Immortality | Recensione - L'opera migliore di Sam Barlow
La nostra recensione di Immortality di Sam Barlow, il celeberrimo game designer britannico già autore di opere come Her Story e Telling Lies
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a cura di Nicholas Mercurio
L’ignoto è qualcosa che mi ha sempre affascinato terribilmente, e Immortality lo affronta con maturità e passione. La letteratura ne parla come qualcosa da raggiungere, perché oltre di esso potrebbe effettivamente esserci l’infinito. Non scomodando Leopardi, che della tristezza ne sapeva qualcosa, quando penso ai videogiochi di Sam Barlow, ho la sensazione che nessuno di esso, all’apparenza, è come sembra. C’è una motivazione che si nasconde, che va esplorata, appresa e compresa, condivisa poi con chi non conosce cosa ha davanti e non lo comprende appieno. Il celeberrimo designer di Silent Hill, al tempo, diede prova del suo talento, e si pensava che non avrebbe più avuto altri lampi di genio, vivendo di rendita come accade spesso a chiunque esaurisce le idee e ne deve cercare altre in qualunque altro modo. Sam Barlow, però, non è uno scrittore qualsiasi: abile, acculturato e sensibile, lo sviluppatore britannico non ha nulla da invidiare a menti del calibro di Yoko Taro, Hideo Kojima e Sam Lake.
Il creatore di NieR e Drakengard collega i mondi, Hideo Kojima erige dei ponti, mentre Sam Lake racconta l’oscurità e la paura, fondendoli in un universo ancora da esplorare e apprendere. Sam Barlow, invece? Sam Barlow racconta storie surreali. Le racconta a chi cerca di sfuggire dalla monotonia e ne parla in modo attento a chiunque stia provando a capire perché il mondo non è altro che un posto difficile. Gli autori che ho citato lo raccontano in modo diverso rispetto allo sviluppatore britannico, che non ha mai deluso e ha sempre mantenuto un livello qualitativo incredibilmente elevato, proponendo avventure che, oltre a collocarsi nella folta calca delle produzioni indipendenti, non hanno mai deluso.
Mantenere un certo livello, specie in un medium in costante mutamento, è in realtà per poche menti. Sam Barlow, tuttavia, è come se Quentin Tarantino e Christopher Nolan si fossero fusi in unico corpo in stile Dragon Ball, promettendo storie non subito digeribili e chiare, per poi premere sull’acceleratore e confezionare un’altra opera grandiosa. Dante Alighieri si perdeva nella selva oscura mentre Boccaccio, al contrario, raccontava di dieci giovani in fuga dalla Peste Nera. No, non dalla Macula di A Plague Tale se qualcuno se lo chiedesse. Immortality, la sua ultima fatica, si avvicina in modo vertiginoso all’ignoto, esplorandone le sfaccettature e tirando fuori da esso ogni dettaglio utile per capire cosa si cela al suo interno. La sua nuova opera, ideata sulle stesse fondamenta che sorreggono alla letteratura, è la diretta evoluzione di Her Story e Telling Lies, nonché la dimostrazione di una crescita creativa dello sviluppatore britannico che, scegliendo un modo diverso per raccontare un videogioco, abbraccia il cinema in maniera unica e particolareggiata.
Un risultato del genere, giunto dopo tanti esperimenti riusciti e uno studio attento delle materie cui fa riferimento, è già di per sé ottimo e invidiabile, specie per chi cerca di raccontare qualcosa che vada ben oltre i classicismi che riguardano certe avventure narrative. Con Immortality, però, cinema e videogioco si incontrano, promettendosi un’uscita insieme dove il giocatore è l’ospite d’onore. Niente è come appare, d’altronde, neppure la parola più gentile o il gesto più cortese e sensibile. La vita insegna a tutti come resistere alle ingiustizie e a trovare qualcosa di memorabile da tramandare ai posteri e a chi non conosce l’ignoto. In un viaggio del genere, in fondo, è proprio questo il bello.
Immortality: tre storie, una sola verità
Marissa Marcel, un vero talento del cinema americano, è un’attrice che non ha mai avuto la fortuna di vedere la sua carriera decollare a causa di eventi incomprensibili, perdendo la possibilità di diventare una diva di Hollywood e smarrendo quel sogno che tanto aveva inseguito durante la sua breve ma intensa carriera teatrale e come modella per gli stilisti più celebri. È stata la protagonista in tre film, ognuno dei quali diversi per temi e approcci, che parlavano di vari argomenti.
Il suo film di debutto, mai uscito nelle sale, era Ambrosio, che parlava di una giovane donna intrufolatosi in un priorato di monaci cappuccini, poiché si era invaghita di un prete. Il suo secondo film, invece, fu Minsky: un’opera ben diversa dalla precedente per via delle tematiche, mentre il terzo, più moderno e certamente efficace, era Two of Everything, che parlava di una ragazza alle prese con un ricco uomo d’affari circondato da un’aurea di mistero. Tre film, tre storie diverse e tre modi di raccontarle con diverse intensità, complici i registi, gli attori e i direttori esecutivi e di fotografia alternativi.
Nessuno di questi film, e ci tengo a sottolinearlo, è mai uscito nelle sale e si è mai mostrato al pubblico. Il motivo, che svelerebbe però l’intera trama del gioco, è nelle pellicole da ricostruire, sistemare, rivedere e comprendere all’infinito, entrando dentro di esse per cercare di capire che fine abbia fatto Marissa Marcel e perché i suoi film non sono mai stati pubblicati. La sua scomparsa, avvenuta misteriosamente, è attorniata da un alone di mistero che è fitto quanto le nubi comandate da Gary Oldman in Dracula di Bram Stoker, uno dei film più riusciti dedicati al vampiro di Valacchia. In Immortality, però, il surreale supera di gran lunga la fantasia, perché ogni avvenimento che il giocatore (e spettatore) si ritrova a vivere durante l’esperienza, racconta una parte della vita lavorativa della giovane, e tante altre sequenze raccontano della sua esistenza fuori dai riflettori.
Una storia che urla nel silenzio
Non potendovi raccontare in maniera minuziosa ogni avvenimento per evitare spoiler, sappiate soltanto che Marissa è una ragazza che parte con un grande sogno, e che si ritrova a dover fare i conti con la mascolinità del cinema e le conseguenze delle sue azioni. Quando dico che le pellicole da sistemare contengono scene pesanti e in alcune occasioni addirittura fastidiosa, intendo dire che alcune sono create proprio per creare sgomento nel giocatore.
Vedrà azioni brutali, momenti reali che si mischieranno con la recitazione e il comportamento invadente di alcuni attori più vecchi, che cercheranno di sedurre Marissa Marcel per la sua bellezza e gioventù. Alcuni momenti sono ricreati proprio per raccontare momenti struggenti e tristi, che si insinuano in modo preciso nelle sensibilità di ogni giocatore. In più di un’occasione, e lo ammetto senza grande vergogna, ho provato un senso di smarrimento mentre le immagini davanti a me si susseguivano una dopo l’altra, perché ognuna raccontava qualcosa di orribile e toccante allo stesso tempo. Quanto viene inscenato, oltre a essere struggente, è anche parecchio complesso da sopportare alla prima visione.
Dopo la seconda e terza, invece, abituato a rivedere le stesse espressioni facciali e riascoltando le medesime parole, ho capito che Sam Barlow ha costruito tutto quanto per provocare una reazione indiretta nel giocatore che lo facesse sentire a disagio. Mentre provavo proprio questo senso di angoscia, andando avanti nell’esperienza, mi accorgevo che, effettivamente, c’era qualcosa di tremendo in atto. Alle volte mi sono sentito inerme, altre volte incredulo, e in molte occasioni persino arrabbiato, specie per i modi in cui il cast di ognuno dei tre film trattava Marissa. Una regia in particolare, e mi riferisco al film Ambrosio, metteva a nudo la bellezza dell’attrice più che il suo talento, portandola persino a umiliarsi in alcune sequenze. Sessualizzata e trattata come una persona priva di autostima, Marissa insegue comunque il suo percorso, infatuandosi di un direttore della fotografia. È da qui che la trama di Sam Barlow, infatti, comincia a scoprirsi e a farsi conoscere nel modo giusto, non tralasciando alcunché e ricalcando ogni dettaglio con passione e scrupolosità, accentuando l’intero percorso di Marissa e le sue emozioni più intime.
La storia, complice una scrittura di primo livello, cattura istanti delicati, intimi e travolgenti. Mentre cambiavo i piani sequenza, sceglievo il frame giusto e mandavo avanti e indietro ogni video per capire cosa accadesse, accorgendomi che qualcosa nel racconto mi stava sfuggendo. Il gameplay di gioco, già celebre con Her Story e Telling Lies, è in realtà l’evoluzione di entrambe le produzioni, dove è necessario infatti ricercare nei filmati i momenti giusti selezionando gli oggetti di scena come un posacenere o il volto di un protagonista.
Questa meccanica permette, inoltre, di ricollegarsi ad altri avvenimenti per scoprire successivamente altri momenti al suo interno. Esplorando più da vicino questi accadimenti, comprendendo meglio cosa si cela davvero nel passato dei vari personaggi, ho compreso soprattutto che niente è come sembra realmente e che, dietro a ogni frame, c’è sempre qualcosa da scoprire e approfondire.
Inizialmente pensavo che tutto quanto fosse stato manomesso appositamente per costringermi a cercare anche le cose più ininfluenti, ma in Immortality niente è trattato casualmente, e c’è sempre un motivo nascosto che potrebbe raccontare molto su quanto è accaduto a Marissa e ai vari film in cui figura come protagonista. C’è una storia in tre racconti che raccontano l’umanità e la perdizione, e non è una storia felice, non è una storia che trasuda speranza e buone intenzioni. Anzi: è una storia agghiacciante, fredda e brutale. Una storia che vede una ragazza perdere sé stessa, il suo sogno e forse persino la ragione.
Il sangue è la vita
Sam Barlow, durante lo sviluppo di Immortality, ha preso ispirazioni da importantissimi registi del panorama cinematografico, riuscendo nel complesso tentativo di esaltare il racconto con estrema semplicità, descrivendo ogni sua particolarità con lo studio, la competenza e la passione che lo contraddistinguono ormai da diversi anni. Se da una parte c’è l’illusione, dall’altra c’è la verità: è come se Immortality non fosse altro che un quadro di Van Gogh e un film di Lars von Trier fusi insieme, con la sola differenza che ogni medium è trattato come se la produzione avesse più anime nel suo solo obiettivo di sorprendere: raccontare una storia che entra attraverso la pelle, navigando verso l’anima e prendendo pieno possesso del cuore, che a sua volta viene frastagliato, travolto e annientato. Opere del genere, appassionanti perché oltrepassano la quarta parete disintegrandola, esistono per dare al panorama dei videogiochi visioni differenti di questo mondo, approcciando quindi il crossmediale come una possibilità nuova per esplorare nuove possibilità per interfacciarsi con l’intrattenimento.
Sam Barlow, adattando cinema e videogiochi, sceglie di parlare a un pubblico in realtà vasto e variegato, facendo leva sulle opere cinematografiche tipiche del genere thriller e horror. Ambrosio, per esempio, è ispirato al romanzo gotico The Monk dello scrittore Matthew Gregory Lewis. Risulta, quindi, complesso collocare Immortality in un genere, perché la produzione del game designer britannico è così originale da essere soltanto contemplabile in un genere ancora da definire. Un sogno, d’altronde, parte dalle fondamenta stesse di un futuro ancora da scrivere e definire. E non è detto che sia bello.
Quello di Immortality, anestetizzato dalla perdizione e dalla privazione, è un racconto che parla di morte, amore e sofferenza, di promesse infrante e sogni da realizzare. Che fine ha fatto Marissa Marcel? Ancora naviga tra quei fotogrammi, alla ricerca della sua verità.
Voto Recensione di Immortality - Xbox Series X
Voto Finale
Il Verdetto di Tom's Hardware
Pro
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Una storia intensa, particolareggiata e coinvolgente, capace di insinuarsi nella pelle, nel cuore e nell'anima: è impossibile trovare un'altra opera del genere nel nostro mercato, a parte le altre produzioni di Sam Barlow
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Una scrittura intelligente, che non si accontenta di raccontare ma rende il giocatore anche spettatore e carnefice
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Un gameplay che funziona in maniera efficace e non annoia
Contro
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In alcune (ma rare) occasioni non si capisce dove si sta andando a parare
Commento
Immortality, l'ultima opera di Sam Barlow, è un'opera d'arte. Intensa, particolareggiata, capace di emozionare e coinvolgere, racconta le vicende di Marissa Marcel e del suo passato e del suo presente, facendo ricostruire interi filmati al giocatore, ognuno di essi capace di arrivare allo scopo con estrema semplicità e intensità. Una storia in grado di commuovere, un racconto tra cinema e videogioco, una produzione che non si accontenta ed esagera, ma lo fa in modo intelligente, riuscendo in ogni sua minima componente. Complice una scrittura geniale, la narrazione ha un ritmo di primo livello.