testate specializzate, Sony aveva dichiarato di voler intervenire per limitare la presenza di giochi di bassa qualità sul PlayStation Store. Invece di mantenere fede a questo impegno, l'azienda nipponica sembra aver fatto un evidente passo indietro.

Basta osservare la copertina del gioco per notare evidenti imperfezioni grafiche tipiche delle immagini generate con l'IA, un elemento che dovrebbe far scattare un campanello d'allarme per qualsiasi publisher attento alla qualità.

Gli utenti non hanno tardato a manifestare il proprio disappunto con commenti sarcastici come "Ho ricontrollato la data, per un attimo pensavo fosse il primo di aprile".

Un ecosistema soffocato dai cloni

"Supermarket Shopping Simulator" si presenta come un'imitazione di "Supermarket Simulator", titolo che ha ottenuto un discreto successo su Steam. Tuttavia, nonostante la somiglianza nel nome, le meccaniche di gioco sono completamente diverse. Lo sviluppatore, "Kanuni games", non sembra avere una lunga lista di titoli pubblicati come altri creatori di shovelware, ma il prodotto mostra tutte le caratteristiche tipiche dei giochi creati principalmente per affollare gli store digitali.

Il fenomeno non riguarda solo PlayStation Store ma anche Nintendo eShop, dove titoli come "Supermarket Simulator Pro", "Bodycam Shooter" e "Backrooms Inside The Escape" rappresentano esempi di produzioni che utilizzano risorse riciclate o generate con intelligenza artificiale. Ancora più problematici sono i cosiddetti giochi "civetta", come "Wukong Sun: Black Legend", chiaramente pensati per confondere gli acquirenti facendosi scambiare per titoli di successo come "Black Myth: Wukong".

La reazione del pubblico alla pubblicità di PlayStation Italia è stata immediata e impietosa. Sotto il post promozionale si sono moltiplicati commenti sarcastici come "La migliore esclusiva PlayStation 5" e osservazioni che evidenziano l'uso evidente dell'intelligenza artificiale nella realizzazione delle immagini del gioco.

Questa vicenda mette in luce un paradosso significativo nell'industria videoludica: le stesse piattaforme che dovrebbero filtrare e selezionare i contenuti finiscono per promuovere quei prodotti che danneggiano l'ecosistema, soffocando la visibilità dei giochi indipendenti di qualità e confondendo i consumatori.

La crescente consapevolezza degli utenti rappresenta forse l'unico vero argine a questo fenomeno, in attesa che i gestori delle piattaforme digitali implementino sistemi di controllo più efficaci e coerenti con le dichiarazioni d'intenti. Nel frattempo, sviluppatori indie meritevoli continuano a lottare per emergere in un mare di prodotti di dubbia qualità, talvolta promossi proprio da chi dovrebbe garantire standard minimi di eccellenza.

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