In Other Waters | Recensione: la Luce dal Fondale
In Other Waters è un gioco indipendente dalla forte componente estetica ed emotiva, basato su un'avventura nel bel mezzo di un mare alieno.
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a cura di Alessandro Palladino
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Quando si ha davanti un gioco che punta all’approccio minimalista, quasi sicuramente la sostanza dietro quei pochi elementi estetici potrebbe sorprendere chi è disposto a scavare più a fondo, oltre la superficie apparente. Nello scenario indipendente è una situazione piuttosto comune considerando che non tutti gli studi hanno modo di accedere a risorse straordinarie, ma c’è chi volutamente sceglie di appellarsi poco al vostro senso visivo, stimolando così le vostre emozioni in maniere che non avreste mai pensato di provare fino a pochi secondi dall’avvio.
In Other Waters è esattamente una di quelle gemme rare di cui possiamo bearci poche volte nel corso degli anni, proposto come titolo di lancio di un piccolo studio indipendente – Jump Over The Age – che vede al suo centro una singola persona: Gareth Damian Martin, uno scrittore, artista e designer con molti riconoscimenti a suo carico, il cui obiettivo è trovare nuovi modi di sperimentare con la narrativa. Inutile dire che con la premessa alla mano è altrettanto ovvio farvi concludere che ci è ampiamente riuscito.
Biologia dei mari
Il primo lavoro del suo studio parte infatti da una base che difficilmente potreste riscontrare in altre produzioni: la biologia marina. Più che fonte di mera ispirazione concettuale, in In Other Waters tale scienza è stata presa alla lettera e trattata con cura, utilizzandone la filosofia accademica per simulare ciò che potrebbe realisticamente avvenire nel caso in cui la comunità scientifica di questo ramo si trovasse a studiare i mari di pianeti alieni. L’impegno sotto questo fronte non solo è palpabile in ogni aspetto del gioco, ma basta leggere qualche notizia rilasciata dal team di sviluppo sui propri canali per accorgersi dell’enorme lavoro che è stato fatto nel dare lustro alla biologia marina, alle sue catalogazioni e al modo in cui uno qualsiasi dei suoi esperti tratta ogni organismo che vive sotto qualunque corpo d’acqua.
In questo spirito noi non vestiremo il ruolo di uno scienziato o di un sommozzatore in un mare di mostri, affatto. In Other Waters prende una strada unica togliendo il corpo ai suoi giocatori, immedesimandoli nel sistema IA di una tuta per le immersioni abbandonata sul fondo dell’oceano e trovata una scienziata alla ricerca della sua più cara partner. Saremo quindi la prima ancora di salvezza della dottoressa Ellery, chiamata cripticamente su questo pianeta senza nessuno ad attenderla allo sbarco. Preoccupazione e paura per la sorte della sua compagna in acque aliene sono sentimenti che traspaiono dai dialoghi a cui potremo rispondere solo con un Sì o con un No: il limite della nostra interazione da IA.
Ciò ci porrà più come ascoltatori che personaggi a cui è concesso un sistema a scelte multiple, un limite solo in apparenza invalidante, tarato espressamente per lasciarci entrare nell’animo di Ellery e metterci in sintonia con le sue emozioni durante la sua personale storia. Proprio perché noi saremo solamente i suoi assistenti sarà particolarmente struggente assistere a tutto senza poterle dare conforto, trovando modi creativi per incoraggiarla attraverso la scoperta di decine e decine di organismi alieni che lei catalogherà con entusiasmo, aggiungendo pezzi di descrizione di volta in volta la porteremo più vicina ai campioni o ai soggetti vivi.
La storia di In Other Waters è una danza che intervalla passi sull’incertezza del fondo degli abissi, spostandosi nell’intimità della ricerca della base mobile e piroettando tra organismi che possiamo solo immaginare di vedere grazie alle forme che si muovono delicatamente tra le correnti d’acqua. Luci, agglomerati e barriere coralline aliene costruiscono un panorama tanto povero alla vista quanto ricco da poter studiare grazie agli strumenti a disposizione nell’unico pannello da cui potremo giocare.
Non c’è corporeità in In Other Waters e non vedremo mai l’aspetto della tuta o di Ellery: tutto è rappresentato attraverso punti, linee, colori e mappe, a noi visibili solamente tramite lo scanner radar che compone l’interfaccia di gioco, l’interezza del gameplay e l’unico elemento d’interazione possibile oltre l’HUB. Come detto prima, il giocatore è un computer nell’anima e nel corpo, ma anche in questo caso il fatto di essere noi, essere senzienti, a interagire con la biologa avrà conseguenze significative nella narrativa di gioco, più di quanto potreste immaginare dalla lettura di queste righe. Rovinarvi la sorpresa però sarebbe davvero un peccato mortale, perché la struttura di In Other Waters in fin dei conti è fatta proprio per avere uno specifico impatto al vostro primo approccio con essa.
L’avventura che si vive con il gioco d’esordio di Jump Over The Age è qualcosa che vi rimarrà impresso nella memoria per tanto tempo. Non particolarmente per via della sua atipica ispirazione di base, quanto per come riuscirete a scoprire un’umanità spiazzante semplicemente leggendo dei dialoghi provenienti da un pallino a cui nella vostra immaginazione assocerete una figura femminile.
Lavorando voi stessi alla rappresentazione visuale delle descrizioni e delle situazioni, per forza di cose svilupperete un legame unico con la protagonista di In Other Waters, vivendo in prima persona l’amore incondizionato che prova per la sua partner perduta negli abissi, un sentimento talmente forte da portarla a inseguirla su un pianeta remoto senza alcuna sicurezza di rivederla in vita. Come se non bastasse, ciò che poi ne esce davvero è una lezione importante per la prospettiva che ognuno di noi ha sulla conservazione della vita marina, sull’inquinamento e sull’operato umano, spesso così scontato da farci dimenticare su cosa stiamo scommettendo quando sacrifichiamo ecosistemi in nome del progresso.
Il suono degli abissi
Oltre la narrativa, In Other Waters riesce a stupire anche per come sia riuscito a combinarla con la presentazione estetica e le funzioni di gameplay. Assodato che siamo dei computer virtuali, il nostro unico compito sarà quindi quello di utilizzare i nostri sistemi per muovere la dottoressa e analizzare l’ambiente circostante. Ci sono un paio di upgrade che potenzieranno le nostre capacità d’esplorazione, sbloccando così nuovi percorsi altrimenti impossibili da raggiungere, ma per lo più il vostro tempo sarà speso nell’indicare a Ellery il percorso ottimale da seguire per l’obiettivo da lei stessa prefissato, attraverso l’ausilio di nodi scopribili con lo scanner radar.
L’impressione che dà al primo avvio a quello di essere davanti a un loop che ben presto diverrà ripetitivo e, al netto di qualche sezione particolare, è vero che passare per le stesse zone esplorate lo renderà tale. In realtà però questa definizione non potrebbe essere più lontana dai fatti. Per come è studiato In Other Waters, ogni area che affronterete sarà molto diversa e vi chiederà soluzioni sempre nuove per procedere, accompagnati da ambienti completamente differenti l’uno dall’altro sia nella presentazione estetica che nelle funzioni. In particolar modo ci teniamo a sottolineare l’eccellente uso delle cromature dei colori, basate sulla profondità e cangianti secondo le condizioni delle varie zone.
Per quanto tutto sia costituito da pallini e linee, rimarrete stupiti quando vi ritroverete per la prima volta negli abissi e tutta l’interfaccia diventerà gradualmente nera al calare dei metri, con solo alcune creature in filamenti ondulati a fare da luce in quel mare oscuro. È davvero difficile riuscire a descrivere asetticamente la meraviglia che In Other Waters riesce a suscitare con la sua semplicità, talmente tanto d’impatto da essere ben più memorabile di qualsiasi panorama fotorealistico di un titolo tripla A.
A favore di questa sua capacità c’è anche una colonna sonora azzeccata, ricca di transizioni così fluide da far sembrare ogni musica parte di un brano univoco. Tra i suoni del mare - compresi quelli della sua vita biologica - e i ping del nostro radar, l’orchestra di In Other Waters è sì atipica, ma anche maledettamente ammaliante perfino con la sua indole elettronica poco ortodossa. Un perfetto accompagnamento che sopperisce alla mancanza di qualsivoglia voce, mettendo tutto l’impegno possibile nel dare al giocatore il feeling giusto per ogni tipo di situazione. Il tono infatti si alza quando Ellery fa scoperte significative, si abbassa quando è sul punto di scoraggiarsi e ritorna in allegro all’apparire della luce in fondo al tunnel abissale.
Non si potrebbe definire in altro modo se non come un rollercoster emotivo che passa per i nostri timpani con una facilità disarmante, tanto da portarci a consigliarvi caldamente l’acquisto della colonna sonora che verrà pubblicata con il gioco, considerando che il gioco in sé è venduto a un prezzo stracciato. Naturalmente, almeno al momento, manca la localizzazione in italiano, il che gioca un po' a sfavore di chi non ha un livello d'inglese sufficiente per comprendere i molti termini tecnici che compongono il titolo.,
Voto Recensione di In Other Waters - PC
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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- Storia struggente dall'ottima fattura
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- Estetica unica, perfetta per l'obiettivo del gioco
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- Colonna sonora di spessore dalle transizioni fluide
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- Gameplay originale, innovativo per tanti versi
Contro
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- Raramente può dimostrarsi un filo ripetitivo
Commento
In Other Waters è un viaggio indimenticabile, una gemma proveniente dallo sconfinato mare della creatività indipendente. Nella sua anima minimalista, quest’opera riesce a creare una delle più coinvolgenti – ed umane – storie dell’anno, portando nella sua offerta l’amore tra due persone e quello verso la vita marina che spesso come specie tendiamo a dimenticare. E lo fa in una forma iper-minimalista dalla ricchezza impressionante, dove l’incorporeo giocatore assiste alla scoperta di un paradiso subacqueo fatto di forme, luci e movimenti aggraziati. Una perfetta melodia visiva, supportata da una colonna sonora capace di dare spessore agli ambienti creati da Jump Over The Age, pullulanti di organismi tutti da scoprire con l’ausilio di pratiche molto vicine alla vera biologia marina. Al netto di una ripetitività per lo più occasionale, In Other Waters è un fulmine a ciel sereno sul filo del mare.